domenica 4 agosto 2024

The Eight Immortals Murders

Huang Zhiheng
Torniamo a occuparci di True Crime dopo diversi mesi e per farlo approfittiamo di questa piccola “pausa” estiva dove il blog, anziché fermarsi del tutto come in passato, procede imperterrito ma a velocità ridotta. Era inoltre mia intenzione rimanere legato anche in questo breve periodo, per quanto possibile, all’argomento monopolizzante di questo 2024 (le abbuffate), e quale miglior momento, se non questo, è più adatto a narrare le vicende che sto per narrare? Vorrei potervi dire che il caso in questione è da considerarsi definitivamente risolto, ma, per motivi che vedremo più avanti, in esso si nascondono ancora numerosi misteri. 
Di fatto, quindi, quello noto come “The Eight Immortals Murders” è tuttora un caso aperto, benché il responsabile sia stato inequivocabilmente (e abbastanza facilmente) identificato; un caso che si potrà archiviare ma sicuramente non chiudere, a causa della scomparsa di tutti gli attori coinvolti. Ma veniamo subito al sodo. Da dove iniziare? 
Il tempo è l’agosto del 1985, il luogo è Macao, una località che la maggior parte di noi, lasciatemelo almeno credere, nemmeno sa dove si trovi. Fino a non molto tempo fa io stesso non ero nemmeno certo in quale dei cinque continenti posizionarlo. Un nome così vagamente spagnoleggiante non poteva, pensavo, che trovarsi da qualche parte in Sudamerica, o se non altro nell’arcipelago caraibico. E invece no! La minuscola provincia di Macao si trova là dove proprio uno non se lo aspetta: a uno sputo da Hong Kong, dalla quale solo il delta di un fiume la divide. 
Macao, appunto una provincia autonoma della Cina continentale, è un fazzoletto di terra strappato all’oceano tra i più densamente popolati del pianeta (secondo Wikipedia oltre 710mila anime sgomitano per farsi largo in un territorio di pochi chilometri quadrati), e il suo nome non è altro che l’eredità di un controllo coloniale portoghese che ebbe inizio nel XVI secolo, ai tempi della dinastia Ming, per concludersi solo di recente (precisamente nel 1999), quando Macao ritornò a essere a tutti gli effetti cinese dopo quasi 500 anni. Nominata nel 2005 patrimonio mondiale dell’Unesco, Macao è spesso definita la "Las Vegas dell'Est” per il suo essere una delle principali mete del mondo dei turisti del gioco d'azzardo (sempre secondo Wikipedia, la sua industria del gambling sarebbe sette volte più grande di quella della certamente più nota città del Nevada). 
Se cercate qualche immagine di Macao sul web troverete sicuramente, oltre al meraviglioso mix di architettura cinese e portoghese propria del centro storico, spettacolari riproduzioni a grandezza naturale della Tour Eiffel di Parigi, della Sky Tower di Aukland e dei canali di Venezia, con tanto di Ponte di Rialto e gondolieri annessi. In altre parole, una città farlocca tanto quanto lo è Las Vegas. 
Alle spalle di tutta quell’ostentazione di lusso, ben nascosto agli occhi dei turisti, vi è quello che si scopre solo andando in Google Maps a cercare espressamente gli edifici sgarruppati del quartiere di Iao Hon, il luogo dove la vicenda che sto per narravi è andata in scena in quell’afoso agosto di 39 anni fa. 

