domenica 6 marzo 2016

Storie di fantasmi

Da qualche parte questa lunga serie di post dovrà pur cominciare, stavo riflettendo qualche giorno fa. Se siete capitati qui, probabilmente avete già letto il mio post precedente, quello in cui annunciavo la partenza di quella che, a tutti gli effetti, si può definire un'impresa impossibile.
Scrivere cento post su un unico tema non sarà affatto facile. Il problema, al di là delle apparenze, non è solo quello di trovare abbastanza cose da raccontare (da quel punto di vista, materiale e fantasia non mi mancano), quanto riuscire a mettere tutto in fila con coerenza, in modo tale che il risultato complessivo non si riduca a un’accozzaglia di parole prese un po' a caso e buttate lì senza logica.
Problema che, a ben vedere, riguarda un po' tutti i miei progetti a lungo termine. Come è mia abitudine però, e lo avrete ormai capito soppesando i tanti progetti che sono stati iniziati sinora, il sottoscritto naviga più o meno a vista. La priorità pertanto è quella di non perdere la rotta, aiutandomi, come ho fatto altre volte, con una pagina statica dedicata che possa essere di supporto tanto al sottoscritto quanto all’occasionale viandante del web. Non mi è davvero possibile immaginare con così largo anticipo dove mi porteranno le parole una volta che saranno state impresse su questa pagina bianca. Non mi resta quindi che iniziare. Il viaggio che ci aspetta è molto lungo ed è ormai ora di tirare a bordo la cima e salpare le ancore.
Storie di fantasmi giapponesi. Quattro parole che già da sole riescono a evocare un intero universo, al tempo stesso vicino e lontanissimo. Tutti noi, in un modo o nell'altro, abbiamo avuto modo di capitarci dentro, in quell'universo: vuoi per aver visto un film, vuoi per aver letto un libro, vuoi per aver ammirato una di quelle meravigliose stampe dai colori così delicati da non lasciare il minimo dubbio sulla loro provenienza. Qualunque possa essere stata la nostra esperienza, sia essa positiva o negativa, è innegabile che essa è stata in grado di trasmetterci quel certo tipo di fascino raramente rintracciabile altrove. Il fascino dell'estremo Oriente, con le sue credenze, le sue tradizioni, i suoi modi così assurdamente diversi da quelli con cui siamo abituati ad avere a che fare nella vita di tutti i giorni. Ma quanto sono davvero diversi i fantasmi giapponesi da quelli occidentali?

In fondo in fondo qualcosa di simile, se non sostanzialmente identico, lo si può anche trovare, ma quelle similitudini, come vedremo, a un certo punto iniziano a sbiadire per lasciare il passo a qualcosa di decisamente inconsueto. Ce ne renderemo conto, un poco alla volta, nel corso di questo lungo viaggio. Oggi però partiamo dall'inizio, dalla domanda che sta un po’ alla base di tutto: “cos'è un fantasma?”. Per definizione, molto sinteticamente, un fantasma è la manifestazione di una presenza incorporea, generalmente originata da vecchie credenze popolari, quelle leggende che, tramandate di generazione in generazione a partire dalla notte dei tempi, sono giunte fino a noi per via orale, almeno inizialmente, per poi proseguire il loro percorso sulla carta stampata e, ancora più tardi, sulla celluloide. L'immaginario occidentale ha sempre preferito rappresentare il fantasma, forse per sdrammatizzarne i contorni, come una figura antropomorfa avvolta in un sudario bianco che si aggira inquieta per i corridoi di un antico castello producendo un assordante rumore di catene: è quello il tipico fantasma che abbiamo ammirato migliaia di volte nei cartoni animati della Walt Disney, giusto per capirsi. Un fantasma tutt’altro che spaventoso, non trovate?

Portrait of Jennie - William Dieterle (1949)
La più diffusa credenza popolare ritiene che i fantasmi non siano altro che le anime dei defunti che, in qualche modo, riescono a manifestare la loro presenza nel mondo terreno, spesso e volentieri allo scopo di portare a termine qualcosa che, al momento del trapasso, era stato lasciato loro malgrado irrisolto. Milioni di storie sono state raccontate aderendo a questa interpretazione e il motivo mi sembra piuttosto ovvio: fra le tante possibili, questa è la visione più rassicurante, quella che indirettamente ci suggerisce la possibilità di una vita dopo la morte, in perfetta aderenza a ciò che, sin da piccini, usando magari delle favolette, ci hanno sempre invitato a credere. Il manifestarsi dell'anima di un defunto, ancora meglio se appartenente a uno dei nostri cari trapassati, è, aldilà di ciò che si voglia credere, un forte messaggio d'amore, la prova inconfutabile che il bene finisce sempre per aver ragione del male. Pensate ai fantasmi romantici del cinema, quelli protagonisti di capisaldi del genere come Il ritratto di Jennie (William Dieterle, 1949), la storia melodrammatica di un amore impossibile tra un giovane pittore e lo spettro di una fanciulla morta anni prima, o di film commerciali come il ben più celebrato Ghost (Jerry Zucker, 1990), sdolcinata favoletta-su-misura cucita addosso al compianto Patrick Swayze e una Demi Moore all'inizio della carriera e non ancora così prorompente.

