La bellezza e il colore: ora mi rendo conto di ciò che gli artisti tentano di fare. Cercano di fissare la bellezza su di una tela, il modo come risplende e freme e vive. (Timothy Leary, “Il Gran Sacerdote”, 1968, Trip 4)
Sarà banale a dirsi, ma vi sono sistematiche analogie fra le esperienze psichedeliche dei soggetti più diversi e quel che cambia, casomai, è la loro capacità di raccontarle: chi è più avvezzo all'uso delle parole userà i termini più calzanti ed emozionanti, e in generale chi ha un talento artistico infonderà la sua peculiare sensibilità nelle descrizioni. Come dimostra la citazione posta in apertura, molti soggetti raccontano di aver provato sensazioni intense soprattutto dal punto di vista visivo. Anche il “viaggiatore” citato da Leary poche righe fa si ritrovò a riflettere, di fronte alle proprie inedite visioni, sulle percezioni visive dei pittori, e sul fatto che la maggior parte di questi tenti di rendere la bellezza su tela riuscendovi solo in parte. Poiché - ricordate cosa aveva scritto Huxley nel suo saggio? - […] la gloria e la meraviglia dell'esistenza pura appartengono a un altro ordine che anche l'arte più alta non ha il potere di esprimere. (Per la citazione completa vi rimando a questo post.)
Aldous Huxley e Timothy Leary si incontrarono nell'ottobre del 1960. Leary aveva letto “Le porte della percezione” e “Paradiso e Inferno” e desiderava conoscere il loro autore per proporgli una collaborazione nell'ambito di un progetto di ricerca sperimentale, perché era convinto che con i giusti dosaggi, in un ambiente protetto e sotto l’egida di un maestro o Gran Sacerdote, ovvero con una figura di riferimento a fare da guida, le sedute psichedeliche potessero avere effetti positivi e addirittura liberatori. Sappiamo tutti come andò a finire. Dopo essere stato radiato da Harvard, Leary decise di proseguire gli esperimenti con la psilocibina e l’LSD in casa propria, trasformandola nel punto di riferimento della cultura alternativa dell’epoca e di tutti i personaggi che vi gravitavano attorno. “Il Gran Sacerdote” è dunque la cronaca di quel periodo di fermento, progetti e aspettative prima che l’uso dell’LSD diventasse illegale, di quei viaggi psichedelici o “trip” compiuti a Cuernavaca, in Messico, ad Harvard e in gran parte nella villa di Millbrook - con una tale quantità e varietà di personaggi famosi (e non) da farci sentire, nel leggerne, come se anche noi con loro fossimo stati ospiti della “Mecca della Psichedelia”.
Pubblicando “Il Gran Sacerdote” la Shake Edizioni ha indubbiamente colmato un grosso, clamoroso vuoto, perché questo non soltanto è un libro bellissimo, ma accanto alle indispensabili note biografiche è pregno di informazioni così trasversalmente culturali da lasciare stupefatti. L'assunto era che in base al principio di indeterminazione di Heisenberg non è possibile una conoscenza completa e univoca della realtà e l'universo non esiste se non come insieme di probabilità, perciò se sono gli osservatori a creare la realtà ognuno dei viaggiatori psichedelici avrà qualcosa di diverso e originale da narrare in merito all'esperienza vissuta. Perciò, accanto al resoconto dei trip (16, come i capitoli del libro) e degli avvenimenti svoltisi in contemporanea a essi, vi sono citazioni e commenti dei protagonisti di quel pezzo di storia americana. E non solo, perché ogni pagina è corredata da note a margine del tipo più disparato: dagli stralci del processo a Leary agli estratti di interviste e articoli comparsi su periodici più o meno autorevoli, da “Time” a “Cosmopolitan” a “Playboy”, ma anche citazioni di testi sacri come il Bhagavadgit e poemi come l'Epopea di Gilgamesh e molto altro.
