È meglio vivere in solitudine sognando un ideale piuttosto che arrendersi ad una mediocre realtà (Marie Rivière, Delphine).
Ero più o meno adolescente quando in tarda sera, su una di quelle emittenti che ero solito snobbare (credo fosse RaiTre), incappai in un film che non si avvicinava nemmeno lontanamente al solito cinema a cui ero abituato. Non era un horror, tanto per citare un genere che già amavo alla follia, ma non era nemmeno uno di quei film che ci si aspetta possano piacere a un adolescente, quelli dove c'è gente che fa a pugni, guida macchine veloci e mostra signorine di niente vestite.
Oggi non saprei nemmeno dire perché, contro ogni previsione, non cambiai canale dopo cinque minuti: qualcosa evidentemente aveva catturato la mia attenzione, e quel qualcosa non poteva essere che uno dei temi a cui gli adolescenti dell'epoca (non so se sia così ancora adesso) erano più sensibili, ovvero la solitudine. Da quel giorno ne è passata di acqua sotto i ponti. E assieme all'acqua sono passati anche trent'anni. Nonostante ciò, la solitudine è sempre stato un tema che mi ha affascinato, vuoi perché a tratti ne ho sofferto in passato, vuoi forse perché, anche quando la solitudine ti lascia, ti rimane sempre appiccicato un pizzico di malinconia per quei giorni, masochisticamente parlando. "La solitudine è molto devastante, però riserva in te purezza", fa dire Eric Rohmer a Delphine, la sua protagonista, ed è la frase che meglio sintetizza quella strana voglia di scrivere di solitudine che ancora oggi non mi abbandona.
Quinto del ciclo Comédies et proverbes, "Il raggio verde" (1986) non è esattamente il film più adatto per inaugurare questo nuovo ciclo dedicato agli "Invisibili", ma è indiscutibilmente un film che ha dato il via a qualcosa di importante tanti anni fa e mi è parso corretto, visto che non ne ho mai parlato sul blog, iniziare da qui.
Il ciclo "Invisibili", ripeto quanto detto nell'introduzione di qualche settimana fa, è dedicato a coloro che respirano la nostra stessa aria e che calpestano la nostra stessa terra, ma di cui non ci accorgiamo. Quante volte, davanti al portone, avete incontrato quel vostro vicino di casa e non l'avete degnato di uno sguardo? Quante volte, nel bar sotto l'ufficio, avete ordinato il vostro caffè alla stessa ragazza senza salutarla nemmeno una volta? Quante altre volte invece lo sguardo di persone il cui volto vi è familiare vi ha attraversato come se foste fatti d'aria? Anche questa è invisibilità. Ma c'è qualcuno che è ancora più invisibile degli altri, qualcuno che nessuno dei nostri cinque sensi può percepire, qualcuno che potrebbe addirittura mettersi a urlare a squarciagola e, nonostante ciò, rimarrebbe invisibile.
Oggi non saprei nemmeno dire perché, contro ogni previsione, non cambiai canale dopo cinque minuti: qualcosa evidentemente aveva catturato la mia attenzione, e quel qualcosa non poteva essere che uno dei temi a cui gli adolescenti dell'epoca (non so se sia così ancora adesso) erano più sensibili, ovvero la solitudine. Da quel giorno ne è passata di acqua sotto i ponti. E assieme all'acqua sono passati anche trent'anni. Nonostante ciò, la solitudine è sempre stato un tema che mi ha affascinato, vuoi perché a tratti ne ho sofferto in passato, vuoi forse perché, anche quando la solitudine ti lascia, ti rimane sempre appiccicato un pizzico di malinconia per quei giorni, masochisticamente parlando. "La solitudine è molto devastante, però riserva in te purezza", fa dire Eric Rohmer a Delphine, la sua protagonista, ed è la frase che meglio sintetizza quella strana voglia di scrivere di solitudine che ancora oggi non mi abbandona.
