Quando, sul finire degli anni Novanta del secolo scorso, il fenomeno oggi catalogato come J-Horror (contrazione di Japanese Horror) fece il suo ingresso trionfale e virulento in Occidente, in molti rimasero affascinati dalle terrificanti figure provenienti da quell’immaginario così incredibilmente diverso dal nostro.
Creature come Sadako Yamamura e Kayako Saeki, protagoniste delle due saghe J-Horror senza dubbio più celebri (rispettivamente Ring-u e Ju-On), erano riuscite a terrorizzarci come mai prima di allora alcuna creatura occidentale era riuscita a fare. Dal giorno del loro sbarco nelle nostre sale cinematografiche queste nuove rappresentazioni (nuove per noi) di un concetto vecchissimo come quello dei fantasmi furono al centro di discussioni, imitazioni e parodie di ogni genere: furono ammirate, studiate, analizzate, finché, improvvisamente, nello spazio di pochi anni, furono relegate a un ruolo da comprimarie per poi rapidamente svanire del tutto. Oggi, parlando di J-Horror, molti storcono il naso adducendo motivazioni generiche e riducendo il tutto a una semplice moda che, sebbene fosse apprezzabile nel lasso di tempo che le è stato concesso, non ha più ragione di esistere. Cos'è accaduto? A cosa è dovuto quel così rapido successo e quell’altrettanto rapido dietro front planetario? Al momento non ho alcuna risposta soddisfacente a queste domande ma, se la mia celebre pigrizia non prenderà il sopravvento, spero di riuscire prima o poi a trovare il bandolo della matassa. Quando? Difficile dirlo, perché questo è il primo di una lunga serie di post che ci terrà compagnia forse per… interi anni.
Anche il sottoscritto, come suppongo molti di coloro che passeranno qui sul blog a leggere questa breve introduzione, fu ipnotizzato da quell’immagine di Sadako che strisciava fuori dallo schermo di un televisore. Non fu quella particolare scena che mi colpì, in verità, quanto l’essenza stessa di quello spirito vendicativo, abbigliato in una lunga veste bianca e con il volto celato da lunghi capelli corvini, a causarmi un’infinità di notti insonni. Senza quasi che me ne rendessi conto, ancora una volta un personaggio proveniente dal paese del Sol Levante mi aveva stregato: decine di anni dopo aver fantasticato, quand’ero ancora bambino, su lucertoloni distruttori e su robot patriottici, un pezzettino di cultura giapponese aveva piantato una nuova radice dentro di me. Come avrei potuto respingere la tentazione di approfondire la questione fino a immergermene completamente? Non ho respinto nulla, come avrete capito: ho passato anni a documentarmi frugando tra saggi, romanzi, film, manga e anime per cercare di entrare in sintonia con il folklore di un popolo tuttora in gran parte misterioso; mi sono anche recato sul posto, qualche anno fa, per assaporare di prima mano la vita e le abitudini dei giapponesi. Ho soggiornato nelle loro case, ho viaggiato sui loro mezzi pubblici, ho mangiato i loro cibi, ho visitato i loro templi. In buona sostanza ho messo assieme tutto quello che c’era da mettere assieme per farmi un quadro più o meno completo della cultura di quel paese. Non tutto quello che ho visto mi è piaciuto ma, al di là di questo, ce n’è abbastanza per valutare positivamente questa esperienza.
Il progetto di oggi praticamente è figlio di quei tempi e, sebbene partorito con una quindicina di anni di ritardo, eccolo qui a reclamare prepotentemente il suo spazio. Eccomi quindi pronto a riempire decine e decine di pagine nell'ambito di un progetto che, al pari di altri tuttora in corso sul blog, si dipanerà per un tempo mostruosamente lungo e al momento indefinito.
L’unica cosa che invece è già definita, a differenza che per altri miei progetti, è la durata in termini di spazio: l’articolo di oggi è infatti il primo di una serie di cento articoli, non uno di più, non uno di meno, che andranno a finire sotto l’etichetta comune “KAIDAN”. Il tempo, come dicevo, è indefinito: se scrivessi venti articoli all’anno dovrei in teoria arrivare alla meta sul finire del 2020, ma non sono così ottimista: la verità è che potrei andare anche molto più in là, sempre che il blog duri abbastanza.
Ma che cos’è KAIDAN? Ma perché proprio cento post, non uno di più non uno di meno?
