Non ho mai dedicato moltissimo spazio su questo blog, lo avrete senz'altro notato, ai giovani autori italiani. Se non fosse stato per il recentissimo articolo su Queho, che ha spezzato una tendenza che andava ad allungarsi in maniera preoccupante, l'ultima volta che me ne occupai fu un anno fa. E guarda caso, anche in quell'occasione ruppi il silenzio per presentare un'antologia personale targata Rill, nella fattispecie quella di Luigi Rinaldi.
Oggi mi occuperò invece di Andrea Viscusi, un nome decisamente interessante nel vasto panorama letterario di questi ultimi anni. Un nome che avrei voluto, se non dovuto, presentare anche in precedenza all'interno del blog: ma poi, a causa della mia incorreggibile pigrizia, come tante altre anche quell'idea è rimasta incompiuta.
Eppure di cose da dire sul primo esperimento di Viscusi nella dimensione romanzo ce ne sarebbero state parecchie. Mi riferisco, per la cronaca, a quel "Dimenticami, Trovami, Sognami" che aveva tanto fatto parlare di sé, in termini a dir poco entusiastici, al tempo della sua pubblicazione, ormai cinque anni fa. Non sono qui però per rivangare ciò che avrei potuto dire e fare, bensì per salutare con gioia il ritorno di Andrea Viscusi alla dimensione del racconto, a mio parere a lui più congeniale.