Una qualsiasi strada del quartiere Iao Hon
Ma partiamo dall’inizio. Anzi, partiamo dal giorno immediatamente successivo ai fatti. È la mattina del 5 agosto 1985 e l’autista di un furgoncino si ferma con le quattro frecce a pochi passi dall’ingresso del ristorante “The Eight Immortals”, posto alle spalle di un omonimo hotel (oggi prudentemente ribattezzato “Victoria Hotel”) con affaccio sulla Estrada da Areia Preta, nel già citato quartiere di Iao Hon (inutile cercare di individuare il luogo esatto su Street View, perché in quei luoghi la mappatura fotografica è piuttosto limitata). L’uomo, come stavo dicendo, scende dal furgoncino e si avvicina all’esercizio dove spesso effettua consegne di pollame. Trova la serranda abbassata e un cartello con sopra scritto “si riapre tra tre giorni”. 
All’uomo la faccenda suona subito strana, in quanto giusto il pomeriggio precedente ha effettuato un’altra consegna nello stesso luogo e non riesce a credere che il proprietario del ristorante, il sig. Zheng Lin, con il quale ha rapporti molto più che amichevoli, non lo abbia avvertito dell’imminente chiusura. Il commerciante, preoccupato, decide di recarsi presso l’abitazione di Zheng, distante qualche centinaio di metri dal ristorante. Zheng Lin, che vive in quella casa con la sua numerosa famiglia, non avrebbe alcun motivo di chiudere l’attività nemmeno in caso di malattia, potendo contare sull’aiuto della moglie, della madre e del cugino, che del “The Eight Immortals” è lo chef. Il commerciante suona il campanello e, inaspettatamente, ad aprirgli la porta è un perfetto sconosciuto. L’uomo, sulla soglia, si affretta a informare il suo interlocutore che la famiglia di Zheng Lin è tornata nella sua città natale, Zhuhai, nella provincia del Guangdong, per motivi che non può (o non vuole) precisare; non solo non lo fa accomodare, ma sbrigativamente congeda l’inopportuno visitatore. 

Il ristorante "Eight Immortals" in una foto d'epoca
Lo sconosciuto, ma questo lo si scoprirà solo in seguito, è un cinquantenne (*) che risponde al nome di Huang Zhiheng (alla nascita Chen Ziliang), nativo della Cina continentale e trasferitosi nei primi anni Settanta a Hong Kong, dove visse costantemente ai margini della legalità. Venne condannato nel 1960 per furto e l’anno successivo per rapina. Nel 1964 uscì dal carcere, si sposò ed ebbe tre figli, ma nel 1973 fu protagonista di un’aggressione che solo per un caso fortuito non causò vittime (**). Più tardi, in quello stesso anno, l’avvenimento che cambiò il corso della sua vita: Huang uccise un uomo che gli doveva dei soldi e fuggì a Guangzhou, dove si bruciò la punta delle dita per evitare di essere collegato all'omicidio attraverso le impronte digitali. Nel capoluogo del Guangdong tentò nuovamente di ricostruirsi una vita con una nuova compagna, ma nel 1980 il destino lo costrinse a una nuova fuga (***), questa volta a Macao, dove Huang giunse clandestinamente attirato dalla prospettiva di facili guadagni attraverso il gioco d’azzardo. 

Questo, in sintesi, è il profilo del sinistro personaggio che la mattina di quel 5 agosto rispose al campanello dall’appartamento della famiglia Zheng, lo stesso personaggio che tre giorni più tardi, sorprendendo tutti, sollevò la serranda del ristorante “The Eight Immortals” in qualità di nuovo proprietario. In molti si chiesero che fine avessero fatto il vecchio proprietario e la sua famiglia, ma il nuovo proprietario disponeva di tutti i documenti in regola, almeno apparentemente, quindi la maggior parte dei clienti non badò troppo a questo avvicendamento e tornò a frequentare il ristorante come aveva sempre fatto con la precedente gestione. Coloro che invece videro qualcosa di strano in questa faccenda furono i parenti di Zheng Lin, che denunciarono la scomparsa dei dieci componenti della famiglia che, come avrete certamente intuito, non erano mai tornati nella propria città di origine. Per essere più precisi, sembravano spariti nel nulla Zheng Lin (50 anni), proprietario del ristorante, sua moglie Chen Huiyi (42), sua madre Chen Lirong (70 anni), la cognata Chen Zhen (60), il cugino chef Boliang (61) e i cinque figli Natalia (18), Stefani (12), Zoey (10), Joanna (9) e Antonio (7). 

