giovedì 31 maggio 2018

...a riveder le stelle

Luogo è là giù da Belzebù remoto / tanto quanto la tomba si distende / che non per vista, ma per suono è noto / d’un ruscelletto che quivi discende / per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso / col corso ch’elli avvolge, e poco pende. / Lo duca e io per quel cammino ascoso / intrammo a ritornar nel chiaro mondo / e sanza cura aver d’alcun riposo / salimmo sù, el primo e io secondo / tanto ch’i’ vidi de le cose belle / che porta ’l ciel, per un pertugio tondo / E quindi uscimmo a riveder le stelle.

Questo nostro lungo viaggio è giunto alla fine. Nel corso dei trenta giorni appena trascorsi siamo sprofondati in territori che mai forse avremmo pensato di raggiungere. Dolore, sofferenza, masochismo... termini scomodi che crediamo non appartenerci ma, come abbiamo visto, un po' ci circondano, e sono a vari livelli parte integrante delle nostre vite. Abbiamo già avuto modo di verificare che certi termini (masochismo, in particolar modo) non sono appannaggio esclusivo di pratiche sessuali estreme, né tanto meno di sempre più rari episodi di estremismo religioso (legati, a mio parere, più al folclore locale che a convinzioni di altro genere).

martedì 29 maggio 2018

Lasciate ogni speranza...

Hellraiser (1987)
Benvenuti all'inferno e...
Lasciate ogni speranza!

Le vie dell’inferno sono lastricate di brutti film, soprattutto di quelli prodotti esclusivamente per spennare i fan. Questo 2018 festeggiamo i trent’anni dell’arrivo in Italia dell’ottimo primo film di una saga terrificante, un ciclo di dieci film totali che dal 1987 ad oggi rappresenta il perfetto specchio in cui l’arte cinematografica riflette il proprio declino verticale: c’è da credere che neanche gli infernali Supplizianti usino gli ultimi film di Hellraiser come tortura: sarebbe troppo crudele. 
Difficile stabilire quanto successo abbia avuto in Italia la saga di Hellraiser, quanti fan l’abbiano seguita e le siano rimasti fedeli: è raro trovare qualcuno che ricordi più di due o tre titoli e spesso le trame si confondono. Di sicuro si ricordano i titoli pre-Duemila. 
Penso si possa affermare che in Italia – dove sono usciti solamente sette film su dieci – la saga di Hellraiser non sia così amata e seguita come nei Paesi anglofoni, in cui i fan hanno tenuto vivo qualcosa che vivo non è mai stato. E proprio i fan hanno iniziato ad utilizzare un termine molto pericoloso, che intorbidisce ogni discussione: mythology.

domenica 27 maggio 2018

Carne e metallo

L’audio-tortura Barkeriana
Carne e Metallo

"The only group I've heard on disc, whose records I've been taken off because they made my bowels churn." [L'unico gruppo che ho ascoltato su vinile, i cui dischi li ho rimossi perché mi hanno ridotto le viscere in poltiglia]. 
A pronunciare queste strane (e in un certo senso profetiche) parole è l’autore dei Libri di Sangue Clive Barker (uno che con viscere e poltiglie assortite aveva praticamente rifondato un genere) il quale, nei mesi di preparazione del suo primo film da regista, il famigerato Hellraiser (in Italia Hellraiser, Non Ci Sono Limiti), deciderà di assecondare i suoi umori funesti, affidando la colonna sonora a una band inglese che attraverso rimandi esoterici e lugubri sinfonie elettronico/industriali aveva costruito una carriera altrettanto controversa: parliamo dei Coil
Barker ama e odia la musica del duo britannico (Peter Christopherson, ex-Throbbing Gristle e John Balance) e ricordando il disagio che aveva provato nell’ascoltare i loro dischi rompe gli indugi e si affida al terribile combo d’Albione per costruire quelle sinfonie di dolore e di morte che accompagneranno le gesta dei suoi Cenobiti sul grande schermo.

