domenica 27 gennaio 2013

Uomini e lupi (Pt.1)



















Per un amante dell’horror che si rispetti, prima o poi arriva il momento di cimentarsi con una delle figure cardine della mitologia orrorifica: il lupo mannaro.
Le tracce di miti che riguardano uomini in grado, volontariamente o meno, di trasformarsi in un animale si perdono letteralmente nella notte dei tempi, e si ricollegano a mitologie antiche nelle quali erano presenti anche differenti figure di canidi. Nell’Europa continentale, dove i lupi abbondavano, le popolazioni di origine indoeuropea crearono il mito dell’uomo-lupo, mentre ad esempio in Africa era diffuso il mito dell’uomo-leone o uomo-iena, in Asia dell’uomo-tigre e in altri paesi di “ibridi” diversi, compatibilmente con la composizione della fauna locale.

Gli antichi Egizi veneravano Anubi, il dio-sciacallo rappresentato il più delle volte come un uomo con la testa di sciacallo. Nell’Antica Grecia il padre degli dei, Zeus, era un mutaforma che, per eludere la sorveglianza della moglie Era durante le sue “scappatelle” con altre dee o comuni mortali, si trasformava spesso in animale; come lupo, col nome di Liceo, era adorato ad Argo, dove era comparso per appoggiare il malcontento popolare nei confronti del re Gelanore, e appoggiare l'eroe Danao che infine prese il suo posto sul trono. Proprio presso il tempio di Zeus Lycaios (Zeus Liceo) si effettuava un rito durante il quale si assumevano carni umane assieme a quelle animali. Si riteneva chi avesse ingerito quel cibo si sarebbe trasformato in uomo-lupo (lykánthropos), e  avrebbe potuto trasformarsi nuovamente in un essere umano dopo nove anni se nel frattempo non si fosse mai cibato di carne umana, in caso contrario sarebbe rimasto un lupo per sempre. Artemide e Apollo, inoltre, vennero partoriti da Latona, trasformata in lupa: e anche Apollo era un mutaforma e spesso si trasformava in lupo. Lycan, il re dell’Acadia – italianizzato in Licaone – dopo aver offeso Zeus, fu punito e trasformato in un lupo dalle parvenze umane… 

Zeus trasforma Licaone in un lupo (Goltzius)
Gli Etruschi avevano Ajta, il dio degli inferi: la tradizione lo raffigura mentre indossa un elmo di pelle di lupo che lo rendeva invisibile. Nella mitologia scandinava il lupo, come l’orso, veniva considerato in contatto con le forze oscure e pertanto era il simbolo del male: poiché viveva nelle foreste e nelle caverne, si riteneva fosse in contatto con l’aldilà. Skoll (“inganno”) e Hati (“colui che odia”) sono i lupi che ingoieranno, al crepuscolo degli dei, il sole e la luna; Fenrir (“il lupo irsuto che vive”), figlio di Loki, il dio degli inganni, è una bestia enorme, deforme, scaltra come suo padre e molto feroce, e inoltre in grado di parlare: imprigionato dagli dei con l’inganno, è destinato a liberarsi durante il crepuscolo degli dei e a ingoiare Odino, per poi essere ucciso da Víðarr, figlio del dio; e così via. 
Nei miti dei popoli germanici e delle isole britanniche sono presenti l'orso mannaro, il gatto selvatico e il Barghest, un grosso cane che apparve probabilmente in epoca medievale; ci sono inoltre tradizioni natalizie che riguardano la comparsa di uomini-lupo, i cosiddetti Ulfhendhnir, che cercherebbero di introdursi nelle case per aggredire gli uomini. In Barbagia si narra dell'Erchitu, un uomo che può trasformarsi in un grosso bue bianco con le corna d'acciaio. In Francia c’erano leggende sul lupo mannaro (loup garou o bisclavert) praticamente in tutte le regioni, ed esisteva la figura del “mener de loups” o pastore di lupi, una sorte di stregone che, pur non trasformandosi personalmente in lupo, era in grado di radunarli e guidarli (facoltà spesso riconosciuta anche al licantropo). Una specie di pifferaio magico ante litteram, insomma. 