Ma perché allora i fantasmi ci terrorizzano? Magari mi sbaglio, ma potrebbero essere state proprio le credenze popolari, sfociate in seguito nella letteratura e nel cinema di cui sopra, a trasformare nel corso dei secoli i fantasmi da creature benevole in creature maligne. A parte quelle rare eccezioni già citate, gli scenari nei quali sono state costruite le storie di fantasmi sono stati quasi sempre lugubri e tetri, scenari che hanno trasmesso un senso di angoscia, di tristezza e di sofferenza, luoghi isolati e terribili come i cimiteri nelle ore notturne. Quanti di voi potrebbero affermare, in tutta onestà, di essere in grado di attraversare serenamente un cimitero nel cuore della notte? Appunto.
In questo senso, occidentali e orientali la vedono esattamente nello stesso modo, perché difficilmente la manifestazione terrena dell'anima di un defunto può essere considerata di buon auspicio.
Va però precisato che, di per sé, avere un contatto con un defunto può non essere negativo; può anzi essere un'esperienza commovente e confortante se il caro estinto, dopo aver testimoniato il suo amore, ovviamente, se ne torna al luogo a cui ormai appartiene (vedi per esempio la tradizionale festa Obon). Il defunto può anche essere interpellato per rivelare qualcosa che ai vivi non è dato sapere, ma anche in questo caso il rito prevede che, una volta fatto questo, il contatto si interrompa.

Théodore Chassériau - Le spectre de Banquo (1854)
Ma se è vero che un trapassato riesce a tornare fra i vivi per trovare una soluzione a qualcosa di irrisolto, ben difficilmente quel "qualcosa" può essere l’amore. In sporadiche occasioni le motivazioni degli spiriti sono nobili, come nel “Canto di Natale” di Dickens, dove il fantasma di Jacob Marley riappare al suo vecchio socio Ebenezer Scrooge per renderlo consapevole dei suoi errori. In “Cime Tempestose”, invece, le apparizioni di Catherine ad Heathcliff sono la materializzazione di un legame ossessivo e totale che nemmeno la morte ha potuto recidere, perché i due protagonisti hanno di fatto due corpi e un'anima sola. Il più delle volte tuttavia a muovere i passi degli spiriti è il desiderio di rivalsa nei confronti di qualcuno. Pensate ad Amleto, principe di Danimarca, spinto dal fantasma del padre a vendicarne la morte, al fantasma di Banquo che, tradito e assassinato dal suo migliore amico, si ripresenta agli occhi di Macbeth trascinandolo nella follia, o ancora al fantasma di Lady Madeleine, la cui furia si scatena sul fratello Roderick Usher, trasformando infine in un cumulo di macerie anche la casa omonima.
Anche in Oriente le storie di fantasmi sono spesso storie di tradimento e di vendetta, essendo nate in una società dove storicamente le donne sono sempre state subordinate all’uomo in tutto e per tutto, schiacciate sin dalla nascita dalla pressione sociale e da quella mentalità tradizionalista che le vuole figlie ubbidienti, mogli fedeli e amanti appassionate. Introduciamo quindi già da oggi il concetto di Onryō (怨霊), uno delle più terribili creature dell'immaginario giapponese: il fantasma di una donna la cui sete di vendetta è talmente forte dal renderla praticamente inarrestabile. Con questo non voglio dire che tutti i fantasmi vendicativi giapponesi siano donne, ma in un certo senso essere donna, da questo punto di vista, aiuta parecchio. Ma ci sono diverse differenze sostanziali tra i fantasmi occidentali e quelli orientali (gli Onryō in particolare), differenze che andremo ad analizzare meglio nei prossimi articoli: 1) i fantasmi giapponesi raramente sono eterei e impalpabili, 2) il loro ritorno sulla terra è guidato da un’inarrestabile emozione, 3) la loro presenza non infesta necessariamente un singolo luogo e 4) il loro rancore non viene mai scatenato esclusivamente su coloro che furono responsabili di una colpa...

Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di tale progetto,  esso rappresenta la parte 2 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. Buona lettura! 
P.S.: Possiamo spegnere la 2° candela...

27 commenti:

  1. Quello dei fantasmi è uno dei tanti argomenti che si prestano ad infiniti paralleli fra le letterature di ogni tempo e luogo, come hai già detto (e Shakespeare non poteva che essere il primo citato,) e questo ci dimostra quanto il tema sia effettivamente molto presente nella psiche e nell'antropologia di ogni popolazione.
    Mi ero persa l'introduzione con i propositi dei cento post, ma, ora che ho letto tutto, sono veramente curiosa: in bocca al lupo per questo progetto ammirevole, che già con questo primo appuntamento si presenta interessantissimo! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti assicuro che ho dovuto tarpare largamente il mio desiderio di proporre quegli infiniti paralleli di cui parli. L'argomento è infatti pressoché infinito e spazia attraverso i secoli, oltre che attraverso gli emisferi. Se cento post dovessero mai bastare per parlare di fantasmi esclusivamente giapponesi (e non è nemmeno detto) mi chiedo quanti ne avrei dovuto mettere in cantiere per un discorso geograficamente più ampio.

      Elimina
  2. Oh, si entra nel vivo. In effetti l'idea di poter rivedere - sia pure sotto forma di spirito - un proprio congiunto defunto dovrebbe essere incoraggiante, invece suscita spavento (almeno a me lo suscita). Probabilmente accade, come tu dici, solo perché nel nostro immaginario collettivo i fantasmi sono associati a storie di paura, altrimenti, a pensarci bene, magari poter comunicare di nuovo coi propri defunti!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In realtà siamo ancora ben lontani dall'entrare nel vivo della questione. Per quanto riguarda il rivedere i propri defunti, sono d'accordo, dovrebbe essere incoraggiante, ed è in fondo quello che un po' tutte le culture si propongono di fare (cioè incoraggiare) nelle varie festività dedicate alla commemorazione dei defunti, dall'Estremo Oriente all'America Latina. Accidentalmente il terrore della morte, che non ci è possibile esorcizzare, rende complesso qualsiasi tentativo di reale avvicinamento.

      Elimina
  3. Grazie Tom, grazie perché sono presissimo nella stesura del nuovo romanzo e ho proprio bisogno di distrarre la mente con cose che non conosco. Mi sto documentando per capire meglio quello che scrivi, e ho scoperto che è molto divertente, stimolante. Penso che mi leggerò parecchio sul periodo Edo, la mia natura di storico dilettante, raffazzonato, autodidatta e del tutto incompetente mi ha portato alle analisi sul perché in quel periodo particolare sono sorte o sono state rielaborate molte delle tematiche di cui parli. Periodo in cui Il Giappone esce dal millenario isolamento e incontra in senso più stretto il mondo occidentale, missionari, mercanti inglesi, olandesi, francesi. Come in tutti i casi di "incontro con lo straniero" i timori dell'ignoto in qualche modo devono necessariamente essere elaborati e inquadrati. C'è bisogno di rendere riconoscibili le paure ancestrali.
    In merito allo specifico dei fantasmi, ti leggo con timore. In qualche misura, devo ammettere che credo al soprannaturale. Se ti scappa qualche consiglio lo accetterò con piacere.Grande Tom.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nemmeno io sono uno storico professionista... non sono nemmeno uno storico. Quello che so è che, a causa del suo isolamento geografico, il Giappone ha subito nei secoli pochissime invasioni straniere e di conseguenza ha potuto selezionare con cura e intelligenza ciò che la interessava delle culture degli altri paesi. Una modello di perfezionismo che, a pensarci bene, quasi intimorisce...

      Elimina
    2. Il Giappone fa paura davvero. Sono implacabili, nel bene e nel male.

