Huang Zhiheng |
Di fatto, quindi, quello
noto come “The Eight Immortals Murders” è tuttora un caso aperto, benché il responsabile sia
stato inequivocabilmente (e abbastanza facilmente) identificato; un caso che si potrà archiviare ma
sicuramente non chiudere, a causa della scomparsa di tutti gli attori coinvolti. Ma veniamo subito al
sodo. Da dove iniziare?
Il tempo è l’agosto del 1985, il luogo è Macao, una località che la maggior parte di noi,
lasciatemelo almeno credere, nemmeno sa dove si trovi. Fino a non molto tempo fa io stesso non
ero nemmeno certo in quale dei cinque continenti posizionarlo. Un nome così vagamente
spagnoleggiante non poteva, pensavo, che trovarsi da qualche parte in Sudamerica, o se non altro
nell’arcipelago caraibico. E invece no! La minuscola provincia di Macao si trova là dove proprio
uno non se lo aspetta: a uno sputo da Hong Kong, dalla quale solo il delta di un fiume la divide.
Macao, appunto una provincia autonoma della Cina continentale, è un fazzoletto di terra strappato
all’oceano tra i più densamente popolati del pianeta (secondo Wikipedia oltre 710mila anime
sgomitano per farsi largo in un territorio di pochi chilometri quadrati), e il suo nome non è altro che
l’eredità di un controllo coloniale portoghese che ebbe inizio nel XVI secolo, ai tempi della dinastia
Ming, per concludersi solo di recente (precisamente nel 1999), quando Macao ritornò a essere a
tutti gli effetti cinese dopo quasi 500 anni.
Nominata nel 2005 patrimonio mondiale dell’Unesco, Macao è spesso definita la "Las Vegas
dell'Est” per il suo essere una delle principali mete del mondo dei turisti del gioco d'azzardo
(sempre secondo Wikipedia, la sua industria del gambling sarebbe sette volte più grande di quella
della certamente più nota città del Nevada).
Se cercate qualche immagine di Macao sul web
troverete sicuramente, oltre al meraviglioso mix di architettura cinese e portoghese propria del
centro storico, spettacolari riproduzioni a grandezza naturale della Tour Eiffel di Parigi, della Sky
Tower di Aukland e dei canali di Venezia, con tanto di Ponte di Rialto e gondolieri annessi. In altre
parole, una città farlocca tanto quanto lo è Las Vegas.
Alle spalle di tutta quell’ostentazione di
lusso, ben nascosto agli occhi dei turisti, vi è quello che si scopre solo andando in Google Maps a
cercare espressamente gli edifici sgarruppati del quartiere di Iao Hon, il luogo dove la vicenda che
sto per narravi è andata in scena in quell’afoso agosto di 39 anni fa.
Una qualsiasi strada del quartiere Iao Hon |
All’uomo la faccenda suona subito strana, in quanto giusto il
pomeriggio precedente ha effettuato un’altra consegna nello stesso luogo e non riesce a credere
che il proprietario del ristorante, il sig. Zheng Lin, con il quale ha rapporti molto più che amichevoli,
non lo abbia avvertito dell’imminente chiusura.
Il commerciante, preoccupato, decide di recarsi presso l’abitazione di Zheng, distante qualche
centinaio di metri dal ristorante. Zheng Lin, che vive in quella casa con la sua numerosa famiglia,
non avrebbe alcun motivo di chiudere l’attività nemmeno in caso di malattia, potendo contare
sull’aiuto della moglie, della madre e del cugino, che del “The Eight Immortals” è lo chef. Il
commerciante suona il campanello e, inaspettatamente, ad aprirgli la porta è un perfetto
sconosciuto. L’uomo, sulla soglia, si affretta a informare il suo interlocutore che la famiglia di Zheng
Lin è tornata nella sua città natale, Zhuhai, nella provincia del Guangdong, per motivi che non può
(o non vuole) precisare; non solo non lo fa accomodare, ma sbrigativamente congeda
l’inopportuno visitatore.
