domenica 27 novembre 2016

Der Umschlag, Genesis

Non ho mai ben capito cosa dovrebbe significare il termine “kafkiano”, che sento spesso usare dai miei conoscenti riferendosi a situazioni bizzarre. Una vaga idea più o meno ce l'ho, avendo letto alcune opere dell’autore in questione, ma sull’utilizzo dell’aggettivo mantengo ancora qualche riserva. Secondo Wikipedia, l'aggettivo "indica una situazione paradossale, e in genere angosciante, che viene accettata come status quo, implicando l'impossibilità di qualunque reazione tanto sul piano pratico quanto su quello psicologico".
La stessa voce del celebre dizionario online suggerisce però che uno degli esempi più emblematici di situazione "kafkiana" sia quella che emerge dalle pagine del romanzo "Il processo" di Franz Kafka nelle pagine in cui viene a inserirsi prepotentemente il tema della burocrazia, nella fattispecie quella giudiziaria. Ecco, la chiave di volta forse è proprio nella cavillosità, nel formalismo, nell'osservanza esagerata dei regolamenti estesa al punto da tendere paradossale ogni tentativo di far prevalere la logica. Ma perché vi sto parlando di tutto questo? Credo sia necessaria una spiegazione, per cui ricomincio daccapo.

lunedì 21 novembre 2016

La cerimonia

Ci sono strane cose che sopravvivono ai margini della nostra stessa esistenza, che ci seguono al limite della nostra percezione, ci osservano dal buio che incombe oltre il calare della notte, solo un passo al di là del confortante calore delle luci. Neri portenti, strani culti, e cose anche peggiori attendono nell’ombra. I Figli dell'Antica Sanguisuga sono fra noi da tempo immemorabile, dall’alba dell’umanità ci accompagnano... Donald Miller, geologo e accademico oggi ormai ottuagenario, da una vita cammina sul ciglio d'un abisso, tra i vuoti di memoria che gli oscurano la mente e certi improvvisi lampi d'inquietanti ricordi, che a tratti lo risvegliano a una realtà sinistra celata appena sotto il tenue velo d'amnesia, la sottile cortina della quotidianità. Sparsi frammenti, ora destinati a convergere verso una rivelazione sconvolgente, ciò che l'Oscurità, l'abisso oltre le stelle, ha infine per noi in serbo. 

Era da un bel po' che tenevo d'occhio questo volume, uscito ormai, se la memoria non mi inganna, negli ultimi giorni del 2015. In tanti mesi credo di averlo messo e tolto dal carrello di quasi tutte le piattaforme di e-commerce almeno una ventina di volte. Non tanto perché ero indeciso se mi potesse interessare o meno (su quello non c'è mai stato alcun dubbio), quanto perché il mio dannato senso di colpa mi imponeva di dare un freno alla mia attività di accumulo libresco compulsivo che, negli ultimi anni, si è pure notevolmente aggravato. Alla fine il diavoletto che mi accompagna per librerie ha avuto la meglio e "La cerimonia" (The Croning, 2012) di Laird Barron è entrato a far parte della mia famiglia, in qualità di auto-regalo di compleanno, lo scorso luglio (assieme ad altre cosettine di cui magari parlerò più avanti). Ho però atteso il mese di settembre per poterlo leggere, sfruttando così al meglio un paio di trasferte di lavoro che mi hanno inchiodato su un treno per diverse ore. Vi state chiedendo se "La cerimonia" mi è servita ad alleviare la sindrome da trasferta? Eccome, se è servita!

martedì 15 novembre 2016

Orizzonti del reale (Pt.9)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

L'espressione religiosa non è qualcosa di immutabile. Di questo, almeno, siamo certi, perché osservando le diverse realtà etniche e sociali del mondo moderno ci accorgiamo che da una matrice comune possono nascere una gran quantità di dogmi e di confessioni diverse: nuove sette, ognuna con il proprio motivo dominante che rappresenta al meglio le esigenze e le idee, se non della sua totalità, quantomeno dei suoi capi religiosi. 
Anche nel passato remoto dovette avvenire qualcosa di simile, e molte volte, ma il mutamento più importante coincise con l'avanzare del progresso, quando l'uomo gradualmente acquisì la capacità di intervenire, fino a un certo punto, nei processi della natura, principalmente con l'invenzione dell'agricoltura e degli utensili in pietra più avanzati avvenuta nel Neolitico. Esso sentì che lo scopo della pratica religiosa non poteva più essere semplicemente cooperare con la natura per avere le condizioni meteorologiche idonee alla crescita delle messi. Centrali, allora, divennero l'acquisizione della saggezza e la precognizione perché, naturalmente, l’uomo aspirava a diventare egli stesso una sorta di divinità. 
Gli antichi sapevano ciò che la medicina moderna, specie qui in Occidente, sembra aver dimenticato: che l'uomo è un tutt'uno inscindibile di corpo e spirito, e non è possibile guarire l'uno dimenticandosi dell'altro. Nell'antichità la medicina, la negromanzia e l'astrologia non potevano essere disgiunte. Questo avveniva non solo perché, banalmente, con le piante ci si curava, ma anche perché le piante hanno le radici nella terra e si credeva quindi che potessero attingere alla sua saggezza e trasmetterla a coloro che erano degni di riceverla e sapevano come interpretarla. Il ventre della terra era anche il luogo a cui si ritornava da morti: l'Aldilà, un luogo di creazione ove la vita veniva concepita e dopo la morte ricreata, scevro di negatività e di quell'immobilità annichilente, oppure punitiva, la cui idea si deve unicamente al tardo Cristianesimo. 

