LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI
Quella stessa sera, seppure avvolto dal rassicurante calore della mia abitazione, non riuscii a trovare il modo di scacciare i brividi che tormentavano il mio corpo e la mia anima. Provavo uno strano malessere per il quale non riuscivo a trovare una ragione razionale. A tratti sentivo come se mi mancasse l’aria nei polmoni, cercavo di inspirare profondamente ma non ci riuscivo del tutto. Era come se qualcosa bloccasse le vie respiratorie, come se ci fosse una specie di valvola che una mano invisibile si divertiva a chiudere e aprire a suo piacimento, quasi prendendosi gioco dei miei disperati boccheggi.
Avevo già preso qualcosa dall’armadietto dei medicinali, una di quelle pastiglie che si sciolgono in acqua tra mille bollicine e che vanno bene un po’ per tutto. Ero perfettamente consapevole che si trattava solo di un intruglio di acqua zuccherata al sapor di limone, ma ormai da tempo avevo preso l’abitudine di ingurgitarne una in ogni occasione. Il mio inconscio, in un certo qual senso, godeva del piacere dell’illusione. Mi crogiolavo letteralmente al pensiero che potesse esserci una soluzione reale, palpabile, fisica, ai miei mali. Ma non era così. Non c’erano mali di nessun tipo, perlomeno nessun tipo di male che fosse mai stato catalogato da qualcuno. Il male non era dentro di me: il male era fuori, da qualche parte, tutt’intorno nella stanza e oltre la finestra, giù nella strada e nelle strade a fianco, attraversava tutta la città e si spingeva oltre.
Qualcosa era successo quella mattina, qualcosa che non sarebbe dovuto succedere. Si era spalancata una porta che non avrebbe mai potuto essere richiusa e io, maledizione, ne ero stato la causa. O forse no, forse anch’io ero solo una vittima, una vittima che il destino, travestito da impiegato delle poste, aveva recapitato alla mia porta. E io, povero sciocco che ero, non avevo potuto resistere alla tentazione di spalancare quella porta, di affondare le mani in profondità in un mistero che sarebbe dovuto rimanere tale. Ma quello non era l’unico errore che avevo commesso quel giorno.
L’ennesimo respiro smorzato mi terrorizzò. Stavo forse per morire? Non era la morte che mi stava perseguitando - era ormai chiaro - bensì qualcosa di mille volte peggiore che non so spiegare, una sensazione come un peso, un macigno che si era staccato dalla montagna per precipitare diritto sopra il mio cuore. Perché? Cosa avevo fatto? Noyes si era comportato stranamente quella mattina. Non avevo potuto fare a meno di notare l’improvviso cambiamento di rotta che la nostra telefonata aveva subito quando… già, quando? Avevo detto o fatto qualcosa di sbagliato?
Nel frigorifero c’erano solo lattine di birra. Ne afferrai una e strappai via la linguetta. Ci presi insieme anche un paio di aspirine, in un disperato tentativo di liberarmi di quel peso che non accennava ad andarsene. Marylin Monroe era morta in quel modo? Può essere, ma non era quello il momento di preoccuparmene. Il “De origine” che avevo prelevato dalla biblioteca era lì, e mi osservava poggiato sul tavolino di fronte alla poltrona. Lì dentro c’erano verosimilmente le risposte che cercavo, ma stranamente sentivo di non avere alcuna fretta. Tracannai la birra e ne stappai un’altra. Non avevo alcuna fretta, mi ripetevo, mentendo a me stesso. Infine cedetti.
Ciò che lessi fu allo stesso tempo straordinario e terribile. Lessi nomi e parole che sapevo riferirsi ai misteri più orridi: Yuggoth, il Grande Cthulhu, Tsathoggua, Yog-Sothoth, R'lyeh, Nyarlathotep, Azathoth, Hastur, Yan, Leng, il lago di Hali, Bethmoora, il Segno Giallo, L'mur-Kathulos, Bran e il Magnum Innominandum; fui condotto in mondi estranei al nostro, di cui l'autore del testo aveva vagamente intuito l'esistenza; presi conoscenza degli abissi della vita originale, delle diverse correnti che ne derivano, e, finalmente, d'una mostruosa mescolanza che si era prodotta tra quelle correnti e un ulteriore abominio venuto dall'esterno.
