In questa afosa serata di inizio estate, con il termometro che sembra impazzito e quel dannato ghiacciolo al limone appena preso dal frigorifero che già mi gocciola sulle dita, e la voglia di gettarmi sotto la doccia prevale su qualsiasi altra funzione vitale, occorre trovare il modo per mandare avanti il blog. Non manca poi molto, lo dico già da ora, che anche Obsidian Mirror chiuda per ferie ma, prima che ciò avvenga, c'è ancora qualcosina da raccontare.
Le forze ormai stanno venendo meno e pertanto, un po' furbescamente, oggi proverò con questo post a ottenere il massimo con il minimo sforzo.
In buona sostanza questo è un post doppio, signore e signori. Non nel senso della lunghezza, visto che quella è più o meno la solita, bensì per il fatto che in altri momenti sarei riuscito a scrivere due pezzi distinti su questo argomento. L'articolo di oggi in altre parole ha un duplice scopo: 1) riagganciarsi a Yuggoth!, il piccolo racconto che ho proposto sul blog la scorsa settimana e 2) partecipare all'annuale rassegna "Notte Horror", in compagnia della solita combriccola di blogger cinefili. Fatta questa doverosa premessa, vediamo cosa riesco a scrivere di "The Whisperer in Darkness", uno dei più importati tasselli dell'intera opera di Howard Phillips Lovecraft. Sono un po' timoroso, lo ammetto, al solo pensiero di dover affrontare questo argomento: migliaia di persone in gamba lo hanno fatto molto prima di me e, nel mio piccolo, non potrò certo essere all'altezza dei miei predecessori. Il destino però vuole che questo post arrivi proprio adesso, e quindi così sia.
A beneficio di tutti coloro che hanno letto Yuggoth! e non ci hanno capito nulla, credo valga la pena specificare che, sebbene Yuggoth! sia un'opera la cui dinamica si deve alla fantasia del sottoscritto, essa deve la sua genesi, la sua struttura e i suoi pilastri a un racconto che Lovecraft scrisse nel 1930, nel pieno della sua maturità artistica. Un racconto che, forse proprio per questo, è uno dei più illustri esempi della narrativa fantastica del Novecento giunti sino a noi e che, sebbene si possa leggere anche singolarmente, è parte integrante di quel vasto mondo che noi tutti oggi conosciamo come "I miti di Cthulhu", termine sotto il quale August Derleth cercò, dopo la morte del solitario di Providence, di riunire tutti i riferimenti alle divinità blasfeme e alle creature cosmiche dell'universo lovecraftiano. Yuggoth!, come dicevo, deve la sua esistenza a "The Whisperer in Darkness" (in italiano conosciuto come "Colui che sussurrava nelle tenebre"), del quale rappresenta un ideale sequel ambientato ottantacinque anni dopo gli eventi narrati da Lovecraft. Se avete quindi letto Yuggoth! e ne siete usciti con le idee confuse, vi invito a recuperare quanto prima il racconto di Lovecraft che trovate più o meno ovunque, anche gratis sul web (tipo qui).
È a questo punto che il tono del racconto cambia completamente: la pietra nera viene misteriosamente smarrita dall'ufficio postale, forse sottratta da qualcuno, e l'atteggiamento di Akeley cambia totalmente e improvvisamente. Se prima Akeley insisteva affinché l'argomento non trapelasse, improvvisamente, in una nuova lettera, lo studioso invita Wilmarth a recarsi sul luogo e a proseguire le ricerche a quattro mani. Basta, non vi racconto altro.
Se volete sapere come va a finire leggetevi il racconto oppure, se preferite, cercate di recuperare il meraviglioso film del 2011, realizzato da un collettivo chiamato H.P. Lovecraft Historical Society, in un incredibile bianco e nero che ricorda da vicino i grandi classici del cinema horror dei nostri nonni, quello dei Tod Browning (Dracula, 1930), dei James Whale (Frankenstein, 1931; L'uomo invisibile, 1933) o dei Karl Freund (La mummia, 1931). La tecnologia utilizzata, si legge sul sito della HPLHS, è quella del Mythoscope®, termine coniato per descrivere l'utilizzo di mezzi moderni in tecniche cinematografiche d'epoca. Il risultato è un film che ha un aspetto datato pur non essendolo affatto, un film del quale i giochi di luci e ombre costituiscono l'aspetto più affascinante, quello che riesce a trasmettere quel senso di orrore meglio di qualsiasi artificio tecnologico. Il bagliore, lo sfarfallio e il rumore che in parte si notano nei fotogrammi a corredo di questo articolo sono anch'essi parte del processo Mythoscope®, e vennero aggiunti al film in postproduzione.
