mercoledì 11 maggio 2011

La vampira veneziana

Anno 1725. Nel villaggio ungherese di Kisolova muore il contadino Peter Plogojovitz. Il fatto sarebbe normale se questa morte non fosse seguita da avvenimenti strani e inquietanti, legati a ciò che il pregiudizio e la superstizione popolare chiamano fenomeno dei “morti masticatori”. L’atmosfera si surriscalda al punto da richiedere l’intervento dell’Ufficiale Imperiale. La situazione sembra però sfuggire di mano: gli abitanti, terrorizzati e inferociti, riesumano e straziano il cadavere, considerato appunto un “morto masticatore” e un vampiro.

Autore del presente scritto è il filosofo Michael Ranft, che riporta questa descrizione nel suo il “De Masticatione Mortuorum in Tumulis”, riguardante l'attività manducatoria nei sepolcri. L’argomento del libro è la leggenda degli “Schmätzende Tode”, i “morti che masticano”, segnalati con una certa frequenza nel XVI  secolo soprattutto nella Germania Orientale, ma anche in Polonia e Boemia.


L'opera di Michael Ranft è stata pubblicata anche in Italia con il titolo di "Diceria del Vampiro", edito dall'Associazione Libriperduti. Il sito dell'editore è coming soon da tempo, ma il volume è ancora facilmente rintracciabile nelle librerie (on-line si può trovare per esempio sul sito della Unilibro).

Di cosa stiamo parlando? Secondo alcune fonti, per ragioni non ben chiarite, alcuni defunti già sepolti (soprattutto di sesso femminile) si mangiavano gli abiti ed ogni cosa intorno, comprese le proprie carni, tanto che in certe regioni tedesche vi era l’uso di tappare la bocca dei morti con una zolla di terra, una pietra o un fazzoletto.

Si diceva che questi defunti, masticando, mandassero un suono simile a un grugnito di maiali, con un rumore percepito chiaramente fin dentro le case dei villaggi. Ma l’aspetto preoccupante era la convinzione che tale grugnito provocasse (o nel migliore dei casi preannunciasse) l’arrivo di un’epidemia particolarmente virulenta. Per stornarla, o almeno attenuarla, si aprivano le tombe da cui proveniva il suono, si strappava di bocca ai morti quello che stavano mangiando e infine gli si tagliava la testa o gli si trapassava il cuore con un paletto.

In un’opera pubblicata nel 1601, il fenomeno viene così descritto: “La gente ha notato che, in tempo di peste, specialmente le donne, emettevano uno schiocco, come una scrofa quando mangia; e che durante questo schiocco la peste infuriava più forte, e le persone, di solito dello stesso sesso, morivano a brevi intervalli, una dopo l’altra (…)”

Ecco un altro caso, raccontato da Michael Ranft: “Nel 1572 la peste si spande per tutta la Polonia. Il cadavere di una donna è trasportato dal villaggio di Rhezur fino alla periferia di Leopoldstat per esservi sepolto presso il Santuario dell’Esaltazione della Croce. La peste non tarda a scatenarsi nella case vicine. Le persone incaricate delle esequie sospettano che la donna sia una strega. Il cadavere è riesumato: lo si trova completamente nudo. Se ne deduce che la donna ha divorato i propri vestiti. Le viene tagliata la testa con una zappa e la si sotterra nuovamente. La peste cessa immediatamente”.

