lunedì 18 gennaio 2021

La Luna, l'Eden e altri oggetti smarriti dal XXVI trofeo RiLL

Puntuale come ogni anno, arriva la lettura dei racconti del Trofeo RiLL, giunto ormai alla sua ventiseiesima edizione. La formula è sempre la stessa dal 1994, anno in cui venne bandito per la prima volta il concorso letterario omonimo per il miglior racconto fantastico, i cui primi cinque classificati andranno successivamente a popolare l'annuale antologia "Mondi incantati" curata dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare e edita da Acheron Books.
Complice forse il forzato isolamento tra le mura domestiche, l'edizione 2020 ha visto la partecipazione record di 430 testi, che hanno di sicuro riempito le giornate dei selezionatori. Ciò che ne è uscito è certamente e inevitabilmente un prodotto di ottima qualità, con i tradizionali alti e bassi dovuti, in questo caso, esclusivamente alle preferenze del sottoscritto lettore, che è uno che solitamente guarda alle antologie multi-autore con occhio particolarmente critico. 
L'antologia in questione prende il titolo dal racconto vincitore di Valentino Poppi: "Oggetti Smarriti" è effettivamente l'episodio meglio riuscito tra i cinque selezionati e merita senz'altro una menzione particolare anche in questo articolo, per quel che vale. L'ambientazione è contemporanea, nel senso che il mondo che fa da sfondo alle vicende è lo stesso che noi conosciamo. Niente distopie o futuri immaginari, niente streghe, elfi o alieni cattivi ma un banalissimo mondo fatto di strade trafficate e di palazzi affollati, fatto di gente che fa la spesa al supermercato, che va dal parrucchiere o dal tabaccaio, fatto di gente che si reca in ufficio e di gente che, nel pendolarismo quotidiano, dimentica un ombrello o perde un mazzo di chiavi sull'autobus. A chi non è mai successo di precipitarsi giù dall'autobus per poi rendersi conto, con giusto quell'attimo fatale di ritardo, di aver lasciato qualcosa in vettura? Ombrelli io ne lasciati a decine, tanto che alla fine ho smesso di ricomprarmeli, arrendendomi definitivamente alla pioggia; mazzi di chiavi fortunatamente mai, contrariamente a quanto succede al protagonista (o meglio, alla moglie del protagonista) di Oggetti smarriti. Ecco quindi che un banale episodio quotidiano funge da innesco a un racconto che ha dell'incredibile, una di quelle storie dal sapore onirico che ti chiedi in che modo possano essere state partorite. 

Il protagonista si reca all'ufficio Oggetti Smarriti nella speranza che qualcuno abbia trovato e riconsegnato il prezioso mazzo di chiavi (ecco una cosa che io non ho mai fatto per i miei ombrelli), ma ciò che gli si presenta davanti agli occhi è un ufficio ben strano, un ufficio di impiegati efficientissimi che, dietro adeguato compenso, è in grado di ritrovare qualunque cosa andata perduta, dal mazzo di chiavi smarrito la mattina stessa a un vecchio orologio smarrito in un trasloco trent'anni prima. Ma non solo, ovviamente, come scoprirà ben presto il "nostro eroe", abbagliato da promesse via via sempre più eccitanti. Il ritmo del racconto è incalzante e ti accompagna velocissimo all'inevitabile finale. Ecco, se c'è forse un appunto che potrei fare all'Autore è che da questa idea si poteva benissimo sviluppare un romanzo di 400 pagine, senza cedere nulla al ritmo e alla leggibilità. 

Secondo classificato "Horimono", di Arthur B. Radley, la storia di un ermafrodita talmente perfetto da non riuscire a trovare da nessuna parte, se non in un tatuaggio altrettanto perfetto, la soluzione al suo disagio interiore; "Chiari di luna e male parole", di Laura Silvestri, storia ciociara di streghe e aspiranti tali che getta una luce sull'origine della famosa filastrocca "Ambarabà Ciccì Coccò", si aggiudica il terzo posto, mentre al quarto (ma a mio parere meritava molto di più) troviamo "La polvere sotto il tappeto" di Saverio Catellani, storia di quella particolare categoria di angeli assegnati ad esaudire l'ultimo desiderio di un uomo che muore, attività facile nelle apparenze, ma estremamente complessa nell'ipotesi che il caro estinto sia un pedofilo con un desiderio finale quantomeno discutibile. Il finale a sorpresa mette in discussione il ruolo stesso degli "angeli della misericordia dell'ultimo giorno", lasciando al lettore ottimi spunti per elaborare una propria morale.
"Nibani", di Gianluca Vici Torrigiani, si presenta inizialmente come un'interessante storia di formazione ambientata presso una primitiva tribù africana, ma evolve pagina dopo pagina in un sorprendente racconto di fantascienza cyberpunk.