Il ristorante "Eight Immortals" in una foto d'epoca |
Questo, in sintesi, è il profilo del sinistro personaggio che la mattina di quel 5 agosto rispose al
campanello dall’appartamento della famiglia Zheng, lo stesso personaggio che tre giorni più tardi,
sorprendendo tutti, sollevò la serranda del ristorante “The Eight Immortals” in qualità di nuovo
proprietario. In molti si chiesero che fine avessero fatto il vecchio proprietario e la sua famiglia, ma
il nuovo proprietario disponeva di tutti i documenti in regola, almeno apparentemente, quindi la
maggior parte dei clienti non badò troppo a questo avvicendamento e tornò a frequentare il
ristorante come aveva sempre fatto con la precedente gestione.
Coloro che invece videro qualcosa di strano in questa faccenda furono i parenti di Zheng Lin, che
denunciarono la scomparsa dei dieci componenti della famiglia che, come avrete certamente
intuito, non erano mai tornati nella propria città di origine. Per essere più precisi, sembravano
spariti nel nulla Zheng Lin (50 anni), proprietario del ristorante, sua moglie Chen Huiyi (42), sua
madre Chen Lirong (70 anni), la cognata Chen Zhen (60), il cugino chef Boliang (61) e i cinque figli
Natalia (18), Stefani (12), Zoey (10), Joanna (9) e Antonio (7).
...otto resti umani vennero portati a riva dalle onde sulla spiaggia di Hac Sa. |
A questo punto sono certo che tutti voi vi starete chiedendo quanto possa essere deficiente un
uomo che, dopo aver ucciso e fatto a pezzi dieci persone, non ha trovato nulla di meglio da fare
che impadronirsi allegramente dei beni delle sue vittime. E tutto clamorosamente alla luce del sole!
Lo stesso uomo, per inciso, che solo una decina di anni prima era stato così scaltro da arrivare a
bruciarsi le impronte digitali per riuscire a dileguarsi nel nulla. In un giallo di Agatha Christie, un
particolare del genere porterebbe il lettore a escludere automaticamente il personaggio dall’elenco
dei sospetti; ma la realtà è sempre molto diversa da un libro giallo.
Nella vita reale la polizia riuscì
a ottenere un mandato per accedere all’abitazione occupata da Huang Zhiheng, procedette con la
perquisizione e, sorpresa, rinvenne i documenti d’identità delle persone scomparse, inclusi i
tesserini scolastici dei cinque ragazzi. Era la prova definitiva che Zheng Lin e i suoi cari non
avevano mai lasciato il paese.
Il 28 settembre 1986, a poco più di un anno dai fatti, Huang Zhiheng
fu arrestato mentre tentava di lasciare il paese e fu condotto in carcere. Una settimana più tardi
confessò di essere il responsabile del massacro di tutti e dieci i membri della famiglia Zheng.
Ritagli da un giornale dell'epoca |
Nel 1984, nel corso
di una notte annaffiata dall’alcol, Huang e Zheng si fecero trascinare in una serie di scommesse al
rialzo che portò il ristoratore sotto di 180.000 yuan (circa 60.000 dollari dell’epoca), somma che
egli, in quel momento, non poteva assolutamente coprire. Così, i due stipularono un accordo
verbale secondo il quale Zheng avrebbe ripagato il debito entro un anno, pena la perdita del
ristorante allo scadere del periodo. Huang accettò e andò avanti con la sua vita. Tuttavia, un anno
più tardi, Huang pretese la somma di 600.000 yuan (oltre 200.000 dollari), appellandosi a certi non
meglio identificati interessi. Ciò fu ovviamente fatale per la famiglia. Secondo altre fonti il debito
iniziale sarebbe stato invece di solo 30.000 yuan (circa 10.000 dollari), ridotti in seguito di un terzo
da uno Huang in vena di clemenza.
A prescindere da quale fosse la somma dovuta, qualcosa andò storto la notte del 4 agosto 1985.
