domenica 22 gennaio 2017

Histoire d'une maison maudite

Abbiamo sempre sospettato che dietro le più antiche leggende si nasconda un frammento di verità: Malpertuis cela un segreto e il suo nome evoca il male sotto forma di quello che non dovrebbe più camminare sulla terra. Nella casa dell’ignoto, all’apparenza un’antica e rispettabile dimora delle Fiandre, si intreccia la storia di un gruppo di personaggi che non sono quello che sembrano e che incarnano forze primigenie. Uno dei miti immemorabili dell’umanità sta prendendo forma e sembianze di nuovo… Non sempre facile da seguire, specialmente per un lettore distratto che potrebbe farsi sconfortare dalla particolare tecnica con la quale l'autore belga sembra volerlo confondere sin dalle prime pagine, questo breve romanzo di Jean Ray è il libro che più di ogni altro si è fatto attendere dalla mia pur sempre accogliente libreria. Erano anni che lo tenevo d'occhio, decenni addirittura. Più o meno lo osservavo, anche inconsciamente, da quando divenne irreperibile, ovvero una volta esaurita l'ultima edizione italiana risalente all’ormai remoto 1990. Il mercato dell'usato, a cui spesso attingo, non mi è mai venuto veramente incontro. Le offerte non sono mai scese a un livello accettabile e tuttora, mentre molte edicole ancora espongono l'edizione 2016 di Malpertuis a una manciata di euro, i prezzi dell'usato si mantengono elevatissimi, sforando quasi sempre la fatidica soglia dei cento euro. D'altra parte questo è un po' il comun denominatore di tutta la produzione di Jean Ray, uno degli autori storicamente più ignorati dall'editoria italiana. Se non fosse per la Hypnos, che pochi anni fa si è presa la briga di ristampare due raccolte di suoi racconti (Il gran notturno, subito esaurito, e I racconti del whisky, recentemente andato in ristampa), credo che ben pochi nel nostro paese, me compreso, potrebbero dire di conoscere davvero il suo nome. Oggi dobbiamo ringraziare invece Mondadori e la sua leggendaria collana Urania (qui nella sua declinazione horror) se le cigolanti porte della dimora nota come Malpertuis si sono riaperte al pubblico italiano.
Non sempre facile da seguire è anche il film omonimo di Harry Kümel, datato 1971 e anch'esso non così accessibile (se volete acquistare il DVD, ovviamente in lingua originale, siate pronti a spendere almeno 5-6 volte quanto vorreste ragionevolmente spendere per un film. Altrimenti esiste lo streaming legale e tutto un sottobosco di illegalità al quale attingere, se proprio non potete farne a meno).
Arduo è anche raccontare i fatti salienti della storia senza anticipare ciò che il lettore o lo spettatore vorrà scoprire da sé. Cosa è vero? Cosa non lo è? Nulla è come sembra in Malpertuis: particolari all'apparenza incomprensibili trovano una spiegazione man mano che gli eventi si dipanano per poi ricomporsi alla luce della grande rivelazione finale, ma mentre il romanzo in qualche modo lascia intuire molto già prima della fine, il film è un po’ più criptico. Rileggere Malpertuis una seconda volta e cogliere le varie sfaccettature della complessa struttura che lo rende unico è stato ancora più entusiasmante, così come è stato entusiasmante rivedere il film per l’ennesima volta dopo aver finalmente letto il romanzo.
Dovete sapere che, personalmente, sono riuscito a vedere il film per intero solo al terzo o al quarto tentativo. A parte la mia endemica stanchezza, favorita dalla lunghezza della pellicola, non è scontato che si riesca a prestare la dovuta attenzione ai significati celati nei piccoli particolari con un occhio sempre fisso sui sottotitoli: in questo modo si perdono inevitabilmente quei piccoli appigli che rendono la visione lineare e comprensibile. Ecco perché consiglierei a tutti di concedersi almeno una seconda visione, specialmente se questa segue la lettura del romanzo, durante la quale poter finalmente cogliere tutti gli indizi seminati in questo o in quel fotogramma. Se si ha una minima infarinatura di mitologia classica e un po’ di spirito di osservazione, non è poi un esercizio impossibile. 