Questo particolare già di per sé dovrebbe bastare a promuovere a pieni voti il lavoro del regista Sean Branney e dei suoi collaboratori. C'è in realtà molto di più: pur mantenendo assolutamente inalterati alcuni passaggi del racconto di Lovecraft (anche quelli a mio parere più deboli), la trasposizione cinematografica riesce sapientemente a mantenere sempre viva l'attenzione. La prima parte, quella che in Lovecraft è praticamente monopolizzata dai botta e risposta scritti fra Akeley e Wilmarth, è resa dagli autori con una drammaticità che sorprende, soprattutto chi come il sottoscritto è in gran parte avulso alle tecniche cinematografiche; posso solo immaginare quanto possa essere difficile, in fase di scrittura e direzione degli attori, e non solo, tradurre in immagini senza annoiare uno scambio epistolare.
Altro particolare curioso, che evidentemente la produzione ha tenuto a rimarcare più di quanto abbia fatto lo scrittore del New England, è quello relativo a Charles Fort, il celebre ricercatore del paranormale: appena citato da Lovecraft nel suo racconto ("Due o tre fanatici arrivarono a trovare plausibili i racconti indiani che attribuivano agli esseri misteriosi un'origine ultraterrestre: a sostegno delle loro argomentazioni citavano le stravaganti opere di Charles Fort, secondo cui esseri provenienti da altri universi avrebbero spesso visitato il nostro pianeta", cit.), diviene addirittura una figura di primo piano nella pellicola. Per farla breve, la HPLHS ha sparso molta farina del proprio sacco per rendere questa trasposizione cinematografica piacevole e intrigante. D'altro canto, come accennavo poc'anzi, ha voluto, credo inevitabilmente, sottolineare certi aspetti a mio parere ingenui che sono una caratteristica peculiare, più che un difetto, del racconto di Lovecraft. Come scriveva Fritz Leiber nel suo celebre articolo "The Whisperer Re-exhamined", appare assolutamente ridicolo il modo in cui Albert Wilmarth si lasci abbindolare dalla lettera, così palesemente fasulla, con la quale i Plutoniani (o chi per essi) fanno in modo di attirarlo nel Vermont. Altrettanto opinabile è il modo in cui lo stesso Wilmarth, una volta giunto a destinazione, ci metta un tempo inspiegabile per mettere a fuoco la situazione, nonostante i mille inequivocabili indizi che fioccano attorno a lui. Ancora più bizzarro, sempre secondo Leiber, è il lungo protrarsi del gioco con il quale i Plutoniani stringono il cerchio intorno al malcapitato professore. Proprio come un gatto gioca col topo, gli alieni scelgono la strada meno percorribile per chiudere i conti quando, al contrario di quello che avrebbe dovuto teoricamente essere il loro interesse, sarebbe stato estremamente facile sbarazzarsi in fretta di un testimone scomodo come Wilmarth.
Le riflessioni dell'autore de "Il grande tempo" e di "Novilunio" non vengono tuttavia minimamente percepite come critiche da parte dei signori di HPLHS; quelle che possono sembrare, dopo un'attenta lettura, delle forzature, sono invece considerate da Branney e soci come il più lampante marchio di fabbrica del suo autore e, come tali, vengono riportate fedelmente nel film. Visti con gli occhi di chi non ha mai letto Lovecraft, certi passaggi appaiono inequivocabilmente assurdi, ma ciò non toglie che l'intensità emotiva che viene trasmessa raggiunga apici difficilmente eguagliabili. Conclusione, questa, alla quale fra le righe mi pare sia giunto anche Fritz Leiber.
