venerdì 8 marzo 2019

Flavia, eroina d'altri tempi

Un nuovo inaspettato capitolo di Obsploitation Rewind sbarca oggi in occasione dell’otto marzo,  riproponendo un articolo che era apparso, e non per caso, esattamente cinque anni fa, in questo stesso giorno, sul mio vecchio blog ormai da tempo dismesso.
In fondo, se non questa, non mi viene in mente altra occasione per andare a scrivere di un film che, sebbene oggi sia stato quasi dimenticato, può giustamente ergersi a simbolo dell’orgoglio femminile, incarnando quel dissenso verso ogni condizionamento repressivo, che oggi quasi tendiamo ad ignorare.
Tra l'altro il mondo non è cambiato molto negli ultimi cinque anni, così come non è cambiato molto negli ultimi cinque secoli. Riproporre quindi quella che ad alcuni potrebbe sembrare una "minestra riscaldata" è assolutamente coerente con la necessità di attirare attenzione a quanto ancora accade là fuori ogni giorno, nelle case e per le strade. Oggi come dieci, cento o mille anni fa. E se un giorno tutta questa disperata ricerca di simboli potesse perdere di significato, beh, quello sarà un bel giorno.
Da parte mia so benissimo che scrivere un post all'anno (o un post ogni cinque anni, come nel mio caso) è ridicolo. Tanto varrebbe far finta di niente e parlar d'altro, evitando in tal modo anche spiacevoli malintesi. Diciamo che, a scanso di equivoci, quella di oggi è una ricerca storica dedicata  a Flavia Gaetani, una donna e un’eroina del XV secolo di cui si è perso anche il ricordo, tanto è difficile, se non impossibile, trovarne qualche riferimento certo nel web.

L’unico risultato che emerge digitando il nome di Flavia Gaetani in un qualsiasi motore di ricerca è infatti il biopic che fu girato da Gianfranco Mingozzi nel 1974. Questa incredibile lacuna lascia diversi dubbi sulla veridicità storica della figura del personaggio, ma tutto sommato è forse più importante il messaggio che si è tramandato, un segnale forte di orgoglio femminile che esplode all’interno di una società sessista.
Gianfranco Mingozzi, dicevamo, sembrerebbe essere l’unico testimone del passaggio della nostra protagonista  su questa terra, e descrivendo il film ne riferisce usando le seguenti parole:  «È una storia del ’300 ispirata alle vicende di una monaca realmente esistita, Flavia Gaetani, che abbandonò  il velo impostole dal padre per seguire le truppe musulmane durante una delle loro innumerevoli scorribande lungo le coste della Puglia. Una rivolta disperata, solitaria che non potrà che finire tragicamente. [...] Ho cercato di raccontare questa complessa materia (il mondo medievale, il mondo orientale che irrompe nella chiusa Italia del Sud) come una favola drammatica in cui gli elementi tipici, obbligati (personaggi violenti, battaglie, visioni, fanatismi, torture, sesso, sangue...) perdessero i connotati di una realtà immediatamente riconoscibile, ma si presentassero tutti assommati come un grande quadro, in cui a poco a poco i singoli episodi si evidenziassero da soli e si disponessero secondo un ordine dato dalla loro forza visiva, di colore, sonora». (fonte)

Ed è proprio un bellissimo quadro quello dipinto dal regista bolognese. La forza che egli definisce “visiva, di colore, sonora” è praticamente perfetta e non può che lasciare a bocca aperta anche colui che si accosta a questo film con un pizzico di pregiudizio. Estremamente suggestiva e surreale una sequenza di una decina di minuti, verso il finale, che raggiunge il suo climax con la ragazza nuda che entra nel ventre di una mucca squartata, scena che verrà riproposta (involontariamente?) nel cavalloniano "Maldoror" l’anno successivo.
Suoni e visioni, silenzi assordanti e oscurità accecanti. Tecnicamente Mingozzi ha preceduto i più grandi registi del suo secolo, riuscendo a sottolineare il suono con la luce e la luce con il suono. Quando tutto torna normale, quando il surreale lascia spazio al reale, sembra di emergere da un’apnea nella quale non ci eravamo nemmeno accorti di essere finiti. Le porte del convento si spalancano, il vento entra prepotente e noi ritorniamo con i piedi per terra. La musica che ci stava ipnotizzando si interrompe bruscamente, come se qualcuno avesse agito sul telecomando. Ma dove eravamo finiti? Mingozzi ci aveva trascinato all’inferno e noi nemmeno ce ne eravamo resi conto.

