“Fuori speciale” è una serie di articoli che vengono scritti di getto nel periodo di pubblicazione dello
speciale “La grande abbuffata”. Pur non essendone parte integrante, ciò che viene qui trattato
ruota intorno all’argomento principale senza spezzarne il filo logico. Si tratta, in estrema sintesi, di
piccoli approfondimenti che non hanno trovato posto nella struttura principale. “Fuori speciale”, in
uscita tutti i venerdì, non è una lettura necessaria alla comprensione degli articoli de “La grande abbuffata” (che usciranno invece il lunedì), è viceversa una lettura che può essere ignorata o
rimandata, a vostro piacimento.
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Forse l’avrò già detto in passato, ma per quanto mi riguarda la figura del vampiro, al cinema o in letteratura, è certamente una delle più affascinanti. Se da una parte zombi, cannibali, killer mascherati e lucertoloni giganti trasmettono solo ansia, e tra le righe mettono in guardia dai prodotti più negativi della nostra civiltà (le guerre, le carestie), il vampiro è l’essere che non muore, la cui esistenza è legata agli eterni tempi di vita e di morte e, di conseguenza, rappresenta per il lettore o per lo spettatore un continuo stimolo filosofico. E non è affatto un caso se il suo mito attraversa sin dalle epoche più remote tutta la cultura occidentale (e anche parti di cultura orientale). Il vampiro uccide ma non è un assassino, il vampiro, attraverso il contagio, omologa a sé, è un non-morto che trasforma le sue vittime in non-morti i quali diventano a loro volta vampiri a pieno titolo, in assoluta parità, pur rimanendo per certi versi eternamente soggiogati al loro carnefice. Il patto vampiresco, che si materializza attraverso il rito estatico del morso, non è altro che il sigillo attraverso il quale una creatura debole, già divenuta succube della creatura più forte attraverso un lungo processo di seduzione e di terrore, precipita in uno stato indeterminato di non-morte, totalmente estraneo alla vita precedente e allo stesso tempo incapace di raggiungere quella fase liberatoria che solo la morte può offrire. Il vampiro, detto in altri termini, si appropria del passato della propria vittima, lo annichilisce completamente e concede ad essa nulla più che una pseudo-vita fondata sul culto della personalità prevalente.
Metaforicamente parlando, il vampiro è la rappresentazione più aderente della nostra civiltà, nella quale milioni di individui si affannano, giorno dopo giorno, in faccende in cui non credono solo per soddisfare le aspettative di qualcuno più in alto, il quale, il più delle volte, ne è addirittura completamente inconsapevole. La società, la cultura, la politica, ci offrono ogni giorno decine di situazioni riconducibili alla metafora vampirica, ma più di ogni altra cosa è il rapporto di coppia quello in cui si possono trovare più agevolmente i riscontri.
"La mia peggiore amica" (1992) di Katt Shea |
Le tattiche di vampirismo psichico sono in genere piuttosto riconoscibili (ma ahimè solo dall’esterno): arroganza, manipolazione, falso vittimismo, incitamento continuo alla svalutazione personale sono solo alcuni degli elementi comuni. Affinché le cose funzionino, dall’altra parte è tuttavia necessario un certo livello di fragilità emotiva, aggravato da una predisposizione culturale a gentilezza e disponibilità. Tutto ciò porta la vittima a uno stato perenne di insicurezza, di stanchezza e di assenza di motivazione dal quale questa cerca di uscire affidandosi ancora una volta alle cure del proprio carnefice, in una spirale senza ritorno. D’altra parte, il vampiro psichico aveva già sicuramente provveduto a isolarla da amici e familiari, così che la vittima non possa avere che lui come unico referente.
Quando poi il vampiro psichico va alla ricerca di un’altra vittima, lascia la precedente completamente prosciugata della sua energia vitale ed emotiva, con una vita distrutta e i rapporti personali ormai compromessi. In rari casi,questa particolare forma di vampirismo si conclude con la morte della vittima (generalmente attraverso un suicidio), ma, come per il vampiro della tradizione, lo scopo non è portare alla morte, quanto piuttosto abbandonare la vittima in uno stato di oscurità perenne dal quale difficilmente si potrà risollevare.