Quinto del ciclo Comédies et proverbes, "Il raggio verde" (1986) non è esattamente il film più adatto per inaugurare questo nuovo ciclo dedicato agli "Invisibili", ma è indiscutibilmente un film che ha dato il via a qualcosa di importante tanti anni fa e mi è parso corretto, visto che non ne ho mai parlato sul blog, iniziare da qui.
Il ciclo "Invisibili", ripeto quanto detto nell'introduzione di qualche settimana fa, è dedicato a coloro che respirano la nostra stessa aria e che calpestano la nostra stessa terra, ma di cui non ci accorgiamo. Quante volte, davanti al portone, avete incontrato quel vostro vicino di casa e non l'avete degnato di uno sguardo? Quante volte, nel bar sotto l'ufficio, avete ordinato il vostro caffè alla stessa ragazza senza salutarla nemmeno una volta? Quante altre volte invece lo sguardo di persone il cui volto vi è familiare vi ha attraversato come se foste fatti d'aria? Anche questa è invisibilità. Ma c'è qualcuno che è ancora più invisibile degli altri, qualcuno che nessuno dei nostri cinque sensi può percepire, qualcuno che potrebbe addirittura mettersi a urlare a squarciagola e, nonostante ciò, rimarrebbe invisibile.
Oisive jeunesse / À tout asservie / Par délicatesse / J’ai perdu ma vie (Arthur Rimbaud) |
Lo scenario è quello di un'afosa estate parigina; in un ufficio come tanti altri, pochi giorni prima della partenza per le vacanze, Delphine viene scaricata dalla sua compagna di viaggio. Che fare? Come trovare un ripiego all'ultimo minuto ed evitare di trascorrere l'estate in città? In un altro film forse le soluzioni per Delphine fioccherebbero ininterrotte, ma nella realtà, e in questo particolare film, le cose sono ben diverse. Teniamo presente che è il 1986, non esiste internet, non esistono soluzioni su misura per single, specialmente non esistono soluzioni last-minute. Tra l'altro, nel 1986 i single nemmeno esistono, non ancora: è solo gente che non riesce a trovare l'amore e che quasi se ne deve vergognare. Aggiungo che nel 1986 le vacanze sono un rito di massa, come la Pasqua e il Natale: tutti partono ai primi di agosto e le città si svuotano. Ricordo che da bambino spegnevano pure i semafori, talmente desolate erano le strade.
Tutto ciò che Delphine può fare dunque è rassegnarsi a vagare da sola per le strade e i parchi di una Parigi deserta (che, detto tra noi, non sarebbe nemmeno un gran male), oppure iniziare a cercare qualcuno, amico o parente, che abbia piacere a portarsela dietro.
Ah ! Que le temps vienne où les coeurs s’éprennent! (Arthur Rimbaud) |
Una vacanza coi nonni in montagna? Una vacanza con la famiglia della sorella? Una telefonata all'ex-fidanzato, dal quale si era dolorosamente separata poco tempo prima? Sorprendentemente le alternative non mancano ma Delphine, come tutte le persone perennemente a disagio con se stesse e con gli altri, vive di continue contraddizioni. Cerca con disperazione un contatto umano ma, timida e introversa, allo stesso tempo lo rifiuta, accentuando le sue insicurezze. Nulla è in grado di alleviare il profondo senso di smarrimento di chi si accorge di non avere nessuno accanto, di non avere quel tipo di rapporto esclusivo, impalpabile, che amici e parenti non possono dare. E allora Delphine inizia a mentire, a se stessa e agli altri.
Ho deciso di restare sola finché non avessi incontrato qualcuno che valesse veramente... Voglio dire, quando sei sola e vai con qualcuno così, per una volta, per avere un'avventura... Cioè, ci si sente... Secondo me dopo ci si sente più soli di prima. Capisci, quando la sera poi ritorni a casa tua e sei appena andata a letto con un tizio qualsiasi e sai che non gliene frega niente e non frega niente neanche a te, e nessuno dei due ne ha ricavato niente, ecco, questo io lo trovo ancora più spaventoso che tenersi la propria solitudine. In questo senso, la solitudine diventa uno stile di vita, una regola, capisci?