Nell'Europa di quel tempo era diffusa la credenza che ci fosse uno stretto rapporto tra epidemie e il mito del vampiro, e in particolare tra pestilenza e un tipo di vampiro, il nachzehrer (noto anche come "masticatore di sudario", o "divoratore della notte").
Riporto integralmente da Wikipedia: "Poiché la figura del Nachzehrer è stata più volte stravolta nel corso dei secoli, e nonostante le diverse varianti di questo essere, vi sono due principali filoni di credenza folkoristica. La raffigurazione più presente e raccontata sarebbe quella di origine bavarese, che vedrebbe il Nachzehrer come una sorta di vampiro. Secondo questa tradizione si tratterebbe di un uomo annegato, oppure un bambino che alla nascita sarebbe rimasto con tutto il sacco amniotico, o in altre zone sempre della Germania, un neonato strangolato dal cordone ombelicale.
La seconda raffigurazione del Nachzehrer proverrebbe dalla Polonia, più precisamente dalla regione della Casciubia. Qui il Nachzerher è visto come un vero e proprio vampiro, al quale però non è stata data la possibilità di completare l'abbraccio, ovvero la trasformazione definitiva da umano a vampiro.
Sebbene non sia mai spiegato quali siano le cause di questo impedimento, il Nachzehrer sarebbe una sorta di mezzo vampiro putrefatto che vive in uno stato di torpore perenne all'interno della sua tomba, non vigile e non capace di intendere cosa sta succedendo. Proprio per questo si limiterebbe a masticare il proprio sudario, come fosse una sorta di bambino.
Nonostante le due varianti si intrecciano in più punti, e sebbene la raffigurazione del Nachzerher sia poco chiara, le sue particolarità e abitudini sono invece unanimemente narrate da entrambe le differenti leggende.
Come altre creature leggendarie, masticherebbe, come detto prima, il suo sudario, i suoi vestiti ed anche parti del suo corpo come le mani e le labbra. Anche se apparentemente innocuo, la leggenda vuole che il Nachzehrer rimanga in vita succhiando energia vitale agli esseri viventi che si trovano nelle vicinanze della sua tomba, e che una volta accumulata abbastanza vitalità, il Nachzehrer riprenderebbe una vita vera e propria emettendo degli urli disumani come avvertimento per chiunque voglia disturbarlo. Si direbbe che dal momento che il suo corpo è portatore di peste, il suo sudario avrebbe delle particolarità mediche che invece potrebbero guarire le più letali malattie. Questo secondo la leggenda ha dato vita alla caccia al sudario da parte di molti tombaroli che di notte profanavano quelle tombe in cerca di questi sudari. Una volta rubato il sudario, il Nachzehrer uscirebbe dal proprio torpore per dare una caccia serrata ai responsabili del furto. Se il Nachzehrer trovasse i responsabili li colpirebbe con una peste che li ucciderebbe poco alla volta, se così non fosse sarebbe costretto a vagare per sempre alla ricerca del sudario. Il solo modo per fermalo sarebbe quello di bloccare le sue mascelle con dei sassi o delle monete nella bocca, mentre per ucciderlo bisogna tagliarne la testa con una scure per poi bollirla nell'aceto."
La stessa pagina di Wikipedia cita un certo "Michael Ranfitus", che avrebbe studiato l'argomento. Evidentemente si tratta di una cattiva trascrizione del nome di Michael Ranft, citato all'inizio di questo post, oppure di un banale errore di copia/incolla. L'autore forse voleva citare il teologo protestante Philuppus Roth che presentò all’Università di Lipsia uno scritto intitolato "Dissertatio historico-philosophica de masticatione mortuorum", dove la teoria sui nachzeher veniva, addirittura, ufficializzata.
Ma perchè ho intitolato questo post "La vampira di Venezia"?
Il caso è recente: parliamo del 2006. Sono stati ritrovati presso l’isola del Lazzaretto Nuovo, tre chilometri a nordest di Venezia, i resti di un corpo femminile risalenti all’età medievale che portano i marchi tipici del rituale praticato al tempo per evitare che i vampiri risorgessero.
I ricercatori italiani ritengono quindi di avere trovato a Venezia i resti di una “vampira”, sepolta con un mattone in bocca per impedirle di nutrirsi delle vittime della peste che nel XVI secolo sconvolse la città lagunare. La notizia è stata riportata su Archeorivista e da qui è rimbalzata ovunque in rete.
La prova di una vampira vissuta a Venezia? Forse....

Il mensile Focus ha riportato inoltre, nel 2009, il racconto di Matteo Borrini, archeologo e antropologo forense, che ha scoperto i resti della vampira e che si sta occupando del caso.
Per approfondire i dettagli relativi al vampiro di Venezia, Borrini ha messo insieme una squadra di scienziati. I paleonutritionisti hanno polverizzato alcuni dei resti della donna, scoperti insieme al cranio, per cercare alcuni elementi presenti nel cibo che si depositano nelle ossa e rimangono dopo la morte.
L'équipe ha scoperto che la donna aveva mangiato principalmente ortaggi e legumi e cereali, il che suggerisce una dieta da ceto medio-basso. L'analisi del DNA ha rivelato che la donna era europea, e un odontoiatra forense ha accertato l'età della donna attraverso l'esame del cranio e dei denti canini con un avanzato dispositivo radiografico digitale. I risultati hanno mostrato che la donna era tra i 61 e i 71 anni quando morì.
Borrini è stato "sconvolto" da questa constatazione, perché la maggior parte delle donne non raggiungeva tale età avanzata nel XVI secolo. Per l'ultima fase del lavoro, l'archeologo forense Borrini ha invitato gli esperti a produrre un modello digitale del cranio in 3D. Ha poi messo marcatori in luogo degli inserti muscolari, per ricostruire e rigenerare il viso del vampiro di Venezia. Il risultato è stato il volto di una donna "normale".

Per approfondimenti rimando ai siti di Italia Parallela e di Antikitera, dove si giunge alla conclusione che la Vampira di Venezia non era nient'altro che una persona normale, vittima della credulità dei suoi contemporanei. Io preferisco rimanere qui fantasticando di una Vampira realmente esistita.

4 commenti:

  1. Conosco la storia, veramente molto affascinante...purtroppo però poi del caso se ne sono impossessati quelli di MISTERO,banalizzandone molto la storia.

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    1. Insomma nessuna vampira a Venezia..una donna normalissima.
      Bell'articolo complimenti
      Angie del blog misteri

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    2. Eh già. Una tizia normalissima. Peccato. Un po' come gli scheletri di vampiro trovati di recente in Bulgaria e di cui si parla tantissimo da un mese a questa parte, o come i resti un un Frankenstein vecchio di 3000 anni di cui ho parlato proprio poche settimane fa qui nel mio blog.
      Benvenuta da queste parti, a proposito... :)

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  2. Nèura Magazine fa un regalo di Natale a uno dei suoi iscritti!
    Grazie alla collaborazione di La Triennale di Milano e Alef Cultural oggi a mezzogiorno metterà in palio:

    DUE BIGLIETTI per la mostra "DRACULA E IL MITO DEI VAMPIRI" (a Milano) che andranno a un fortunato vincitore.

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    Buona fortuna!

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