Ma torniamo a Flavia Gaetani, la monaca "eretica" protagonista del film e di questo sobrio post marzolino. Possiamo definirla una protofemminista, una figura forse eccessivamente sopra le righe e quasi irreale per il contesto in cui viene a trovarsi. C’è nel film una frase fondamentale che riassume praticamente tutto, e che viene pronunciata da una monaca anziana durante lo sbarco dei turchi in quel di Otranto: “Cosa ci possono fare i musulmani che i cristiani non ci hanno già fatto?".
Proprio così: c’è una forte componente anticlericale nel film “Flavia la monaca musulmana”. Quello che in realtà i musulmani storicamente hanno fatto (e fanno) alle donne non è stato (e non è) molto dissimile da ciò che hanno fatto (e fanno) i cristiani. E qui sta l’ironia di una storia di rivalsa che in realtà non è tale: Flavia non fa che cadere dalla padella nella brace, rischiando di divenire, una volta liberatasi dal velo monacale, schiava di un chador; la donna fa fatica a dominare l’uomo per ragioni culturali, emotive e fisiche, ed è emblematica in tal senso è la scena in cui una giovane viene sollecitata ad abusare del suo violentatore, ma finisce per essere nuovamente abusata da lui. Il tema è molto interessante e meriterebbe un approfondimento migliore di quello che mi è possibile offrire in questa sede. Non posso perciò che invitarvi a cercare da voi le tracce di tutto ciò disseminate in tutta la seconda parte della pellicola, e a trarne le debite considerazioni.

Sullo sfondo alle vicende di Flavia Gaetani vi è la celebre battaglia di Otranto del 1480, data in cui un esercito ottomano aggredì la cittadina salentina massacrando senza pietà la popolazione: donne stuprate e uccise, bambini uccisi o ridotti in schiavitù, uomini sottoposti a torture inenarrabili e infine uccisi. Come segno di disprezzo nei confronti della religione cristiana gli invasori trasformarono la locale cattedrale in una stalla per i propri cavalli. Una vicenda tra le più sconvolgenti della nostra italica storia. Oggi, presso quella stessa cattedrale, vengono conservate le reliquie di ottocento eroici cittadini che si rifiutarono di rinnegare la religione cristiana e che per tale motivo furono uccisi nel peggiore dei modi possibili.
La storia di Flavia, suora non per vocazione ma per costrizione, ci viene mostrata a partire da qualche tempo prima dei suddetti avvenimenti: costretta dal padre all’abito monacale nel tentativo di smorzare il suo atteggiamento ribelle nei confronti del sistema maschilista, ella troverà dapprima in un servo ebreo il complice di un (fallito) tentativo di fuga, e in seguito ci riproverà con il capo dell’esercito musulmano (del quale diverrà l’amante).
Il prezzo della libertà sarà tuttavia estremamente alto per Flavia che, dopo aver assistito all’uccisione del padre e al massacro dei suoi concittadini, verrà abbandonata al suo destino. Destino tragico, considerato che verrà infine giudicata e condannata da un tribunale ecclesiastico ad essere scuoiata viva.
Vi sono inoltre diversi altri spunti che Gianfranco Mingozzi ha ben sollevato, primo tra tutti la vicenda della cosiddette “tarantolate”, una storia tutta medioevale, caratteristica esclusiva del nostro sud, nella quale una (presunta) patologia si fonde con un (evidente) pregiudizio.

Un film di grande impatto emotivo e sociale, considerato il periodo in cui venne presentato. Vale la pena ricordare che le donne avevano ancora negli occhi le violenze dell’8 marzo del 1972 quando, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, vennero brutalmente caricate dalla polizia. Vale la pena ricordare il procedimento giudiziario intentato nel 1973 contro la diciassettenne Gigliola Pierobon che, a causa di un aborto clandestino, fu accusata di delitti contro l'integrità e la sanità della stirpe. Varrebbe la pena ricordare mille altri episodi, ma lo spazio è poco e il tempo ancora meno.
È tuttavia singolare il fatto che il film “Flavia la monaca musulmana” uscì nelle sale il 13 aprile del 1974, esattamente un mese prima che gli italiani si recassero alle urne per il famigerato referendum, invocato a gran voce da DC e MSI, di abrogazione della legge Fortuna-Baslini (più comunemente conosciuto come referendum sul divorzio). La storia ci dice che partecipò al voto l'87,7% degli aventi diritto, e che votarono no il 59,3% di questi ultimi, consentendo alla legge sul divorzio di rimanere in vigore.
Chissà, ci piace pensare che il film di Mingozzi possa aver in parte contribuito a questa importante vittoria della democrazia, e che magari possa aver successivamente trascinato anche la mobilitazione per il riconoscimento del diritto all'aborto, che venne approvato dal Parlamento il 6 giugno 1978 (e confermato il 17 maggio 1981 respingendo il solito, odioso, tentativo di abrogazione della legge tramite consultazione referendaria).


