giovedì 17 gennaio 2013

Sentinella

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo ed era lontano cinquantamila anni-luce da casa.
Con questa frase immortale comincia “La sentinella” (Sentry) dello statunitense Frederic William Brown, del 1954, annoverata di diritto tra i classici della fantascienza e come tale apparsa in numerose antologie, e non solo di fantascienza: ricordo che a scuola me la ritrovai citata in quella di letteratura, e l’insegnante ce la additò come esempio di uso della ripetizione. Fu per l’appunto lì che la lessi per la prima volta, senza mai più dimenticarla.
Eh, sì, all’epoca gli insegnanti ce la mettevano tutta per insegnarti a scrivere - chissà se è ancora così - ed avevano una vera fissa per le più svariate tecniche di scrittura. Ma anche se non ci avessero pensato loro a farmela notare, avrei percepito lo stesso la potenza espressiva di tutte quelle “e”… e penso che provai anche ad imitare lo stile di quella frase, una volta o due. 
“La sentinella” è il racconto in prima persona di un soldato impegnato in una non meglio specificata guerra interplanetaria contro una razza aliena. Questo soldato senza nome, mentre è in trincea pungolato amaramente dalla nostalgia di casa e dall’angoscia per le privazioni della guerra (per parafrasare l’autore direi che la guerra è sporca e crudele e terribile), vede un nemico avvicinarsi, gli spara e lo uccide, poi lo osserva con ribrezzo. È solo allora che la realtà ci viene svelata, con un colpo di scena che ribalta completamente la percezione di quanto abbiamo appena letto: ma per allora saremo già caduti nella trappola tesa dall’autore, quella del pregiudizio.

La situazione fa leva su sentimenti universali: la frase d’apertura fotografa una situazione che ci rimanda immediatamente alle immagini di guerra che ci sono tristemente familiari perché fanno parte di incessanti reportage giornalistici e, forse ancor più indelebilmente, di un’apposita e nutrita cinematografia – il fatto che il soldato si trovi su un altro pianeta è irrilevante, è semmai un’aggravante alla sua situazione emotiva. Anche chi non è mai stato in guerra può comunque immedesimarsi con il soldato: chi non si è mai trovato lontano da casa, magari controvoglia, e in preda alla solitudine?
Il colpo di genio, però, è tutto nel finale, che porta la relatività nella narrazione: le cose non sono sempre come sembrano e anche i concetti di giusto e sbagliato dipendono dai punti di vista - persino quando si parla di un tema spinoso come la guerra, o forse soprattutto in questi casi - così come la presenza di un lieto fine. Questa è una lezione importante che l’autore ha voluto darci.

“La sentinella” è un racconto molto corto, ma del resto Brown (1906 –1972) fu noto anche per questa sua peculiarità, ovvero la capacità di scrivere opere (di fantascienza e gialle) di estrema brevità e nonostante ciò molto incisive, capaci di coniugare idee anche molto semplici con punti di vista insoliti sulla realtà.
Egli era molto apprezzato anche per una sottile vena umoristica, ironica ma non sarcastica, che costringeva il lettore a fare i conti con sé stesso, con i difetti dell’umanità e con l’attualità. D’altronde la sua storia personale fu abbastanza turbolenta, o se preferite non convenzionale, e quindi dovette fornirgli abbastanza materia prima da cui partire per costruire i personaggio dei suoi scritti: rimasto orfano di entrambi i genitori quando era molto piccolo, cominciò a lavorare giovanissimo e lavorò, tra le altre cose, anche presso un luna park itinerante. Il romanzo “Assurdo universo” (What Mad Universe, 1949) è un esempio del suo folgorante umorismo. Nel libro egli immagina che il responsabile di una rivista di fantascienza, a causa di una fortissima scarica elettrica provocata da un razzo sperimentale che sarebbe dovuto cadere sulla Luna, venga catapultato in un universo parallelo dove i terrestri sono in guerra contro gli arturiani. Viene scambiato per una spia e da lì si dipana tutta la storia, che vede la sua vita costantemente in pericolo mentre cerca la maniera di ritornare a casa. L’autore in pratica fa del suo protagonista, un venditore di viaggi virtuali, un vero viaggiatore, ma lo fa alla sua maniera. Racconta infatti che allo scoppio del razzo il protagonista è stato messo in comunicazione con tutti gli universi possibili ed è stato il suo subconscio a scegliere quello più consono alla sua personalità: quello che secondo lui ogni fruitore di fantascienza si immaginerebbe, e che somiglia in maniera inquietante a quello effettivamente inventato proprio da un lettore della sua rivista che, in quel mondo, fa la parte dell’eroe. Insomma Brown parla del potere della mente, ma sembra anche dire che, se l’universo può essere infinito o possono esistere infiniti universi, in fondo l’uomo è però sempre prigioniero nei confini della propria mente. Proprio come il lettore di “La sentinella”…

P.S.: Sono stato in dubbio fino all'ultimo se inserire o meno, in coda a questo post, il testo integrale del racconto di Brown. Poi ho provato ad inserirne l'incipit in un motore di ricerca e sono saltati fuori decine di risultati. Il testo integrale è come il prezzemolo: c'è dappertutto! Stando così le cose mi chiedo: che sarà mai uno in più? Eccolo quindi qui di seguito "Sentinella" di Frederic William Brown...

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano cinquantamila anni-luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d'ogni movimento un'agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d'anni, quest'angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell'aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c'era arrivato anche il nemico. Il nemico, l'unica altra razza intelligente della galassia... crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all'erta, il fucile pronto. Lontano cinquantamila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l'avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più. 
Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s'erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d'un bianco nauseante e senza squame...

P.S.: Il presente articolo viene pubblicato oggi in contemporanea sulla blogzine IL FUTURO E' TORNATO

4 commenti:

  1. Tra le altre cose ti segnalo che La Sentinella, assieme ad altri due raccomti di Brown è stato recentemente ristampato dalla Delos sull' ultimo numero di Robot.
    Sento aria di riscoperta letteraria in giro. ;)

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    1. Si direbbe quindi che questo post sia capitato a proposito :)

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  2. Conoscevo questo racconto, ma il tuo post me l'ha fatto riscoprire!

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    1. Credo che questo racconto lo abbiamo avuto un po' tutti sulle nostre antologie alle scuole medie. Questo e pure quell'altro gioiellino dal titolo “Spedizione sulla terra”, di Arthur C. Clarke...

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