In “The Menu”, la final girl chiede allo chef di prepararle due cheeseburger. I cheeseburger vengono quindi presentati
come un cibo semplice, tradizionale, da contrapporre a quello ricercato e moderno in cui lo chef si è specializzato.
Naturalmente, l’hamburger (di cui il cheeseburger è una variante) non è l’unico cibo che si presta a essere cucinato e
consumato velocemente, benché sia di certo il più famoso.
Ciò che ci interessa capire oggi, però, è se questa percezione
dell’hamburger, o cheeseburger che dir si voglia, è coerente con quanto proposto oggi dai ristoranti fast food diffusi nel
mondo. Sarà forse il caso che iniziamo con qualche cenno storico.
Sebbene l’hamburger sia ormai diventato simbolo di americanità, le sue vere origini sono ancora dibattute. Bisogna però
distinguere tra l’hamburger propriamente detto, cioè la fetta di carne tra due fette di pane, e la carne macinata servita da
sola, o tra le foglie di insalata.
Si dice che la prima forma di hamburger sia nata presso gli antichi egizi, e che fosse una sorta di polpetta. Altre ipotesi ne
ascrivono le origini ai romani, che in effetti realizzavano numerose ricette a base di carne macinata, come testimonia il
“De re coquinaria” (ovvero “L’arte culinaria”), il più antico ricettario a noi pervenuto, opera in dieci volumi attribuita a
Marco Gavio Apicio. Il secondo volume si intitola “Sarcoptes”, che significa “carne tritata”, ma è evidente che si tratta
di ricette ricercate, destinate ai patrizi e non certo ai comuni cittadini.