"La prima cosa che ho pubblicato è Tempi Terribili, un romanzo che è un mix di thriller, noir, fantascienza e sperimentalismi Avant-Pop. È uscito per i tipi di Libro Aperto International Publishing ma è ora fuori catalogo. Sto cercando di pubblicarlo di nuovo e l’ho proposto a Teomedia. È il primo volume di una trilogia, già scritta, che ho definito ‘La Trilogia dell’Occulto’. Tratta dei legami tra creatività letteraria e atto magico. L’esoterismo è uno dei miei svariati interessi e si riflette in ciò che scrivo."
Con queste parole lo scrittore salentino Sergio Duma presentò ai lettori di Obsidian Mirror, nel corso di un'intervista pubblicata proprio qui nel marzo dello scorso anno, la sua opera prima. In quell'occasione si parlava in verità di tutt'altro, nello specifico del suo lavoro a quei tempi più recente (I libri degli incubi, ndr), ma sapete meglio di me come vanno queste cose: spesso quando ci si trova nel salotto dello zio Obsy si comincia a parlare a ruota libera, uscendo e rientrando continuamente dal/nel seminato. E così accadde anche allora.
Ovviamente, per un breve attimo mi chiesi cosa diavolo fosse "un mix di thriller, noir, fantascienza e sperimentalismi Avant-Pop", ma lì per lì decisi di soprassedere, con il celato intento di rimuginarci sopra da solo, magari la sera prima di addormentarmi. Le mie riflessioni notturne sfociarono tuttavia in un nulla di fatto finché, come accade sovente, non iniziai a concentrarmi su nuovi stimoli. Tutto questo fino a pochi giorni fa perché, come avrete ormai già intuito, i tempi terribili sono arrivati.
In preparazione a questa nuova lettura sono andato a rileggere ciò che avevo scritto un anno fa a proposito de "I libri degli incubi": avevo accennato (forse lo ricorderete) a situazioni "perverse e malate" in cui erano calati personaggi "a loro volta perversi e malati". «Molto bene», ho pensato, «so esattamente cosa aspettarmi». Avevo anche accennato a un "sottile equilibrio tra il leggibile e l’illeggibile". «Molto bene», ho pensato, questa volta deglutendo saliva.
In realtà mi ricordavo benissimo di quella raccolta di racconti. Certo, non tutti mi avevano lasciato qualcosa, ma quel senso generale di disagio era impossibile da cancellare. Come affrontare quindi serenamente i tempi terribili che si stavano approssimando sul mio comodino? Sono ancora qui, vivo a vegeto, a parlarne, il che dovrebbe essere di per sé già un indizio che sono sopravvissuto all'ultima pagina.
Non è stato facile, ve lo posso dire sin d’ora. Sergio Duma non è uno di quei tizi che scrivono con l'obiettivo di accompagnare il lettore verso un riposante sonno notturno. Tutt'altro. Quando spegni la luce e ti giri sul fianco senti pulsare dentro di te gli ematomi che i suoi calci ti hanno lasciato, senti le ossa scricchiolare e una mano gelida che accoglie la tua guancia al posto del solito, soffice cuscino. Basti l'incipit per intuire quanto dura sarà la strada da percorrere: "I tempi terribili arrivarono ufficialmente non appena finii di fare sesso con Gesù Cristo.". Ovviamente quel Gesù Cristo non è quello che ci immaginiamo, ma intanto il primo calcio è arrivato e il solco, come si suol dire, è ormai tracciato.
Se nonostante la mia premessa sarete abbastanza ardimentosi da avventurarvi fra le sue pagine, scoprirete che ne sarà tutto sommato valsa la pena. Quei tempi terribili ventilati dal titolo arrivano e passano via, terribili senz'altro, ma tutto sommato innocui per noi lettori. Innocui nella misura in cui ci dimostriamo capaci di prendere le provocazioni di Sergio Duma per quello che sono: provocazioni, appunto. Divertenti o meno a seconda di chi prende in mano questo libro, ma immagino che basti l'incipit per fare da filtro tra chi si sente in grado di sfidare l'illeggibile, e gustarsi una buona lettura, e chi preferisce deviare sui più rassicuranti binari della narrativa tradizionale.
I personaggi che si alternano sul palcoscenico sono decisamente bizzarri e anche piuttosto irreali (e scopriremo infine anche il perché), ed è proprio questo se vogliamo il loro fascino. All'inizio si fa anche fatica a comprendere il motivo della scelta di nomi come Jo Mantra o Venere Supersonica, nomi che sembrano sputati fuori da una trasmissione tivù anni Ottanta con Maurizio Seymandi.