Ogni Capitolo/Trip viene ricollegato a uno dei segni de “I Ching”, il Libro dei Mutamenti. Uno dei suoi esagrammi è posto in apertura di ogni capitolo, mentre in chiusura c'è la sua lettura divinatoria che ha che fare, naturalmente, con il contenuto del capitolo stesso. La lettura dei segni è difficile perché si basa sul principio di sincronicità, per il quale essi parlano direttamente al nostro inconscio nel momento in cui li interroghiamo. O viceversa. Non v'è dubbio che Leary conoscesse molto bene “I Ching”; lo conosceva al punto da utilizzarne i simboli per descrivere gli esploratori della coscienza (il “gruppo consacrato di portatori d'anello”, per dirla con Tolkien) e l'evoluzione che li attende nel corso di quello che a tutti gli effetti è un viaggio iniziatico. Come nel Trip 5, dove racconta di quando si trovò a dover contrastare l'aggressività di uno dei suoi compagni di trip, e dove l'etica e la forza avrebbero fallito vinse la pura, semplice logica, il richiamo alle regole che fece tornare l'uomo in sé facendogli comprendere quanto il suo comportamento fosse inappropriato alle circostanze; non è forse un caso che simbolo del capitolo sia il Camminare, di cui uno dei trigrammi, quello del Lago, ha un significato contrastante che potremmo riassumere come il chiaro e l'oscuro, un ostacolo da superare. O come nel Trip 7, dove utilizza l'immagine del Conflitto (il Cielo, trigramma superiore e l'Acqua, trigramma inferiore, la forza e l'inganno, dai movimenti opposti, ovvero opposte tendenze) per descrivere quella che, secondo Leary, era la psiche di Arthur Koestler, il famoso scrittore e filosofo ungherese. Koestler, nonostante una precedente esperienza deludente, aveva partecipato a una seduta psichedelica con Leary nel 1961, ma non si era “acceso” perché aveva tentato di mantenere quell'esperienza sotto il controllo della mente. Secondo Leary, A.K. avversava il culto delle droghe perché era aggrappato per partito preso alla sua razionalità. Il conflitto si sviluppa quando una persona sente di essere nel giusto e si getta in braccio all'opposizione. […] la sua unica via di salvezza consiste nell'avere perspicacia e forza interiore tali da essere sempre pronta a venire a patti, incontrando l'avversario a metà strada. (I Ching IV).
Aldilà di questi due esempi (potremmo infatti estendere il discorso a tutti e sedici i capitoli), quello che interessa maggiormente sono i temi cardine de “Il Gran Sacerdote”, gli stessi che (lo vedremo meglio in seguito) furono approfonditi in opere come “The politics of ecstasy” e “Turn on, Tune in, Drop Out”.
Primo punto: il viaggio può essere occasione tribale oppure esperienza (trans)personale, profonda, visionaria. Una preghiera solitaria, come quella di Mosé sul monte Sinai e di Gesù nel deserto. In ogni caso, le visioni vanno incanalate e bisogna trovare una filosofia, una strada, un significato. Per i riti di gruppo serve una guida, un guru, per indirizzare il viaggio verso l'apprendimento dell'amore. Il che ci porta dritti al secondo punto: la pianificazione e la preghiera.
Pianificare il chi, il dove, il quando e il perché e il come della seduta. […] Con chi? Da solo o con amici intimi che condividono i tuoi fini spirituali. Dove? In un ambiente libero da distrazioni mondane, pressioni profane, interruzioni accidentali. […] Quando? In un tempo sacro dedicato alla ricerca spirituale. […] Perché? Per trovare Dio. Per liberarsi da ogni rivestimento coriaceo, metallico, protettivo e prostrarsi nudi, allo scoperto, perché Dio ti trovi. Per morire e resuscitare. Come? Tramite la preghiera.[…] La preghiera è il linguaggio energetico di Dio.
Non dimentichiamo che Leary era giunto a Harvard, a seguito di una lunga esperienza di insegnamento e ricerca di psicologia clinica, per introdurvi i metodi esistenziali-transazionali. Nei suoi rapporti con i pazienti egli si considerava una sorta di elemento secondario dell'equazione, trasferendo l'autorità e il ruolo principale al paziente che, di fatto, era chiamato a guarire se stesso, modificando il proprio modo pensare e di agire sotto la guida del terapista. Non solo, nell'ambito di progetti sociali di assistenza psicologica (in orfanotrofi e carceri o tra i disadattati, ad esempio) Leary insegnava alle persone come aiutarsi le une con le altre, un modo di assumersi delle responsabilità e pianificare il corso delle proprie e altrui vite. Questo approccio non mutò quando Leary scoprì i funghi e cominciò la sua ricerca sulla droga (almeno in una fase iniziale). Anzi. Quella di guru dell'LSD fu per lui la naturale evoluzione del suo ruolo di psicoterapeuta. Il problema (che rimase tale, e che anzi divenne più impellente con la sua discesa nell'illegalità) era la difficoltà di dimostrare in modo concreto i benefici del metodo proposto, quello psicoterapeutico prima e quello dell'uso terapeutico delle droghe poi.
