Direi che questo passaggio era inevitabile. In un blog dove si ha la pretesa di parlare (tra l’altro) di letteratura e (tra l’altro) di gotico, non poteva mancare un piccolo omaggio a quello che unanimemente è stato riconosciuto come il primo romanzo gotico della storia, quello che ha mostrato la strada a decine di romanzieri, famosi e non, che ci hanno narrato di castelli, principi, cavalieri e damigelle. Sto parlando, se non si fosse capito, de “Il castello di Otranto” di Horace Walpole. Ma cosa posso dire che non sia già stato scritto? Forse è meglio fermarsi un attimo e riflettere sul da farsi. Dovrei raccontarne meraviglie, con il rischio di apparire identico a centinaia di altri recensori, oppure dovrei stroncare impietosamente quest’opera, sottolineandone i difetti? Credo né che l’una né l’altra strada siano in ogni caso facilmente percorribili. Sarebbe ingiusto non riconoscere a “Il castello di Otranto” la sua importanza, se contestualizzata al periodo in cui è stata scritto. Sarebbe però altrettanto ipocrita esaltare un romanzo che, in buona sostanza, è pieno zeppo di incongruenze, ingenuità, forzature e quant’altro. Lo stesso Walpole, d'altra parte, non era del tutto convinto del suo lavoro, visto che nella prefazione alla prima edizione (1764) sosteneva di essere solo il traduttore di un testo, stampato a Napoli in caratteri gotici nell’anno1529, ritrovato in quegli anni nella biblioteca di un’antica famiglia cattolica dell’Inghilterra settentrionale.
I fatti narrati nel testo, evidentemente reali a detta di Walpole, potrebbero collocarsi temporalmente tra il 1095, epoca della prima crociata, e il 1243, epoca dell’ultima, o non molto più tardi. Si trattava di un'innocente bugia. Walpole rivelò l’inganno l’anno successivo, nella prefazione delle seconda edizione dove, scrivendo prudentemente in terza persona, annotò: “il favore con cui è stata accolta dal pubblico quest’operetta chiama in causa l’autore per spiegare su quali basi l’abbia composta. Ma prima di chiarirne i motivi, egli sente il dovere di farsi scusare dai lettori per aver loro proposto l’opera sotto mentite sembianze di traduttore. Gli unici presupposti che gli hanno fatto assumere questo artifizio sono state la diffidenza verso le proprie capacità e la novità del tentativo: ora si illude di poter essere perdonato. Consegnò quest’opera al giudizio imparziale del pubblico, deciso a lasciarla morire nell’ombra, se veniva disapprovata, e non intenzionato a rivelare questo scherzo se giudici migliori non avessero riconosciuto che poteva rivendicarla come propria senza arrossire.”
Manfredo, invece di piangere il figlio, manda a chiamare la mancata sposa e le annuncia che, in mancanza di altri figli maschi, sarà lui stesso a prendersi carico dell’incombenza di tramandare il proprio sangue, ripudiando la moglie e sposando la giovinetta. Quest’ultima, atterrita dalla proposta amorale e spaventata dall’atteggiamento improvvisamente aggressivo di Manfredo, fugge attraverso i sotterranei del castello, dirigenosi, attraverso un passaggio segreto, alla vicina cattedrale. Verrà aiutata nella sua avventura da un giovane contadino, anche lui in fuga dal malvagio principe di Otranto.
Direi che non è il caso di proseguire oltre nella narrazione: se volete sapere come va a finire compratevi il libro oppure leggetevelo a scrocco su questo sito dove è pubblicato integralmente.
Horace Walpole si ispirò a Shakespeare per la stesura del suo romanzo. La scena del ritratto di Alfonso il Buono, sinistramente somigliante ad uno dei protagonisti, è ispirata alla statua dalle sembianze di Ermione descritta dal grande drammaturgo nel suo “Racconto d’Inverno”. In entrambe le opere è uno spirito intrappolato (qui nel quadro, là nella statua) la chiave di volta.
Il "Castello di Otranto" è a modo suo una tragicommedia che non ha nulla da invidiare alle opere di Shakespeare, che pure come ben sappiamo resta di una profondità di fondo ineguagliabile. Anche il finale è quello tradizionale dove, come in una pièce teatrale, tutti i tasselli finiscono in un modo o nell'altro al proprio posto, in attesa dell'applauso scrosciante come ricompensa.
Volume maledetto, per quanto mi riguarda. Unico caso in cui l'ebook si è inceppato dopo 30-40 pagine! Un problema del file, probabilmente, generato da Gutenberg, però... però...
RispondiEliminaIn altre parole, ne ho letto solo l'inizio. ^^
Questo libro l'avrei definito maledetto per mille motivi... le storie di fantasmi, il vecchio maniero..... mai avrei pensato ad un problema di tipo digitale
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