Diciamo che questo è tutto per oggi. Ancora una volta sono andato ben oltre la lunghezza massima che mi ero imposto per questo articolo. L'argomento in realtà non si è ancora esaurito del tutto: "Colui che sussurrava nelle tenebre", grazie ai suoi numerosi spunti, è un grande trampolino di lancio per tornare a parlare di Yellow Mythos. Quando? Non subito. Magari verso la fine dell'estate. Prima avevo in programma di spendere qualche altra parola su Yuggoth! e sulla sua genesi...
Concludo ricordando che questo post è anche il mio personale contributo allo speciale "Notte Horror" che è iniziato martedì scorso sui blog Solaris e Recensioni Ribelli, per proseguire giusto due ore fa su In Central Perk. L'elenco completo dei blog partecipanti non è ancora definito, ma sarà mia premura pubblicarlo, appena disponibile, qui da qualche parte.
@ http://www.cthulhulives.org/ |
Questo particolare già di per sé dovrebbe bastare a promuovere a pieni voti il lavoro del regista Sean Branney e dei suoi collaboratori. C'è in realtà molto di più: pur mantenendo assolutamente inalterati alcuni passaggi del racconto di Lovecraft (anche quelli a mio parere più deboli), la trasposizione cinematografica riesce sapientemente a mantenere sempre viva l'attenzione. La prima parte, quella che in Lovecraft è praticamente monopolizzata dai botta e risposta scritti fra Akeley e Wilmarth, è resa dagli autori con una drammaticità che sorprende, soprattutto chi come il sottoscritto è in gran parte avulso alle tecniche cinematografiche; posso solo immaginare quanto possa essere difficile, in fase di scrittura e direzione degli attori, e non solo, tradurre in immagini senza annoiare uno scambio epistolare.
@ http://www.cthulhulives.org/ |
Le riflessioni dell'autore de "Il grande tempo" e di "Novilunio" non vengono tuttavia minimamente percepite come critiche da parte dei signori di HPLHS; quelle che possono sembrare, dopo un'attenta lettura, delle forzature, sono invece considerate da Branney e soci come il più lampante marchio di fabbrica del suo autore e, come tali, vengono riportate fedelmente nel film. Visti con gli occhi di chi non ha mai letto Lovecraft, certi passaggi appaiono inequivocabilmente assurdi, ma ciò non toglie che l'intensità emotiva che viene trasmessa raggiunga apici difficilmente eguagliabili. Conclusione, questa, alla quale fra le righe mi pare sia giunto anche Fritz Leiber.
Diciamo che questo è tutto per oggi. Ancora una volta sono andato ben oltre la lunghezza massima che mi ero imposto per questo articolo. L'argomento in realtà non si è ancora esaurito del tutto: "Colui che sussurrava nelle tenebre", grazie ai suoi numerosi spunti, è un grande trampolino di lancio per tornare a parlare di Yellow Mythos. Quando? Non subito. Magari verso la fine dell'estate. Prima avevo in programma di spendere qualche altra parola su Yuggoth! e sulla sua genesi...
Concludo ricordando che questo post è anche il mio personale contributo allo speciale "Notte Horror" che è iniziato martedì scorso sui blog Solaris e Recensioni Ribelli, per proseguire giusto due ore fa su In Central Perk. L'elenco completo dei blog partecipanti non è ancora definito, ma sarà mia premura pubblicarlo, appena disponibile, qui da qualche parte.
Hai quindi in programma un incontro tra gli Yellow Mythos e la mitologia di Lovecraft? Ho capito bene?
RispondiEliminaHai capito benissimo ,-)
EliminaSei sempre foriero di splendidi consigli, chicche e primizie varie. La "promozione" di Charlie Fort mi intriga assai: c'è sempre bisogno di buoni indagatori dell'occulto ;-)
RispondiEliminaSe parli di chicche e primizie varia la frase suona un po' ortofrutticola... ahaha... No, a parte gli scherzi, bisognerebbe davvero che si parlasse un po' di più di Charles Fort. Il mondo ormai lo sta dimenticando...
