giovedì 27 marzo 2014

Le belle, le bestie e Živko Nikolić

Bestije (ovvero “bestie”) sono gli abitanti, alla deriva fisica e morale, di un'isola non meglio identificata della ex Jugoslavia. Una parata di personaggi senza dignità e quanto mai stereotipati (la ninfomane, il giullare, l'ubriacone, il vecchio sciroccato, eccetera), ritratti ora con verosimiglianza, ora con tragicomica vena surreale. Nessuno sembra avere davvero uno scopo in quel luogo dal fato incerto, e la vita scorre monotona nell'attesa di qualcosa che non accade mai, tra chi veglia il Capitano sul suo sempiterno letto di morte, chi mal sopporta logori ménage coniugali, chi ciondola tra l'osteria e le viuzze del paese, e chi non vive, ma s'accontenta di spiare la vita altrui alla ricerca di qualcosa da ridicolizzare e di peccati veri o presunti, pronto a lanciare la prima pietra. In una notte di tempesta però quel “qualcosa” avviene: una graziosa giovane approda, sola, sull'isola. Nonostante il suo aspetto angelico c'è chi la definisce da subito una strega, un mostro, un diavolo o più banalmente una prostituta usata e poi scaricata da marinai di passaggio. Per tutti è quasi più un'entità che una persona. Chi è, da dove viene questa misteriosa sconosciuta? È una naufraga, è in fuga da qualcuno o qualcosa, è stata abbandonata lì di proposito? Nessuna di queste domande troverà una risposta, ma da quel momento in poi nulla sarà più uguale a prima: sull'isola ognuno ha un personale motivo per bramarla e per tentare, in qualche modo, di possederla... È stato impossibile, per me, non vedere nella figura di questa giovane donna la stessa ambivalente natura dell'intera comunità isolana, un misto di innocenza e malizia, baldanza e paura, così come è impossibile non considerare il film tutto come un esercizio di satira politica oltre che morale, un'aperta critica a quell'apatia che tanta parte ha avuto nella storia (recente e meno recente) dell'ex Jugoslavia. In questo senso, un'isola in balia delle onde è la perfetta metafora di un'esistenza lasciata nelle mani del caso. O del destino. Si sa che il vulcano che non erutta mai è il più pericoloso. E quando lo fa, le conseguenze sono terribili.

