martedì 26 luglio 2016

Yuggoth! Rehearsals (Pt.3)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Nella prima parte di questo articolo avevo accennato all’esistenza di alcuni punti in comune tra l’universo di Lovecraft e quello ideato da Ambrose Bierce e sviluppato in seguito da Robert W. Chambers. In realtà, a parte l’evidente rassomiglianza che i miti di Cthulhu hanno con le meno celebri leggende di Carcosa, nell’immensa produzione lovecraftiana esistono pochissimi riferimenti al lavoro dei suoi predecessori e, lo avrete già capito, tali riferimenti sono praticamente tutti inclusi in un singolo racconto, quel “The Whisperer in Darkness” con il quale vi sto tediando da ormai diverse settimane.
Nello specifico, sono due i passaggi che è necessario prendere in esame. Il primo, che ho ripreso praticamente tale e quale nel mio “Yuggoth!”, recita: “Lessi nomi e parole che avevo già sentito altrove e che sapevo riferirsi ai misteri più orridi: Yuggoth, il Grande Cthulhu, Tsathoggua, Yog-Sothoth, R'lyeh, Nyarlathotep, Azathoth, Hastur, Yan (Luogo), Leng (luogo), il lago di Hali, Bethmoora, il Segno Giallo, L'mur-Kathulos, Bran e il Magnum Innominandum; fui condotto in mondi estranei al nostro, di cui l'autore del Necronomicon aveva vagamente intuito l'esistenza; presi conoscenza degli abissi della vita originale, delle diverse correnti che ne derivano, e, finalmente, d'una mostruosa mescolanza che si era prodotta tra quelle correnti e un ulteriore abominio venuto dall'esterno”.

venerdì 22 luglio 2016

Yuggoth! Rehearsals (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Come molti di voi avranno senz’altro sentito dire, Howard Phillips Lovecraft, grande appassionato di astronomia oltre che scrittore talentuoso, aveva da sempre ipotizzato l’esistenza di un pianeta transnettuniano (chiamato Yuggoth, nel suo immaginario) e ne era così certo che non esitò a menzionare quella sua idea in una lettera inviata al prestigioso Scientific American già nel 1906, quando il nostro era appena sedicenne. 
Plutone, come sappiamo, non venne scoperto che nel maggio del 1930, un quarto di secolo dopo le riflessioni del giovane Lovecraft. Quest'ultimo, che in quei giorni aveva appena iniziato la stesura di The Whisperer in Darkness, decise di citare il nuovo pianeta nel testo, precisamente là dove dice: “Gli astronomi l'hanno battezzato Plutone senza rendersi conto quanto gli si adatti quel nome! Sono profondamente convinto che altro non è che Yuggoth, e rabbrividisco chiedendomi perché, in base a quale piano, i mostri ne abbiano consentito la scoperta.” E più avanti dove invece dice: “Ecco tutto. Sono fortunato di non aver perso la ragione. Talvolta pavento quanto ci porteranno gli anni futuri, soprattutto da quando è stato scoperto il nuovo pianeta, Plutone.” Howard Phillips Lovecraft immaginava Yuggoth/Plutone come “l'avamposto di una terrificante razza interstellare il cui luogo d'origine doveva trovarsi molto al di fuori della nostra galassia”.

lunedì 18 luglio 2016

Yuggoth! Rehearsals (Pt.1)

Prima o poi era inevitabile che quella lunga di serie di post sulla mitologia del Re in Giallo finisse per sconfinare nel magico universo lovecraftiano. Era scontato sin dall’inizio, non vi pare? D’altra parte non è affatto un mistero che i cosiddetti Miti di Cthulhu si siano ampiamente ispirati, almeno per quanto riguarda la parte pseudobiblica, al famigerato King in yellow citato dal contemporaneo, per Lovecraft, Robert W. Chambers. Restava solo da stabilire il momento in cui il solitario di Providence avrebbe potuto fare il suo ingresso in questa serie di post e, neanche a farlo apposta, con Yuggoth! quel momento è in un certo qual modo arrivato. 
Non avrei per inciso potuto scegliere diversamente, perché proprio scrivendo uno degli ultimi articoli, precisamente quello pubblicato a fine novembre dal titolo The Dream Leech, ispirato all’omonimo racconto di William Laughlin, avevo già gettato involontariamente le basi per questo, chiamiamolo così, “piccolo speciale” al quale state assistendo dall’inizio di luglio. Un piccolo speciale (definito “piccolo” solo perché assolutamente casuale e non programmato) dedicato ad uno dei racconti più importanti dell’intero universo lovecraftiano, il già più volte citato “The Whisperer in Darkness” (ovvero "Colui che sussurrava nelle tenebre").