In realtà la logica (o la non-logica) è alla fine chiarissima e quasi ci si sorprende di non aver intuito la verità sin dalle prime righe. Ma la struttura inizialmente fatica a materializzarsi, tutto avanza con lentezza, quasi come se l'Autore avesse cercato di stuzzicarci con dei preliminari, di quelli che tengono desta l'attenzione ma concedono poco. Brevissimi capitoli che ci fanno rimbalzare da una parte all'altra sino a farci girare la testa, fino all'esplosione finale.
Trovare una categoria nella quale inserire "Tempi terribili" è complesso, ma in questi casi ci viene di solito in soccorso il termine "slipstream", che indica tutto e niente, o comunque qualcosa di estremamente borderline. Sperimentalismi avant-pop? Ci sono tutti, e sono fra l'altro gli episodi più divertenti del romanzo (a tratti sembra quasi di trovarsi sul set di Grindhouse). Ma al di là delle etichette, "Tempi terribili" non è altro che la materializzazione della follia che è radicata in ciascuno di noi. Un viaggio virtuale che parte dalla presunta normalità quotidiana, quella in cui crediamo di vivere, e la completa alienazione dell'individuo stesso, che smette di essere tale nel momento in cui il suo creatore mette la parola fine alla vicenda.
Chi mi sta leggendo starà pensando che sono impazzito, che questo articolo non è altro che una sequenza di parole buttate giù alla rinfusa, così come vengono, per arrivare a una lunghezza accettabile per una recensione. È la stessa cosa che deve aver pensato la mia ragazza quando le ho chiesto, pochi istanti fa, una rapida lettura alla ricerca di eventuali refusi. Ma non è così.
Questa è solo la dimostrazione che l'atto stesso di scrivere può scatenare la creazione dei tulpa, un'immersione totale in ciò che si sta scrivendo, senza fermarsi a ragionare sul proprio stato. Sono io che sto scrivendo una recensione in un blog, oppure io sono la recensione stessa? Qual è la realtà? Quella che vedo quando alzo gli occhi da questo computer, o quella che vedete voi quando abbassate gli occhi sul vostro computer e mi vedete parte integrante di esso? È un libro quello che ho letto oppure sono io stesso ad aver vissuto in quel libro?
Leggendo questo romanzo appare lampante cosa intendesse Duma scomodando concetti come l’esoterismo e l’atto magico costituito dal processo della scrittura (qualcosa con cui anche i più grandi scrittori prima o poi devono fare i conti, attenendosi però quasi sempre a canoni più convenzionali).
L’impianto narrativo scelto da Sergio Duma mi sembra insomma piuttosto originale, tanto che io (non da critico letterario, ma da semplice lettore), se dovessi trovare un precedente, a memoria potrei citare solo la Isabella Santacroce di “Amorino”. È curioso il fatto che questo romanzo sia anche l’unico libro della scrittrice romagnola che ho letto finora; ma curioso è anche che il suo romanzo e quello di Duma siano in pratica contemporanei (sono stati pubblicati entrambi nel 2012) e che facciano entrambi parte di una trilogia (nel caso della Santacroce si tratta di una trilogia ‘dantesca’ chiamata anche "Desdemona Undicesima", di cui “Amorino” costituisce la terza e ultima parte). Siamo sempre nel territorio della metanarrativa, ma sebbene i due Autori abbiano in comune uno stile decisamente ipnotico, gli esiti sono piuttosto diversi.
Sono molteplici gli spunti che emergono dalla lettura di "Tempi terribili". Quello che inizialmente sembra il semplice esercizio di scrittura di un Autore alla sua prima esperienza, si rivela essere il particolare infinitesimale di un quadro più vasto. Non esistono sistemi per descrivere il meccanismo che mi ha trascinato nella lettura ininterrotta degli ultimi capitoli. Potrei, certo, tirare in ballo la presenza di sostanze psicoattive celate dall'Autore o dall'Editore nell'inchiostro ma, come forse già sapete, l'ink di "Tempi terribili" è solo e-ink. Non è reale. Nulla è reale. Tutto è reale. Tutto è stato fatto. Tutto è risaputo. Io l’ho fatto. Io lo sto facendo.
