Chi tra di voi segue questo blog da molto tempo avrà certamente sperimentato una vaga sensazione di deja-vu leggendo la prima parte di questo episodio di Ore d'orrore. Oggi, prima che proviate una seconda sensazione, in tutto e per tutto identica, ve ne spiego il motivo.
Esattamente due anni fa, nel gennaio 2013, su Obsidian Mirror usciva un articolo in due parti (qui e qui) intitolato "Uomini e lupi". Qualcuno ricorderà anche che in quel periodo acquistai ad una fiera libresca milanese un piccolo saggio dal titolo “I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica” (di Christian Sighinolfi, Edizioni Il Cerchio) che ispirò in buona parte la realizzazione di quel vecchio articolo (quel qualcuno risponde al nome di Salomon Xeno, collega blogger che incontrai per la prima volta proprio in quell'occasione e dal quale, a proposito, avanzo ancora un caffè) ^__^.
Con questo non voglio dire che i post che stanno uscendo in questi giorni siano dei doppioni di quelli usciti allora. Al di là degli aspetti folcloristici del lupo mannaro, che sono quelli che sono e non potrebbero essere in alcun modo diversi (se non nella scelta delle parole da parte di chi li ha scritti), c'è un motivo fondamentale per non perdersi questa nuova versione: sto parlando ovviamente dell'aspetto medico e scientifico, visto che stavolta a parlarne è proprio un esperto della materia. Lettura che può essere perfettamente integrata con quella di quei miei vecchi post dove, tra le altre cose, si cerca anche di ricostruire l'origine del famoso detto "in bocca al lupo" (che è anche il nostro augurio odierno per il dottor Lazzara).
Esattamente due anni fa, nel gennaio 2013, su Obsidian Mirror usciva un articolo in due parti (qui e qui) intitolato "Uomini e lupi". Qualcuno ricorderà anche che in quel periodo acquistai ad una fiera libresca milanese un piccolo saggio dal titolo “I guerrieri-lupo nell’Europa arcaica” (di Christian Sighinolfi, Edizioni Il Cerchio) che ispirò in buona parte la realizzazione di quel vecchio articolo (quel qualcuno risponde al nome di Salomon Xeno, collega blogger che incontrai per la prima volta proprio in quell'occasione e dal quale, a proposito, avanzo ancora un caffè) ^__^.
Con questo non voglio dire che i post che stanno uscendo in questi giorni siano dei doppioni di quelli usciti allora. Al di là degli aspetti folcloristici del lupo mannaro, che sono quelli che sono e non potrebbero essere in alcun modo diversi (se non nella scelta delle parole da parte di chi li ha scritti), c'è un motivo fondamentale per non perdersi questa nuova versione: sto parlando ovviamente dell'aspetto medico e scientifico, visto che stavolta a parlarne è proprio un esperto della materia. Lettura che può essere perfettamente integrata con quella di quei miei vecchi post dove, tra le altre cose, si cerca anche di ricostruire l'origine del famoso detto "in bocca al lupo" (che è anche il nostro augurio odierno per il dottor Lazzara).
Ore d’Orrore, a cura di Marco Lazzara
“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”
“La linea di sangue dev'essere spezzata a qualunque costo, la realtà è che l'ultimo lupo mannaro rimasto deve essere distrutto...” (dal film Un Lupo Mannaro Americano a Londra)
Nella prima parte dell’articolo, abbiamo cominciato a esaminare il folklore dietro la figura del lupo mannaro. Oggi ne vedremo una particolare incarnazione, il mito dei terribili guerrieri mutaforma.
Nella prima parte dell’articolo, abbiamo cominciato a esaminare il folklore dietro la figura del lupo mannaro. Oggi ne vedremo una particolare incarnazione, il mito dei terribili guerrieri mutaforma.