...otto resti umani vennero portati a riva dalle onde sulla spiaggia di Hac Sa.
Il caso volle che proprio quell’8 agosto 1985, nell’attimo esatto in cui Huang Zhiheng sollevava la serranda del suo nuovo ristorante otto resti umani vennero portati a riva dalle onde sulla spiaggia di sabbia nera di Hac Sa. Inizialmente si ipotizzò che quei resti fossero quelli di un gruppo di immigrati clandestini caduti vittime dell’attacco di uno squalo, ma un attento esame rivelò che i tagli erano troppo precisi e che potevano essere stati praticati solo da un’arma da taglio. La scientifica determinò inoltre che i resti appartenevano ad almeno quattro persone diverse (****). Nel corso della settimana successiva altri tre arti vennero sospinti a riva. In totale il mare aveva restituito sette piedi e quattro mani, i polpastrelli delle quali erano stati danneggiati a martellate per rendere impossibile l’identificazione. Tutte, tranne una. Partendo da questa, non ci volle molto a risalire ai nomi delle vittime, così come non ci volle molto, per gli inquirenti, a iniziare a prestare una certa attenzione a Huang Zhiheng, l’uomo che aveva spudoratamente preso possesso del ristorante e dell’abitazione della famiglia scomparsa (*****). 
A questo punto sono certo che tutti voi vi starete chiedendo quanto possa essere deficiente un uomo che, dopo aver ucciso e fatto a pezzi dieci persone, non ha trovato nulla di meglio da fare che impadronirsi allegramente dei beni delle sue vittime. E tutto clamorosamente alla luce del sole! Lo stesso uomo, per inciso, che solo una decina di anni prima era stato così scaltro da arrivare a bruciarsi le impronte digitali per riuscire a dileguarsi nel nulla. In un giallo di Agatha Christie, un particolare del genere porterebbe il lettore a escludere automaticamente il personaggio dall’elenco dei sospetti; ma la realtà è sempre molto diversa da un libro giallo. 
Nella vita reale la polizia riuscì a ottenere un mandato per accedere all’abitazione occupata da Huang Zhiheng, procedette con la perquisizione e, sorpresa, rinvenne i documenti d’identità delle persone scomparse, inclusi i tesserini scolastici dei cinque ragazzi. Era la prova definitiva che Zheng Lin e i suoi cari non avevano mai lasciato il paese. 
Il 28 settembre 1986, a poco più di un anno dai fatti, Huang Zhiheng fu arrestato mentre tentava di lasciare il paese e fu condotto in carcere. Una settimana più tardi confessò di essere il responsabile del massacro di tutti e dieci i membri della famiglia Zheng. 

Ritagli da un giornale dell'epoca
Zheng Lin
era un ex venditore ambulante che negli anni Sessanta, grazie a un prestito, aveva trasformato la sua attività da una semplice bancarella di street food sulla Areia Preta a un ristorantino specializzato in pasti economici, principalmente noodles e riso. Nel 1973 sposò Chen Huiyi, dalla quale ebbe cinque figli, quattro femmine e un maschio, e si trasferì in un pratico appartamento sito a pochi passi dall’attività di famiglia. Secondo i vicini di casa, Zheng Lin era un uomo onesto, un lavoratore instancabile e una persona rispettabilissima, il che faceva di lui un uomo piuttosto popolare nel vicinato. Il suo unico passatempo era il Mahjong (******), una passione che lo portava a frequentare assiduamente le sale da gioco con risultati non esattamente positivi. Fu proprio a causa del vizio del gioco che Huang Zhiheng entrò nella sua vita. 
Nel 1984, nel corso di una notte annaffiata dall’alcol, Huang e Zheng si fecero trascinare in una serie di scommesse al rialzo che portò il ristoratore sotto di 180.000 yuan (circa 60.000 dollari dell’epoca), somma che egli, in quel momento, non poteva assolutamente coprire. Così, i due stipularono un accordo verbale secondo il quale Zheng avrebbe ripagato il debito entro un anno, pena la perdita del ristorante allo scadere del periodo. Huang accettò e andò avanti con la sua vita. Tuttavia, un anno più tardi, Huang pretese la somma di 600.000 yuan (oltre 200.000 dollari), appellandosi a certi non meglio identificati interessi. Ciò fu ovviamente fatale per la famiglia. Secondo altre fonti il debito iniziale sarebbe stato invece di solo 30.000 yuan (circa 10.000 dollari), ridotti in seguito di un terzo da uno Huang in vena di clemenza. 
A prescindere da quale fosse la somma dovuta, qualcosa andò storto la notte del 4 agosto 1985. Mentre nove membri della famiglia Zheng erano impegnati a ripulire il ristorante dopo la chiusura, Huang irruppe nel locale e iniziò a pretendere il dovuto con toni aggressivi. Non si sa con certezza cosa sia successo, ma la stampa dell'epoca riferisce che Huang avrebbe rotto una bottiglia di birra per utilizzarne il bordo tagliente come arma; la poggiò sul collo del figlio più piccolo costringendo i presenti a legarsi e imbavagliarsi l’un l’altro, poi le cose peggiorarono ulteriormente. 
Il reo confesso sostenne che uno dei membri della famiglia riuscì a liberarsi ed egli, colto da un’ira incontrollabile, affondò la bottiglia nel collo del ragazzino, dopodiché decise di uccidere tutti nello stesso modo (*******), uno dopo l’altro. Per non lasciare testimoni, Huang, che conosceva bene tutti i membri della famiglia, con una scusa attirò la sorella di Zheng, che si trovava altrove, al ristorante, e uccise anche lei. Il massacro era terminato. 
Huang Zhiheng ci mise otto ore a smembrare i dieci cadaveri. Depositò le varie parti in grossi sacchi neri per la spazzatura e se ne liberò, alcuni gettandoli in mare, altri nei cassonetti, dopodiché prelevò tutti i contanti che trovò in cassa e, con una scelta totalmente discutibile, si installò nel ristorante (che sentiva ormai suo) e nell’abitazione della famiglia Zheng. 