E il termine Tulpa mi farà precipitare nel passato e tutto mi sarà chiaro e una parte di me si sentirà morire. Mi rivedrò in una stanza, in una giornata sonnolenta, in un periodo in cui mi sentivo attratto dall’occultismo. L’interesse era motivato da mera curiosità. La figura di Aleister Crowley mi intrigava, così come mi intrigavano altre personalità; ma non provavo il desiderio di emularla. In un libro che lo riguardava, lessi dei Tulpa. Secondo certe credenze, le idee ossessive, se particolarmente radicate nella psiche, diventano forme di energia. Possono assumere vita propria e una personalità. Alcuni potevano addirittura percepirle, se consapevoli della loro esistenza. Erano definite Tulpa, appunto.
Con queste parole lo scrittore salentino Sergio Duma presentò ai lettori di Obsidian Mirror, nel corso di un'intervista pubblicata proprio qui nel marzo dello scorso anno, la sua opera prima. In quell'occasione si parlava in verità di tutt'altro, nello specifico del suo lavoro a quei tempi più recente (I libri degli incubi, ndr), ma sapete meglio di me come vanno queste cose: spesso quando ci si trova nel salotto dello zio Obsy si comincia a parlare a ruota libera, uscendo e rientrando continuamente dal/nel seminato. E così accadde anche allora.
Ovviamente, per un breve attimo mi chiesi cosa diavolo fosse "un mix di thriller, noir, fantascienza e sperimentalismi Avant-Pop", ma lì per lì decisi di soprassedere, con il celato intento di rimuginarci sopra da solo, magari la sera prima di addormentarmi. Le mie riflessioni notturne sfociarono tuttavia in un nulla di fatto finché, come accade sovente, non iniziai a concentrarmi su nuovi stimoli. Tutto questo fino a pochi giorni fa perché, come avrete ormai già intuito, i tempi terribili sono arrivati.
In preparazione a questa nuova lettura sono andato a rileggere ciò che avevo scritto un anno fa a proposito de "I libri degli incubi": avevo accennato (forse lo ricorderete) a situazioni "perverse e malate" in cui erano calati personaggi "a loro volta perversi e malati". «Molto bene», ho pensato, «so esattamente cosa aspettarmi». Avevo anche accennato a un "sottile equilibrio tra il leggibile e l’illeggibile". «Molto bene», ho pensato, questa volta deglutendo saliva.
In realtà mi ricordavo benissimo di quella raccolta di racconti. Certo, non tutti mi avevano lasciato qualcosa, ma quel senso generale di disagio era impossibile da cancellare. Come affrontare quindi serenamente i tempi terribili che si stavano approssimando sul mio comodino? Sono ancora qui, vivo a vegeto, a parlarne, il che dovrebbe essere di per sé già un indizio che sono sopravvissuto all'ultima pagina.
Non è stato facile, ve lo posso dire sin d’ora. Sergio Duma non è uno di quei tizi che scrivono con l'obiettivo di accompagnare il lettore verso un riposante sonno notturno. Tutt'altro. Quando spegni la luce e ti giri sul fianco senti pulsare dentro di te gli ematomi che i suoi calci ti hanno lasciato, senti le ossa scricchiolare e una mano gelida che accoglie la tua guancia al posto del solito, soffice cuscino. Basti l'incipit per intuire quanto dura sarà la strada da percorrere: "I tempi terribili arrivarono ufficialmente non appena finii di fare sesso con Gesù Cristo.". Ovviamente quel Gesù Cristo non è quello che ci immaginiamo, ma intanto il primo calcio è arrivato e il solco, come si suol dire, è ormai tracciato.
Se nonostante la mia premessa sarete abbastanza ardimentosi da avventurarvi fra le sue pagine, scoprirete che ne sarà tutto sommato valsa la pena. Quei tempi terribili ventilati dal titolo arrivano e passano via, terribili senz'altro, ma tutto sommato innocui per noi lettori. Innocui nella misura in cui ci dimostriamo capaci di prendere le provocazioni di Sergio Duma per quello che sono: provocazioni, appunto. Divertenti o meno a seconda di chi prende in mano questo libro, ma immagino che basti l'incipit per fare da filtro tra chi si sente in grado di sfidare l'illeggibile, e gustarsi una buona lettura, e chi preferisce deviare sui più rassicuranti binari della narrativa tradizionale.
I personaggi che si alternano sul palcoscenico sono decisamente bizzarri e anche piuttosto irreali (e scopriremo infine anche il perché), ed è proprio questo se vogliamo il loro fascino. All'inizio si fa anche fatica a comprendere il motivo della scelta di nomi come Jo Mantra o Venere Supersonica, nomi che sembrano sputati fuori da una trasmissione tivù anni Ottanta con Maurizio Seymandi.