Nell'Europa dell'Est la leggenda narrava di un essere metà lupo mannaro e metà demone in grado di risucchiare la forza vitale (più tardi lo si identificherà col vampiro). Negli Stati Uniti gli indiani Pawnee si ritenevano imparentati con i lupi e si ricoprivano di pelli di lupo per andare a caccia. I primi coloni erano terrorizzati dai pellerossa che ritenevano affetti da licantropia e dai “mezzosangue” nati dai matrimoni misti (ciò che non impedì gli “stupri etnici” compiuti ai danni degli indiani durante la conquista dei territori), mentre i nativi americani a loro volta sostenevano che la licantropia fosse una malattia (o maledizione) portata dai coloni. In Argentina e Paraguay esisteva la leggenda del Lobizon, che narrava che il settimo figlio maschio di un settimo figlio maschio sarebbe nato come uomo-lupo. Gengis Khan, il famoso condottiero e sovrano mongolo, si faceva discendere dal "grande lupo grigio". Nel folclore giapponese esistono l’okami (una creatura simile ad un lupo) e l’okuri-inu (un cane o un lupo che segue i viaggiatori durante la notte), simile al Barghest europeo. Una variante che abbondava nelle leggende popolari cino-giapponesi era inerente le volpi-mannare. Le storie che ne parlano sono complesse e ricche di particolari curiosi. Ad esempio, la volpe può diventare umana con la stessa facilità con cui l’uomo (o la donna) può trasformarsi in volpe. Nel folclore giapponese la volpe è considerata come l’animale che meglio di ogni altro riesce ad assumere aspetto umano. In Cina si crede che volpi e lupi arrivino fino alla bella età di 800 anni, e si dice che quando giungono a 500 anni sono in grado di trasformarsi in esseri dall’aspetto umano. Le volpi mannare femmine sono gli animali-mannari dotati di maggiore potere di seduzione: nel folclore orientale sono molto frequenti le storie di donne in forma di volpe e di volpi in forma di donna che trascinano gli uomini alla rovina.

Faustolo trova la lupa con i gemelli (Rubens)
Romolo e Remo, i fondatori di Roma, furono allattati da una lupa e tra le feste romane vi era la cerimonia dei Lupercalia, o Lupercali, che includeva un rito ereditato dai Sabini (in origine un sacrificio umano, probabilmente) e si teneva il 15 febbraio. Si trattava di un rito di purificazione e probabilmente anche di fecondità, le cui origini però non sono ben chiare (infatti, alla base c’è il sacrificio di una capra e di un cane). La cerimonia si teneva in un bosco sacro al dio Fauno (fauno significherebbe “strangolatore”, ma anche “lupo”): la tradizione dice che questo dio portasse anche il nome di Lupercus, ovvero Luperco, il protettore delle greggi equivalente al Pan dei Greci. Durante la cerimonia il sacerdote, vestito da lupo, passava un coltello bagnato di sangue sulla fronte di due adolescenti: in questo modo le qualità di guerriero e cacciatore del lupo, simboleggiato dal sacerdote, si trasmettevano a loro. Questo testimonia che nella cultura romana il lupo era temuto, ma anche ammirato, tanto che la sua pelle veniva indossata da importanti figure all'interno dell'esercito, che la usavano per ricoprirne l'elmo e parte della corazza. Infatti "lupo mannaro" deriverebbe dal latino volgare “lupus hominarius”, che significa all’incirca "lupo che si comporta come un uomo" oppure "lupo mangiatore di uomini", mentre le parole latine “vir” (uomo) e “wulf” o “wolf” (lupo) avrebbero dato origine tra gli altri al werwulf tedesco o werewolf inglese (ma altre fonti riportano che quest’ultimo deriverebbe dall’inglese antico “wer” (uomo o maschio) e “wulf” (lupo o bestia). E pensare che da ragazzino werewolf mi sembrava nient’altro che un simpatico gioco di parole…).
Forse in italiano dovremmo parlare di uomo-lupo, come avviene anche in altre lingue: hombre-lobo in spagnolo, lobisomem in portoghese, weerwolf in olandese, varulv in norvegese, varúlfur in islandese, kurt adam in turco… Per quanto riguarda i nostri dialetti, il nome del lupo mannaro varia da regione a regione: , luv ravas, lupu pampanu, marcalupu, pampanari, lupenari, lupinari, lupenare, lupi minari… A quanto pare una delle regioni dove la tradizione del lupo mannaro è più diffusa è l’Irpinia: è lì infatti che si è originata la leggenda di S. Patrizio, il santo che malediva gli eretici trasformandoli in lupi.