Terzo punto: come valutare se l'utilizzo dell'LSD provoca effettivamente una crescita e un cambiamento interiore nelle persone che ne fruiscono? Come giudicare qualcosa di così intimo e soggettivo? Nella maggioranza dei casi non è possibile attribuire un valore positivo o negativo alle azioni altrui. La questione rimase ufficialmente irrisolta: l'uso della droga doveva essere consentito dall'autorità medica e l'autorità medica non avrebbe consentito qualcosa che non poteva essere dimostrato in maniera empirica, scientifica. Praticamente, era un serpente che si mordeva la coda.
Ma c'è un quarto punto ancora più controverso: l'aspetto sessuale. Non è un mistero che le sostanze psicoattive siano in grado di liberare una gran quantità di energia sessuale, perché il sesso è vita. Avevamo tra le mani un afrodisiaco portentoso, forse il più potente sprigionatore sessuale conosciuto dall'uomo. […] L'unione non era soltanto quella del tuo corpo con il corpo di lei, ma bensì di tutta la tua entità razziale ed evolutiva con quella di lei. Era un accoppiamento mitologico. Unione neurologica. Sesso cellulare. Fusione di archetipi. Era la riviviscenza diretta da migliaia di accoppiamenti.
Non solo: i viaggi psichedelici modificano le relazioni interpersonali in modi imprevisti, dando vita a nuove attrazioni e repulsioni, il che non fa che sottolineare nuovamente l'importanza della pianificazione (vedere il secondo punto). Per sua stessa ammissione, all'epoca Leary era troppo calato nei panni dello scienziato per comprendere davvero la natura divina del rapporto fra maschile e femminile, non era in grado di gestire il turbamento provocato dal potenziale sessuale delle droghe e non lo fu perlomeno fino al 1964, ovvero fino a quando la sua vita non cambiò definitivamente il proprio corso. Torneremo a occuparci di questo e altri aspetti in futuro, quando parleremo di un'altra opera cardine di Leary: “The politics of ecstasy”.
Wow! Tanto di cappello! Articolo davvero denso e illuminante e sarei stato anche pronto a leggerne subito il seguito. Come ho scritto in un precedente commento, ho una conoscenza davvero molto superficiale di Leary e della sua cerchia e sono contento di colmare la lacuna.
RispondiEliminaE pensa che nell'ottobre del 1960, mese dell'incontro tra Huxley e Leary, sono nato io. Non è che per caso sai anche il giorno? ^^
Grazie Ivano, è quello che penso io ogni volta che leggo il tuo blog. Mi fa piacere ogni tanto poter ricambiare :)
EliminaMmmh no, non saprei proprio. So che era ottobre perché questo è scritto all'inizio del capitolo. Però in effetti il capitolo comincia narrando fatti avvenuti all'inizio di settembre e poi quelli a seguire, senza specificare le date. Può darsi che ci siano altre fonti d'informazione affidabili, ma dovrei fare qualche ricerca. Diciamo che se nel corso delle mie riletture di/su Leary arriverò a chiarire questo particolare, te lo farò senz'altro sapere, visto che la coincidenza è davvero singolare...
Peccato che G+ non me lo fa condividere...
RispondiEliminaNon sei il solo. Anch'io talvolta ho difficoltà a condividere usando quei dannati pulsantini...
EliminaAdesso ci sono riuscito. E' bastato uscire e rifare il log-in.
EliminaVisto. Grazie! ^_^
EliminaSolo tu avresti potuto rendere giustizia a Timothy Leary alla sua vita ed alla sua opera.
RispondiEliminaCi provo, Nick. Ci provo :)
EliminaPersonalmente da ragazzo ero contro l'uso di sostanze chimiche in medicina sino a quando non capitò che un mio amico andasse in depressione... Senza l'aiuto di quelle sostanze diventava un vegetale. Certo, ci vuole comunque una reazione interiore, infatti ho poi scoperto che quel mio amico anni dopo è morto, neppure quarantenne, per problemi di salute dovute al fatto che si era trascurato, insomma, aveva smesso di assumere antidepressivi ed era ripiombato nel baratro passando troppo tempo senza curarsi di mangiare, di dormire, di difendersi dal freddo... Ma immagino che nel caso dello LSD si vada ben oltre al farmaco antidepressivo.
RispondiEliminaMi spiace per il tuo amico. Immagino che fosse una persona sola, senza nessuno che si prendesse cura di lui, o che la malattia avesse allontanato anche quelli che avrebbero dovuto stargli vicino. Ma non voglio giudicare, perché non dev'essere facile stare accanto a un depresso, e la questione è anche culturale: la depressione è una vera e propria malattia, ma mentre per il corpo e le sue malattie c'è molta attenzione e comprensione, i problemi mentali sono spesso sottovalutati (o peggio). Leary, attraverso l'LSD, voleva offrire a tutti la possibilità di esplorare la propria coscienza, di far parte di una rivoluzione esistenziale che riguardava tutti, e non solo coloro che avevano qualche disturbo della personalità accertato. Perché noi siamo tutti malati, nella misura in cui ci dobbiamo uniformare a pensieri e comportamenti convenzionalmente "normali". Nella sua mente, l'uso dell'LSD doveva dare vita a un cambiamento che si sarebbe riflesso sulla società... ma sto divagando. Ne riparleremo, comunque.
