Poster realizzato da CMYK46 per Pxleyes.com |
Cosa avrò mai da raccontare di un cortometraggio animato che
dura solo 90 secondi? Beh, chi mi segue da tanti anni sa benissimo che sono
stato talvolta in grado di elaborare lunghi discorsi filosofici partendo
praticamente dal nulla cosmico. Nient’altro che esercizi di scrittura, starete
pensando. Ecco, in un certo qual modo questo potete prenderlo proprio come uno
di quegli stessi esercizi, ma con la sostanziale differenza che “Bambi Vs
Godzilla” offre numerosi spunti degni di essere approfonditi, non ultimo il fatto che
per quasi mezzo secolo lo si è ritenuto una pura leggenda, una leggenda sulla
quale andava raccontato quel tanto che bastava per tenere viva l’attenzione su di essa senza tuttavia mai scendere troppo nei dettagli.
È la stessa logica delle leggende metropolitane: qualcuno che
conosciamo avrebbe sentito dire (da qualcun’altro che conosce solo lui, e che a
sua volta conosce qualcuno che è parente, zio, cugino dell’anziana signora che
abitava dirimpetto al salumiere del paese dove stava prima di sposarsi) dell’esistenza
di una strana pellicola in cui si scontrerebbero senza esclusione di colpi il simpatico
cerbiatto di Walt Disney e il lucertolone atomico di Ishirô Honda. Una pura
leggenda metropolitana oppure una realtà di cui si è sempre saputo poco e nulla?
Oggi, nell’era della multimedialità e grazie a quel grandioso strumento di condivisione che è YouTube, la leggenda di “Bambi Vs Godzilla” non è più da considerarsi tale. Il che se vogliamo è un vantaggio, visto che chiunque può finalmente rendersi conto di quale sia stato l’evento scatenante, ma di contro è andato in malora un po’ di quel fascino che qualsiasi leggenda, in quanto tale, proietta nell’immaginario collettivo.
Oggi, nell’era della multimedialità e grazie a quel grandioso strumento di condivisione che è YouTube, la leggenda di “Bambi Vs Godzilla” non è più da considerarsi tale. Il che se vogliamo è un vantaggio, visto che chiunque può finalmente rendersi conto di quale sia stato l’evento scatenante, ma di contro è andato in malora un po’ di quel fascino che qualsiasi leggenda, in quanto tale, proietta nell’immaginario collettivo.
Visto che ormai l’ho detto potete precipitarvi immediatamente
in fondo al post e gustarvi il cortometraggio, oppure potete decidere di continuare
a leggere fino alla fine e, visto che non troverete spoiler, mantenere intatta
la suspense per qualche minuto ancora.
Spesso identificato con il titolo di “Bambi Meets Godzilla”,
che poi è quello che effettivamente appare sullo schermo, questo curioso film d’animazione
fu realizzato nel 1969 da tale Marv
Newland, uno studente dell’Art Center of Design di Pasadena, lo stesso
college da dove sono usciti tizi come Zack Snyder, Roger Avary e Michael Bay, tanto per
fare dei nomi. Si dice tra l’altro che “Bambi Meets Godzilla” sia stato
addirittura il primo film uscito dall’Art Center, e che inizialmente non sia stato nient'altro che una soluzione frettolosa
e furbetta di Newland per riuscire a consegnare in tempo un compito a lui assegnato.
Marv Newland |
Secondo la leggenda popolare, all'epoca Marv Newland viveva in un appartamento che aveva preso in affitto
da Adriana Caselotti, l'attrice
statunitense che fu scelta diciottenne per dare la voce a Biancaneve nel primo
lungometraggio animato di Walt Disney (1937).
Tale episodio potrebbe anche essere vero, visto che la
biografia della Caselotti riferisce che nel 1969, ormai cinquantenne e benestante,
si mise ad investire nel settore immobiliare.