"La tomba di Ligeia" (1964) di Roger Corman |
Anche nel racconto “Ligeia” (1838), Poe ci pone di fronte a una situazione per certi versi simile, anche se le più comuni chiavi di lettura portano a credere che si tratti di una classica vicenda di fantasmi reincarnati. È tuttavia un dato inconfutabile che il narratore sia completamente succube della personalità di Ligeia e che anche dopo la sua scomparsa tale personalità non l’abbandoni. Nemmeno dopo il suo secondo matrimonio con Lady Rowena l’ombra di Ligeia sembra abbandonarlo, ma qui le interpretazioni che si fanno più strada fanno appello all’inaffidabilità della testimonianza di un dichiarato oppiomane. La mia teoria preferita è quella del vampiro psichico: il protagonista, orfano della sua musa-vampiro, si trasforma a sua volta in vampiro, esercitando il potere ricevuto in eredità sulla sventurata Rowena.
"Attrazione fatale" (1987) di Adrian Lyne |
“La mia peggiore amica” (Poison Ivy, 1992) di Katt Shea racconta di un’amicizia che si trasforma in una relaziona malata, nella quale la manipolatrice riesce a soddisfare ogni proprio capriccio a spese dell’ingenua amica. Seducendone il padre e uccidendone la madre, arriverà addirittura a prendere il posto di quest’ultima in famiglia, senza tuttavia scalfire minimamente la totale devozione che l’amica prova nei suoi confronti.
“Closer” (2004) di Mike Nichols racconta la storia di due coppie che si incontrano casualmente a Londra e le cui esistenze iniziano a intrecciarsi in una serie di relazioni complesse. Il film esplora temi come l’amore, la lussuria, la gelosia e la manipolazione attraverso dialoghi che mettono in luce la psicologia dei personaggi.
Ne “Le relazioni pericolose” (Dangerous Liaisons, 1988) di Stephen Frears e nel successivo “Cruel Intentions - Prima regola non innamorarsi” (Cruel Intentions, 1999) di Roger Kumble, entrambi adattamento cinematografico di un romanzo di Choderlosde Laclos, i vampiri psichici sono addirittura due, un fratello e una sorella che cercano in tutti i modi di vincere la palma di miglior manipolatore della famiglia.
L’elenco potrebbe tranquillamente continuare all’infinito, ma lo spazio e il tempo a me concesso è quello che è, per cui lo interrompo qui, lasciando a voi l'incombenza di trovarne altro, magari anche più centrati di quelli che ho trovato io.
Concludo invece con quella che forse alla maggior parte dei miei lettori potrà sembrare un’ovvietà: i vampiri psichici non sono in grado di compiere incantesimi. Nessuno può esercitare un potere di annientamento così forte se questo non gli viene permesso. Ecco, quindi, che recuperare in primo luogo l’amore il rispetto di sé e della propria dignità resta l’unica soluzione, raggiungibile da soli o attraverso un percorso di psicoterapia personale.
Questi sono "vampiri" reali e mi fanno paura perché esistono davvero, ne ho conosciuti diversi, a scuola, nel mondo del lavoro, nei rapporti sociali. E so che bisogna fuggire da loro esattamente come si fuggirebbe da un vampiro reale, visto che per quanto siano esseri esecrabili non è possibile (a differenza delle loro controparti letterarie) ficcargli un paletto appuntito nel cuore.
RispondiEliminaHo avuto una fidanzata così, tanti anni fa, ed è stato il periodo più oscuro della mia vita. Non so come sono riuscito a tirarmene fuori (direi una serie di fortunate coincidenze) ma ancora oggi, dopo trent'anni, riappare nei miei peggiori incubi intenzionata e farmi rivivere le situazioni più tossiche di quella dannata relazione.
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