mercoledì 13 novembre 2013

L'altra Milano

Ho consultato con la massima attenzione le mappe della città, ma non ho mai più ritrovato la Rue d'Auseil. Non mi sono limitato a esaminare le carte moderne: so bene che i nomi cambiano; ho riesumato anche i documenti più antichi, ed ho esplorato di persona tutte le strade che, indipendentemente dal nome, potevano corrispondere alla Rue d'Auseil. Malgrado tutti i miei sforzi, mi son dovuto confrontare con la mortificante conclusione che ero incapace di trovare la casa, la strada e neppure il quartiere dove, negli ultimi mesi della mia squallida esistenza alla Facoltà di Metafisica, avevo udito la musica di Erich Zann. 
Con queste parole iniziava un mio articolo apparso su questo blog circa due anni fa, parole che, lo avrete certamente indovinato, provengono dalla penna di Howard Phillips Lovecraft, il quale le utilizzò come incipit per uno dei suoi racconti probabilmente più noti: “La musica di Erich Zann”.
Il racconto, per coloro che non lo conoscessero, narra la storia di un giovane studente universitario che prende in affitto un appartamento sito al piano sottostante quello di un anziano musicista. Erich Zann trascorre la maggior parte delle sue notti suonando freneticamente con un violino una bizzarra melodia che, si scoprirà alla fine, è l’unico ostacolo che si contrappone ad indicibili orrori in agguato oltre le finestre della sua stanza. Uno degli aspetti a mio parere più inquietanti del racconto di Lovecraft è l’ambientazione: una Parigi onirica, molto simile all’originale ma indubbiamente diversa, sia nei luoghi sia nelle atmosfere.
Quando scrissi quel mio vecchio articolo, mi venne naturale un collegamento con i luoghi dove sono solito ambientare i miei sogni: una periferia di Milano, la mia città natale, molto simile a quella reale, ma con precisi connotati che ogni volta mi permettono di distinguerla e che mi danno la consapevolezza di vivere in un sogno. Un sogno lucido quindi, se così vogliamo chiamarlo, e maledettamente ricorrente. Quell’articolo, che scrissi di getto come mai mi era accaduto prima, si trasformò in una specie di racconto, anche se, lo ammetto, risultò alla fine essere forse poco fruibile come tale. 
Ritorno oggi sull’argomento a causa di un ebook sbarcato sul mio tablet qualche settimana fa: si tratta di Milano Doppelgänger, un breve di Alessandro Girola ambientato in una Milano parallela, molto simile per certi versi a quella Milano che ricorre così spesso nei miei sogni. Scriverci un articolo, per quanto sopra, è un passo praticamente necessario.

La storia narrata è quella di Daniele, un cacciatore di rarità per collezionisti che, commissionato da un enigmatico anglo-maliano, Yann Basil Colibay, si getta alla ricerca di un raro volume del Cinquecento, facente parte della collezione privata di Eugenio Vallesi, recentemente scomparso. Il volume, dall’attraente titolo di “De Virubus Quantitatis”, è un trattato in latino, il primo mai scritto, sulla prestidigitazione e sull’illusionismo. L’autore, che si firma Luca Pacioli, aretino, frate francescano e dotto matematico, morto nel 1517, avrebbe incluso nel libro una serie di “esercizi per affinare la mente”, per imparare a sviluppare quella che egli chiamava “la seconda vista”, la chiave per aprire i passaggi esistenti tra il mondo reale e quello che Luca Pacioli definisce “inframondo”. Molteplici sarebbero i punti di passaggio tra i due mondi, scoprirà Daniele, che decide di ignorare il suggerimento di Colibay: “Non pasticci col De Viribus Quantitatis. Non lo legga” erano state le parole con le quali, inutilmente, il bizzarro committente aveva cercato di metterlo in guardia dallo spaventoso potere del libro.
Daniele si troverà proiettato in una Milano a lui ignota, una Milano per certi versi simile a quella reale, ma decisamente più cupa e terrificante. Daniele si troverà di fronte ad un orrore indicibile e rimpiangerà presto di non aver voluto dare ascolto a quell’avvertimento.