venerdì 25 maggio 2018

Pelle e metallo

Come il sadomaso ha influenzato l’immaginario heavy metal
Pelle e metallo

Capelli lunghi, jeans, t-shirt nere, pelle e borchie: a meno che tu non viva sulla Luna, avrai già individuato che si tratta del look tipico di un amante dell’heavy metal. Se sei venuto in contatto con questo tipo di estetica, di sicuro ne sarai rimasto colpito, in positivo o (più probabilmente) in negativo. Ma ti sei mai chiesto perché i metallari si vestono proprio così?
Forse a te può sembrare solo sciatteria, o volontà di vestirsi male a tutti i costi, magari per attirare l’attenzione, ma non è così. Al contrario, ogni componente del vestiario heavy metal ha una sua precisa origine storica – e spesso capire quale non è nemmeno difficile. Per esempio, i jeans sono stati, fino almeno alla fine degli anni ottanta, il capo tipico dei giovani di ceto medio-basso. Proprio come quelli che crearono la New Wave of British Heavy Metal – il primo vero movimento del genere – agli inizi degli anni ottanta. E come quelli che, qualche anno dopo, diedero vita al thrash metal, che riprendeva la NWOBHM in una chiave più irruenta, con influssi punk, ed è alla radice delle branche più estreme del genere.

mercoledì 23 maggio 2018

The Deviant Hearts

La felicità è pericolosa
The Deviant Heart

"She stood there, dissolved in the simple completeness of the moment, leaning against the trunk of the familiar tree that welcomed her like an old friend by the waving of its branches and the rustling of its leaves. Her spine complained as she bent down, one hand holding the tree for balance, one searching the ground, finding a small oval leaf. She inspected it and decided that it would do. Gently, she held it by both edges and pressed it against her lips. She closed her eyes and let the air travel from her lungs. As the simple melody it created traveled over the water, the long skinny branches of the willow swayed softly to the rhythm of the new song. A sting in her chest, a smile on her lips." 
Una fitta nel petto, un sorriso sulle sue labbra. Sofferenza e piacere, dolore e felicità. Quanto sembrano lontane queste coppe di emozioni? Quante volte, invece, capita di provarle mescolate, avvolte una sull'altra e inseparabili come il dì e la notte? 

lunedì 21 maggio 2018

L’inferno di una donna

Through the Looking Glass
L'inferno di una donna

Frugando bene in quella che oggi è citata come “golden age of porn” (l'età d'oro del porno) è possibile accorgersi di come nel 1976 videro la luce ben due pellicole, di qualità medio-alta, ispirate ai due famosi romanzi scritti da Lewis Carroll con protagonista la piccola Alice, intitolati rispettivamente Alice in Wonderland e Through the Looking Glass. Di queste due pellicole, una, Alice in Wonderland: An X-Rated Musical Fantasy di Bud Townsend, ripercorre abbastanza fedelmente la storia del primo dei due romanzi, mentre l'altra, Through The Looking Glass di Jonas Middleton, preleva un po' da entrambi. Sebbene forse, ancor più che nelle due opere dello scrittore irlandese, i riferimenti più diretti dei due film vadano ricercati all’interno dello stesso medium espressivo: il cinema. E qui la distanza si fa ancora più marcata, poiché mentre Townsend, con il suo musical a luci rosse, strizza chiaramente l’occhio al cartone disneyano, Middleton sembra piuttosto avere in mente l'Alice in Wonderland del 1933, diretto da Norman Mc Leod.

sabato 19 maggio 2018

La terapia del dolore

Naked Blood
La terapia del dolore

Non vi pare che masochismo sia in sé un termine riduttivo, una di quelle voci del vocabolario che richiederebbero pagine e pagine di approfondimenti che tuttavia potrebbero non arrivare mai a offrirne una definizione davvero esauriente? Non vi pare che masochismo sia un termine imperfetto, un termine di cui facciamo largo uso ma a cui ci riferiamo limitatamente al suo significato più comune, quello universalmente noto della pratica sessuale un po', come dire, particolare? In questo speciale stiamo cercando di trovare nuovi significati: alcuni piuttosto evidenti, come le pratiche di mortificazione del corpo portate avanti da certi attivisti religiosi, altri meno evidenti, come vedremo quando arriverà il momento, alla fine di questo mese, di tirare le somme di tutto quanto è stato detto e fatto. L'articolo di oggi è però ancora una volta incentrato sul dolore fisico e sul piacere che da esso deriva.
Ma la domanda, un po' provocatoria, è: "siamo davvero certi che tutto ciò non ci riguardi in prima persona?". Quando pensiamo a certi casi documentati di perversione sessuale o religiosa, di solito tendiamo a riferirci ad essi come ad avvenimenti lontani al nostro mondo (ed è logico) ma... è davvero sempre così? Davvero non abbiamo mai associato in prima persona alcun piacere al dolore fisico?