Delphine sa benissimo che sono stronzate. Sono frasi che le escono fuori con rabbia solo perché è perseguitata dalla fine di una relazione di lunga data che l'ha lasciata improvvisamente sola, priva di punti di riferimento, indesiderata e senza speranza. Non andrò avanti oltre a raccontare la trama, state tranquilli. Il punto è che... al punto ci sono già arrivato. Ho notato, almeno questa è la mia sensazione, che "l'invisibilità" ha molto a che fare con l'essere single. Quasi come se fosse una condizione percepibile dall'esterno, nonostante l'apparente assenza di indizi che la rivelino. Quando ero più giovane (adesso ormai sono "invisibile" per motivi anagrafici) mi sono spesso accorto, da fidanzato, di ricevere sguardi che non ricevevo nei miei periodi da single. Magari era tutto nella mia testa, ma sono quasi certo che esista qualcosa, tipo un ormone, che a livello inconscio rende i non-single più appetibili. Se dovessi aver ragione si spiegherebbero tante cose, tipo perché tanti matrimoni se ne vanno in malora. Ho ragione o mi sbaglio? Secondo voi?
Ad ogni modo, per concludere, nel corso di una passeggiata solitaria Delphine si avvicina ad alcune persone anziane intente a discutere tra loro del "raggio verde", un fenomeno piuttosto raro di cui Jules Verne riferì in una delle sue opere meno note. Esisterebbe una spiegazione di tipo scientifico, secondo la quale il raggio verde, l'ultimo raggio del sole al tramonto, sarebbe il risultato della scomposizione della luce come in un prisma, ed esiste una spiegazione romantica secondo la quale se si riesce a vedere il raggio verde, allora si è capaci di leggere dentro se stessi e nel cuore della persona amata.
“Avete a volte osservato il sole che tramonta su un orizzonte marino? Certamente sì. L’avete seguito fino al momento in cui, quando la parte superiore del suo disco sfiora la linea dell’acqua, esso sta per sparire? È probabilissimo. Ma avete notato il fenomeno che si verifica nel preciso istante in cui l’astro radioso getta il suo ultimo raggio, se il cielo allora sgombro di foschia è di una purezza perfetta? Forse no. Ebbene, la prima volta che vi capiterà l’occasione – capita assai di rado – di fare questa osservazione, non sarà, come si potrebbe credere, un raggio rosso che verrà a colpire la retina del vostro occhio, bensì un raggio «verde», ma di un verde meraviglioso, di un verde che nessun pittore può ottenere sulla sua tavolozza, di un verde la cui sfumatura la natura non ha mai riprodotto né fra le tinte così varie dei vegetali, né nel colore dei mari più limpidi! Se c’è del verde in paradiso, non può essere che questo, che è senza dubbio il vero verde della Speranza!” (Jules Verne, Le Rayon Vert, 1882).
Le rayon vert di Jules Verne, Illustrazioni di François Batet, Bibliothèque Verte, Edizioni Hachette 1962 |
Non ho mai visto questo film, ma effettivamente il tema della solitudine è molto affascinante.
RispondiEliminaIl vero dramma, però, è che quando ti abitui a stare da solo, e ci stai bene, aprirti agli altri ti sembra quasi inutile.
Io sono sempre stata una persona molto socievole e sì, ho sofferto di solitudine quando tutte le mie amiche si fidanzavano, mentre io non ne avevo proprio voglia, e rimanevo a casa per settimane, senza sapere con chi uscire.
Ma ero una ragazzina.
Oggi ho sposato un uomo che è fuori, in media, 14 ore al giorno per lavoro. Vivo in una città che non è mia, e dove ho instaurato pochissimi rapporti, ma validi.
Devo dirti che sono serena, e mai lo avrei creduto.
Certo il telefono mi aiuta a mantenere i contatti con i miei amici di sempre, e forse ad avvertire meno il peso dell'isolamento, ma a volte dimentico persino di attivare la suoneria al mattino.
P.S. L'horror rimane il mio genere preferito, assieme al thriller.