EliminaBellissimo articolo, vorrei commentare a modo mio ma temo di beccarmi un altra botta di prolisso, cosa che invero sono, verrebbe fuori un commento lungo come un post. Hai aperto un capitolo che mi stuzzica parecchio, per mille motivi, storici, antropologici, sociologici, culturali, medici ecc...
RispondiEliminaAhahaha! Non sarà certo io a tarparti le ali se decidi di scrivere un commento chilometrico... O forse ti preoccupa di più un intervento di qualcun altro? ehehe
EliminaHahahaha il tremendo Ivano dici? Naa, lui oramai mi legge con tenera condiscendenza paterna hahahaha. Me lo immagino che alza gli occhi al cielo e scuote la testa.
EliminaIn realtà pensavo a qualcun'altro.... =^_^=
EliminaRicordi il mio post natalizio?
Già già, è vero. La Glò.
EliminaSono sempre nei vostri pensieri! *__*
EliminaMuahahahah!
Potrei commentare all'infinito su questo post, ma evito di fare un commento della lunghezza di un post, limitandomi ad alcune osservazioni. :)
RispondiEliminaQuell'assunto sul principio di indeterminazione è un'affermazione un po' forte, in quanto andrebbe meglio contestualizzato. Mentre il discorso su osservatore e realtà discende anche da quello ma in realtà è la visione di Copenhagen della meccanica quantistica (ne avevo parlato nel primissimo articolo del mio blog).
Quanto al terzo punto: non c'è storia che tenga. Gli studi autorevoli in materia dicono che l'LSD disgrega la psiche (schizofrenia), senza contare il fenomeno del flashback: giorni, settimane, mesi dopo l’assunzione, gli effetti dell'LSD possono ripresentarsi all’improvviso, trascinando il suo utilizzatore in un nuovo trip.
Un po' forte? Può darsi, ma a me sembra perfettamente calzante in quel contesto. Leary era un accademico e non aveva l'abitudine di parlare a vanvera, comunque quel riferimento nel libro si riduce a poche frasi, queste:
Elimina"Gli osservatori creano la realtà in cui vivono. Punti di vista. Prospettive. L'ambientazione di ogni escursione era pianificata dai soggetti. Ogni viaggiatore tornava con una storia diversa da raccontare. Si mirava all'assunzione di responsabilità e a prendere appunti sulle realtà che i soggetti determinavano." Tutto qui. Il libro di Leary non è un trattato scientifico e non vuole esserlo neanche il mio post. Se poi in futuro ci sarà modo di riparlarne ben venga, ma ora neanche a me interessa dilungarmi sulla questione (la scrittura di OdR per ora mi sta portando da tutt'altra parte, anche se su Leary ho intenzione di tornare perché l'argomento non è affatto esaurito). Riguardo l’ultimo punto, è ovvio che qualunque sostanza chimica può avere effetti imprevisti, creare gravi danni all’organismo e perfino uccidere, e se così non fosse non ci sarebbe alcun bisogno di inserire i foglietti illustrativi nei medicinali... che però l’LSD provochi quel tipo di effetti e conseguenze su TUTTI coloro che la assumono io non lo credo affatto. Anch’io ho letto qualcosa in materia, incluse testimonianze di consumatori di lungo corso che non hanno mai manifestato nulla di simile. D’altra parte se così fosse la generazione che ci ha preceduto sarebbe tutta in manicomio. Vedi, io non ho una visione dogmatica della scienza, non credo semplicemente che essa abbia tutte le risposte, men che meno credo ciecamente all'imparzialità degli esperimenti svolti dalla scienza cosiddetta ufficiale. Detto ciò, ci tengo a precisare, casomai ve ne fosse bisogno, che questo post, quelli precedenti e quelli a seguire non sono delle istigazioni a usare psicoattivi, anche perché prendersi dei rischi solo a scopo ricreativo non ha molto senso. Questo non significa che non se ne possa parlare, come per qualunque cosa che abbia un interesse storico, antropologico, sociale, eccetera. Non mi interessa però dare un giudizio, io parlo dell’uomo e delle sue idee, non entro nel merito se siano giuste o meno. Quella, per quanto mi riguarda, è una questione che ognuno di noi deve affrontare nel suo privato, nel confrontarsi con la propria coscienza.