La comparsa, seppur marginale, della
Caselotti nella vita di Newland potrebbe
essere la spiegazione, anche se un po’ forzata, del motivo per cui quest’ultimo
scelse un personaggio Disney per il suo cortometraggio. Sicuramente più
difficile da interpretare è invece la scelta di Godzilla, se non guardando ad esso come a un'allegoria della guerra e del pericolo atomico (fu proprio nel 1969 che la
cultura della non-violenza negli Stati Uniti raggiunge il suo apice, tra la
leggendaria Summer of Love del 1967 e il Festival di Woodstock nell'agosto del
1969).
Piccola digressione. Non so quanto cinquant’anni fa le
grandi case di produzione fossero attente all’utilizzo non autorizzato delle rispettive
proprietà intellettuali. Oggi se uno di noi si mettesse in testa di produrre e mettere
on-line, anche senza fini di lucro, un cortometraggio del genere verrebbe
subito arrestato e crocifisso in sala mensa dalla Disney, in primis, e da chi
detiene i diritti di Godzilla (credo sia ancora la casa di produzione
giapponese Toho) in secundis. In particolare, il marchio Disney ha
raggiunto oggi un livello di vendibilità tale che sarebbe (ed è) assurdo non
bloccare sul nascere qualsiasi tentativo di ricondurlo ad altro (questo mio
stesso post è piuttosto borderline, se vogliamo proprio essere pignoli). La
fortuna di Newland, mia opinione personale, fu solo quella di aver realizzato quel
suo lavoro per una cerchia ristretta di spettatori, all’interno della quale
rimase per anni, lontano dagli occhi delle grandi case. Fine della digressione.
Marv Newland ci
mise due settimane per completare il lavoro, un tempo apparentemente enorme
considerata l’estrema semplicità di “Bambi Meets Godzilla”, ma in ogni caso
sufficiente per rispettare la scadenza che gli era stata assegnata. Le immagini
sono accompagnate dalla celebre overture del "Guglielmo Tell" di Gioacchino
Rossini, e se il lungo riverbero che sentite alla fine vi sembra familiare,
sappiate che è preso tale e quale da “A Day in the Life” dei Beatles.
Il risultato finale, come detto, potete gustarvelo in fondo
al post, sebbene la qualità lasci un po’ a desiderare. Purtroppo, tutte le
versioni che si trovano in internet sono distorte nello stesso modo, come se il
film fosse stato registrato puntando una videocamera verso uno schermo
cinematografico da posizione angolata. Tutte le versioni tranne una.
Ebbene sì: vagando in rete, mentre ormai ero quasi rassegnato
a non trovare di meglio, mi sono imbattuto sul blog di una certa Coda Gardner, una
tizia che si è dedicata a un’eccezionale operazione di restauro della
pellicola. La descrizione dettagliata del suo certosino lavoro, che le è
costato mesi di sacrifici di ogni genere, la trovate qui unitamente al risultato
finale. Il blog di Coda Gardner, come non potrete fare a meno di notare,
è abbandonato ormai da tempo, e sarebbe un peccato se un giorno un simile lavoro
dovesse andare perduto per un capriccio di Google. Nel mio piccolo non posso far
altro che prelevare quel video e salvarmelo da qualche parte, per un eventuale
uso futuro di cui non mi auspico.
Ah, quasi dimenticavo. Come tanti film di successo, "Bambi
Meets Godzilla" ha avuto anche un suo sequel: “Son of Bambi Meets Godzilla”
(1999), scritto e diretto da tale Eric Fernandes e realizzato senza coinvolgere
in alcun modo né Marv Newland né i detentori dei diritti dei due protagonisti, è
tuttavia privo della freschezza e del mordente dell’originale. Non vale la pena
mostrarvelo in questa sede ma, se proprio siete diventati dei fans e non potete vivere senza vederlo, sappiate che è facilissimo trovarlo in rete.
Ho gli occhi sgranati a palla in questo momento.
RispondiEliminaCredo che i commenti di Youtube siano perfetti:
"Marv Newland is a man of the future. He made shit this weird before the Internet existed".