Un'immagine odierna del luogo dove sorgeva il ristorante "Eight Immortals"
All’inizio di questo articolo avevo però scritto che “The Eight Immortals Murders” era un caso ancora aperto. Come mai? Innanzitutto, perché qualche giorno più tardi Huang ritrattò la confessione asserendo che gli fosse stata estorta con la forza. Non sono pratico di faccende penali (tantomeno di quelle cinesi), ma suppongo che ritrattare una confessione, dal punto di vista procedurale, equivalga a non aver mai confessato nulla. Ergo, il responsabile del massacro ritorna a essere ignoto e il caso rimane aperto. 
Personalmente rimango convinto della responsabilità di Huang Zhiheng nel massacro degli “otto immortali”, tuttavia alcuni particolari mi portano a pensare che non tutto è stato detto. Qualche giorno dopo l’arresto il corpo di Huang era completamente coperto di lividi, e i suoi occhi neri e gonfi (tanto che la mattina del 3 ottobre fu ricoverato in un vicino ospedale). Tali lividi furono causati, riferisce la stampa, da un pestaggio inflittogli da altri detenuti, ma lasciatemi dire che un piccolo dubbio non può non venire. 
La confessione rilasciata agli investigatori, inoltre, era ricca di contraddizioni: al modus operandi abbiamo già accennato poco fa, ma la più incredibile riguarda certamente il luogo del delitto, che talvolta pare avvenuto all’interno del ristorante, talvolta nell’abitazione e altre volte per metà da una parte e per metà dall’altra. Ma il nodo che non riesco a sciogliere riguarda le capacità di un uomo non più giovanissimo di uccidere e fare a pezzi dieci persone, per poi liberarsene nei modi più disparati nel giro di una sola notte. E se ci fosse stato un complice? Per un breve periodo si è vociferato che un uomo di nome Tan, di circa 30 anni, fosse sospettato di essere coinvolto nell'omicidio, ma nessuno pare abbia mai voluto approfondire la questione. Perché? 
Probabilmente tutte le risposte non le avremo mai. Huang Zhiheng si suicidò in carcere il 4 dicembre 1986 tagliandosi i polsi con la linguetta di una lattina. Prima di compiere l’estremo gesto riuscì a spedire una lettera a un quotidiano di Macao, nella quale spiegava che il suicidio non era da attribuirsi ai sensi di colpa, bensì era un mezzo per liberarsi di un’asma cronica di cui soffriva da tempo. 

