venerdì 24 febbraio 2012

Il castello di Otranto

Direi che questo passaggio era inevitabile. In un blog dove si ha la pretesa di parlare (tra l’altro) di letteratura e (tra l’altro) di gotico, non poteva mancare un piccolo omaggio a quello che unanimemente è stato riconosciuto come il primo romanzo gotico della storia, quello che ha mostrato la strada a decine di romanzieri, famosi e non, che ci hanno narrato di castelli, principi, cavalieri e damigelle. Sto parlando, se non si fosse capito, de “Il castello di Otranto” di Horace Walpole. Ma cosa posso dire che non sia già stato scritto? Forse è meglio fermarsi un attimo e riflettere sul da farsi. Dovrei raccontarne meraviglie, con il rischio di apparire identico a centinaia di altri recensori, oppure dovrei stroncare impietosamente quest’opera, sottolineandone i difetti? Credo né che l’una né l’altra strada siano in ogni caso facilmente percorribili. Sarebbe ingiusto non riconoscere a “Il castello di Otranto” la sua importanza, se contestualizzata al periodo in cui è stata scritto. Sarebbe però altrettanto ipocrita esaltare un romanzo che, in buona sostanza, è pieno zeppo di incongruenze, ingenuità, forzature e quant’altro. Lo stesso Walpole, d'altra parte, non era del tutto convinto del suo lavoro, visto che nella prefazione alla prima edizione (1764) sosteneva  di essere solo il traduttore di un testo, stampato a Napoli in caratteri gotici nell’anno1529, ritrovato in quegli anni nella biblioteca di un’antica famiglia cattolica dell’Inghilterra settentrionale.
I fatti narrati nel testo, evidentemente reali a detta di Walpole, potrebbero collocarsi temporalmente tra il 1095, epoca della prima crociata, e il 1243, epoca dell’ultima, o non molto più tardi. Si trattava di un'innocente bugia. Walpole rivelò l’inganno l’anno successivo, nella prefazione delle seconda edizione dove, scrivendo prudentemente in terza persona, annotò: “il favore con cui è stata accolta dal pubblico quest’operetta chiama in causa l’autore per spiegare su quali basi l’abbia composta. Ma prima di chiarirne i motivi, egli sente il dovere di farsi scusare dai lettori per aver loro proposto l’opera sotto mentite sembianze di traduttore. Gli unici presupposti che gli hanno fatto assumere questo artifizio sono state la diffidenza verso le proprie capacità e la novità del tentativo: ora si illude di poter essere perdonato. Consegnò quest’opera al giudizio imparziale del pubblico, deciso a lasciarla morire nell’ombra, se veniva disapprovata, e non intenzionato a rivelare questo scherzo se giudici migliori non avessero riconosciuto che poteva rivendicarla come propria senza arrossire.

Ma veniamo alla trama (un breve riassunto è d’obbligo). Facciamo subito conoscenza con Manfredo, principe di Otranto, con sua moglie Ippolita e con i loro figli, la bella Matilde e Corrado, bruttino e malaticcio, di carattere nient'affatto promettente ma, nonostante ciò, il prediletto del padre. Tutto inizia il giorno delle nozze di Corrado con Isabella, figlia del marchese di Vicenza. Nozze evidentemente combinate dallo stesso Manfredo, il cui scopo dichiarato è quello di garantire continuità alla propria stirpe. La cerimonia sta per iniziare ma il giovane ancora non si vede. Questo è il primo indizio della tragedia che si abbatterà su questa famiglia. Manfredi, impaziente, manda un servo a cercarlo. Questi ritorna ammutolito dal terrore accennando solo che nel cortile del castello c’è un immenso elmo piumato, caduto dalla scalinata, sotto il quale giace senza vita il corpo di Corrado. L’evento, sovrannaturale e sinistro, è collegato ad una misteriosa profezia secondo la quale il castello di Otranto e il titolo di principe passeranno al vero proprietario quando questi diverrà troppo grande per abitarlo.
Manfredo, invece di piangere il figlio, manda a chiamare la mancata sposa e le annuncia che, in mancanza di altri figli maschi, sarà lui stesso a prendersi carico dell’incombenza di tramandare il proprio sangue, ripudiando la moglie e sposando la giovinetta. Quest’ultima, atterrita dalla proposta amorale e spaventata dall’atteggiamento improvvisamente aggressivo di Manfredo, fugge attraverso i sotterranei del castello, dirigenosi, attraverso un passaggio segreto, alla vicina cattedrale. Verrà aiutata nella sua avventura da un giovane contadino, anche lui in fuga dal malvagio principe di Otranto.
Direi che non è il caso di proseguire oltre nella narrazione: se volete sapere come va a finire compratevi il libro oppure leggetevelo a scrocco su questo sito dove è pubblicato integralmente.

