domenica 26 giugno 2016

Quattrocento!

Era un uggioso pomeriggio di aprile… ehm… ehm… no, forse questo l’ho già detto. Tranquilli, non starò qui a raccontarvi per l’ennesima volta di quel giorno che, per ingannare alcune ore altrimenti noiose, decisi di aprire il blog. In fondo, in questi cinque anni abbondanti di blogging saranno pure capitate altre cose di cui vale la pena parlare, no? In cinque anni tante cose sono cambiate.
Il sottoscritto, per esempio, è di un lustro più anziano rispetto al “ragazzino” che iniziò a scribacchiare timorosamente in questo luogo. Cinque anni sembrano un’eternità ma, quando anagraficamente passi i trenta, allora tutto inizia a volare e cinque anni scivolano via in un attimo, che nemmeno te ne accorgi. A metà luglio compirò quarantanove anni. Praticamente un incubo. Ammetto che quarantanove non è poi molto diverso da quarantotto o da quarantasette, ma quarantanove è troppo pericolosamente vicino a cinquanta per non iniziare sin d’ora a pensarci con un brivido di terrore.
Quando sei giovane pensi ai cinquantenni come a dei "tagliati fuori" totali. Io stesso ricordo (roba di molti anni fa) un mio infelice commento nei confronti di un cinquantenne che si era perso mentre cercavo di guidarlo al telefono nella rimozione di un programma dal registro di sistema di Windows XP. Tra un po’, teoricamente, dovrei essere nei suoi panni e, volente o nolente, dovrò in qualche modo rispondere alle nuove generazioni dei miei limiti tecnologici. D’altra parte se mi guardo in giro vedo cose che a me non attirano per niente ma che, mi pare di capire, hanno un seguito mostruoso.

lunedì 20 giugno 2016

Orizzonti del reale (Pt.8)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Il 1967 fu un anno cruciale per il Medio Oriente, perché in soli sei giorni lo stato di Israele combatté e vinse un conflitto armato contro Giordania, Egitto e Siria – la cosiddetta Guerra dei Sei Giorni, appunto - un conflitto prevedibile, scatenato da incomprensioni, rivalità mai sopite e una lunga serie di mutue provocazioni e scontri lungo le frontiere che perdurano ancora oggi. Le conseguenze, anche sul piano internazionale, furono moltissime e non serve che le riassuma io, ma fra quelle più sommerse legate alla presa di Gerusalemme Est (non dico minori perché no, per me non lo fu) vi fu l’inizio del “monopolio di stato” dei Rotoli del Mar Morto.
Ora che i Rotoli erano proprietà di Israele, anche il team di studiosi che lavorava alla loro decifrazione passò sotto il controllo del suo governo e le cose divennero, se possibile, ancora più complesse. In un momento storico così delicato, era ovvio che Israele non avrebbe di buon grado aggiunto alle dispute politiche quelle religiose, supportando una ricerca le cui derive rischiavano di compromettere i propri rapporti di “buon vicinato” con il Vaticano e le altre nazioni. Inoltre, indagare le radici del cristianesimo poteva mettere in discussione anche le radici dell'ebraismo. Insomma, forse nessuno più di Israele poteva (può) avere interesse a tener celato il contenuto più controverso dei Rotoli.
I Rotoli vennero chiusi in un museo che attualmente è sotto il controllo dell'Israel Antiquities Authority (IAA), e il suo accesso venne strettamente limitato e regolato dalle autorità. La cosa di per sé non fu un male, anzi si può dire che fosse un passo necessario nell'ottica di conservare al meglio i Rotoli stessi, l'80% dei quali sono scritti su pelle o pergamena e il 20% circa su papiro: prelevati dalle caverne, un ambiente relativamente stabile che, nel bene e nel male, ne aveva permesso la conservazione per duemila anni, essi cominciarono a deteriorarsi e altri danni vennero fatti, se pure involontariamente, da coloro che li maneggiarono, li fotografarono, li sottoposero a datazione al carbonio 14 o ad altri esami. Bisognava ricreare un ambiente il più possibile idoneo, per temperatura e umidità, a preservarli.

martedì 14 giugno 2016

The Obsidian Golem



Mosso dall'esigenza di raccontare una storia, a cui ho potuto assistere a seguito dei miei viaggi nello spazio/tempo, vi offro un'epopea che narra di un essere che ha il fardello di esistere per portare a compimento una missione: il Golem di Ossidiana. Del suo lungo e impervio viaggio, tra sentimenti apparentemente dimenticati, tra valori per i quali ci si giocherebbe l'esistenza, tra le speranze e le relative conseguenze, tra esistenze che volenti o nolenti si intrecciano tra loro, perché tutti sono... come contenitori entropici che collidono evitandosi. Il mio unico fine è di lasciarvi un'esperienza quanto più possibile immersiva. Ho assistito a questa vicenda nascosto nei riverberi più oscuri e ho deciso di riproporvela attraverso l'occhio di OG, mostrandovela, negli "atti" più salienti. Abbandonate ogni illusione e siate consapevolmente contenitori entropici. Non racconto per rispondere alle vostre domande, ma per farvi vivere in un'estetica anomala i contenuti che da sempre vi appartengono. Il loro spazio/tempo, invece non vi appartiene. 