giovedì 17 maggio 2018

Secretary: il lavoro fa male

Il lavoro fa male, lo dicono tutti (cit.)
Secretary

Ho sempre pensato che il lavoro fosse la più articolata e radicata forma di masochismo per le donne e gli uomini di questo gnocco minerale che ruota attorno al Sole.
Pensateci: ti svegli presto la mattina, abbandoni la persona amata e tutte le tue care cose per andare a fare qualcosa per un numero esageratamente alto di ore al giorno, ogni giorno, tutti i giorni, per quarant’anni, forse anche di più. Se ti va bene al lavoro hai qualche collega simpatico, il più delle volte non è affatto così, legato mani e pieni al ruolo di schiavo volontario, due settimane all’anno di ferie e se fai il bravo magari una promozione, più soldi per comprare cose che tanto non potrai usare, visto che stai sempre al lavoro. Per non parlare di cosa avviene all’interno di quel rebus complicatissimo, stile scatola di Lemarchand che si chiama posto di lavoro. Un intricato gioco di ruolo in cui vorresti mandare tutti a quel paese, ma devi stare incasellato nel ruolo che ti hanno assegnato, in un rapporto di dominazione a sottomissione ad un Cenobita che tutti chiamano signor direttore che se ti va bene può essere un padrone magnanimo, ma anche in questo caso, pensate mica di essere nati fortunati? Il lavoro nobilita l’uomo e lo rende simile alla più grande forma di BDSM legalizzata e moralmente riconosciuta.

martedì 15 maggio 2018

L'impero dei sensi

Lasciate perdere Grey! Ecco..
L'impero dei sensi

Giappone 1936, i soldati si preparano ad andare in Manciuria per l'incidente del ponte di Marco Polo, una serva appena arrivata in questa casa buona di Tokyo scopre che il suo padrone gradisce approfittare delle giovani cameriere, pensando che delle occasionali prestazioni sessuali siano comprese nel compendio che elargisce alle giovani signorine. Per i servi questa cosa è abbastanza normale, nessuno se ne sconvolge più di tanto, e anzi molti escono dalle stanze o passano lì vicino evitando i due corpi avvinghiati come se stessero scansando un sacchetto posato sul pavimento.
Per essere un film del '76, non dichiaratamente porno (seppur molti lo han tacciato di esserlo), c'è tanta roba, tutta normale, niente di sconvolgente o particolarmente atletico, ma il sesso è presente in ogni parte, liberamente e serenamente condiviso, senza mai essere morboso o eccedere nel mostrare quel che succede in scena.
Il sesso è il vero potere, universale ed eternamente valido: l'amore è solo una delle sfaccettature del sesso, compreso il violento estraniamento a cui porta; i due protagonisti ne sono inizialmente conquistati, poi sempre più dipendenti, fino al finale tragiromantico.

domenica 13 maggio 2018

Masochisti fino all'ultimo

Il desiderio estremo della sofferenza
Masochisti fino all'ultimo

Masochismo. Anomalia psichica che riguarda sia la sessualità, con il bisogno di associare il piacere a condizioni di sofferenza fisica e di mortificazione, sia un tratto del carattere proprio delle persone che ricercano maltrattamenti e umiliazioni. 

Questa è la definizione che la Treccani dà del masochismo. Mi son sempre chiesta fino a che punto un essere umano può spingersi, nella sua ricerca di questa sofferenza fisica, di queste forme di mortificazione; fino a che punto si possa spingere con maltrattamenti e umiliazioni. Potrebbe arrivare al maltrattamento estremo, a farsi così maltrattare da desiderare la morte. Potrebbe, per contro, ricercare proprio la morte? 
Purtroppo, la risposta a queste domande è sì. Potrebbe farlo. E i casi che vi voglio presentare riguardano due persone dei nostri tempi, un uomo e una donna, che hanno cercato in tutti i modi di soddisfare il loro estremo bisogno di sofferenza, fino ad arrivare alla privazione della loro stessa vita.

venerdì 11 maggio 2018

Una storia mesoamericana

Il sacrificio umano e l’autosacrificio nella cultura azteca: piacere per la sofferenza o strumento politico? 