La percezione del lupo e delle figure mitiche che ad esso si rifanno subì un brusco cambio di direzione con il mutare della società umana. Bisogna considerare innanzitutto che gli uomini si dedicarono alla caccia e alla raccolta fino all’avvento dell’agricoltura, circa 12.000 anni fa. Fino ad allora la ritualità prevalente era stata di tipo sciamanico, e solo a seguito della trasformazione della società si trasformò essa stessa, per divenire qualcosa di simile a ciò che oggi chiamiamo religione, con dottrine e rituali formali e l’abbandono di ogni forma di ricerca sovrannaturale individuale, che dalle religioni “moderne” viene scoraggiata. Quando nacquero il paradiso e l’inferno il lupo, come altri animali, si candidò a ideale abitatore di quest’ultimo, in parte anche perché, benché sia un animale sociale, è potenzialmente solitario.

Werewolf (Cranach)
Agli albori, il lupo era apprezzato per le sue doti di cacciatore per eccellenza: era maestro e dio della guerra, spirito protettore del guerriero e della tribù, oltre che simbolo di fedeltà. Quando le antiche religioni europee, con i loro miti lunari e femminili sulla fertilità, si mischiarono con quelle delle tribù nomadi indoariane dove invece prevalevano gli dei solari e maschili dediti alla caccia, ovvero all’uso della forza, il lupo divenne anche l’animale propiziatore della fecondazione, quello a cui le giovani si rivolgevano per trovare marito e le donne sterili per avere figli. Ma quando la stanzialità prevalse sul nomadismo, il lupo smise di essere un animale totemico per divenire un mostro: l’agricoltore temeva il lupo, lo considerava un pericolo per sé, i propri possedimenti e le proprie greggi, tentò di addomesticarlo e così creò il cane, ma l’esemplare che non si lasciò addomesticare venne demonizzato, e l’uomo ne fece il suo nemico. La paura divenne superstizione, il lupo divenne il simbolo del male incarnato e nacquero le leggende del mostro-lupo. Quando ciò avvenne esattamente non si sa, ma si suppone nell’età del bronzo. Nel Medioevo le leggende si moltiplicarono, ma i picchi si ebbero a partire dal XIV fino al XVII secolo, in pieno Rinascimento e oltre. Fu in questo periodo che, oltre a sostenere che la metamorfosi da uomo a lupo e viceversa fosse possibile grazie a capacità magiche - o per intercessione del Diavolo - si cominciò a considerare il mannarismo come una piaga, una malattia che poteva diffondersi per contagio diretto, perciò la paura del lupo mannaro divenne tanto sentita da scatenare spesso vere e proprie scene di isteria di massa. Durante l’Inquisizione non era raro finire al rogo con l'accusa di mannarismo, o di  mannarismo e stregoneria: si dava al mostro un’origine diabolica e perciò lo si associava a streghe ed eretici, e a ciò si devono alcuni dei suoi caratteri nella morfologia locale (in molti casi il licantropo è rappresentato privo di coda - perché le creazioni del diavolo, come la pentola senza coperchio del detto popolare, sono imperfette - di colore nero, ecc. ecc.). Pare che i processi imbastiti su queste accuse tra il 1300 e il 1600 siano stati circa ventimila, ma alcuni studiosi si sbilanciano fino a parlare di un numero cinque volte maggiore. Questo fenomeno non interessò solo i paesi cattolici, ma anche quelli protestanti, finché nel XVIII secolo, con la rinascita della filosofia razionalista, tali credenze non vennero messe da parte e la licantropia venne relegata a immagine folcloristica, e parallelamente comparve in psichiatria come malattia mentale patologica o forma di isteria. Nella sessuofobica cornice del cristianesimo fu semplice e immediato associare la licantropia alla sessualità, e per di più una sessualità libera, esuberante ed aggressiva: i lupi mannari erano uomini dotati di attributi maschili ipersviluppati ed istinti animaleschi insopprimibili, mentre le figure femminili affette da licantropia altro non erano che delle streghe con un’irresistibile capacità attrattiva, oppure soggetti con tendenze omosessuali represse. Per la psichiatria, nella migliore delle ipotesi, soggetti con una pessima capacità di gestire lo stress e una fervidissima immaginazione.