giovedì 20 marzo 2014

Boomstick Award – Edizione 2014

Sbarca anche su "The Obsidian Mirror" l'ambito "BOOMstick Award”, ideato da HellGraeco (aka Hell), ideatore del blog Book and Negative. Questo che vedete qui a fianco è il banner ufficiale, figlio della fantasia dello stesso Hell.
Credo che mai prima d’ora scrivere un post sia stato così facile e rapido, visto che parte del post altro non è che il regolamento del Boomstick (e come tale si può, anzi, si deve copiare e incollare dal blog sorgente) mentre il resto si può ricavare rimaneggiando brutalmente il post con cui un anno fa presentai l’edizione 2013 del citato Award.
Eccoci quindi qua. Che dire? Sono commosso! Mi fa enormemente piacere ricevere questo riconoscimento che, tra i tanti che “infestano” la rete, è decisamente uno dei più ambiti. Il premio, per la cronaca e per i posteri, mi è stato assegnato nei giorni scorsi (quasi contemporaneamente) da tre dei miei lettori storici, vale a dire Cristina (del blog Athenae Noctua), Ivano (del blog Ivano Landi) e Marco (del blog Argonauta Xeno).
Le motivazioni? Cristina, a proposito di questo blog, ha scritto: “Imperdibile per chi ami il mistero, trovo che gli articoli di storia, culti e tradizioni siano molto intriganti.” Ivano ha premiato questo blog “perché presenta post impeccabili. Sempre scritti benissimo, e pure senza errori di battitura. E non importa quanto siano chilometrici, non ti annoiano mai”. Marco ha invece più prosaicamente ricordato quel caffè che ancora mi deve. [Edit 20/3/2014 – Quarto Boomstick ricevuto da Manuela de Il Cinemanu con la seguente motivazione: “Perchè è stato il primo blog che ho conosciuto e seguito; perché il suo autore più volte mi ha sostenuta commentando i miei post; perché ritengo che si distingua per carattere e cultura tra tanti.] - [Edit 30/3/2014 – Quinto Boomstick ricevuto da Camilla di Bibliomania con la seguente motivazione: “Perché in parte è grazie al suo Boomstick, se ho deciso di darmi una mossa e riprendere Bibliomania come si deve; perché i suoi post sono tra i migliori, e per questo dovrebbero leggerli tutti, anche chi non è interessato agli argomenti di cui tratta; perché parla con cognizione di causa ed è sempre pronto ad approfondire tutto; perché prima o poi incontrerò anche lui dal vivo (m’infiltrerò al caffè che Salomon – pare – gli deve da un po’).] – [Edit 18/4/2014 – Sesto Boomstick ricevuto da Romina Tamerici con la seguente motivazione: "Perché riesce a farmi leggere anche post che si aprono con un'immagine inquietante e sanguinaria (non è impresa che riesce a tutti)".]
L’ennesimo meme, vi chiederete? Volendo ben guardare è proprio così: trattasi di uno di quegli ormai tenutissimi meme, che di tanto in tanto si fanno largo, incontrollati, nella rete. Ci sono però alcuni aspetti positivi che distinguono questo “award” dai propri simili: 1) non viene richiesta risposta ad una serie interminabile di domande, 2) non viene richiesta l’elaborazione di ulteriori quesiti per i successivi malcapitati, 3) l’assegnazione dell’award è un puro e semplice riconoscimento per l’attività del “vicino di casa”, il che di conseguenza fa in modo che 4) non si scatenino lunghi e interminabili “meme di ritorno”, usati sadicamente come ritorsione nei confronti dei cosiddetti “untori”.

martedì 18 marzo 2014

Il giardino dei supplizi

L’animo umano è un universo profondamente complesso: capace di solidarietà, amore, empatia, sa anche cadere preda di terribili ossessioni e concepire le più tremende bassezze. Ci sono pieghe nell’animo umano che sarebbe forse meglio non esplorare, sulle quali sarebbe meglio non puntare mai lo sguardo. Una di queste nasconde la propensione per le perversioni, cosa che in me genera prima di tutto un profondo senso di pena.
Eppure, non è forse corretto mostrare anche quella che è una parte essenziale della nostra stessa natura, il nostro secondo volto, come l’altra faccia della luna nascosto, eppure intuibile e concreto? La letteratura ha esplorato e continua ad esplorare tutte le possibili sfaccettature della questione. Il vostro Obsidian Mirror, a sua volta, continua oggi con questo articolo ad esplorare la letteratura che maggiormente dimostra fascinazione per il morboso.
Nel 1899 Octave Mirbeau pubblicava “Il Giardino dei Supplizi”, uno dei suoi romanzi più famosi e perfetto esempio di quanto detto sopra. Personaggio eclettico e corrosivo (politicamente scorretto, come diremmo oggi), Mirbeau sembrava sentire come missione quella di smascherare i mali della società.
Questo romanzo in particolare, a dispetto del notevole successo, era destinato a dare scandalo, perché mentre il giardino ha un significato positivo nell'immaginario collettivo, qui era inteso come simbolo dell'ipocrisia che rende socialmente accettabili la violenza e la guerra purché le si ammanti di valore, travestendole da istinto di difesa, patriottismo, persino amore per Dio (e poco importa se da allora sono passati oltre cent'anni: non è poi cambiato un granché nella sostanza, anzi forse abbiamo affinato ulteriormente l'arte della menzogna). 
Il tema principale, dunque, è che la società si limiti a regolare e a piegare ai propri scopi questo atavico e irresistibile istinto. Queste non sono considerazioni che si può mettere da parte con un'alzata di spalle, e basta pensare a quella che è stata la storia dell'umanità per rendersene conto.