“How the gods had their beginning and where they began is not well known. But this is plain, [that] there at Teotihuacan... when yet there was darkness, there all the gods gathered themselves together, and they debated who would bear the burden, who would carry on his back - would become - the sun. And when the sun came to arise, they all [the gods] died that the sun might come unto being... and thus the ancient ones thought it to be.” (Bernardino de Sahagún, Florentine Codex)

Gli Aztechi sono stati uno dei pochi popoli mesoamericani a non essere nativi del luogo in cui hanno stabilito il proprio impero, bensì un insieme di diversi popoli uniti soltanto da un comune linguaggio, il Nahuatl, che migravano dalle regioni del nord del Messico (una mitica terra di nome Aztlan da cui deriva appunto il termine di Azteco) fino a stabilirsi nella più florida e ospitale Valle centrale. 
Fra tutti questi popoli quello di cui si conosce sicuramente di più è quello dei Mexica (che si pronuncia Mescica), il quale stabilendosi nella zona paludosa di quella che diventerà la città di Tenochtitlan creerà dal nulla uno degli imperi più straordinariamente organizzati fra le civiltà precolombiane.

mercoledì 9 maggio 2018

Religione e sofferenza

Farsi del male per uno scopo più alto
Religione e sofferenza

In molte religioni è presente il principio della mortificazione del corpo ai fini dell’elevazione dello spirito: ridurre all’indispensabile le pulsioni della carne tramite l’astinenza sessuale e il digiuno per concentrarsi sulla meditazione trascendente e la preghiera. Tali pratiche aiuterebbero il credente a entrare in contatto con l’entità divina (o quanto meno a percepirla) giungendo a sperimentare in alcuni casi la cosiddetta ‘estasi mistica’. 
La parola ‘estasi’ nell’accezione comune è però più affine al piacere fisico che non alla serenità spirituale, tanto è vero che una delle più celebri opere d’arte dedicate a questa sensazione estrema, ovvero la statua della Transverberazione di Santa Teresa d’Avila scolpita dal Bernini e conservata nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma, ci mostra una donna che – detto con rispetto e senza voler in nessun modo offendere né la santa né i cattolici in generale – sembra aver raggiunto l’orgasmo.

lunedì 7 maggio 2018

Il dolore di essere Masoch (Pt.3)

Sucker for Pain
Il dolore di essere Masoch

4. Venere in celluloide 

Probabilmente l’Italia è stato l’ultimo Paese in Europa a tradurre Venere in pelliccia, malgrado le altre opere del suo autore siano state tranquillamente pubblicate sin dall’Ottocento: la colpa è delle varie società moralistiche e censorie che si sono alternate nel nostro Paese? Mi permetto di dubitarne. Il problema è che nel nostro Paese probabilmente era impossibile portare quel racconto prima di un autore che l’ha studiato dopo: Sigmund Freud. 
Freud si occupa di masochismo già agli inizi del Novecento per poi riprendere più volte il tema, intendendolo però sempre come un sadismo rivolto verso se stesso. «Spesso si può riconoscere che il masochismo non è nient’altro che una prosecuzione del sadismo rivolto contro la propria persona, la quale fin dall’inizio tiene il luogo dell’oggetto sessuale» (da “Le aberrazioni sessuali”, primo dei “Tre saggi sulla teoria sessuale”, 1905).

domenica 6 maggio 2018

Il dolore di essere Masoch (Pt.2)

Sucker for Pain
Il dolore di essere Masoch

2. Venere dal deserto 

Fa caldo nel deserto egiziano del 300 dopo Cristo, dalla cui sabbia rovente fuoriesce un cenobita: che sia un delizioso rimando alla futura saga filmica di Hellraiser e ai suoi cenobiti infernali? Ovviamente no, è semplicemente il nome di un uomo che si è ritirato a vivere in una piccola comunità religiosa. Ma Pafnuzio non è più un cenobita, il suo percorso non seguirà le orme del futuro Sant’Agostino, perché Pafnuzio è impazzito della più folle delle pazzie: Pafnuzio si è innamorato, e si è innamorato di Taide. Una peccatrice. Peggio: un’attrice. 
Questa storia ce la racconta nel 1890, con ancora Sacher-Masoch in vita, il grande romanziere Anatole France in uno dei suoi capolavori forse oggi più dimenticati: Taide (Thaïs). Pafnuzio non prova amore per Taide, prova passione, ossessione («Sai tu che cosa vedevo in questo manoscritto dettato dal più grave degli stoici? Precetti di virtù forse e crude massime? No. Vedevo sull’austero papiro danzare mille e mille piccole Taidi»), follia, totale perdita di qualsiasi ragionamento logico a causa di amore (od ossessione amorosa), e quando per la prima volta vede la donna a teatro recitare nel ruolo di Polissena, in una versione dell’Iliade, France non trova miglior modo di descrivere il piacere che prova Pafnuzio:

sabato 5 maggio 2018

Il dolore di essere Masoch (Pt.1)

Leopold von Sacher-Masoch
Sucker for Pain
Il dolore di essere Masoch

I torture you / Take my hand through the flames / I torture you / I’m a slave to your games / I’m just a sucker for pain / I wanna chain you up / I wanna tie you down / I’m just a sucker for pain (Lil Wayne, Wiz Khalifa & Imagine Dragons, dalla colonna sonora del film Suicide Squad).