Guerrieri mannari
Il loro nome si ritiene significhi “coloro che si vestono d’orso”, in quanto nei tempi antichi era costume dei guerrieri vestirsi di pellicce d'orsi, lupi e renne. Alcuni di essi cambiavano il proprio nome con riferimento all'orso, che era il loro animale totemico, e questo, assieme alla loro inaudita ferocia in battaglia, generò una leggenda secondo cui essi si trasformavano letteralmente in enormi orsi durante la battaglia. Si raccontava anche che non potessero venire sconfitti, in quanto insensibili al dolore e alla paura, a meno di ricorrere alla decapitazione o al trafiggimento del cuore. In un certo senso erano posseduti dallo spirito dell'orso, di cui ritenevano avere la forza e la ferocia, e di poterne assumere anche l'aspetto.
Il loro selvaggio furore li fece accostare al mito della Caccia Selvaggia: un corteo notturno di esseri sovrannaturali che attraversa il cielo o il terreno intento in una furiosa battuta di caccia, con tanto di cavalli, segugi e battitori al seguito, il cui capogruppo in alcune versioni è Odino, in altre il Diavolo.
La berserksgangr poteva giungere in un qualunque momento della quotidianità: incominciava con un tremolio, il battere dei denti e una sensazione di freddo nel corpo; la faccia si gonfiava e cambiava colore e seguiva una grande rabbia e il desiderio di assalire il prossimo. Quando la rabbia si esauriva, il berserker risultava stremato e questa condizione poteva protrarsi per giorni. Secondo le saghe, i loro nemici ne approfittavano spesso per ucciderli in questi momenti di debolezza.
Fonti storiche parlano inoltre della loro assunzione di sangue di orso o lupo, al fine di acquisirne la forza, e non si esclude impiegassero anche sostanze psicoattive per enfatizzare la loro condizione attraverso uno stato alterato di coscienza. Non mancano infatti i collegamenti all'ergotismo, intossicazione dovuta a sostanze priscotrope prodotte da un miceto parassita dei cereali (la “segale cornuta”), tra cui la lisergina (LSD), fortissimo allucinogeno che provoca anche convulsioni, fuoco di Sant’Antonio, turbe psichiche, sinestesia (un senso che diventa un altro) e disgregazione della personalità (schizofrenia). Non è difficile immaginare che in tali condizioni i berserker credessero davvero di potersi trasformare in animali.
I guerrieri lupo
Simili ai berserker erano gli úlfheðnar della mitologia norrena, letteralmente “coloro che sono vestiti di lupo”, in quanto si coprivano esclusivamente con la pelle del lupo da loro ucciso. Andavano famosi per la loro furia guerriera donata loro da Odino e dal loro animale totemico, il lupo. Abbiamo visto nella prima parte dell’articolo, che era convinzione che per trasformarsi in lupo fosse necessario indossare la pelle di questo animale.
Erano guerrieri sciamani e prima del combattimento assumevano una mistura di birra, estratto di amanita muscaria e digitale, che dava loro allucinazioni e comportava un aumento della temperatura corporea, del battito cardiaco e dell'adrenalina. Dopo aver assunto queste sostanze, festeggiavano fino allo stremo e da lì si lanciavano in battaglia. A differenza dei berserker, che in battaglia erano ognuno per proprio conto, gli úlfheðnar combattevano in gruppo, come un branco di lupi. Furono le storie su di loro a contribuire alle leggende sui lupi mannari: il vescovo Olaus Magnus ne parlava infatti come dei “licantropi del Baltico”.
Altri guerrieri che avevano un animale totemico erano gli halfhundingas, “i mezzi-cani”, e gli svinfylking, “le teste di cinghiale”.
Erano guerrieri sciamani e prima del combattimento assumevano una mistura di birra, estratto di amanita muscaria e digitale, che dava loro allucinazioni e comportava un aumento della temperatura corporea, del battito cardiaco e dell'adrenalina. Dopo aver assunto queste sostanze, festeggiavano fino allo stremo e da lì si lanciavano in battaglia. A differenza dei berserker, che in battaglia erano ognuno per proprio conto, gli úlfheðnar combattevano in gruppo, come un branco di lupi. Furono le storie su di loro a contribuire alle leggende sui lupi mannari: il vescovo Olaus Magnus ne parlava infatti come dei “licantropi del Baltico”.