Mentre nove membri della famiglia Zheng erano impegnati a ripulire il ristorante dopo la chiusura,
Huang irruppe nel locale e iniziò a pretendere il dovuto con toni aggressivi. Non si sa con certezza
cosa sia successo, ma la stampa dell'epoca riferisce che Huang avrebbe rotto una bottiglia di birra
per utilizzarne il bordo tagliente come arma; la poggiò sul collo del figlio più piccolo costringendo i
presenti a legarsi e imbavagliarsi l’un l’altro, poi le cose peggiorarono ulteriormente.
Il reo confesso
sostenne che uno dei membri della famiglia riuscì a liberarsi ed egli, colto da un’ira incontrollabile,
affondò la bottiglia nel collo del ragazzino, dopodiché decise di uccidere tutti nello stesso modo
(*******), uno dopo l’altro. Per non lasciare testimoni, Huang, che conosceva bene tutti i membri
della famiglia, con una scusa attirò la sorella di Zheng, che si trovava altrove, al ristorante, e uccise
anche lei.
Il massacro era terminato.
Huang Zhiheng ci mise otto ore a smembrare i dieci cadaveri. Depositò
le varie parti in grossi sacchi neri per la spazzatura e se ne liberò, alcuni gettandoli in mare, altri
nei cassonetti, dopodiché prelevò tutti i contanti che trovò in cassa e, con una scelta totalmente
discutibile, si installò nel ristorante (che sentiva ormai suo) e nell’abitazione della famiglia Zheng.
Un'immagine odierna del luogo dove sorgeva il ristorante "Eight Immortals" |
Personalmente rimango convinto della responsabilità di
Huang Zhiheng nel massacro degli “otto immortali”, tuttavia alcuni particolari mi portano a pensare
che non tutto è stato detto. Qualche giorno dopo l’arresto il corpo di Huang era completamente
coperto di lividi, e i suoi occhi neri e gonfi (tanto che la mattina del 3 ottobre fu ricoverato in un
vicino ospedale). Tali lividi furono causati, riferisce la stampa, da un pestaggio inflittogli da altri
detenuti, ma lasciatemi dire che un piccolo dubbio non può non venire.
La confessione rilasciata
agli investigatori, inoltre, era ricca di contraddizioni: al modus operandi abbiamo già accennato
poco fa, ma la più incredibile riguarda certamente il luogo del delitto, che talvolta pare avvenuto
all’interno del ristorante, talvolta nell’abitazione e altre volte per metà da una parte e per metà
dall’altra. Ma il nodo che non riesco a sciogliere riguarda le capacità di un uomo non più
giovanissimo di uccidere e fare a pezzi dieci persone, per poi liberarsene nei modi più disparati nel
giro di una sola notte. E se ci fosse stato un complice? Per un breve periodo si è vociferato che un
uomo di nome Tan, di circa 30 anni, fosse sospettato di essere coinvolto nell'omicidio, ma nessuno
pare abbia mai voluto approfondire la questione. Perché?
Probabilmente tutte le risposte non le avremo mai. Huang Zhiheng si suicidò in carcere il 4
dicembre 1986 tagliandosi i polsi con la linguetta di una lattina. Prima di compiere l’estremo gesto
riuscì a spedire una lettera a un quotidiano di Macao, nella quale spiegava che il suicidio non era
da attribuirsi ai sensi di colpa, bensì era un mezzo per liberarsi di un’asma cronica di cui soffriva da
tempo.
L’epilogo di questa vicenda diede il via a una serie infinita di chiacchere e maldicenze tra la
popolazione cinese di Macao. L’aver rivelato al pubblico, attraverso televisione e giornali, che
Huang Zhiheng aveva continuato a gestire il ristorante per diversi mesi dopo il massacro aveva
infatti dato origine a quella che ancora oggi è la leggenda metropolitana più famosa della regione,
se non dell’intera Cina, una leggenda secondo la quale il killer avrebbe cucinato le sue vittime e ne
avrebbe fatto hot-dog da servire ai suoi clienti.