Intendo dire con affermazione forte che il principio di indeterminazione va contestualizzato a un discorso relativo a dimensioni atomiche: per noi che viviamo nel mondo macroscopico c'è ma i suoi effetti sono trascurabili.
EliminaLeary era un accademico sì, ma uno psicologo, non un conoscitore della fisica. Mi limitavo a segnalarti che quello a cui si riferiva non era tanto il principio di Heinsenberg quanto piuttosto l'interpretazione di Copenhagen.
Per quanto riguarda l'LSD ho peccato di imprecisione, volendo sottolineare la pericolosità delle droghe: ciò che ho scritto è vero, ma solo da un punto di vista stocastico, cioè sono molto probabili quegli effetti, ma non sicuri al 100%. Praticamente è l'equivalente farmacologico di una roulette russa.
Sulla questione scienza mi trovi d'accordo: per esempio il fenomeno del flashback di cui sopra è ancora del tutto inspiegato.
Sono lieto che alla fine siamo d'accordo su molte più cose di ciò che sembra :)
EliminaMi ero ripromesso di non intervenire più sui blog che seguo e amo a meno che non avessi avuto qualcosa di intelligente da dire... ma in questo modo non sarei intervenuto probabilmente mai più :) e quindi tradisco il mio buon proposito per farti i complimenti per questa serie di articoli meravigliosi: li ho riletti tutti e cinque di fila, commenti compresi, ed è stata un'esperienza davvero arricchente. Sono da sempre interessatissimo agli argomenti trattati in questa serie di articoli - sono esattamente coetaneo di Ivano Landi (ottobre 1960! ^__^), quindi credo che abbiamo un minimo di retroterra culturale, o controculturale, comune. Vidi "Sebastiane" al tempo della sua uscita italiana, per capirci sulla mia vetustà :)
RispondiEliminaNon ho, per ora, intenzione di dire altro se non farti i complimenti, Obsidian; complimenti sinceri e sentiti: è stupendo vedere argomenti amati trattati in modo così sensibile, competente e, mi ripeto, arricchente. Grazie di cuore!
p.s. conosci/conoscete le monografie "Altrove"?...
Grazie a te, Orlando. Bell'annata, il 1960 ;) Io sono appena di qualche anno più giovane... Confesso che i tuoi complimenti un po' m'imbarazzano... Non so fino a che punto posso considerarmi competente in materia, ma forse è vero che conosco questi argomenti più di altre persone e mi fa piacere trovare qualcuno che condivida il mio interesse e mi aiuti magari ad averne una visione più ampia. Nella vita reale questo è difficile, per la naturale ritrosia delle persone ad affrontare certi argomenti. Onestamente pensavo che non avrei avuto neanche un commento, ma a volte la vita ti stupisce :)
EliminaP.S. No, non le conosco. Vedi, non sono poi così competente...
Che dirti, sei un vero maestro.
RispondiEliminaCi insegni sempre cose nuove, continua così. ;-)
Io continuo.. ma tu? Mi pare che stai producendo poco ultimamente ;)
EliminaMi ha colpito la questione del principio di Heisenberg, versione Copenhagen come da commento di Marco (se non ricordo male ne ha parlato di recente in un post del suo blog :O vedi la combinazione!), perché sarebbe bellissimo fosse così, ma forse è soltanto assai presuntuoso da parte dell'uomo.
RispondiEliminaIl post è veramente interessante e fa venir voglia di approfondire *__* Attendo il prossimo appuntamento e annoto ^_^
Presuntuoso? No, dai, perché? Se così fosse, bisognerebbe definire presuntuosi tutti gli scienziati, i religiosi e i mistici esistenti ed esistiti, tutti lì a cercar risposte a quesiti più grandi dell'uomo ;)
EliminaLeary parlava di esperienze che aveva provato personalmente e quindi erano vere per lui quanto e più della solita realtà di tutti i giorni, a prescindere dal fatto che le si possa o non possa verificare e comprovare scientificamente (a parte il fatto che qualcuno ci ha anche provato.... ma passerà del tempo prima che possa parlarne in questo blog).
Quello che volevo dire a Marco, qui sopra, è che se Leary può aver accennato al principio di Heisenberg in maniera imprecisa, non credo sia stato per ignoranza, ma perché non gli interessava approfondire più di tanto, tutto qui.
Sì, chiaro! Il mio presuntuoso era riferito al principio stesso :D Ovvero l'obiezione «Credi davvero che la luna non sia lì se non la guardi?» di A. Einstein (da Wikipedia) mi convince di più!
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