16 commenti:

  1. Me lo ricordo questo film, sicuramente qualche rara volta è stato passato su canali privati minori in seconda serata e facendo zapping devo aver visto qualche scena... Non l'ho visto integralmente forse soltanto perché non ero solo in casa e volevo evitare fraintendimenti (che te lo dico a fare ;-)

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    1. Capisco perfettamente la faccenda dei "fraintendimenti". In fondo è il percorso stesso della nostra vita, che ci costringe a indossare in ogni occasione una maschera diversa. Potrei mai raccontare ai miei colleghi in ufficio le stesse cose che scrivo qui? Naaah...

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  2. Ricordo quando ne parlasti, e lo ricordo proprio per il dettaglio che accomuna questa pellicola con Maldoror... chissà come sono andate le cose: il cinema bis italiano è così ricco e oscuro da essere inesplorato.
    Una storia fumosa, questa di Flavia... sicuramente anche mito, oltre che verità storica.
    De recuperare.

    Moz-

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    1. Forse più mito che storia vera, visto che di questa Flavia Gaetani non si parla da nessun'altra parte. Lo stesso regista, nella citazione che ho riportato sopra, dice che "È una storia del ’300 ispirata alle vicende di una monaca realmente esistita"... ma poi getta la sua protagonista nel bel mezzo della battaglia di Otranto, che è avvenuta nel 1480...
      C'è qualcosa che decisamente non torna...

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  3. Il Cinema bis italiano, pieno di gemme da riscoprire.
    Ma questo già lo sappiamo,vero?

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  4. Mai visto, però deve essere molto interessante. Prima o poi mi devo lanciare nella visione di queste pellicole un po' ricercate, mi mancano proprio.

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    1. Se sei alla ricerca di uno spunto da cui iniziare, qui puoi trovarne quanti ne vuoi! ^_^

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  5. Conosco benino il sottobosco del cinema italiano di quegli anni, ma non avevo mai sentito parlare di questo film.
    Ecco, il nostro cinema non ha più la forza espressiva di quegli anni. Una volta il nostro cinema era capace di colpire lo stomaco dello spettatore. E' una storia di una crudezza incredibile, poi, leggendo la tua recensione, capisco anche che visivamente sia molto crudo.
    Non mi aspetto questo film da Mingozzi, regista che conosco per il frullo del passero, visto che girò la maggior parte di questo film nel mio paese!

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    1. Non conosco abbastanza il cinema di Mingozzi per poter fare delle comparative. So invece che una delle scene più toste, quella delle "tarantolate", era stata già più volte proposta nei suoi lavori...

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  6. Questo post mi ha fatto tornare indietro ai primi anni Ottanta. Ero a casa di mia zia, giocavo coi miei cugini e intanto scorreva qualche scena di questo film alla tv.
    Sconvolgente, se è lo stesso film, la protagonista muore per scarnificazione da viva.
    Può essere?

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    1. Si, può essere lo stesso film. Certo che tu e i tuoi cuginetti avevate gusti piuttosto anomali per la vostra età....

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    2. Credo che la tv fosse casualmente sintonizzata su quel film, mia zia cucinava, noi giocavamo per terra. Mi ricordo questa scena molto chiaramente. Forse lo zio stava guardando il film, ignorando totalmente che fosse del tutto inappropriato per dei ragazzini.

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    3. O forse era convinto che i bambini non potessero prestare grande attenzione a cose diverse da bambole e soldatini...

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  7. Visto tale film alcuni anni fa, solamente per il "piacere" di scene forti, pensavo fosse il classico trash, ma scopro ora, grazie al tuo post, che mi ero sbagliato.

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    1. Ho trovato contenuto interessanti in un sacco di roba trash, se proprio te lo devo dire. Il problema è che il più delle volte devo scavare parecchio...

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