In effetti, se ci pensate, solo una dozzina di resti
umani sono stati riportati a riva, e di questi praticamente solo mani e piedi (ossia “scarti”, se li
consideriamo in un’ottica gastronomica). Il 13 maggio 1993 uscì nelle sale cinematografiche di
Hong Kong “The Eight Immortals Restaurant: the Untold Story” (Bat sin fan dim: Yan yuk cha siu
bau), un thriller diretto da Herman Yau e interpretato da Danny Lee e Anthony Wong, il primo dei
quali anche accreditato quale produttore del film. Il successo fu ovviamente strepitoso, al punto
che segnò l’inizio di un nuova tendenza nel cinema di genere hongkonghese. Ma di questo
parleremo magari a settembre, all’interno dello speciale “La Grande Abbuffata”.
Note:
(*) 52 anni, per la precisione, essendo lui nato nel 1932.
(**) Huang si recò nell’appartamento di un certo Li He, nel quartiere di nel quartiere Quarry
Bay, per riscuotere un debito di gioco. Quando gli venne rifiutato Huang legò il rivale, sua
moglie e sua sorella, e li sistemò in una vasca da bagno. Dopodiché tento di dar fuoco
all’appartamento con una stufa al GPL, ma i suoi ostaggi si liberarono e fecero in tempo a
fuggire prima del disastro.
(***) Pare per sfuggire alla famiglia della nuova compagna, con la quale non aveva un bel
rapporto.
(****) C’erano quattro piedi destri. Forse non serviva nemmeno scomodare la scientifica.
(*****) Pare avesse anche iniziato a riscuotere l’affitto dall’inquilino di una seconda abitazione,
anche questa di proprietà Zheng Lin.
(******) Numerose fonti alternative darebbero per certo che il vizio del Mahjong fosse tutto
appannaggio della moglie Chen Huiyi, e che il povero Zheng Lin facesse ogni giorno i salti
mortali per pagare i debiti da lei contratti. (*******) Anche qui il modus operandi non è mai stato del tutto chiarito, visto che nel corso della confessione Huang accennò anche a uno strangolamento.
Fonti:
https://www.plataformamedia.com/en/2020/08/04/one-of-macaus-most-macabre-crimes-occurred-
35-years-ago/
https://truecrimesasia.home.blog/2019/03/26/the-eight-immortals-restaurant-murder-macau/
https://courseofhorror.wordpress.com/2017/11/01/fancy-some-meat-buns/
https://www.facebook.com/permalink.php/?story_fbid=2897019743751444&id=927050037415101
https://www.exmoo.com/article/112375.html
https://www.backpackers.com.tw/forum/showthread.php?t=10540295
Macao by night |
Che storia allucinante... Con i suoi misteri, come hai evidenziato bene, e pure con la sua leggenda urbana. Che cattiveria, comunque, a far fuori bambini così giovani... :--(
RispondiEliminaCi vuole coraggio anche semplicemente a maneggiare una bottiglia rotta. Figuriamoci a usarla contro qualcuno e, peggio ancora, contro un bambino. E tutto solo per incassare un debito di gioco. D'altra parte è anche vero che quel tipo non era nuovo a manifestazioni "estreme" di collera...
EliminaAlzo il ditino: io sapevo dov'è Macao!
RispondiEliminaA parte questo, è davvero una storia allucinante, di cui non sapremo forse mai i precisi contorni. Anche perché un uomo solo non può farne a pezzi così tanti in una notte, sono cose laboriose...
Sicuramente in questa ricostruzione c'è più di una lacuna. Anche nella presunta accidentalità della prima vittima ci vedo qualcosa di strano. La cosa più strana però è appunto fare a pezzi tutti quei corpi da solo in una sola notte, specialmente se pensi che 7 su 10 erano adulti.
EliminaNon ho idea di quanto ci voglia a farne a pezzi un cadavere, ma immagino servano ore visto che non è esattamente come tagliare una bistecca dopo averla cotta. A meno che sai come fare e hai gli attrezzi adatti, il che è possibile solo se sei in una macelleria e di mestiere fai il macellaio.