Povero lupo! La sua cattiva fama noi la perpetriamo ogni giorno anche senza accorgercene. Non esiste forse una frase che tutti utilizziamo spesso, “in bocca al lupo”, alla quale comunemente si risponde “crepi il lupo”? Forse a molti non è chiaro perché mai augurare a qualcuno di finire nella bocca di un lupo dovrebbe essere di buon augurio. Ebbene, l’origine del detto è proprio nella leggenda di Romolo e Remo menzionata prima - ove la lupa non avendo le mani prese delicatamente i due infanti con la bocca per portarli nella sua tana - e naturalmente nelle qualità che anticamente si riconoscevano ai lupi e che oggi sono generalmente offuscate dalla sua pessima reputazione. I lupi sono ottimi genitori, ferocissimi quando devono difendere la prole, ma soprattutto molto prudenti: al minimo segno di pericolo abbandonano la tana per una nuova e  vi trasportano i cuccioli uno per volta, all’occorrenza tramite un’apposita sacca che hanno all’interno della bocca. Nella bocca del genitore il piccolo del lupo è più al sicuro che in qualsiasi altro luogo. Anticamente, dunque, a “in bocca al lupo” si rispondeva semplicemente “grazie” o, a volte, “viva il lupo” e forse in qualche realtà rurale è ancora così. Ecco un’abitudine che sarebbe bello ripristinare… ma di questo vi parlerà meglio e in maniera più articolata la mia vicina di blog Romina che, caso vuole, proprio oggi è andata on-line con un articolo dedicato proprio a questo argomento. Noi invece ci ritroviamo qui tra pochi giorni per la seconda parte di “Uomini e lupi”!

10 commenti:

  1. Un post davvero completo e molto interessante. Non vedo l'ora di leggere la seconda parte. Grazie della citazione, ovviamente ti ho menzionato anch'io!

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    1. Spero di riuscire a pubblicare la seconda parte quanto prima... è che mi manca ancora una conclusione degna.... Grazie per lo scambio di link ^^

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  2. Si vede che hai compiuto una ricerca capillare per documentarti e il post che ne è venuto fuori è bellissimo.
    Aspetto con piacere la seconda parte.

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    1. Si, vero, è stato un lavorone.... pensa che è un post che è nato circa tre mesi fa, ha subito decine di modifiche...e non è ancora finito.

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  3. Molto molto interessante e ben costruito. Complimenti!

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  4. Post molto completo, come già osservato. Il partito del "viva il lupo!" s'ingrossa? Bene, bene. Diamo a Cesare ciò che è di Cesare e alla Lupa ciò che è suo! Il lupo mannaro è una figura affascinante che ha ispirato più di una storia, e anche qualche canzone. La mia preferita è questa anche se vira un po' sul romanticismo.
    Attendo la seconda puntata!

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  5. Leggerò il post con calma, perché il "Manny" è sempre stata la mia fiugra horror preferita.

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    1. A questo punto ti conviene aspettare la seconda parte... non manca poi molto. ^^

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