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sabato 8 ottobre 2022

Yotsuya Kaidan

Lo stereotipo della donna fantasma vendicatrice vestita di bianco e con i capelli arruffati si è sviluppato durante il periodo Edo del Giappone (1603-1868), un periodo caratterizzato da una vivace cultura popolare. Questi revenant fecero la loro apparizione nei libri illustrati, sui palcoscenici, nei giochi di carte e nelle tradizioni orali del periodo. Sebbene i fantasmi femminili fossero esistiti in precedenza in Giappone, in particolare in letteratura e nel teatro Nō, fu durante il periodo Edo che si sviluppò il loro aspetto classico e il personaggio divenne una misteriosa icona pop premoderna. 
Il più famoso di questi fantasmi Edo è Oiwa, protagonista della commedia “Tōkaidō Yotsuya Kaidan” (Ghost Story of Yotsuya, 1825) del drammaturgo kabuki classico Namboku Tsuruya IV (1755-1839), noto per le sue opere a tema soprannaturale e i suoi personaggi macabri e grotteschi. In italiano il titolo potrebbe essere reso letteralmente come “Storia di fantasmi a Yotsuya, lungo il Tōkaidō”, dal nome del quartiere di Edo (l'antico nome dell'odierna Tokyo) in cui le vicende sono ambientate. 
Messo in scena per la prima volta, come dicevamo poc’anzi, nel luglio del 1825, Yotsuya Kaidan apparve al Teatro Nakamuraza di Edo in una sorta di double-bill (oggi lo chiameremo così) con il popolare dramma kabuki “Kanadehon Chushingura”, basato sul tema classico dei quarantasette ronin.

venerdì 5 ottobre 2012

Serpenti e piercing

“Le cose che pensavo in quel momento, quello che avevo davanti agli occhi, la sigaretta che tenevo tra l’indice e il medio, niente sapeva di reale. Ebbi la sensazione di essere da un'altra parte, che mi guardavo da lontano. Non posso credere a niente.  Non posso sentire niente. Gli unici momenti in cui riesco a percepire chiaramente di essere viva è quando provo dolore fisico. Io il mio futuro non lo vedo, non so nemmeno se ne ho uno, di persone care non ne ho, e della vita, perennemente sbronza come sono, che ne posso sapere?“ 
Quanti di voi hanno un tatuaggio, magari una semplice farfallina su una spalla? Quanti di voi hanno un piercing, magari un semplice orecchino? Sono sicuro che siete in tanti. Vi siete mai fermati a pensare quanto può essere lontano il limite al quale possiamo arrivare? Ho appena terminato il romanzo Serpenti e piercing di Hitomi Kanehara, e da questo prendo spunto per parlare di  body art, e più in generale del contesto in cui la narrazione si svolge, ovvero il Giappone, il paese che più di ogni altro la gente ama e allo stesso tempo odia (e io non faccio eccezione alla regola).
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