Malpertuis! Era la prima volta che il nome scorreva, greve d'inchiostro, sotto la mia penna atterrita. Ancora mi ripugna l'immagine di quella dimora, meta finale di tanti destini umani. Esitai, cercai di prendere tempo, prima di metterla a fuoco nella memoria. I personaggi, del resto, erano meno pazienti della casa pressati forse dalla brevità del loro passaggio terreno. Dietro di loro le cose rimanevano, come la pietra di cui son fatte le dimore maledette. Scalpitavano, agitati ed eccitati come montoni davanti all'uscio del mattatoio. Come candele umane, non trovarono pace finché non presero posto sotto il grande spegnitoio di Malpertuis. 

Ma veniamo alla questione più importante: cos'è Malpertuis? Apparentemente è solo una casa, una dimora, una magione o come dir si voglia. Tutto o quasi si svolge fra le sue mura, che richiamano un po' quegli ambienti dei primi romanzi gotici del diciottesimo secolo, così ricchi di segreti e carichi di infauste promesse. Se state pensando alla solita casa infestata, sappiate però che siete fuori strada. Questa non è una storia di fantasmi e, se dei fantasmi compaiono, non sono affatto del tipo che potreste aspettarvi. I personaggi non sono nemmeno vampiri né alcuna delle classiche creature della letteratura horror, sebbene Jean Ray si diverta a volte a mescolare le carte: quei licantropi e quelle pelli di lupo mannaro che ricorrono nei capitoli finali del libro non hanno un vero peso nell’economia della storia, ed è un peccato che questo piccolo trucco dell’Autore, volto a confondere il lettore o semplice vezzo che sia, si riveli in fondo un elemento superfluo.
Malpertuis è singolare quanto il destino dei suoi abitanti, prigionieri fra le sue mura per volere del suo vecchio proprietario Quentin Moretus Cassave (Cassavius nel film, il cui volto si materializza in quello di un monumentale Orson Welles). La storia infatti comincia proprio con la dipartita di Cassave, che stabilisce che i suoi eredi ricevano una quota di patrimonio e un vitalizio cospicui a patto che non abbandonino mai la casa di famiglia. Chi sopravvivrà agli altri diverrà erede universale, e se a sopravvivere saranno un uomo e una donna dovranno sposarsi, in modo da garantire la continuazione della casata: il desiderio non troppo velato del moribondo è che questi siano i suoi nipoti Jean-Jacques Grandsire ed Euryale. Ma se persino gli dèi possono morire, come potrà la sua casata non estinguersi?

La domanda è meno oziosa di quello che sembra, perché Cassave nasconde un segreto. Un segreto che gli abitanti della casa non conoscono o hanno dimenticato, un segreto legato a un antico sortilegio tramite il quale l’uomo (un rosacrociano e un occultista) ha piegato forze arcane al suo volere.
Non è chiaro se la dimora di Cassave sia stata contaminata da quelle stesse forze che deve contenere oppure se, per una sorta di proprietà transitiva, abbia assunto le caratteristiche del suo proprietario, fatto sta che l’abate Doucedame, uno dei narratori nel romanzo, la descrive come l’antro della volpe, la casa del male o della malizia; per estensione, poiché la volpe è una figura della demonologia, come la casa del Maligno. Non è dunque solo la condizione posta da Cassave, ma la casa stessa a imprigionare i suoi abitanti in una sorta di invisibile malia che impedisce loro di lasciarla.

Entrato a Malpertuis, mi sentii suo. La casa non faceva alcun mistero del suo interno. Nessuna porta si ostinava a restare chiusa, nessuna stanza si rifiutava alla mia curiosità. Non c’erano né camere proibite né passaggi segreti e tuttavia… Tuttavia risuonava di mistero a ogni passo, e ogni passo sembrava circondato da una mobile prigione di tenebre. 