In realtà la logica (o la non-logica) è alla fine chiarissima e quasi ci si sorprende di non aver intuito la verità sin dalle prime righe. Ma la struttura inizialmente fatica a materializzarsi, tutto avanza con lentezza, quasi come se l'Autore avesse cercato di stuzzicarci con dei preliminari, di quelli che tengono desta l'attenzione ma concedono poco. Brevissimi capitoli che ci fanno rimbalzare da una parte all'altra sino a farci girare la testa, fino all'esplosione finale.
Trovare una categoria nella quale inserire "Tempi terribili" è complesso, ma in questi casi ci viene di solito in soccorso il termine "slipstream", che indica tutto e niente, o comunque qualcosa di estremamente borderline. Sperimentalismi avant-pop? Ci sono tutti, e sono fra l'altro gli episodi più divertenti del romanzo (a tratti sembra quasi di trovarsi sul set di Grindhouse). Ma al di là delle etichette, "Tempi terribili" non è altro che la materializzazione della follia che è radicata in ciascuno di noi. Un viaggio virtuale che parte dalla presunta normalità quotidiana, quella in cui crediamo di vivere, e la completa alienazione dell'individuo stesso, che smette di essere tale nel momento in cui il suo creatore mette la parola fine alla vicenda.
Chi mi sta leggendo starà pensando che sono impazzito, che questo articolo non è altro che una sequenza di parole buttate giù alla rinfusa, così come vengono, per arrivare a una lunghezza accettabile per una recensione. È la stessa cosa che deve aver pensato la mia ragazza quando le ho chiesto, pochi istanti fa, una rapida lettura alla ricerca di eventuali refusi. Ma non è così.
Questa è solo la dimostrazione che l'atto stesso di scrivere può scatenare la creazione dei tulpa, un'immersione totale in ciò che si sta scrivendo, senza fermarsi a ragionare sul proprio stato. Sono io che sto scrivendo una recensione in un blog, oppure io sono la recensione stessa? Qual è la realtà? Quella che vedo quando alzo gli occhi da questo computer, o quella che vedete voi quando abbassate gli occhi sul vostro computer e mi vedete parte integrante di esso? È un libro quello che ho letto oppure sono io stesso ad aver vissuto in quel libro?
Leggendo questo romanzo appare lampante cosa intendesse Duma scomodando concetti come l’esoterismo e l’atto magico costituito dal processo della scrittura (qualcosa con cui anche i più grandi scrittori prima o poi devono fare i conti, attenendosi però quasi sempre a canoni più convenzionali).
L’impianto narrativo scelto da Sergio Duma mi sembra insomma piuttosto originale, tanto che io (non da critico letterario, ma da semplice lettore), se dovessi trovare un precedente, a memoria potrei citare solo la Isabella Santacroce di “Amorino”. È curioso il fatto che questo romanzo sia anche l’unico libro della scrittrice romagnola che ho letto finora; ma curioso è anche che il suo romanzo e quello di Duma siano in pratica contemporanei (sono stati pubblicati entrambi nel 2012) e che facciano entrambi parte di una trilogia (nel caso della Santacroce si tratta di una trilogia ‘dantesca’ chiamata anche "Desdemona Undicesima", di cui “Amorino” costituisce la terza e ultima parte). Siamo sempre nel territorio della metanarrativa, ma sebbene i due Autori abbiano in comune uno stile decisamente ipnotico, gli esiti sono piuttosto diversi.
Sono molteplici gli spunti che emergono dalla lettura di "Tempi terribili". Quello che inizialmente sembra il semplice esercizio di scrittura di un Autore alla sua prima esperienza, si rivela essere il particolare infinitesimale di un quadro più vasto. Non esistono sistemi per descrivere il meccanismo che mi ha trascinato nella lettura ininterrotta degli ultimi capitoli. Potrei, certo, tirare in ballo la presenza di sostanze psicoattive celate dall'Autore o dall'Editore nell'inchiostro ma, come forse già sapete, l'ink di "Tempi terribili" è solo e-ink. Non è reale. Nulla è reale. Tutto è reale. Tutto è stato fatto. Tutto è risaputo. Io l’ho fatto. Io lo sto facendo.