martedì 12 luglio 2016

The Whisperer in Darkness

In questa afosa serata di inizio estate, con il termometro che sembra impazzito e quel dannato ghiacciolo al limone appena preso dal frigorifero che già mi gocciola sulle dita, e la voglia di gettarmi sotto la doccia prevale su qualsiasi altra funzione vitale, occorre trovare il modo per mandare avanti il blog. Non manca poi molto, lo dico già da ora, che anche Obsidian Mirror chiuda per ferie ma, prima che ciò avvenga, c'è ancora qualcosina da raccontare.
Le forze ormai stanno venendo meno e pertanto, un po' furbescamente, oggi proverò con questo post a ottenere il massimo con il minimo sforzo.
In buona sostanza questo è un post doppio, signore e signori. Non nel senso della lunghezza, visto che quella è più o meno la solita, bensì per il fatto che in altri momenti sarei riuscito a scrivere due pezzi distinti su questo argomento. L'articolo di oggi in altre parole ha un duplice scopo: 1) riagganciarsi a Yuggoth!, il piccolo racconto che ho proposto sul blog la scorsa settimana e 2) partecipare all'annuale rassegna "Notte Horror", in compagnia della solita combriccola di blogger cinefili. Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa riesco a scrivere di "The Whisperer in Darkness", uno dei più importati tasselli dell'intera opera di Howard Phillips Lovecraft. Sono un po' timoroso, lo ammetto, al solo pensiero di dover affrontare questo argomento: migliaia di persone in gamba lo hanno fatto molto prima di me e, nel mio piccolo, non potrò certo essere all'altezza dei miei predecessori. Il destino però vuole che questo post arrivi proprio adesso, e quindi così sia.

mercoledì 6 luglio 2016

Yuggoth! (Pt.3)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Quella stessa sera, seppure avvolto dal rassicurante calore della mia abitazione, non riuscii a trovare il modo di scacciare i brividi che tormentavano il mio corpo e la mia anima. Provavo uno strano malessere per il quale non riuscivo a trovare una ragione razionale. A tratti sentivo come se mi mancasse l’aria nei polmoni, cercavo di inspirare profondamente ma non ci riuscivo del tutto. Era come se qualcosa bloccasse le vie respiratorie, come se ci fosse una specie di valvola che una mano invisibile si divertiva a chiudere e aprire a suo piacimento, quasi prendendosi gioco dei miei disperati boccheggi.
Avevo già preso qualcosa dall’armadietto dei medicinali, una di quelle pastiglie che si sciolgono in acqua tra mille bollicine e che vanno bene un po’ per tutto. Ero perfettamente consapevole che si trattava solo di un intruglio di acqua zuccherata al sapor di limone, ma ormai da tempo avevo preso l’abitudine di ingurgitarne una in ogni occasione. Il mio inconscio, in un certo qual senso, godeva del piacere dell’illusione. Mi crogiolavo letteralmente al pensiero che potesse esserci una soluzione reale, palpabile, fisica, ai miei mali. Ma non era così. Non c’erano mali di nessun tipo, perlomeno nessun tipo di male che fosse mai stato catalogato da qualcuno. Il male non era dentro di me: il male era fuori, da qualche parte, tutt’intorno nella stanza e oltre la finestra, giù nella strada e nelle strade a fianco, attraversava tutta la città e si spingeva oltre.

lunedì 4 luglio 2016

Yuggoth! (Pt.2)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Yuggoth! – mi interruppe il mio amico Noyes – Plutone anticamente si chiamava Yuggoth, non lo sapevi? E quando dico anticamente, mi riferisco al fatto che la sua esistenza era stata teorizzata molti anni prima della sua scoperta.
Non capivo come Noyes potesse dimostrarsi così entusiasta di quel piccolo aneddoto che avevo deciso di raccontargli una volta terminate le cordialità di rito tra due persone che non si vedevano da almeno quindici anni. Ezra Noyes era tale e quale a come lo ricordavo: irruente, ironico, irriverente, ma al tempo stesso preciso, attento e affidabile.
 Tuttavia, quando finalmente ebbi il modo di fare il nome di Henry Wentworth Akeley, il mio amico perse del tutto quella predisposizione alla simpatia che aveva contraddistinto i nostri primi minuti di conversazione.
Si ricordava naturalmente benissimo del caso Akeley e, come ebbe modo di spiegarmi, quel nome gli riportava alla mente uno degli avvenimenti più controversi che diversi lustri prima avevano segnato indelebilmente la memoria dei vecchi abitanti di quella regione. Non ne sapeva poi molto, tutto sommato, se non che si era trattato di un caso di cronaca alquanto singolare, un caso di sparizione, forse di omicidio, i cui retroscena non erano mai stati precisati.

sabato 2 luglio 2016

Yuggoth! (Pt.1)

Ripensandoci a mente fredda oggi, due mesi dopo l’epilogo degli avvenimenti che andrò tra poco a narrarvi, mi chiedo per quale strana e assurda combinazione tutto ciò abbia potuto avere inizio. In altri momenti avevo riso di gusto di quei gustosi aneddoti sull’inefficienza del servizio postale. Li avevo sempre considerati più che altro luoghi comuni, quasi impossibili da riscontrare nella vita reale.
Eppure quella mattina di maggio avevo davanti a me la prova che i “viaggi nel tempo” non erano del tutto impossibili, anche se, beninteso, tali viaggi non erano da intendersi come quelli immaginati nei libri e nel cinema di fantascienza.
Un pacco postale, il cui viaggio era iniziato ben ottantacinque anni prima, si era infine materializzato sotto i miei occhi, un reperto di un passato remoto la cui stessa esistenza era rimasta sospesa nel tempo fino a che un impiegato curioso non lo aveva scovato sul fondo di qualche scaffale polveroso, in qualche ufficio o magazzino statale, e non aveva provveduto a metterlo in consegna. Davvero difficile a credersi.
Ottantacinque anni: l’equivalente esatto di tre generazioni, visto che il nome del destinatario, indicato, con una scrittura incerta ma ancora leggibilissima, sulla carta giallo-ocra dell’imballo, era chiaramente quello del mio nonno paterno, Albert Wilmarth.
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