Lessi di una guerra che perdurava da milioni di anni fra due regni distanti nel tempo e nello spazio, due regni che non appartenevano nemmeno a questa stessa dimensione. Demhe e Hastur, due immense nazioni che cercavano di annichilirsi a vicenda senza che nessuno ormai fosse in grado di ricordare le ragioni di così tanto odio. Le loro capitali, Alar e Carcosa, entrambe bagnate dalle scure acque del grande lago di Hali, erano perennemente avvolte nella nebbia e i loro eserciti… già, i loro eserciti… quella era forse la parte più interessante… i loro eserciti avevano più volte, nel corso della storia, spostato il loro campo di battaglia qui da noi, nel nostro mondo. In diverse occasioni si erano mescolati a noi, avevano calpestato la nostra terra, scalato le nostre montagne e attraversato i nostri mari. “Fraternitatis Sancti lúmine”, “Fraternitatis Crocus Signo”, dove diavolo avevo già sentito quei nomi?
Improvvisamente il turbinio dei miei pensieri fu distolto dallo squillo del telefono. Mi alzai come un automa e sollevai la cornetta. Una moltitudine di voci e grida provenienti dall’altra parte del filo. Il fuoco! Il fuoco! – fu l’unica cosa che riuscii a comprendere, ma tanto mi bastò per capire. Attesi la voce di una delle mie assistenti confermare ciò che già sapevo. E non mi ci volle molto per capire che l’incendio si era originato proprio nel mio ufficio, là dove avevo imprudentemente lasciato la pietra nera, la lettera di Akeley e le fotografie.
Il fuoco non venne domato che alle prime ore del mattino: nulla poté salvarsi di quella parte dell’edificio, ma perlomeno, stando a quanto mi riferirono, non vi furono vittime. Qualche giorno dopo, quando ebbi il permesso di fare un sopralluogo in quello che restava del mio ufficio, capii che tutto era finito, disintegrato, evaporato come neve al sole. La lettera e le fotografie si erano certamente trasformate in cenere, ma che ne era stato del manufatto in pietra nera? Scomparso, come se non fosse mai esistito.
Per diverse settimane dopo quel tragico incidente cercai di prendere nuovamente contatto con Ezra Noyes. Non ci riuscii mai. Da ulteriori ricerche, che condussi personalmente, venni a sapere che Ezra Noyes, direttore del periodico Intelligencer, era stato catalogato come la 422a persona misteriosamente scomparsa nel solo Vermont dall’inizio del secolo. Qualunque spiegazione potesse esserci dietro questa bizzarra vicenda, ho il forte sospetto che il mio amico Ezra Noyes, così come Henry Akeley ottantacinque anni prima, rimase vittima di qualcosa più grande di lui. Oppure no? Oppure…
Non mi sono ancora spiegato il motivo per cui né io né mio nonno Albert Wilmarth siamo stati travolti da quel medesimo destino. Qualunque possa essere la ragione, temo però che la scopriremo presto. Il mondo intero saprà presto tutta la verità. Me lo sento. C’è qualcosa di diverso nell’aria da qualche tempo a questa parte. Ogni giorno è peggio. Non passa ormai notte senza che mi svegli di soprassalto, il sonno disturbato da strani rumori, come di passi. Mi sorvegliano, ormai è evidente, ma attendono nell’ombra. Li sento. Rumore di passi che non hanno niente di umano – clac-clac. Li sento anche adesso. Nella testa ho le loro voci. Sono vicini. Non fanno nulla. Attendono! Attendono. E quelle voci, che non erano voci umane. Era quasi uno strano ronzio nel quale si potevano solo distinguere poche parole sconnesse... “Ed è avvenuto che il Signore delle Foreste, essendo... sette e nove, in fondo alla scala d'onice... tributi portati a Quello dell'Abisso, Azathoth... sulle ali della notte, al di là dello spazio, al di là del... Quello di cui Yuggoth è l'ultimo nato, viaggiando solitario nell'etere nero al confine del...”