venerdì 10 giugno 2016

L'estraneo nello specchio

È completamente ossessionato dagli specchi, si è convinto che essi siano il passaggio di una non bene identificata entità maligna che sarebbe pronta ad attaccarlo o stronzate del genere. Beh, certamente un caso di schizofrenia degno di nota, anche se avere a che fare con soggetti psicotici dopo un po’ è meno interessante di come possa sembrare a inizio carriera. 
Non è la prima volta che mi capita di scegliere un libro a caso tra la vastissima offerta dei titoli di genere fantastico che, specialmente in questi ultimi tempi, sembra aver trovato una nuova linfa vitale. È stato il titolo, come potrete certamente immaginare, ad attirare la mia attenzione su questa breve raccolta di “novelle nere” a firma di Vincenzo Abate, e disponibile in vari formati a un prezzo pressoché irrisorio. A volte queste scelte casuali si rivelano delle perle, altre volte delle cocenti delusioni. Questo “L’estraneo nello specchio” si posiziona esattamente a metà fra questi due estremi, offrendo un numero di spunti interessanti sufficiente a convincermi a scrivere questo breve articolo. Vincenzo Abate, come recita la sua biografia in coda al volume, nasce nel 1984 a Cosenza. Grande appassionato di cinema e letteratura, è anche un cultore dei racconti di Edgar Allan Poe, Richard Matheson e H.P. Lovecraft. Collaboratore di cinefocus.it e biblon.it, Vincenzo esordisce nel 2011 con il romanzo noir "Il Faro della Coscienza" (scritto a quattro mani insieme a Giuseppe Oliva), edito dalla casa editrice Montecovello, e si ripropone con questo suo primo lavoro indipendente che pubblica all'inizio del 2014, in formato ebook, con la casa editrice Teomedia.

sabato 4 giugno 2016

Orizzonti del reale (Pt.7)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Nell'articolo precedente ho introdotto una delle figure chiave di questa parte del progetto Orizzonti, quella di John Marco Allegro. Allegro era un filologo britannico che nel 1953 fu invitato a far parte del gruppo di studiosi che si stava formando per esaminare e decifrare i Rotoli del Mar Morto. Era un gruppo internazionale che, fino a quel momento, contava solo ecclesiastici o comunque membri di fede cattolica. Allegro invece non era praticante, perché pur essendo cresciuto in una famiglia anglicana ed essendo perfino stato un Pastore Metodista per qualche tempo, si era poi allontanato dalla religione e si dichiarava agnostico. Fu forse per questo che si permise di spingersi più in là degli altri nelle interpretazioni etimologiche delle parole in cui incappava nello studio dei testi antichi.
Allegro riteneva che la scrittura servisse per tramandare, mascherandoli, concetti e misteri che si voleva celare all'uomo comune per riservarli a una casta di “eletti”, gli iniziati. Riteneva che la parola scritta non fosse solo un simbolo, ma l'espressione di un'idea sviluppatasi all'interno di una determinata area etnico-sociale, utile quindi a comprendere il contesto filosofico preistorico che l'ha generata. E poiché il linguaggio liturgico è essenzialmente conservativo, ovvero tende a mantenere al suo interno le parole nel loro senso originale, primitivo, lo studio della religione dovrebbe sempre basarsi sulla filologia. La sua ricerca gli permise di rintracciare all'interno di parole semitiche e indo-europee una radice (fonema) riconducibile a una lingua più antica, in effetti la più antica lingua scritta scoperta dall'uomo e che costituisce un vero e proprio ponte fra quei ceppi linguistici, il sumero; i suoi studi si focalizzarono quindi sull'Antico e Nuovo Testamento, i due testi fondamentali del Cristianesimo, rintracciandone le basi in una cultura pre-ellenica e pre-semitica: la cultura sumera. I Sumeri, com'è noto, non erano monoteisti… ma questa, come vedremo, è solo una parte del problema.
A questo punto è però doveroso fare un altro passo indietro. Non avevo intenzione di dedicare troppo spazio alla storia di John Allegro, ma mi sono reso conto che è importante descrivere anche a grandi linee come e in che contesto “Il fungo sacro e la croce” venne alla luce; credo che ora più che mai occorra contestualizzare la vicenda e far conoscere i suoi protagonisti a coloro che non ne avessero mai sentito parlare. La storia, comunque, è molto interessante, anche se la versione che sto per proporvi è un po' semplificata (una fonte diretta di informazioni è il sito www.johnallegro.org, ma potrete trovarne anche altrove): trasuda sudore, passione, intrighi e menzogne… come una telenovela. O quasi.
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