mercoledì 9 novembre 2016

L'anulare

Ci sono dei libri che per qualche motivo riescono a calamitare la mia attenzione in maniera totale, tanto che faccio fatica a posarli finché non li ho finiti. Prendiamo ad esempio “L’anulare” di Yoko Ogawa: la cosa straordinaria è come un racconto di un centinaio di pagine che si regge su poche e in parte opposte tematiche (la libertà e il possesso, ad esempio) riesca a descrivere il cuore del Giappone e dei giapponesi meglio di tanti saggi.
Nel caso della Ogawa (e di questo libro in particolare) non me la sento proprio di parlare di tematiche universali, se non in misura molto ridotta, e credo che il perché vi sarà evidente se leggerete fino alla fine.
La storia, narrata in prima persona, è quella di una giovanissima ragazza che si trasferisce da un piccolo villaggio di campagna vicino al mare nella grande città. Qui finisce per accettare un lavoro di segreteria offertole da Deshimaru, un tecnico che è anche il proprietario e amministratore di un laboratorio. Dopo un po’ i due intrecciano una relazione, o meglio cominciano ad andare a letto assieme, e il loro rapporto diviene sempre più esclusivo e opprimente. Un classico? Non proprio, perché con queste poche parole ho più o meno illustrato gli unici aspetti convenzionali, normali, del libro. Il resto è totalmente inaspettato. Non che avvenga qualcosa di realmente pericoloso, almeno all’apparenza, eppure il peso di tutto ciò che è straziante, penoso, doloroso o semplicemente imbarazzante, che aleggia come una cappa sul laboratorio, finisce per contagiare la psiche dell’ignaro lettore, e se non fosse che lo stile è assolutamente sobrio e pacato potrei quasi dire che si tratta di un thriller mancato; ma forse non aspirava nemmeno a esserlo, e se lo fosse stato non avrebbe comunque potuto essere più intrigante.

giovedì 3 novembre 2016

Storie, visioni e vasi comunicanti

Sebastião Salgado - The Brooks Range, 2009
from the series Genesis - Gelatin silver print
Ogni personaggio che si rispetti vive in un mondo creato dal suo autore, che naturalmente prende spunto dalla realtà.
Con queste parole esordiva circa un mese fa la collega blogger Cristina Rossi de "Il manoscritto del cavaliere" nel suo articolo "I quadri, i romanzi e... i paesaggi naturali".
Si tratta, il suo, di un progetto molto più vasto che ha la sua ragione di esistere nell'immortale concetto dei "vasi comunicanti", ovvero quei luoghi (o non-luoghi) dove un unico elemento fa da filo conduttore fra altri completamente diversi. 
Nell'ultimo esperimento, ultimo in ordine di tempo, si tratta di individuare prima di tutto un paesaggio naturale (reale o immaginario che sia, purché non artificiale) e quindi associare ad esso un libro, (romanzo, racconto, prosa, poesia) nel quale l'autore abbia saputo al meglio sfruttare le caratteristiche di tale paesaggio, vuoi per averne esaltato l''atmosfera, vuoi per averci costretto indissolubilmente i suoi personaggi. Ma non è finita qui: il secondo passo è quello di identificare un'opera d'arte (un dipinto, ma non necessariamente) che, sulla base del gusto di chi scrive, possa virtualmente unire i due concetti sopra esposti. Il gioco ha intrigato altre persone e, come spesso accade con le iniziative di Cristina, è diventato una sorta di meme. Dopo una piccola esitazione e con i miei tempi, ho deciso di provare a cimentarmici anch'io. Ho quindi scelto di prendere in esame, in rigoroso ordine di apparizione, i seguenti paesaggi naturali: il deserto, la montagna, il ghiacciaio, il fiume e la collina.
E la foto di Salgado che ho inserito qui sopra? Tecnicamente non c'entra nulla: mi piaceva solo l'idea di un singolo scatto che potesse contenere tutti e cinque i paesaggi (uno più o uno meno).
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