Altri guerrieri che avevano un animale totemico erano gli halfhundingas, “i mezzi-cani”, e gli svinfylking, “le teste di cinghiale”.
Ancora le porfirie
Secondo alcune ipotesi, il furore di questi guerrieri potrebbe essere dovuto al morbo di Paget, una malattia metabolica delle ossa dovuta a immunodeficienza ereditaria o a infezione virale, che causa una deformità ossea dovuta a una crescita anomala, cosa che rende le ossa più grandi e morbide (e quindi più soggette a fratture) e causare una pressione dolorosa sulla testa. Altre possibili spiegazioni possono essere epilessia e isteria.
Nei tentativi di ricostruzione ”storica” del genoma umano, sono stati individuati tra Norvegia e Svezia tracce di una deriva genetica avvenuta nel passaggio alle culture del Neolitico, che sarebbe all'origine della porfiria, patologia di cui abbiamo già parlato nell’articolo sui vampiri. Questa sarebbe dovuta al lungo isolamento e all'adattamento in regioni scarsamente soleggiate, prive di vegetazione e di cibi zuccherini, con un'alimentazione a base di sola carne e latte di renna, in un territorio ostile, privo di riferimenti e popolato da predatori competitivi, come l'orso e il lupo, di cui si volevano assumere le caratteristiche per meglio riuscire a sopravvivere.
Non è difficile immaginare che non solo gli il mix di alcol e allucinogeni assunti da questi guerrieri facesse loro credere di potersi trasformare in animali, ma anche che in alcuni individui potesse forse aver scatenato una porfiria latente.
Come abbiamo visto, il morbo di Gunther riporta nella sintomatologia eritrodonzia e fotofobia, cosa che può avvicinarlo anche ad alcuni elementi della mitologia sui licantropi. Esso appartiene a un primo tipo di questa patologia (porfirie croniche), ma ne esiste un secondo di natura epatica (porfirie acute). Queste sono caratterizzate da svariati sintomi, e tra quelli neurologici si hanno parestesia (alterazione della sensibilità degli arti), iperestesia (aumento della sensibilità degli arti e della percettività sensoriale), instabilità emotiva, tetania (spasmi); nei casi più gravi si hanno anche coma, paralisi, atrofia del nervo ottico, allucinazioni e disturbi comportamentali, fino a paralisi respiratoria che porta alla morte.
Tra esse, la porfiria variegata ha manifestazioni soprattutto cutanee, in particolare nelle zone esposte alla luce solare, che consistono in un aumento della fragilità cutanea, con la formazione di vescicole, cicatrici e fotosensibilità, con aree di iperpigmentazione e ipertricosi (un abnorme crescita di pelo). I segni psichiatrici possono andare dal semplice disorientamento fino alla psicosi.
Gli attacchi di porfiria acuta sono scatenati dall'assunzione di sostanze, da variazioni ormonali o condizioni nutrizionali particolari. La sostanza tossica scatenante solitamente è un alimento o l'alcool, come anche un agente chimico o un farmaco. Altri fattori scatenanti possono essere infezioni, diete povere di zuccheri, steroidi. Anche sovraccarichi ormonali e stress sono fattori scatenanti.
Non è difficile immaginare che in passato, quando della medicina non si sapeva granché, i sintomi di queste malattie abbiano fatto sorgere le mitologie su vampiri e licantropi. Le condizioni di vita e alimentari delle popolazioni nordiche di cui abbiamo parlato erano decisamente estreme; inoltre esse sono rimaste per lungo tempo isolate dalle altre, rappresentando quasi una sorta di deriva genetica.
La porfiria sembra dunque legare ed essere alla base sia del mito dei vampiri che di quello dei lupi mannari: questo mi fa ipotizzare che in effetti si tratti dello stesso mito, o che almeno abbiano avuto una comune origine, e che si sia poi differenziato nel passare dei secoli con la rielaborazione delle varie culture e l’adattamento alle regioni del mondo dove esse vivevano.
