lunedì 18 marzo 2024

Traditi dalla fretta #40

Siamo ormai quasi a Pasqua. I mesi volano che uno neanche se ne accorge. Sembra quasi incredibile che il blog stia proseguendo la sua corsa mentre da più parti arrivano segnali sempre più evidenti che questo modo di fare "social" sia ormai obsoleto, quasi un ricordo da chiudere in soffitta e buttar via la chiave. Il problema, se di problema si può parlare, è che non conosco altri modi per comunicare quello che mi piacerebbe comunicare, o perlomeno non ne conosco di altrettanto soddisfacenti. Qualche mese fa avevo aperto una pagina Instagram, che avrebbe dovuto supportare il blog o diventare a lungo termine la sua nuova casa, ma la verità è che non riesco a farmelo piacere. Non è una questione di piattaforma, questo lo so bene, quanto la conseguenza del mio appartenere a una generazione che del prendersela comoda ha fatto il suo marchio di fabbrica. 
Ecco perché il blog continua, e continuerà finché Google non chiuderà tutto o finché io non avrò più la forza, la mente, il fisico, la capacità di trovare il tempo e la voglia di scrivere. 
Siamo a due settimane dalla Pasqua, dicevo poc'anzi, e quest'anno la ricorrenza cristiana, seconda in ordine di importanza per chi la interpreta dal punto di vista consumistico, giunge in concomitanza con il primo giorno del mese di aprile, un mese che da queste parti è sempre stato ricco di iniziative, e non solo perché ad aprile cade il compleanno del blog (quest'anno spegniamo 13 candeline), ma anche per via di una vecchia tradizione che, ahimè, un pochino mi manca.
Ne parliamo meglio qui sotto, in questo piccolo contenitore bimestrale che ho chiamato "Traditi dalla fretta".

lunedì 11 marzo 2024

Rapporto sulla cecità (Pt.4)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Altra opera letteraria imprescindibile quando si affronta l’argomento cecità è “L'uomo della sabbia” (“Der Sandmann”) di E.T.A. Hoffmann, del 1815. Si tratta di un racconto così angosciante che Sigmund Freud ne fece materia di studio, citandolo nel suo saggio del 1919 “Il perturbante” (“Das Unheimliche”). Vi si narra della follia che s’impadronisce del giovane Nathanael a seguito di alcune vicende che ruotano attorno a Coppelius, un avvocato amico di suo padre. Nathanael conserva il ricordo di uno spauracchio che la madre evocava per convincerlo ad andare a dormire: quello dell'uomo della sabbia (o mago Sabbiolino), che strappava gli occhi ai bambini che restavano svegli e li dava da mangiare ai suoi figli, delle specie di gufi antropomorfi. Avendo Coppelius minacciato il bambino di bruciargli gli occhi con delle braci incandescenti, lui si era convinto che fosse l'incarnazione dell’uomo della sabbia. 
Dopo questo episodio Coppelius scompare all’improvviso e sembra ricomparire anni dopo, quando Nathanael è ormai adulto, sotto l’identità dell’ottico piemontese Giuseppe Coppola. Un giorno, Nathanael vede una donna con i bulbi oculari estirpati (in realtà si tratta di un automa meccanico, ma lui lo scopre solo più tardi) e l’orrore lo sommerge. La trama è molto complicata da spiegare nel dettaglio e sarebbe anche un peccato farlo, ma, in breve, Nathanael impazzisce quando i suoi incubi infantili sembrano prendere forma. 

lunedì 4 marzo 2024

Dachra

Mi accingo alla visione di Dachra essenzialmente per un motivo: la sua provenienza. Mi intriga parecchio l’idea di accomodarmi sul divano, specialmente in una sera in cui, una volta tanto, non sono devastato dalla stanchezza, per assistere al primo horror tunisino della mia lunga carriera di appassionato del genere. Non ho alcuna idea di cosa mi attenda, anche se, in un angolo della mia testa, quell’assonanza con il titolo del celebre romanzo di Bram Stoker mi fa sospettare l’ennesimo adattamento della solita storia. Errore gravissimo, perché qui di vampiri non c’è alcuna traccia e quell’assonanza, scoprirò in seguito, è soltanto casuale. 
Meglio così, forse; anzi, sto per assistere a un horror che affonda le sue radici nel folclore più sconosciuto del paese nordafricano. Non sarebbe affatto male, rifletto, visto che ne so così poco di folclore che non sia europeo o, al limite, asiatico. 
Premo quindi il tasto play con tale grande speranza. È solo quella rapida scritta che appare sullo schermo dopo un minuto, e che mi consegna l’abusato slogan “basato su una storia vera”, che mi fa temere un secondo errore di valutazione. Due ore più tardi, mentre con un occhio già abbondantemente chiuso mi sollevo dal divano, mi sorprendo a ragionare su ciò a cui ho appena assistito. 
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...