In giapponese, il termine Kaidan (怪 談) significa, più o meno letteralmente, "racconto del mistero" o “strana storia”. La sua origine si perde nella notte dei tempi e si dice che la sua nascita possa precedere addirittura la nascita stessa della letteratura in Giappone. Di conseguenza il suo significato trascende la parola scritta ed è più da intendere come “racconto orale del mistero”. Se infatti il primo kanji di Kaidan, 怪 (kai), significa strano o misterioso, il secondo kanji è 談 (dan), che ha più il significato di discutere o parlare. Non è un caso che 談 (dan), si trovi in parole come 雑 談 (zetsudan) che significa chiacchiere.
Oggi il significato del termine si è spostato drasticamente verso un più definito “racconto soprannaturale” o “storia di fantasmi”, sebbene appaia ovvio che, a livello semantico, ciò sia piuttosto impreciso se non addirittura errato. Tale scelta, presumo abbastanza naturale, deriverebbe dal fatto che non esiste in nessun'altra lingua un termine che possa combaciare perfettamente con il significato più profondo di Kaidan, quello che si cela soprattutto dietro il kanji 怪 (kai) e che noi semplifichiamo con “strano” o “misterioso”, ma che evidentemente ha un significato più ampio; basti pensare al termine 妖怪 (yōkai), con il quale identifichiamo i mostri del folclore giapponese, termine che unisce il kanji 妖 (yō), che significa “ammaliante”, con il kanji 怪 (kai).
Da parte mia accetto volentieri questa piccola forzatura, pur nella consapevolezza (quanto mai vaga) di ciò che sto facendo.
Il termine Kaidan lo troviamo oggi spesso trasformato in Kwaidan, un termine coniato da Lafcadio Hearn per renderlo più pronunciabile da un pubblico anglosassone. Kwaidan fu infatti il titolo di una raccolta di racconti provenienti dal folclore giapponese (Kwaidan: Stories and Studies of Strange Things, noto anche come Kwaidan: Ghost Stories and Strange Tales of Old Japan e probabilmente anche in altri modi) che lo studioso statunitense, naturalizzato giapponese, mandò alle stampe nei primi anni del Novecento e che sessant’anni più tardi sarebbe stato portato sul grande schermo da Masaki Kobayashi, che ne mantenne inalterata la sintassi.
In Giappone, durante il periodo Edo (1603-1868) il termine Kaidan si diffuse attraverso un gioco popolare chiamato Hyakumonogatari Kaidankai (百物語怪談会), termine che significherebbe più o meno “Cento storie del mistero” o, nel suo significato esteso, “Raduno di persone che si raccontano cento storie del mistero”.
La leggenda vuole che sia stato un gruppo di samurai, per la prima volta, a scegliere l’Hyakumonogatari Kaidankai come prova di coraggio, ma di questo parleremo forse un’altra volta.
Nel gioco i partecipanti, a turno, devono raccontarsi cento storie di fantasmi nella consapevolezza che, al termine del gioco, una porta sull’aldilà si possa spalanchare consentendo ad uno spettro di ritornare dalla morte e fare la sua comparsa tra i vivi.
Le regole del gioco sono molto semplici: all’inizio è necessario accendere cento candele, posarle a terra a formare uno o più cerchi e sedersi tutt’attorno. Una volta che il primo narratore avrà concluso la sua storia, una delle candele verrà spenta. A mano a mano che i racconti vengono portati a termine una nuova candela viene smorzata lasciando l’ambiente, un po’ alla volta, sempre più nell’oscurità. Quando il centesimo racconto sarà terminato e l’ultima candela sarà spenta…
Cosa succederà quindi quanto il centesimo articolo Kaidan verrà pubblicato (ed evidentemente letto) su questo blog? Ho tutta l’intenzione di scoprirlo e, in questo mio lungo ed inquietante percorso, spero che mi accompagnerete. Specialmente nel finale, dove mi piacerebbe non ritrovarmi solo soletto. Il mio problema più grosso, oggettivamente, è quello di trovare cento storie da raccontare, ma il vostro Obsidian ha in mente una soluzione piuttosto furbetta per giungere alla meta: quella di raccogliere sotto l’etichetta Kaidan tutto ciò che ha anche vagamente a che fare con il soprannaturale giapponese, vale a dire storie, aneddoti, ma anche recensioni di film, analisi di libri e quant’altro. D’altra parte il problema di doversi ricordarsi cento storie era anche stato il principale problema di quei coraggiosi samurai dell’epoca…
Buon viaggio quindi! Non ci resta che spegnere la prima candela…
Spettacolare iniziativa, e sono curiosissimo di leggere tutte queste storie ^_^
RispondiEliminaComplimenti per il progetto a lunghissimo termine: guarda che ti controllero', non pensare di poter raccontare meno di 100 storie :-D
Ho iniziato questa folle serie di post proprio nella certezza che nessuno avrà la pazienza di seguirmi fino alla fine.... non vorrai mica essere tu l'eccezione? ^_^
EliminaAl centesimo racconto, ti scriverò un commento di sole tre parole: «Io sono leggenda» :-P
EliminaE qualcosa mi dice che tra il 98° e il 99° racconto si parlerà di uno pseudo-autore creato da Banana Yoshimoto e della sua intenzione di scrivere cento racconti in lingua inglese, che però quando vengono tradotti in giapponese creano strani effetti... Lui non riuscirà nel suo intento, né i suoi traduttori, ma chissà se l'Obsidian Mirror ne seguirà le orme? Purtroppo dovrò aspettare il 2020 per scoprirlo :-D
(Se ti ho rovinato la sorpresa, tranquillo: nel 2020 non la ricorderà più nessuno!)