martedì 11 marzo 2014

L'ombra della sera

Tutti costoro, essi stessi e i loro discendenti, per molte generazioni abitarono qui, esercitando il comando su molte altre isole di quel mare, ed inoltre, come si disse anche prima, governando regioni al di qua, fino all'Egitto e alla Tirrenia. La stirpe di Atlante dunque fu numerosa e onorata, e poiché era sempre il re più vecchio a trasmettere al più vecchio dei suoi figli il potere, preservarono il regno per molte generazioni, acquistando ricchezze in quantità tale quante mai ve n'erano state prima in nessun dominio di re, né mai facilmente ve ne saranno in avvenire […] Tutto produceva in abbondanza, e nutriva poi a sufficienza animali domestici e selvaggi. In particolare era qui ben rappresentata la specie degli elefanti… (Platone, Dialoghi, Crizia.)

Nel 1776 il canonico della cattedrale di Volterra Pietro Franceschini rinveniva nei pressi della necropoli etrusca del Portone un ipogeo di notevoli dimensioni risalente all'epoca ellenistica, contenente quaranta urne etrusche, che nel 1777 donò al comune di Volterra. Questa donazione fu il primo nucleo del Museo Civico che in breve tempo raccolse molte altre opere rinvenute nei dintorni di Volterra e che fino a quel momento erano state custodite in collezioni private di nobili volterrani. Tra le varie donazioni, la più importante e più consistente fu quella di Monsignor Mario Guarnacci (1701-1785), un facoltoso sacerdote promotore di numerose campagne di scavi archeologici che il 15 settembre 1761 donò la sua intera collezione al neonato museo. A lui venne intitolato il museo che, in oltre due secoli di storia, ha incrementato il suo patrimonio grazie a numerose campagne di scavo promosse dalla Soprintendenza alle Antichità dell'Etruria (estratto dalla pagina di Wikipedia del Museo Guarnacci di Volterra).

giovedì 6 marzo 2014

I fantasmi di Fyvie

Fyvie, Fyvie, thou’se never thrive, as lang’s there’s in thee stanis three.There’s ane intill the oldest tower, there’s ane intill the ladye’s bower,there’s one aneath the water-yett, and thir three stanes ye’se never get.

Il racconto che avete letto solo qualche giorno fa è frutto della fantasia del blogger qui presente, ma i personaggi descritti, con la sola eccezione della voce narrante, sono realmente esistiti e proprio di essi e delle loro vicende vi narrerò oggi. La leggenda alla quale mi sono ispirato è una delle più note nella contea dell’Aberdeenshire (Scozia orientale) e lo scenario in cui avvengono i fatti è il medievale castello di Fyvie, nei pressi dell’omonimo villaggio.

sabato 1 marzo 2014

D. Lilien Drummond

Il mio nome è Mathilde, ma di questo a voi importerà poco. Quello che forse vi interesserà conoscere, almeno così mi auguro, è la sequenza di avvenimenti che portarono la mia signora a perdersi negli abissi della follia. Non so come tutto questo sia potuto accadere; non so come la situazione ad un certo punto sia degenerata, ma qualche idea me la sono fatta e, se fosse come credo, mi auguro che la bontà divina possa un giorno permettermi di dimenticare. Solo fino a qualche settimana fa Lady Grizel credeva di essere la persona più felice su questa terra. Il suo matrimonio con Lord Alexander Seaton era stato meraviglioso come ella non avrebbe mai potuto immaginare. Tutto era stato perfetto, dalla cerimonia nell’elegante cattedrale di Fyvie, di fronte ad una folla sterminata, fino ai festeggiamenti, ai canti e ai balli che ininterrottamente erano andati avanti fino a tarda ora.  
Era felice e tutti sembravano felici. Ripensandoci oggi, sono ormai certa che nel cuore di alcuni degli invitati di quel giorno si celassero numerose ombre. Una vocina, proveniente da chissà dove, probabilmente da un angolo inaccessibile del suo subconscio, forse aveva anche tentato di metterla in guardia ma, evidentemente, la mia signora aveva preferito ricacciarla indietro. Cosa avrebbe potuto fare, d’altra parte? Il sogno della sua vita si stava trasformando in realtà. Sarebbe diventata la sposa più invidiata di Scozia e di lì a poco, pensavo, anche madre.
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