L’epilogo di questa vicenda diede il via a una serie infinita di chiacchere e maldicenze tra la popolazione cinese di Macao. L’aver rivelato al pubblico, attraverso televisione e giornali, che Huang Zhiheng aveva continuato a gestire il ristorante per diversi mesi dopo il massacro aveva infatti dato origine a quella che ancora oggi è la leggenda metropolitana più famosa della regione, se non dell’intera Cina, una leggenda secondo la quale il killer avrebbe cucinato le sue vittime e ne avrebbe fatto hot-dog da servire ai suoi clienti. 
In effetti, se ci pensate, solo una dozzina di resti umani sono stati riportati a riva, e di questi praticamente solo mani e piedi (ossia “scarti”, se li consideriamo in un’ottica gastronomica). Il 13 maggio 1993 uscì nelle sale cinematografiche di Hong Kong “The Eight Immortals Restaurant: the Untold Story” (Bat sin fan dim: Yan yuk cha siu bau), un thriller diretto da Herman Yau e interpretato da Danny Lee e Anthony Wong, il primo dei quali anche accreditato quale produttore del film. Il successo fu ovviamente strepitoso, al punto che segnò l’inizio di un nuova tendenza nel cinema di genere hongkonghese. Ma di questo parleremo magari a settembre, all’interno dello speciale “La Grande Abbuffata”. 

Note: 
(*) 52 anni, per la precisione, essendo lui nato nel 1932. 
(**) Huang si recò nell’appartamento di un certo Li He, nel quartiere di nel quartiere Quarry Bay, per riscuotere un debito di gioco. Quando gli venne rifiutato Huang legò il rivale, sua moglie e sua sorella, e li sistemò in una vasca da bagno. Dopodiché tento di dar fuoco all’appartamento con una stufa al GPL, ma i suoi ostaggi si liberarono e fecero in tempo a fuggire prima del disastro. 
(***) Pare per sfuggire alla famiglia della nuova compagna, con la quale non aveva un bel rapporto.
(****) C’erano quattro piedi destri. Forse non serviva nemmeno scomodare la scientifica. 
(*****) Pare avesse anche iniziato a riscuotere l’affitto dall’inquilino di una seconda abitazione, anche questa di proprietà Zheng Lin. 
(******) Numerose fonti alternative darebbero per certo che il vizio del Mahjong fosse tutto appannaggio della moglie Chen Huiyi, e che il povero Zheng Lin facesse ogni giorno i salti mortali per pagare i debiti da lei contratti. (*******) Anche qui il modus operandi non è mai stato del tutto chiarito, visto che nel corso della confessione Huang accennò anche a uno strangolamento.

Fonti: 
https://www.plataformamedia.com/en/2020/08/04/one-of-macaus-most-macabre-crimes-occurred- 35-years-ago/
https://truecrimesasia.home.blog/2019/03/26/the-eight-immortals-restaurant-murder-macau/ https://courseofhorror.wordpress.com/2017/11/01/fancy-some-meat-buns/ 
https://www.facebook.com/permalink.php/?story_fbid=2897019743751444&id=927050037415101 https://www.exmoo.com/article/112375.html 
https://www.backpackers.com.tw/forum/showthread.php?t=10540295

Macao by night




4 commenti:

  1. Che storia allucinante... Con i suoi misteri, come hai evidenziato bene, e pure con la sua leggenda urbana. Che cattiveria, comunque, a far fuori bambini così giovani... :--(

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    1. Ci vuole coraggio anche semplicemente a maneggiare una bottiglia rotta. Figuriamoci a usarla contro qualcuno e, peggio ancora, contro un bambino. E tutto solo per incassare un debito di gioco. D'altra parte è anche vero che quel tipo non era nuovo a manifestazioni "estreme" di collera...

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  2. Alzo il ditino: io sapevo dov'è Macao!
    A parte questo, è davvero una storia allucinante, di cui non sapremo forse mai i precisi contorni. Anche perché un uomo solo non può farne a pezzi così tanti in una notte, sono cose laboriose...

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    1. Sicuramente in questa ricostruzione c'è più di una lacuna. Anche nella presunta accidentalità della prima vittima ci vedo qualcosa di strano. La cosa più strana però è appunto fare a pezzi tutti quei corpi da solo in una sola notte, specialmente se pensi che 7 su 10 erano adulti.
      Non ho idea di quanto ci voglia a farne a pezzi un cadavere, ma immagino servano ore visto che non è esattamente come tagliare una bistecca dopo averla cotta. A meno che sai come fare e hai gli attrezzi adatti, il che è possibile solo se sei in una macelleria e di mestiere fai il macellaio.

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