Malpertuis, con il suo labirinto di lunghi, angusti corridoi e angoli decadenti ove sembra svolgersi una battaglia eterna fra il buio e la luce, è la vera figura chiave di una storia che oltre a Jean-Jacques (ribattezzato Jan nel film e invecchiato di qualche anno rispetto alla sua controparte) comprende moltissimi personaggi e figuranti: Nancy, sorella di Jean-Jacques, la famiglia Dideloo (gli zii Charles e Sylvie e la figlia Euryale), Philarète e le tre sorelle Cormélon (Eléonore, Rosalie e Alice); Mathias Krook, che gestisce il negozio di vernici, il dottor Sambucque, Lampernisse e il misterioso Eisengott; e i servitori, i coniugi Griboin, la vecchia Groulle e infine Elodie, la balia di Jean-Jacques e Nancy. Un gruppo quantomai eterogeneo, ove non mancano avidi sciacalli e inetti leccapiedi. Il terrore comincia quando la morte miete fra loro le prime vittime. Queste morti, ovviamente, non hanno nulla di naturale…
Il Cassavius di Kümel più che un occultista sembra una sorta di stregone tout court, quasi uno scienziato pazzo con il pallino di creare la vita, un personaggio sgradevole cui la superba interpretazione di Orson Welles conferisce spessore mentre troneggia dal letto di morte. Se una menzione speciale va anche a Susan Hampshire nel triplice ruolo di Nancy, Alice e Euryale, è indubbio però che nella trasposizione cinematografica a rubar loro la scena sia proprio Malpertuis.
In generale, sono parecchie le differenze fra le vicende narrate da Jean Ray e da Harry Kümel. La storia del romanzo (che riguarda principalmente, ma non solo, il destino di Jean-Jacques) viene narrata attraverso gli scritti lasciati da diversi testimoni vissuti in epoche diverse, messi insieme con pazienza da una voce narrante che, proprio nelle prime pagine, ammette di esserne venuta in possesso durante un sacrilego furto da essa perpetrato nel convento dei misteriosi Pères Blancs. Un ladro bibliofilo quindi è colui al quale noi lettori ci affidiamo per mettere assieme i tasselli del puzzle e per andare a fondo nei misteri di Malpertuis. Interessante davvero a questo punto è osservare che il recupero di un libro dimenticato sia l'argomento che sta alla base di un libro anch'esso, per tutt'altre ragioni, dimenticato.

Questa cornice narrativa è del tutto assente nel film, che si presenta con una struttura più classica e lineare fino al finale, dove in compenso il regista belga sembra ribaltare l’epilogo tramite il ricorso all'espediente del metaracconto: nelle battute finali fa infatti capolino un nuovo personaggio, alter ego di Jean-Jacques: il signor De Kremer. Il vero nome di Jean Ray era Raymond Jean Marie De Kremer...
L'inganno viene svelato dal movimento circolare che, dopo averci illusi di essere usciti da Malpertuis, ci riporta dritti nelle sue profondità.
Il leitmotiv tuttavia è il medesimo, Moira, come nel romanzo, o Ananke, come nel film: il Destino, quella forza che regola tutte le cose e alla quale tanto gli uomini che gli dèi sono costretti a piegarsi, e che in ultimo significa oblio e morte.

E quand'anche avessi scoperto quello che credo sia il vero e ripugnante mistero di Malpertuis, avrò forse salvato qualche anima dagli artigli del Maligno? Dio permetterà a questo indegno salvatore di operare per la Sua Gloria conquistando qualche anima al suo cielo? ...Vedo Doucedame il Giovane cadere in un penoso sogno, il fuoco morire lentamente nel camino, e l'amichevole sorriso dei libri dileguarsi nella notte. 

Horror? Thriller? Weird? Mai come in questo caso cercare di appiccicare un'etichetta è al di fuori di ogni logica. Malpertuis è tutto questo e allo stesso tempo nulla di tutto questo. Malpertuis, se proprio vogliamo, è un classico, uno di quei classici ai quali il termine calza perfettamente, come mai è stato per romanzi ai quali la classicità è stata più o meno imposta.
La sua vera forza è forse quella di riuscire a superare i confini tra realtà e fantasia innestando elementi della storia antica su quella moderna, mescolando le suggestioni e le atmosfere più diverse, i miti e le leggende, e poi il sacro e il profano, il bene e il male, assolvendo nel contempo a una funzione apotropaica; perché Malpertuis, la casa, è pur sempre un luogo, ha pur sempre una dimensione fisica che è possibile lasciarsi alle spalle semplicemente mantenendo la sua porta d’ingresso ben serrata. O no? Vale forse la pena soffermarsi sul monito dell’Autore contenuto nella postfazione al romanzo…

Sono anni che conosco Malpertuis, e sono anni che la vado cercando. Forse le sono passato accanto durante uno dei miei viaggi a Gand o in qualche posto anseatico avvolto nella nebbia o dalla pioggia sottile. Qualche volta Jean Ray mi accompagnava e, se mai fossimo passati davanti alla terribile dimora, non me lo diede mai a vedere. [...] Allora, Jean Ray, vuole dirmi dove si trova Malpertuis? [...] E i personaggi di Cassave, Lampernisse, Jean-Jacques Grandsire, l'abate Doucedame, Philarète, Euryale, le sorelle Cormèlon, Eisengott, sono tutti inventati? [...] Il terribile viso d'aguzzino si fa serio. La bocca si chiude come una finestra a ghigliottina. Gli occhi di pietra si restringono. E, senza muovere le labbra, Jean Ray mi trasmette questo avvertimento: "Continua pure a cercare Malpertuis... Ma non dimenticare che se non la trovi tu, forse sarà quella maledetta casa dell'inferno a trovare te... E allora...".