Per oggi è tutto, spaventose creature. Nella terza e ultima parte dell’articolo parleremo degli aspetti psichiatrici e sociologici dietro il mito del lupo mannaro.
CONTINUA
Grazie dell' "in bocca al lupo", Obs! :)
RispondiEliminaDove ti ritiri in questi giorni? Fai un salto a Hobb's End? ;)
Non so ancora dove mi ritirerò, ma mi godrò con piacere da lontano i commenti che arriveranno in mia assenza... Ciao e grazie ancora!
EliminaBen fatto anche questo.
RispondiEliminaQuindi sarebbe la porfiria la base di molte leggende sui Licantropi così come sui Vampiri.
Una curiosità, Marco: è varo che fino agli anni 80s molti esperti rifiutavano questa teoria?
No, è l'esatto contrario: se ricordi il post sui vampiri, Stoker ha scritto Dracula mentre studiava la porfiria. Negli anni '60-'70 venne proposta questa teoria, che tornò di moda negli anni '80 quando il biochimico canadese David Dolphin pubblicò "Porphyria, Vampires, and Werewolves: The Aetiology of European Metamorphosis Legends".
EliminaDolphin sosteneva che i vampiri fossero malati di porfiria e che dovessero nutrirsi di sangue per far fronte all'emolisi dovuta a questa malattia. In realtà la sua teoria non funziona: i malati non "sentono" il bisogno di bere sangue; necessitano invece di trasfusioni, berlo non servirebbe perchè l'assorbimento attraverso l'intestino di globuli rossi è praticamente nullo.
Io in questo post lancio un'ipotesi: la porfiria, che è legata al sangue, è una malattia che avrebbe in effetti potuto far nascere diverse leggende. C'è chi la conteste, c'è chi pone prove a favore (come in questo post). In ogni caso, sicuramente non da sola: non dimentichiamoci della rabbia. E ancora di tutte le elaborazioni successive fatte dal folklore.
Nella successiva parte, vedrai poi un'altra ipotesi legata solo al lupo mannaro. Il bello è che è altrettanto plausibile e affascinante, secondo me.
Eheh, avevi ragione... questa parte mi ha interessato :)
RispondiEliminaChe poi, sai che in Berserk compaiono davvero berserker o halfhundingas?
Wiald, comandante dei Cani Neri, è rivestito di pelle di animale, proprio come nelle immagini che hai allegato. Pure Zodd veste spesso di pelli di animali selvatici.
Bell'articolo, in attesa del finale :)
Moz-
Non leggendo Berserk non ne so molto. Purtroppo non ho nemmeno trovato molto sugli halfhundingas e sugli svinfilking, tanto che i nomi ho dovuti tradurli per assonanza.
EliminaIl finale sarà piu psicologico rispetto ai primi due episodi. ;)
Lo stesso Gatsu a un certo punto esteriorizza il proprio "demone", avvicinandosi alla tipica figura del berserker. Soprattutto con l'armatura del berserk (appunto).
EliminaSì, e il demone interiore di Guts (o Gatsu che dir si voglia...) è proprio una sorta di canide, tipo lupo nero :)
EliminaMoz-
Articolo molto interessante, che fa il paio con quello di qualche tempo fa. Mi sembra che il saggio però fosse più sullo storico-antropologico, per cui credo che le sovrapposizioni ci siano, ma contenute. Ne viene fuori, anzi, un dossier a più voci.
RispondiEliminaL'aspetto socioantropologico della questione verrà esaminato nella terza parte del post.
EliminaIo tramite videogiochi conoscevo le figure dei Berseker (che in MMO come Wow è diventata una vera e propria stance/abilità della classe del guerriero) e questa parte del tuo articolo mi ha molto affascinata perché io sulle popolazioni nordiche ne so poco e quindi mi fa sempre piacere scoprire ed imparare! :D
RispondiEliminaGrandissimi!