Prologo 

C’era una volta un rettore dell’Università di Leopoli che pativa due grandi sofferenze. La primo era la morte del figlio, che già di suo è una di quelle disgrazie che rovinano una vita, e nei confronti del quale la seconda sofferenza impallidiva. Però rimaneva lì, a logorarlo: la seconda sofferenza del rettore era che, morto suo figlio, il cognome di famiglia si sarebbe estinto. Gli rimaneva solo una figlia, che sposandosi ovviamente acquisiva il nome del marito, condannando all’oblio il cognome nobile del rettore. 
La disperazione spinse l’uomo ad una richiesta impensabile: era qualcosa di inaudito, ma doveva provarci. Andò dal marito della figlia e lo pregò di non far perdere per sempre quel cognome, che sebbene appartenesse ad una piccola borghesia di campagna per lui era comunque importante. Il marito della figlia era anche lui nobile, discendente da una famiglia spagnola il cui cognome riscuoteva ammirazione in tutto il mondo austriaco, e forse proprio per questa nobiltà – sia di sangue che d’animo – accettò l’ardita proposta del rettore. La proposta di “unire” i cognomi delle due famiglie.
Quel rettore di Leopoli ha fatto di tutto perché il suo cognome non andasse dimenticato... e non ha mai saputo quanto il suo desiderio sia stato esaudito. Perché quell’uomo si chiamava Franz Masoch.

giovedì 3 maggio 2018

The Hellbound Heart

Come cominciò:
The Hellbound Heart

Durante la seconda metà degli anni '80s del XX secolo il mondo della narrativa fantastica venne sconvolto da uno dei suoi periodici scossoni.  
Come tutti gli scossoni alla fine si trattò di un fuoco di paglia che dopo qualche anno esaurì tutta la sua portata propulsiva, però è indubbio che finché ebbe durata quello scossone ebbe effetti deflagranti in tutto il mondo dell'horror, letterario, televisivo e cinematografico. 
In buona sostanza era nato un nuovo movimento narrativo, un movimento che lo scrittore e sceneggiatore David J. Show aveva battezzato come "splatterpunk", anche se - come spesso succede - una parte degli scrittori associati a questo movimento avrebbe finito per dissociarsene o per effettuare i propri bravi distinguo. 
Detto ancora più in soldoni lo splatterpunk rappresentava una sorta di ribellione contro l'horror più tradizionale, un suo adattamento alla controcultura (letteraria,musicale, cinematografica) dei tempi moderni e alla nuova società che stava arrivando con molte meno sicurezze, molta più violenza e molto molto più caos. Dovendone dare una definizione potremmo dire che lo splatterpunk descrive in maniera cruenta e con dovizia di particolari situazioni già cruente per loro natura. 
Sangue e frattaglie non mancavano, così come non mancava una sorta di bizzarra poetica del macabro al suo interno.

martedì 1 maggio 2018

Il piacere della sofferenza

Shiny shiny, shiny boots of leather / whiplash girlchild in the dark / Comes in bells, your servant, don’t forsake him / strike, dear mistress, and cure his heart / Downy sins of streetlight fancies / chase the costumes she shall wear / Ermine furs adorn imperious / Severin, Severin awaits you there. (Velvet Underground)

E così pare che anche questa volta ce l'abbiamo fatta, vero? Intendo dire che per il quinto anno consecutivo il primo giorno di un mese di primavera coincide con la partenza dello "speciale" più atteso dai lettori di Obsidian Mirror. Chi avrebbe mai detto che quell'iniziativa, a suo tempo ideata per festeggiare il terzo compleanno del blog (e che avrebbe potuto, o dovuto, rimanere un'esperienza unica), si sarebbe nel tempo trasformata in un appuntamento fisso, praticamente irrinunciabile?
Quest'anno il blog, nello spegnere la sua settima candelina, prova a fare qualcosa di diverso e, se avete letto quel post che tempo addietro lo annunciava, avrete già capito a cosa mi riferisco. E no, non sto parlando del fatto di essere partito con un mese di ritardo. Andiamo comunque con ordine.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...