Comunicazione di servizio - la prova che la realtà spesso supera la fantasia oggi arriva dal blog dell'amico Ivano Landi, che pubblica contemporaneamente a questo articolo (contemporaneità del tutto casuale) la sua personale interpretazione di Malpertuis.
Ecco il link.

29 commenti:

  1. Grandioso! Abbiamo pubblicato entrambi un post su Malpertuis - sebbene di natura completamente diversa l'uno dall'altro - nello spazio di tre minuti!

    E più che ottima questa tua recensione, che riesce a dire molto senza però dire troppo e rovinare il piacere della lettura.
    Sul film ti ho già detto: l'ho praticamente dimenticato, dopo così tanti anni, e voglio proprio rivederlo adesso che ho finalmente letto il romanzo. L'istinto mi dice che ne trarrò più sodisfazione stavolta che alla prima visione ;-)

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    1. Non è stato per niente facile scrivere questo post senza raccontare nulla che possa rovinare la lettura. Qualche indizio l'ho seminato ma sono certo che solo chi ha già letto il romanzo possa essere in gradi coglierlo.
      Davvero un grande sincronismo il nostro! Sembra fatto apposta ma non è così la nostra! Altro colpo di fortuna è la pubblicazione e il tuo commento così rapido, visto che mi permette di passare da te subito (cosa che tra mezz'ora mi sarebbe impossibile visto che sono giusto in partenza per un viaggio di lavoro).

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    1. Forse correndo in edicola.... dovresti fare ancora in tempo. :D

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  3. FANTASTICO post. Così bello che ora, nell'immediatezza, me lo sono comprato su amazon. Sei un maestro.

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    1. Dovrei forse chiedere una percentuale a Giuseppe Lippi....

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  4. Spero di trovarlo ancora in edicola... Lo aspetto anch'io da molto tempo e, ahimé, non ho "potuto" leggere il tuo articolo per non spoilerarmi nulla, ma proprio nulla :)
    A presto!

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    1. La collana Urania Horror è semestrale. Non dovrebbe essere un problema trovarlo ancora in edicola. Magari non avverrà al primo colpo, ma avverrà...

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  5. Molto, molto interessante.
    Me lo segno in ottica futura, visto che per adesso mi tocca centellinare gli acquisti.

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    1. Se ti farai andar bene anche la versione ebook, allora hai tutto il tempo che vuoi. Sul cartaceo non ci metterei la mano sul fuoco...

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  6. Intanto sulla sconvolgente coincidenza fra te e Ivano... wow. Adoro queste strane combinazioni che ci piace non ritenere del tutto casuali.
    Non conoscevo questo romanzo e neppure il film. Se vi compare Orson Welles significa che la storia aveva mosso il desiderio di qualche importante major.
    Le citazioni che fai del romanzo mi riportano allo stile di Poe.

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    1. Edgar Allan Poe è stato un passaggio obbligato per intere generazioni di scrittori. Nulla di sorprendente se lo ritrovi nei piccoli estratto che ho riportato qui sopra. Riguardo Orson Welles... ha presente la sua filmografia? Non tanto quella di regista, bensì quella di attore. Solo nel 1971 il suo volto è apparso in ben 4 lungometraggi... Quel che voglio dire è che non credo che le major si siano sempre interessate a lui.

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    2. Welles rappresentava un faro al di là del suo volto. Era artista totale quindi l'interesse delle major non credo fosse un suo problema. Aveva trovato diversi modi per esprimere appieno se stesso.
      Forse anzi ha rifiutato tanto, la sua intelligenza era talmente singolare in quel mondo.

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  7. Conoscevo Malpertuis solo di fama. A questo punto corro a comprarmelo e grazie per l'ottima presentzione.

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    1. Questa cosa che mi dici un pochino mi sorprende. Ero davvero convinto che tu fossi onnisciente in tema letterario...