Nel 2020 nessuno si ricorderà di niente, ma di sicuro nel centesimo post almeno un link a questo di oggi non potrà mancare. E allora il mondo saprà che era già stato detto tutto nel 2016.
EliminaAttendo il tuo commento "leggendario". Non ti dimenticare, eh?
Per un nipponofilo come me è un invito a nozze.
RispondiEliminaStando in tema col post, posso dire di aver conosciuto diversi studenti giapponesi negli anni 90 quando andavo in Inghilterra e Francia per motivi di studio, e parlando con loro ho notato una cosa: loro a queste storie in un certo senso ci credono. Mentre noi vediamo i film horror con contenuti soprannaturali per provare la scarica di adrenalina ma in fondo non crediamo affatto che esista lo spirito maligno di turno, loro credono realmente in queste entità. Per fare un esempio, ricordo che narrai a uno studente giapponese una storia descritta da un cronista greco (o latino, non ricordo) di un fantasma che avrebbe indicato un punto del terreno, la gente ha scavato e ha trovato uno scheletro incatenato, allora gli hanno dato una degna sepoltura, senza catene, con una lapide, etc., e da quel momento il fantasma non è più apparso... ebbene, lui commentò che riteneva la cosa perfettamente credibile, non gli sembrava affatto una "leggenda" o una "fantasia", per lui era una cosa quasi normale.
I fantasmi, e in generale le entità soprannaturali, sono una faccenda serissima per i giapponesi, tant'è che nessuno si è mai permesso di ridurli ad una parodia, come abbiamo fatto noi occidentali con roba come Casper, Ghostbuster e affini.
EliminaDavvero molto bello il tuo racconto. Grazie per averlo condiviso.
Mou belin Tom ti sei infilato in un autentico delirio. Bello però. Originalissima iniziativa.
RispondiEliminaNon è la prima volta che mi incasino la vita. Sopravviverò anche questa volta. ;)
EliminaIo ci sarò, porto la mia candela! ;)
RispondiEliminaGrazie per il supporto. Il giorno di quel centesimo post avrò di sicuro bisogno di qualcuno che mi guardi le spalle.. ^_^
EliminaAggiungi anche la mia candela: soprannaturale e Giappone significano aMMore!! :D
RispondiEliminaBene! Cominciamo ad esser in tanti! Grazie in (largo) anticipo.
EliminaPurtroppo ho i banchi di memoria del mio cervello già tutti occupati, ma ogni tanto verrò a dare un'occhiata.
RispondiEliminaE sappi che comunque io e te siamo un po' in una gara (senza vinti né vincitori). Non credo che il mio progetto "The Studio" sia destinato ad arrivare a cento post, ma non ci andrà troppo lontano.
Sì, lo so che verrai comunque a sbirciare... grazie.^_^
EliminaCi vorrebbe però un sistema per riuscire ad espandere questa nostra dannata RAM... anch'io sto cominciando a crasharmi sempre più spesso.
Il tuo "The Studio" ha intenzioni così monumentali? Davvero? Non lo avevo mica capito.... devo essermi perso qualcosa.
Oh! *__* Sono esaltatissima! Sto leggendo (ma con estrema lentezza, un racconto ogni tanto) Principesse e Mononoke Storie di fantasmi giapponesi di Yakumo Koizumi!
RispondiEliminaCi sarò, fantasmi permettendo, fino alla fine XD
Non ne conosco il contenuto ma posso immaginare che i più classici fantasmi della tradizione giapponese (Oiwa, Okiku, Otsuyu) siano presenti, no? Anche tu ci sarai fino alla fine? Grazieeee!
EliminaMolto interessante! Ti seguirò con paura...