Bellissimo articolo!
Mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa di più su halfhundingas e svinfilking, ma non ho trovato molto in giro.
EliminaComunque ci sono tantissimi miti sui guerrieri mannari: uno affine è quello di Setanta Cu Chulainn, che appartiene all'Irlanda. Anche lui soffriva di una sorta di berserksgangr, che però lo trasformava in una creatura raccapricciante.
@ Alessia: Ma sai che quando ho letto della tua passione per i videogiochi ho subito pensato ai MMO ? Hanno ambientazione fantasy, tu disegni quindi hai fantasia, ecco l'associazione :D
Elimina@Marco: Il mio primo incontro col Berseker è stato col gioco di carte collezionabili "Magic: the Gathering", poi nella serie anime "Neon Genesis Evangelion" e infine nel videogioco strategico ad ambientazione medievale "Medieval: Total War Viking Invasion".
Complimenti per l'articolo
A Magic ci ho giocato qualche volta con una mia amica tantissimi anni fa!
EliminaGrazie Min, a presto!
Interessantissima questa parte scientifica!
RispondiEliminaConoscevo (e soltanto in parte) le leggende relative ai Berserker: tosti e fieri!
L'utilizzo di sostanze di vario tipo ricorre spesso, in effetti è un aspetto non troppo noto, almeno a me non è capitato spesso di leggere al riguardo.
Quello di drogare i combattenti è un metodo che si e visto anche piu di recente, come in Vietnam.
EliminaAh ma allora in La metamorfosi del male (o Wer, che dir si voglia) non avevano sparato proprio una cavolata quando parlavano di "porfiria" davanti alla patologia mannara del protagonista. E io che pensavo fosse il solito strafalcione di sceneggiatori poco attenti...
RispondiEliminaBuono a sapersi, c'è sempre da imparare!!
E' un'ipotesi. Plausibile perchè suffragata da fatti. Io sono dell'idea che i due miti abbiano avuto una comune origine. C'è anche chi non la trova attendibile, però: nel caso dei vampiri ne avevo avanzata anche un'altra e nella terza parte del post se ne vedrà un'altra per i lupi mannari.
EliminaUno degli archetipi dell'orrore che preferisco. Il lupo mannaro. Ma mi limitavo a questo. Del resto sapevo poco o niente. Interessantissimo!
RispondiEliminaGrazie! :)
EliminaInteressantissima anche questa seconda parte! @Marco, nell'articolo parli di sinestesia (un senso che diventa un altro); in che cosa si traduce facendo un esempio a livello pratico?
RispondiEliminaSperiamo che il dottor Lazzara passi a chiarire l'arcano! (oddio, ho involontariamente fatto una battuta!)
EliminaAttendiamo con ansia... sperando che gli arrivino ancora le notifiche su questi suoi articoli. :-)
EliminaSì sì, mi arriva ancora tutto! :)
EliminaCon sinestesia si intende appunto una trasmutazione sensoriale, ovvero quando senso diventa un altro. Per esempio vedere i suoni, sentire il gusto dei colori, udire gli odori...
Questo avviene per eccitazione dei neuroni del locuus ceruleus, che vengono stimolati dalle sensazioni percettive: alcune droghe li eccitano ed è come intasare un imbuto, per cui all'uscita il modo con cui viene percepito un senso va a travalicare quello di un altro.
Sinestesia, tra l'altro, è anche una figura retorica. Esempi: un blu freddo; un suono appiccicoso; un rumore caldo.
Grazie mille, Marco, ora è chiarissimo. Com'è ovvio dev'essere terribile per chi lo prova, ma detto così è quasi poetico. Mi ricorda anche Lo spirituale nell'arte di Kandinskij, la sua teoria dei colori che mi fu spiegata a grandi linee in occasione di una mostra a lui dedicata. Mi ricordo il colore viola come associato non solo alla tristezza, ma alla nota bassa del fagotto.
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