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  8. Dopo 26 anni di oblio... un romanzo dimenticato viene analizzato da due blogger quasi contemporaneamente. Questo è un chiaro segno!! ^_^
    Mi immagino il sorriso maligno di Obsidian quando scrive che questo è un libro dimenticato che parla di un libro dimenticato, sapendo benissimo che il mio cuoricino bibliofilo (e bibliomane) sarebbe impazzito: crudele!!! :-D
    Chiudo con un pensiero di tenerezza ad un libro che ho letto in preda alla passione più violenta: "Notre Dame de Paris" di Hugo. Che si apre con una mano che verga su una delle pietre della cattedrale la scritta greca Ananke. Ogni personaggio del romanzo è schiavo dell'ineluttabilità del destino e tra i personaggi ce n'è uno (Maître Gringoire) che rappresenta l'autore stesso, che scrive di personaggi schiavi del destino. Insomma, leggendo la tua recensione ho riassaporato piaceri lontani nel tempo ma che fanno parte di me, e non posso che ringraziartene ;-)

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    1. Ebbene sì, lo ammetto: quella frase l'ho scritta proprio facendomi accompagnare da un sorriso maligno. Sapevo che non avrei potuto fare a mano di notarla. Comunque, lieto di averti fatto riassaporare quei vecchi ricordi... ^_^

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  9. Ho sentito parlare di questo libro e me lo immaginavo un "classico" su una casa maledetta, invece da come lo descrivi sembra più complesso.
    Chissà che non mi venga la curiosità di leggerlo...

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    1. Non è più complesso, è solo diverso da quel che ci si aspetta...

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  10. Ce l'ho! Non sono ancora riuscita a leggerlo ma la tua recensione è un invito alla lettura. Però ho appena terminato una logorante antologia di Whitehead e temo che non riuscirei a seguirlo con la giusta attenzione. Che sia il caso di aspettare? :/

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    1. Malpertuis non è affatto logorante. Tutt'altro: è una lettura piacevole che può restituirti le energie perse sulle pagine di Whitehead. Non occorre affatto aspettare...

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  11. Che splendida recensione! Io poi adoro queste "strane" dimore che sembrano vivere di vita propria come entità a se stanti. Avevo sentito parlare del romanzo, ma ignoravo che fosse un simile capolavoro. Non ho nemmeno visto il film. Per caso ti è mai capitato di guardare Rose Red, la miniserie televisiva, in tre puntate, diretta da Craig R. Baxley e scritta da Stephen King? La trama di Malpertuis un po' me l'ha ricordata.

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    1. Anch’io adoro le ‘strane dimore’ in tutte le salse, ma Malpertuis è davvero molto particolare. La miniserie che citi non la conosco, ma fra i ‘buoni propositi’ per l’anno nuovo c’era appunto quello di recuperare qualche serie tv che nel tempo mi sono perso, perciò… grazie della segnalazione :-)

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  12. Non avevo mai sentito parlare né del libro né del film. Però interessante, interessante... Direi che Burnt Offerings di Marasco ne abbia attinto a piene mani.

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    1. Pensavo che intendessi il film di Dan Curtis, che devo aver visto un milione di anni fa, e invece vedo che parli del libro (che non ho mai letto). Non saprei fino a che punto Malpertuis possa aver influenzato quell’altro romanzo… sono storie davvero molto diverse, ma non posso dire di più senza spoilerare ;) Grazie anche a te della dritta e di essere passato di qua, sia il film che il romanzo meritano sicuramente un recupero.

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  13. Oh lo recupero e lo leggo *__* Ho un periodo in cui questa tipologia di letture è indicatissima :O

    Sulla coincidenza di pubblicazione, ero rimasta basita leggendo velocemente da Ivano :O (ora corro da lui, sono indietrissimo -_- perdonatemi tutti!)
    Bella bella la recensione che invoglia al rapido acquisto!

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    1. Non sei l'unica ad essere indietrissimo. Ma a differenza tua io spesso non riesco nemmeno a recuperare...

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  14. Io l'ho letto nella prima versione italiana della Sugar e poi ho aggiunto la raccolta di racconti pubblicata a suo tempo da Baldini & Castoldi. Il resto me lo sono preso in lingua francese. Per me Ray è uno dei più importanti talenti visionari del XX Secolo, forse è per questo che in Italia, patria di editori miopi e poco lungimiranti (quelli grossi intendo) è stato alquanto trascurato.
    Ti segnalo che l'editore Profondo Rosso di Roma ha stampato nel 2007 La Casa Stregata di Fulham Road e altri orrori.
    Tiziano Agnelli

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    1. Quell'edizione de "La Casa Stregata di Fulham Road" me l'ero persa. Grazie per la precisazione. Purtroppo l'editore che citi mi ha lasciato in altre occasioni con l'amaro in bocca, a causa di traduzioni sfortunate e di editing approssimativi...

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