      Elimina
  4. Oh, bella questa introduzione al fantasma *_* Io ho pensato anche agli anime di Miyazaki, tanto per...
    E non vedo l'ora che si entri nel vivo e ci si spaventi per bene tutti ^^
    A presto, eh?!!! XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Immagino che stai parlando di Pricess Mononoke, visto che mi pare di averti sentito accennarne da qualche parte, in qualche commento, ultimamente. Se invece ti riferisci a Hayao Miyazaki in generale, mi permetto di ricordarti/vi lo speciale sul “lato oscuro” del Totoro, pubblicato qui sul blog nell’autunno del 2014.
      Come vedi di fantasmi giapponesi si è cominciato a parlare già molto tempo fa…

      Elimina
    2. Eccomi! Scusa la lentezza ho un periodo in cui ottimizzo poco e fatico a star dietro alla blogosfera :P
      Allora, sicuramente c'è da prendere in considerazione "tutto Miyazaki", compreso il tuo approfondimento sul Tototo-oscuro che ricordo benissimo! Per chi non l'avesse letto: fatelo subito!!! :D
      Mentre leggevo il tuo post ho però pensato a La città incantata e in particolare a Senza Volto/Kaonashi!

      Elimina
  5. Anche in Mason & Dixon di Thomas Pynchon, tra le altre cose omaggio dichiarato al cinema di fantasmi cinese, ci sono un bel po' di belle apparizioni.

    P.S. Ho notato il "sostanzialmente" ;D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mason & Dixon? Davvero? Non avevo idea...
      Quella cosa del "sostanzialmente" mi sa che l'abbiamo capita in due.... ^_^

      Elimina
  6. Questo viaggio inizia con i migliori auspici ^_^
    Sarebbe da indagare ma credo solo il mondo latino abbia tratto dallo stesso verbo greco ("fantazo") sia fantasma che fantasia, prima che le paure popolane del medioevo italico inventassero la parola "fantasima" per indicare ciò che noi oggi chiamiamo "incubo". Tre modi diversi di chiamare un'immagine mentale che diventa reale ai nostri sensi. I tuoi post faranno diventare reali molte immagini, quindi già ho i brividi :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Al di là dell’etimologia, credo che un po’ in tutte le lingue certi termini derivino da un immaginario comune. D’altra parte certe emozioni sono le stesse dappertutto: amore, odio, paura, dolore…. e le parole per descriverle, quando sono state pronunciate per la prima volta, non possono che aver seguito le stesse strade. Il giapponese, che di per sé è una lingua isolata (di cui non è dimostrata la parentela con altre lingue del mondo), in tutto questo non fa eccezione: la parola incubo (夢魔), per esempio, contiene il kanji 魔, che significa demone, strega, spirito malvagio. È questa la prova che la paura stessa è universale.

      Elimina
    2. Splendido! È davvero la testimonianza che la paura è universale e genera percorsi lessicali comuni. Grazie dell'info preziosa ;-)

      Elimina
  7. Mi è piaciuto il tuo excursus nel mondo della letteratura classica e del cinema occidentale prima di addentrarti nello specifico giapponese! Attendo con ansia i prossimi post! ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un piccolissimo excursus, in realtà. Come dicevo prima, rispondendo ad un altro commento, avrei potuto davvero dilungarmi all'infinito...

      Elimina
  8. Magari un giorno riuscirò anch'io a occuparmi di fantasmi come ho fatto in passato con altre figure. Però sicuramente con la tua conoscenza delle tradizioni giapponese mi batti già in partenza.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Batterti in partenza? Chi può dirlo?. E poi non è mica una gara...

      Elimina
  9. Ad essere cinici si potrebbe dire che il tempo dei fantasmi, semplici proiezioni della mente, sia finito con l'arrivo della luce elettrica, così come il tempo degli UFO sia terminato con l'avvento degli smartphone in grado di filmare e fotografare, oppure, si può pensare che si siano solo spostati dal nostro raggio visivo, mimetizzati nella nostra realtà.
    Tranne che su youtube dove sono ben visibili in tanti ultra-verissimi video.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahaha... Hai ragione! Sembra propio che i fantasmi siano finiti tutti nei video più virali di YouTube! D'altra parte anche per loro è tempo di crisi....

      Elimina
  10. Già l'immagine iniziale mi inquieta. Brrr... Grazie per questa prima degustazione, soffio anch'io sulla seconda candela, e alla prossima! :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'immagine iniziale rappresenta Oiwa (四谷怪談, Yotsuya Kaidan). Non mi sorprende che ti abbia inquietato: è una delle più spaventose (e celebri) storie di fantasmi giapponesi...

      Elimina
    2. Ah, grazie! Comunque io non faccio testo perché sono una fifona di mio. ;-)

      Elimina
    3. Apprezzo maggiormente il tuo coraggio nell'affrontare un post come questo, allora. ^_^

      Elimina
    4. Basta che non escano dallo schermo e poi va tutto bene. Una volta mi capitò qualcosa di veramente inquietante, al punto che spensi il computer di botto.

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...