15 luglio 2015 – Breaking News - La sonda New Horizons della Nasa ha ristabilito nelle scorse ore le comunicazioni con la Terra dopo essersi avvicinata a Plutone, il pianeta nano meno conosciuto del sistema solare. La sonda ha contattato la base della Nasa nel Maryland alle 20.52, 13 ore dopo essere passata nel punto più vicino a Plutone, che si trova a circa 12.500 chilometri di distanza dal pianeta nano. I tecnici della missione New Horizons diffonderanno oggi alle 15 le prime immagini scattate dalla sonda.
"De origine" è anche il titolo del libro perduto di Eraclito, ma non credo sia lo stesso tomo citato qui.
RispondiEliminaIl "De Origine" che appare in questo raccontino è un altra citazione da "La Nona Porta". Nel film di Polanski esso appare infatti nella collezione di Fargas dalla quale, come scrivevo in chiusura della seconda parte, è stato "preso a prestito" con l'aiuto di un "mercenario senza scrupoli"...
EliminaMi è piaciuto parecchio: scrivi bene *_*
RispondiEliminaE dunque, quel Plutone lì... o.O meglio tenerlo d'occhio?
Ormai le foto di Plutone le abbiamo viste: se quel piccolo ex-pianeta fosse stato in passato un avamposto alieno, come immaginato da HPL, adesso evidentemente non lo è più. Forse.
EliminaEd anche il finale è in perfetto stile Lovecraftiano.
RispondiEliminaUn domani potresti provare ad espandere questo tuo racconto...o magari a continuarlo. ;)
Diciamo che intanto è stato un bel gioco. Espanderlo o proseguirlo non è nei miei progetti.. perlomeno non lo è adesso.
EliminaLa buona notizia è che da seguace del gentiluomo di Provvidence mi complimento per il risultato, la cattiva è che prendo l'ispirazione per copiarti l'idea.
RispondiEliminaAh ok, se poi però diventi ricco facciamo a metà. ^_^.
Elimina...e magari un giorno pubblichiamo assieme un'antologia!
Sono troppo vecch... maturo, uhm esperto si esperto, per credere a certi sogni di gloria.
EliminaSolo un gioco, anzi il gioco dell'estate senza regole col quale non si vince non si diventa famosi e tanto meno ricchi ma, ci si diverte a scrivere un racconto alla Lovecraft.
E non dirmi che non ti sei divertito.
Sono solo indeciso su quale racconto scegliere, piuttosto noto che hai scelto “Colui che sussurrava nel buio”, valida scelta, tra l'altro ha una citazione a Charles Fort molto interessante.
Mi sono divertito tantissimo in effetti! E non vedo l'ora di leggerti...
EliminaVedo che non hai potuto non mettere un riferimento agli Yellow Mithos...
RispondiEliminaComunque l'astronomia moderna non considera più Plutone un pianeta, cosa che penso nessuno abbia gradito: tutti adorano Plutone...
In realtà è stato proprio Lovecraft, ben prima di me, a citare gli Yellow Mythos, nel racconto che ho egoisticamente "saccheggiato" per realizzare Yuggoth!. Torneremo comunque sull'argomento, perché quei dietro quei riferimenti alla “Fraternitatis Sancti lúmine” e alla “Fraternitatis Crocus Signo” c'è un intero mondo ancora da esplorare.
EliminaPlutone non è più un pianeta? Credo che ormai lo sappiano anche i sassi... Forse ti riferisci al fatto che l'ho chiamato "pianeta nano" nella parte finale del racconto? Non sono del tutto sicuro che "pianeta nano" sia un termine corretto (secondo wikipedia però dovrebbe esserlo) ma quel Breaking News che ho riportato in chiusura è preso pari pari da un quotidiano dell'anno scorso e mi pareva brutto modificarlo.
Col mio solito ritardo, ho finito di leggere le tre parti. TOM, le tue storie migliorano sempre di più: mi è piaciuta tantissimo!
RispondiEliminaE ora corro a leggermi i Rehearsal :D
A quest'ora dovresti aver letto anche i Rehearsals... Spero tu sia ancora dello stesso parere ^_^
EliminaSì e decisamente sì! :D Mi è molto piaciuto il percorso che ci hai fatto seguire attraverso le tue fonti.
EliminaE buone vacanze, intanto che ci sono :)
Meno male! \( `.∀´)/
EliminaBuone vacanze anche a te, just in case...