Tutti nella vita sono passati attraverso un momento di solitudine. A me è capitato dopo il diploma quando mi misi a cercare un lavoro mentre tutti i miei amici passavano le loro giornate in università. Ci misi un anno a trovare quel lavoro e, ricordo, fu terribile trascorrere tutte quelle giornate a leggere libri o ad ascoltare la radio, con le tapparelle abbassate per non vedere che fuori c'era il sole.
EliminaPerdonami, Obs, ma da appassionato del cinema di Rohmer non ho parole per dirti quanto ho detestato questo film. Ho pensato che gli fosse andato in pappa il cervello e, dopo cose come "Le notti della luna piena" e "Pauline alla spiaggia" facevo fatica a credere che l'avesse davvero diretto lui. Ma credo di essere uno dei pochi al mondo, se non l'unico, a pensarla così...
RispondiEliminaciao, massimo rispetto x te, caro, quando ho visto questo film mi è venuto veramente il mal di testa! pesantissimoo! e tieni conto che ho pazienza da vendere, ho letto da sola i promessi sposi e i miserabili quando avevo 11 anni e mi sono anche piaciuti quindi..
EliminaCiao Angela, grazie per l'appoggio. Io comunque più che pesante l'ho trovato molto stupido.
EliminaForse vi stupirò, Angela e Ivano, ma la penso esattamente come voi. Se rileggete bene il post non troverete scritto da nessuna parte che “il raggio verde” mi è piaciuto. Non ho nemmeno scritto che, oggettivamente, si tratta di un bel film. Ho solo scritto che, testuali parole, qualcosa aveva catturato la mia attenzione.
EliminaIn generale, giusto per non essere frainteso, questa nuova rubrica non vuole essere una raccolta di recensioni cinematografiche (quelle le lascio fare a chi è capace), bensì intende prendere spunto da alcune mie visioni del passato per sviluppare un tema a me caro, quello dell’invisibilità di un singolo all’interno di una comunità. Il film, in altre parole, è solo una scusa per identificare un campione umano e analizzarlo. In questo primo articolo protagonista è il single, quello che magari esce da una lunga relazione di coppia e si ritrova improvvisamente indifeso; in futuro verrà il momento delle persone anziane, degli adolescenti, delle persone affette da disabilità ecc..
Sì, sì, questo era chiaro dal post. Infatti vi ho cercato inutilmente dei giudizi valutativi per vedere se il film lo avevi apprezzato o meno. Il mio "Perdonami" iniziale va inteso nel senso che sapevo di andare in un certo senso off-topic con il mio commento. E' che la mia attenzione di cinefilo, soprattutto nel caso dei registi che amo come Rohmer, finisce inevitabilmente risucchiata dai film :-D
EliminaEro certo di essere stato io a fraintendere... ^_^
EliminaNo, figurati. Sono io che nei commenti spesso scrivo come parlo e do per scontato che mi si capisca anche quando non sono proprio così chiaro ^__^
EliminaCarissimo,
RispondiEliminaparlando di questo film hai trattato un tema a me molto sentito.
Il Single con la S maiuscola è un grande esponente della categoria degli 'Invisibili' (anche se oggi, come dici tu, essere single è quasi una moda). E' un invisibile atipico: quando serve il suo aiuto, allora diventa umano e visibile.
Poi quando il suo aiuto non serve, è dimenticato.
Verissimo. C’è qualche strana ragione per cui il single sia visto sempre come una persona disponibile, sempre pronta ad accorrere ad un richiamo, in quanto si ritiene che non abbia di meglio da fare. Naturalmente in seguito, in occasione conviviali per esempio, viene dimenticato. O meglio, viene escluso perché il dispari è un numero che ha sempre un che di perturbante...
EliminaMi ricordo bene del titolo di questo film e della questioin del raggio del sole ma per quanto riguarda la trama devo averlo sovrapposto con un altro film dove una tipa, se non sbaglio pure lei piuttosto solitaria, era in attesa di un responso medico e questa attesa la trascorreva per strada con uno sconosciuto. Anche quello era un film francese ma naturalmente non mi ricordo altro.
RispondiEliminaComunque non so se i single siano più o meno invisibili, non credo, a dire il vero. Penso che l'invisibilità vada a comprendere parecchie categorie e forse molto dipende anche dall'età.