E il termine Tulpa mi farà precipitare nel passato e tutto mi sarà chiaro e una parte di me si sentirà morire. Mi rivedrò in una stanza, in una giornata sonnolenta, in un periodo in cui mi sentivo attratto dall’occultismo. L’interesse era motivato da mera curiosità. La figura di Aleister Crowley mi intrigava, così come mi intrigavano altre personalità; ma non provavo il desiderio di emularla. In un libro che lo riguardava, lessi dei Tulpa. Secondo certe credenze, le idee ossessive, se particolarmente radicate nella psiche, diventano forme di energia. Possono assumere vita propria e una personalità. Alcuni potevano addirittura percepirle, se consapevoli della loro esistenza. Erano definite Tulpa, appunto.
Grazie per la bellissima recensione! A presto!
RispondiEliminaGrazie a te per "Tempi terribili"! Sei riuscito a sorprendermi ancora una volta!
EliminaCome ho detto da altre parti credo che Sergio L. duma sia uno di quei nomi da tenere d'occhio per il futuro della narrativa di genere in Italia.
RispondiEliminaCiao.
Ne sono convinto anch'io. Il problema se vuoi è il futuro della narrativa di genere stessa, che non mi pare radioso.
EliminaMa a noi piace perciò.. chissenefrega.
Le segnalazioni come queste aiutano molto gli autori che devono farsi conoscere.
RispondiEliminaMi sono sempre chiesto quanto possano effettivamente portare vantaggio le segnalazioni come quelle che faccio io, così lunghe e articolate da scoraggiare i visitatori casuali...
EliminaBellissima la tua recensione, e io comprendo perfettamente il senso di straniamento che racconti!
RispondiEliminaDavvero bravo! (Anche Duma, eccome!)
Eh già, tu comprendi per forza benissimo. Secondo te ho spoilato troppo?
EliminaNo! E capisco anche questa paura, perché pure io non sapevo come, quanto e se dire! XD
EliminaPosso aggiungere che la tua riflessione è perfetta e in stile TOM, cioè personalizzata e proprio "tua" (e non mi riferisco all'indubbia originalità dei contenuti, ma a qualcosa di più!), davvero bella *_*
Meno male... ho sempre l'ansia di dire troppo. In realtà ho anche l'ansia di dire troppo poco, e le due cose messe assieme non facilitano.
EliminaDimenticavo... do il link della mia pagina FB, qualora qualcuno volesse farci un salto. La uso per parlare di cose che mi piacciono e, secondo alcuni, dice molto sulla mia psiche... il che non è un bene, credo :)... grazie ancora e a presto!
RispondiEliminahttps://www.facebook.com/Sergio-L-Duma-175448185939521/?ref=stream
No, non è certamente un bene... ^_^
EliminaDa tulpa a tulpa, ti dico solo che il nome di Maurizio Seymandi mi ha fatto ricordare che tempi terribili fossero gli anni ottanta ;-)
RispondiEliminaGli anni Ottanta in realtà adesso li stiamo rivalutando un po' tutti. Chissà poi perché....
EliminaDiciamo che, a noi adolescenti degli "eighties", quegli anni ci parevano terribili perché rappresentavano la cenere rimasta dopo che il fuoco del decennio precedente si era ormai spento. Prima c'era la musica, si diceva anche che ci fosse la libertà, si parlava di rivoluzione... poi tutto si è dissolto ed è rimasto il supertelegattone...
"Sono io che sto scrivendo una recensione in un blog, oppure io sono la recensione stessa? Qual è la realtà? Quella che vedo quando alzo gli occhi da questo computer, o quella che vedete voi quando abbassate gli occhi sul vostro computer e mi vedete parte integrante di esso? È un libro quello che ho letto oppure sono io stesso ad aver vissuto in quel libro?"
RispondiEliminaGuarda, quando ti succede così, basta che apri un momento la finestra, pigli una boccata d'aria e ti passa tutto.
No, scherzo! :P
Ho letto con molto interesse e ho trovato particolare il discorso dei Tulpa, che, se ho interpretato bene, sarebbero la concretizzazione delle proprie ossessioni e fissazioni? A questo proposito mi viene in mente il racconto di Dick "Le illusioni degli altri", dove immagina che le credenze psicotiche e deliranti di alcuni mutanti si potessero concretizzare andando a modificare la realtà circostante e trascinando all'interno anche i "sani". Ma chi stabilisce poi cos'è davvero folle e reale? Qual è il metro di paragone?
In maniera molto semplificata tulpa è il saper dare forma ad un'immagine presente nella propria mente. Una specie di manifestazione paranormale della quale non è improbabile finire per perderne il controllo. Ne avevo parlato un po' più diffusamente in un mio vecchio post del 2012.
EliminaNon ho letto il racconto di Dick, ma per come me lo descrivi potrebbe benissimo riferirsi ad un tulpa.