RispondiEliminaCon paura? Non c'è da aver paura.. perlomeno non prima del centesimo post. Grazie!
EliminaWow!Bellissima iniziativa!
RispondiEliminaAmo il Giappone e la sua cultura è magica/affascinante/ammaliante..nemmeno io so bene come definire la sua presa su di me ;-)
Dato che parliamo di storie horror giapponesi...mi veniva in mente il film Dark Water di cui la versione giapponese è mille volte più potente, nella sua semplicità, della versione hollywoodiana con la Kidman!
Ti seguirò! :-)
Con Jennifer Connelly... ho guardato quel film solo per la sua presenza :D
EliminaComprensibilissimo....
EliminaIgnoravo l'esistenza dei J-Horror finché non ho scoperto che avevo visto a mia insaputa qualche loro remake.
RispondiEliminaE' stato così per tutti, non ti preoccupare... ^_^
EliminaComplimenti per l'iniziativa, anche se la cultura (intesa come stile di vita) del Giappone mi pare presentare tali aspetti di alienazione che la sua penetrazione nel mondo occidentale moderno non mi rallegra proprio.
RispondiEliminaQuanto al perché certe cose passino di moda dopo aver avuto una fiammata, io penso che l'horror abbia sempre bisogno di novità per far saltare sulla sedia lo spettatore. Passato l'effetto sorpresa, anche Sadako diventa solo un po' di pixel che non vogliono restarsene dentro il televisore...
Ricordo comunque con piacere Audition.
Nell'articolo infatti l'ho detto che del Giappone "non tutto quello che visto mi è piaciuto". Certe cose fortunatamente non potrebbero mai attecchire al di fuori dei loro confini... sono ben altre le culture che dovremmo temere. Sadako è stata per un certo tempo una moda, questo è vero, ma il problema non è Sadako: siamo noi occidentali quelli che non la smettono di sventolare come bandiere dietro qualsiasi filo di vento...
EliminaI tuoi progetti sono sempre incredibilmente intriganti! Seguirò anche questo con gran piacere e curiosità :D
RispondiEliminaGrazie... e prometto che prima o poi riuscirò a portarne a termine qualcuno, prima di iniziarne un altro. ^_^
EliminaMa che splendida iniziativa! Ti ammiro per l'impresa davvero titanica, cento post spaventerebbero chiunque. Ma sono sicura che, al di là dell'escamotage che hai trovato, arriverai felicemente alla fine spegnendo la centesima candela come da regolamento. Le storie del soprannaturale mi affascinano da sempre e spero di riuscire pian piano a leggere tutti i tuoi post. (Sto facendo la stessa cosa con la blog novel di Ivano, e quindi sono fiduciosa.) ^_^
RispondiEliminaLeggendo il passaggio "una lunga veste bianca e con il volto celato da lunghi capelli corvini..." mi è venuto in mente una scena del film di Kurosawa "Sogni". Ricordo che nell'episodio c'era un soldato su una montagna innevata che stava per addormentarsi e morire congelato, e ricordo questa donna bellissima con lunghe vesti bianche fluttuanti e capelli neri, che dolcemente lo invitava al sonno. Nel momento in cui lui era riuscito a reagire, s'era trasformata in un essere orribile.
Quando parli di "escamotage" immagino tu ti riferisca alla furbata di inlcudere l'intera serie dello speciale Ghost in the Well, giusto? In effetti quella mossa mi è stata di grande aiuto (sono arrivato ad un quarto del cammino in un batter d'occhio) ma giuro che non era preventivato. Lo speciale di cui sopra inizialmente avrebbe dovuto durare meno della metà di quel che è poi durato.
EliminaNon ricordo quel film di Kurosawa, ma da come mi descrivi quello spirito credo che il regista volesse richiamare la leggenda della yuki-onna (雪女 "donna delle nevi"), di cui mi riprometto di parlare sul blog nell'ambito di questa serie.
Sì, confermo entrambe le cose: per "escamotage" intendevo proprio quello; ed era esattamente la "donna delle nevi" lo spirito cui mi riferivo. Avevo visto il film molti anni fa e non ricordavo esattamente come veniva chiamato. Leggerò con curiosità il post relativo.
RispondiEliminaOsservazione estemporanea: immagino che tu abbia studiato o stia studiando il giapponese per essere così ferrato sui termini.
In realtà è la mia ragazza che ha studiato giapponese: io vivo di rendita alle sue spalle... ehehehe
EliminaCaspita! E' una cosa eccellente, un po' come avere un medico o un avvocato in famiglia. ;-)
Elimina...con la differenza che medici e avvocati si spera di non doverli mai usare.
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