EliminaPurtroppo con Lovecraft ho un rapporto d'ignoranza estrema e non conoscevo assolutamente questo film. Rispolvererò il racconto e lo recupererò, intanto, se non l'hai ancora letta, dai un'occhiata all'ultima serie di Alan Moore, Providence: per un appassionato di Lovecraft è un trionfo!!!
RispondiEliminaNon ho ancora letto Alan Moore, per cui diciamo che siamo pari ^_^
EliminaDovrò rimediare, prima o poi.. così ti supero ;)
Seguirò il tuo consiglio e andrò a cercarmi questo film ma tra qualche giorno appena avrò sospeso il blog per la fermata estiva. Voglio godermelo per bene senza pensare a fare recensioni, segnalazioni o altro.....;)
RispondiEliminaNon avrei mai pensato che questo ti potesse mancare. Pazzesco!
EliminaVorrei avere giornate di 40 ore per poter leggere tutto quello che mi interessa, compresi i tuoi racconti! Non m'intendo di horror e se partecipo (più che volentieri!) a questa iniziativa è proprio per farmi una cultura in merito... grazie anche a "perle" come questo post. Complimenti!
RispondiEliminaQuaranta ore al giorno farebbero comodo anche a me, ma tanto lo so che le passerei a pigrare più di quanto non faccia già adesso.
EliminaGrazie per i complimenti!
Non l'ho mai visto sinceramente, la tua recensione è stupenda però! Al film gli si dà un'opportunità sicuramente!
RispondiEliminaCon tutte le robacce che ci sono in giro, un'opportunità a questo film bisognerebbe darla per forza, se non altro per ammirare il Mythoscope, che è fenomenale.
EliminaBasta picchiettare sulla tastiera con una mano sola.. in fondo non è che con due mani vado molto più veloce a scrivere ^_^
RispondiEliminaPS: Il fatto che tua abbia già sentito nominare la HPLHS già ti eleva ben sopra la media dei conoscitori, o pseudo-tali, di Lovecraft...
Il film mi incuriosisce moltissimo *__* La realizzazione, da come l'hai descritta, deve essere spettacolare e mi piacciono le anticaglie e il b/n XD
RispondiEliminaCome già detto in precedenza, devo recuperare la lettura almeno di questo racconto :P
(A partire dalla serata, qui da me si è abbassata la temperatura - in casa - di 5-6° o.O e ho freddo)
Sì, dovresti. Il mio Yuggoth! è praticamente incomprensibile per chi non ha letto The Whisperer.
EliminaP.S.: Anche da me è un paio di giorni che fa un freddo boia. Il ghiacciolo citato qui sopra risale a domenica (giorno in cui ho scritto e programmato il post)... immagino si fosse capito, no? ^_^
Sul tempo: oh sì, ma mi ha fatto effetto leggere del ghiacciolo in scioglimento mentre qui si scatenava la bufera di vento XD
EliminaIl malloppo da leggere l'ho recuperato: resta solo trovare tempo ^_^
Tempo di leggere, tempo di pioggia... ah, quanti dilemmi!
EliminaArticolo molto intrigante e bella la parte relativa a Charles Fort. Sarebbe interessante leggere un articolo sulle somiglianze inquietanti tra l'immaginario di Lovecraft e le teorie della Thelema di Aleister Crowley. Ciao!
RispondiEliminaSarebbe interessante davvero! ^_^
EliminaCi vorrebbe un volontario che si occupi di scriverlo, quell'articolo. :-P
L'unico film tratto da un racconto di Lovecraft che abbia visto è La Fattoria Maledetta, trasposizione de Il colore piovuto dallo spazio.
RispondiEliminaPostilla: Leiber! Parla bene, lui, che Il Grande Tempo non ha nè capo nè coda.
Leiber era un grande fan di HPL e, proprio per questo, gli si perdona tutto...
EliminaQui non mi rimanere che leggere, essendo (quasi) ignorante in materia lovecraftiana...Complimenti per il pezzo...
RispondiEliminaNon è mai troppo tardi per scoprire HPL! Benvenuto sul blog, by the way! ^_^
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