In buona sostanza, nel "Castello di Otranto" c'è tutto quello che ci si aspetta da un romanzo gotico: un castello medievale, un convento, un passaggio segreto, uno spettro, una morte misteriosa, uno strano eremita, una giovinetta innamorata, uno scontro tra cavalieri, un frate, un cuore nobile e un cuore malvagio. L'incipit, come abbiamo visto, è notevole. Peccato solo che l'autore non si prenda poi la briga di spiegarci la presenza dell'elmo gigante, né tantomeno il significato della seconda parte della profezia: cosa significa "quando questi diverrà troppo grande per abitarlo" non riesco proprio a spiegarmelo. La trama vacilla di fronte a innumerevoli incongruenze: ade esempio, la fanciulla trapassata con la spada sopravvive inspiegabilmente per diverso tempo (durante il quale viene trasportata a braccia dal convento al castello lungo un impervio sentiero). Vi sono però anche dei passaggi di autentico terrore, da fare invidia ai grandi maestri del genere: "La porta era socchiusa; la sera cupa e nuvolosa. Aprendo pian piano la porta, vide qualcuno inginocchiato davanti all'altare. Quando si avvicinò, non gli sembrò una donna, ma una persona vestita di una lunga tunica di lana, che gli dava le spalle e pareva assorta nella preghiera. Il marchese stava per tornare indietro, quando l'altro si alzò e si soffermò qualche momento, immerso in profonda meditazione, senza guardarlo. Il marchese, pensando che quella figura devota gli stesse venendo incontro, volle scusarsi per averla scortesemente interrotta, e disse: Reverendo padre, cercavo donna Hippolita. -Hippolita!- replicò con voce profonda. - Vieni dunque in questo castello per cercare Hippolita? E girandosi lentamente, la figura svelò a Frederic la bocca rinsecchita e le orbite vuote di uno scheletro, avvolto in una tonaca da eremita. - Angeli del cielo, proteggetemi! - gridò Frederic, facendo un balzo indietro. - Dovresti meritare la loro protezione - disse lo scheletro; Frederic, cadendo in ginocchio, pregò il fantasma di avere pietà di lui. - Non ti ricordi di me? - disse l'apparizione. - Ricorda il bosco di Joppa! - Voi siete quel santo eremita? - esclamò Frederic tremante. - Posso fare qualcosa per la vostra pace eterna? -Sei stato forse liberato dalla schiavitù - disse lo spettro, - per andare in cerca di piaceri carnali? Hai dimenticato la spada sotterrata e il decreto divino inciso su di essa? - No, no - disse Frederic. - Ma dite, spirito benedetto, qual è il vostro messaggio per me? Cos'altro devo fare? - Dimentica Matilda! - disse l'apparizione. E svanì."
Horace Walpole si ispirò a Shakespeare per la stesura del suo romanzo. La scena del ritratto di Alfonso il Buono, sinistramente somigliante ad uno dei protagonisti, è ispirata alla statua dalle sembianze di Ermione descritta dal grande drammaturgo nel suo “Racconto d’Inverno”. In entrambe le opere è uno spirito intrappolato (qui nel quadro, là nella statua) la chiave di volta.
Il "Castello di Otranto" è a modo suo una tragicommedia che non ha nulla da invidiare alle opere di Shakespeare, che pure come ben sappiamo resta di una profondità di fondo ineguagliabile. Anche il finale è quello tradizionale dove, come in una pièce teatrale, tutti i tasselli finiscono in un modo o nell'altro al proprio posto, in attesa dell'applauso scrosciante come ricompensa.

2 commenti:

  1. Volume maledetto, per quanto mi riguarda. Unico caso in cui l'ebook si è inceppato dopo 30-40 pagine! Un problema del file, probabilmente, generato da Gutenberg, però... però...
    In altre parole, ne ho letto solo l'inizio. ^^

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    1. Questo libro l'avrei definito maledetto per mille motivi... le storie di fantasmi, il vecchio maniero..... mai avrei pensato ad un problema di tipo digitale

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