Sull’invisibilità anagrafica non si discute e te lo posso confermare io stesso che ho appena scavallato la collina dei cinquant’anni. Quando mi capita di prendere i mezzi pubblici nell’orario in cui si vuotano le scuole, ha maggiori probabilità di essere notata una mosca di quante ne abbia io. D’altra parte è la stessa attenzione che prestavo io ai cinquantenni quando, tanto tempo fa, le parti erano invertite. Immagino che dopo gli ottanta il processo di invisibilità finisca per completarsi…
EliminaMalgrado lo conosca di nome, non mi è mai capitato di vedere questo film, e ora devo assolutamente segnarmelo.
RispondiEliminaMi aspetto grandi cose da questo nuovo ciclo e apro un file di testo apposito per mettere i film che dovrò segnarmi :-P
Spero allora di riuscire a fartelo popolare abbondantemente, quel file. ^_^. Il film, come detto in un commento qui sopra, non è che sia proprio imperdibile. Posso però dirti che la protagonista è talmente odiosa che la tentazione di prendere a sassate lo schermo è molto alta...
EliminaIl tema della solitudine è caro anche a me e quindi questo film mi incuriosisce. L'unico limite è la mia incompatibilità conclamata per il film francesi...
RispondiEliminaTruffaut, Godard, Bresson, Chabrol, Resnais… nessuno di questi è mai riuscito a fare breccia? Sai cos’è, forse? È quel pizzico di antipatica per tutto ciò che arriva d’oltralpe… La realtà è che loro continuano anche oggi a saper far bene il cinema, mentre noi ci siamo fermati cinquant’anni fa…
EliminaIl film l'ho visto, ma ero così giovane da non ricordare tutte le implementazioni ben più profonde che portava in dote.
RispondiEliminaD'altronde a quell'età chi è che pensa a temi come la solitudine?
Alla solitudine si inizia pensare in genere da adolescente, quando arrivano i primi pruriti. Prima di quel tempo la solitudine non è contemplata.
EliminaCiao passo di qua per invitarti/vi , vale anche per Simona a leggermi se vi va qua:
RispondiEliminahttps://ilbuioinsala.blogspot.com/2019/05/recensione-della-serie-si-no-thagues.html?m=1
Ho scritto due righe su una serie Tv Netflix leggermente fantascientifica.
Se leggete mi farà piacere.
Allora INVISIBILI
Ma ti sei ispirato alla serie omonima di Rai Tre?
Ci vedo tante cose in comune...anche lì si parlava di gente invisibile ai più .
Comunque non ho mai pensato ai Single con un accezione negativa.
Insomma non l’ho mai vista come una solitudine subita ma bensì volontaria.
Il single è quello libero senza legami stabili in un certo senso pure invidiabile da tanti.
Non ho mai pensato fosse una persona sola.
Il film non l’ho visto sembra carino.
Quando scrivi che fa fidanzato ricevevi più sguardi ambigui che da single ...si è capitato pure a me.
Però dovremo chiedere se li abbiamo inteso correttamente questi sguardi 🤣 o ci siamo fatti dei film per niente.
Ciao
Inizio dal fondo: tu ed io ci siamo di sicuro girati dei gran lungometraggi! Non sono però da scartare altre possibilità che andrebbero a toccare aspetti psicologici che, ahimé, non ho le competenze per affrontare.
EliminaIn merito all'accezione negative del single, beh, tutto dipende da come la si vive. Personalmente, da single, non ero esattamente a mio agio e ammetto di invidiare tantissimo chi invece riesce a gestire la cosa.
Invisibili è anche un programma di RaiTre? Mica lo sapevo. Spero solo che non mi mandino a casa gli avvocati....
P.S: Grazie per aver lasciato il link! ^_^
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaMi piace questa tua idea di prendere un film come spunto per parlare di un soggetto invisibile nella società in cui vive per le ragioni più diverse. Devo dire che forse ho provato a volte questo tipo di solitudine da adolescente come molti probabilmente.
RispondiElimina