Una sezione dell’antologia è dedicata a SFIDA, il concorso che RiLL riserva agli autori/autrici giunti almeno una volta in finale al Trofeo RiLL. Con SFIDA, RiLL chiede ai partecipanti di scrivere un racconto fantastico che rispetti uno o più vincoli, stabiliti di edizione in edizione. Nel 2020 RiLL ha voluto omaggiare Gianni Rodari, di cui ricorre il centenario della nascita. La SFIDA consisteva nello scrivere un racconto che ruotasse intorno a una “parola magica” (es. una password, una formula…) e che contenesse una filastrocca (inventata dall’autore/autrice, oppure di Gianni Rodari o di chiunque altro). Quattro i testi vincitori, tra i quali "Vitasassipallaruote", di Marco Cesari, è di gran lunga il mio preferito: ambientato in un futuro post apocalittico nel quale il ricordo di un passato perduto è affidato a una filastrocca che i nonni tramandano ai nipoti, filastrocca che col passare delle generazioni viene a perdere via via il significato originario ma mantiene, nella tradizione, il suo enorme potere di riconciliazione con un passato da anni dimenticato. 
"Chi c’è dietro di te?", di Laura Silvestri, ricorda per certi versi i Body Snatchers di Jack Finney, quelle creature apparentemente in grado di duplicare un essere umano e di sostituirlo, lasciando agli occhi di pochi eletti la percezione del cambiamento avvenuto. Ne parleremo però meglio più avanti. Hanno infine molte cose in comune "Cose strabilianti", di Michela Lazzaroni e "Il Senzamente" di Maurizio Ferrero: entrambi sono ottimi esempi di come un classico tema fantascientifico, come l'interazione tra uomo e macchina, possa svilupparsi lungo percorsi narrativi di ogni genere.

Infine, il più recente volume della collana "Mondi incantati" ospita i racconti vincitori di alcuni premi letterari esteri con cui il Trofeo RiLL è gemellato. E qui, spiace dirlo, i racconti selezionati rappresentano, nessuno escluso, di gran lunga i momenti migliori dell'antologia. "Il Vuoto" di Benjamin Keyworth (vincitore della NOVA Short-Story Competition 2019, bandita dall’associazione SFFSA - Science Fiction and Fantasy South Africa) è senza ombra di dubbio il più inquietante: con un presupposto che ricorda molto da vicino la confraternita del sonno di carpenteriana memoria, finisce per svelare aspetti legati ai miti della religione che nemmeno la più agghiacciante teoria cospirazionista sarebbe in grado di immaginare. "Il poeta di Ferro", di Amparo Montejano (vincitore del Premio Visiones 2019, organizzato in Spagna da Pórtico - Asociación Española de Fantasía, Ciencia Ficción y Terror) è un racconto tenero e struggente, incentrato sulle avventure di un robot tuttofare e della sua anziana e malata padrona, un robot con un incredibile talento che non può esprimere pubblicamente a causa della sua condizione subordinata. Ma la sua padrona conosce intimamente il suo compagno di vita e cercherà ad ogni costo di offrirgli l'opportunità che merita. I risultati saranno devastanti per entrambi. "Il dicibile" di Andrés Bigorra Mir (vincitore del Premio Visiones 2020, organizzato in Spagna da Pórtico - Asociación Española de Fantasía, Ciencia Ficción y Terror) è un racconto distopico che immagina un futuro orwelliano in cui milioni di nanorobot spia vengono utilizzati dal regime per censurare ogni traccia di umanità nella popolazione. "La canzone di mezzanotte", di Stuart Olver (vincitore della Horror Short-Story Competition, curata dall’AHWA - Australasian Horror Writers Association) è l'ultimo, notevole episodio di quest'antologia: quando il treno di Moebius si infila nel tunnel di Dürrenmatt, tutto ciò che può venirne fuori è un orrore oltre ogni concezione, con un giro di giostra finale di quelli che non si dimenticano. 