Poi sicuramente quei 90 secondi possono essere letti come un'importante allegoria :)
Ah sì, quel commento a cui ti riferisci è in particolare centratissimo. Marv Newland ha anticipato di mezzo secolo i suoi tempi, girando un corto la cui esistenza trova un senso solo in un contenitore come Youtube o Facebook.
Elimina:-D
RispondiEliminaBellissimo nei titoli, dopo i vari "produced by Marv Newland", "Marv Newland produced by Mr & Mrs Newland". Senso dell'umorismo davvero ottimo!
...e nel finale si ringrazia anche la città di Tokyo! Ahahah
EliminaL’avevo già visto tanti anni fa’ ma in maniera molto superficiale .
RispondiEliminaFaceva parte di una specie di contenitore di video più o meno brevi dedicati a scontri tra vari mostri cinematografici tipo Dracula VS l’uomo lupo ecc...
Non capivo come Bambi potesse affrontare Godzilla ed effettivamente l’esito non poteva che essere quello!
Non sapevo niente di Newland e della storia che sta dietro al corto.
Complimenti è molto interessante.
Mi fa sorridere quel Bambi’s wardrobe.
Ciao
Dovresti allora cercarti in rete Son of Bambi Meets Godzilla, perché l'esito finale non è più così scontato!
EliminaA me fa sorridere Godzilla quando, a pochi secondi dalla fine, muove le unghie del piede quasi con una certa soddisfazione.
Non so cosa dire. Di fatto, il lavoro è minimo: sono 5-6 disegni che si ripetono.
RispondiEliminaPerò ha fascino, in generale: a partire soprattutto dalla storia, dalla verità.
Sembra, quando appare lo zampone di Godzilla, un Carosello... o comunque ha quello stile lì.
Moz-
A proposito di Carosello, a me fa venire in mente quello della Lagostina, tra tutti il più semplice ma anche il più geniale.
EliminaNon so di preciso quale, ma il disegno della zampa e il suo movimento... mi ricordano uno spot! XD
EliminaMoz-
Sono d'accordo con Moz, sembra uno spot di Carosello.
EliminaSaluti a presto.
Carosello alternava lavori molto complessi, quasi dei film, a cose molto semplici come "La Linea" della Lagostina che citavo prima. Semplice ma efficace.
EliminaOK, allora se un giorno di venisse in mente di scrivere uno speciale su Godzilla/Gojira ricordati di citare anche questo, che è imprescindibile!
RispondiEliminasi, indubbiamente il tipo era avanti per i suoi tempi, decisamente avanti...oppure frequentava un ottimo spacciatore. Visto l'anno di produzione (il 1969, decisamente il massimo per le "tecniche lisergiche") protenderei per la seconda ipotesi. ;)
RispondiEliminaL'ipotesi lisergica potrebbe avere il suo fondamento; ipotesi rafforzata dall'averci messo delle settimane per mettere insieme cinque vignette.
EliminaNoooo capolavoro! :-D
RispondiEliminaSplendida storia, tra leggenda e verità com'è d'abitudine nel mondo di Hollywood ;-)
...ed è stato proprio quel mix di leggenda e verità che mi ha convinto ad affrontare il caso sul blog. :)
EliminaMa che cavolo. Praticamente son tutti titoli di testa. 2 settimane per questo è piuttosto esagerato! Avrà dovuto pensare a quali battute mettere nelle scritte.
RispondiEliminaCmq se non c'èra scritto che era Bambi, poteva essere anche un cerbiatto qualsiasi.
A proposito, Newland in quella foto sembra Teocoli
EliminaQuasi tutti titoli di testa, e quello che non è titolo di testa è titolo di coda. Non è bellissimo? Peccato solo per Bambi...
EliminaE' vero che la semplicità a volte è di grande effetto... proprio per questo in questi giorni ho scoperto una serie d'impatto devastante su Sky: Last man on the earth. Geniale. Davvero.
RispondiEliminaNon lo conosco. Potrebbe essere una versione comedy di "I am legend" di Matheson?
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