Interessanti sono anche le numerose citazioni con cui Alessandro Girola ha arricchito “Milano Doppelgänger”: l’uomo dal lungo trench marrone, con “il volto coperto da una mezza maschera metallica che gli nasconde il lato destro del volto”, fermo all’angolo della strada nell’atto di distribuire volantini, è per esempio un chiaro omaggio al primo “Demoni” di Lamberto Bava. Altre citazioni sono autoreferenziali, come ad esempio il ritaglio di giornale che riporta la notizia relativa ad un treno scomparso (da “Il treno di Moebius”). Quest’ultimo aspetto è a mio parere uno degli elementi più interessanti del lavoro di Alessandro: cercare di inserire dei collegamenti tra racconti tecnicamente scollegati tra di loro, sebbene possa sembrare presuntuoso (qualcuno potrebbe affermare che l’autocitazionismo è solo per i grandi), è invece un simpatico invito all’approfondimento e alla scoperta. Tra cent’anni, chissà, qualcuno potrebbe iniziare a parlare di “mitologia” e dare il via a vani tentativi di svelare significati reconditi che, nella pratica, non esistono. 

Altri recensori, prima di me, hanno paragonato “Milano Doppelgänger” ad opere letterarie di altri celebri autori. Ritengo molto azzeccata, per esempio, l’associazione con “Crouch End” di Stephen King, un altro racconto, incluso nella raccolta “Incubi e deliri”, in cui tra l’altro si respirano intense atmosfere lovecraftiane. Al contrario l’Autore ammette di essersi ispirato, tra l’altro, ad un celebre racconto di Dino Buzzati nel quale un operaio scopre, durante gli scavi della metropolitana di Milano, l’accesso agli inferi (riferimento, quello di Buzzati, a posteriori più che evidente in “Milano Doppelgänger”).
Oggi è ancora prematuro pensare di paragonare Alessandro Girola agli autori ai quali si ispira ma, bisogna ammetterlo, se c’è una cosa di cui non difetta, quella è la capacità di trovare ottime idee da sviluppare. In attesa quindi di nuovi sviluppi, e magari di scoprire se le storie di Daniele e del sig. Colibay avranno un seguito, vi suggerisco di andarvi a scaricare “Milano Doppelgänger” dal Kindle Store, dove lo trovate per pochi centesimi di euro. Per chi invece volesse prima conoscere l'opinione di altri bloggers, potete prima transitare sulle pagine di Argonauta Xeno, di Prima di Svanire, di CyberLuke o di Lobodilattice

Malgrado le ricerche e le indagini più scrupolose non sono mai più riuscito a trovare la Rue d’Auseil.
Ma la cosa non mi angustia poi tanto, e neppure rimpiango troppo la perdita in abissi inimmaginabili dei fogli fittamente scritti che, soli, avrebbero potuto spiegare la musica di Erich Zann.

7 commenti:

  1. Recensione splendida.
    Hai azzeccato tutti i riferimenti, gli easter egg e le citazioni del racconto.
    Grazie per averlo fatto e per averne parlato :)

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    1. Riconoscere il "Demoni" di Bava junior è stato un gioco da ragazzi. Il resto era un po' più difficile ma sono contento di vedere che mi confermi di aver azzeccato TUTTI i riferimenti nascosti.

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  2. Io invece quel racconto di HPL non lo conosco proprio!

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    1. Pensavo fosse uno dei suoi più famosi.... Ad ogni modo, se non hai modo e/o voglia di recuperarlo, puoi sempre guardare il video-racconto di YouTube che ho embeddato in fondo al mio post di due anni fa. Leggerlo su carta resta tuttavia la soluzione preferibile.

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    2. I più famosi sono quelli inseriti nella raccolta "I Capolavori"! :P
      Comunque, presi a suo tempo l'ebook con l'intera produzione narrativa di HPL. A un euro. In inglese - questa può essere una sfida, ma alcune traduzioni italiane sanno essere altrettanto pesanti! Quindi, in prospettiva, prima o poi lo leggerò.

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  3. Bella recensione :) Io sono sempre attratta dalle storie ambientate nella mia città (d'adozione, visto che vengo dalla provincia - dettagli) e questa non fa eccezione. L'avevo già vista sul blog dell'autore e onestamente sono davvero curiosa di leggerla!

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    1. Una storia dove i personaggi si muovono in un ambiente familiare sono senza dubbio le migliori. E' stata anche per me la molla che mi ha spinto verso questo raccontino....

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