Ormai da diversi anni gli appuntamenti con le proposte RiLL, come avrete notato, sono per me irrinunciabili. Nella mia vita ho letto un gran numero di antologie ma, con tutto il rispetto per iniziative come "Mondi incantati",  ho sempre un debole per quelle personali. Mettendo su un piatto la possibilità di poter conoscere intimamente un autore attraverso il fil-rouge delle sue storie e sull’altro quella di trovare l’anello debole, il racconto meno riuscito che potrebbe spalancare le porte alla delusione e alla noia, la bilancia pende più spesso che no dalla prima parte. 

La "personale" di oggi è La Luna e l’Eden” di Laura Silvestri, decimo libro della collana “Memorie dal futuro”, anch'esso curato dall’associazione RiLL Riflessi di Luce Lunare in compagnia della sempre presente Acheron Books (e non è un caso se due racconti della scrittrice romana compaiono su entrambe le antologie). Parliamo di racconti che spaziano tra fantasy e fantascienza e, sebbene il sottoscritto non abbia mai nascosto di preferire decisamente quest’ultima, credo che in questo caso l’amalgama sia particolarmente riuscito. Sono nove racconti dove, come il titolo fa presagire, sono i personaggi femminili a farla da padrone (anche se quelli maschili lasciano comunque il segno). Sono, citando la quarta di copertina, “donne che agiscono nel passato o nel futuro, ma che sempre resistono: alle ingiustizie sociali, alla malattia, alla solitudine, alla perdita dei più cari legami affettivi.
Anche quando l’apparenza indica il contrario, sono donne forti e portatrici di speranza. Sono archetipi di madri (“Leucosya” ma anche, perché no, “Le lunghe ombre dell’Eden”), figlie, mogli, sorelle, divinità eterne (“La pescatrice di perle”) e le loro streghe e sacerdotesse (il già citato “Chiari di luna e male parole” e “La terra non dimentica”). Paragonati a un racconto come “Mila”, che è un po’ una summa di tutte queste incarnazioni, o di gran parte di esse, racconti come “A casa del diavolo”, “Oltre la valle” e “Chi c’è dietro di te?” (oltre alla ghost track “La saggezza di Tamerlax”, che chiude il volume) sono delle piccole anomalie, eppure stranamente (o forse no) considero gli ultimi due, assieme a “Le lunghe ombre dell’Eden”, i migliori del lotto.

Oltre la valle” è ambientato in un futuro post-apocalittico in cui un padre cerca disperatamente di salvare sua figlia dalla malattia che la sta consumando. È una storia di uomini semplici che, loro malgrado, diventano forse l’ultimo baluardo di difesa contro la barbarie e l’ignoranza, ovvero ciò che già una volta aveva distrutto la civiltà. “Chi c’è dietro di te?” ci regala, nella parte iniziale, più di un brivido: fin dall’infanzia il protagonista si accorge con sgomento che diverse persone attorno a sé svaniscono, sostituite da gusci vuoti (“i vuoti”, li chiama lui) che di loro mantengono solo le sembianze. Quella che, come accennato in precedenza, parte come una revisione di Body Snatcher, una ghost story o forse una storia di possessione si rivela ben presto qualcosa di più particolare e intimista. “Le lunghe ombre dell’Eden”, infine, mi ha regalato diverse suggestioni che qui, per non spoilerare, non rivelo: una donna, dopo la morte di sua sorella gemella, si reca su una colonia lunare a far visita al nipote che non ha mai conosciuto e la Terra, cui forse ritornerà o forse no, diventa il suo Eden perduto.

L’autrice ha una sensibilità che oscilla fra presente e passato, pescando ispirazione da entrambi, mentre il linguaggio stesso cambia registro e si trasforma, ora affidandosi al dialetto, ora impoverendosi, ora facendosi notare per la ricercatezza formale. Così, ad esempio, sprazzi di quieta felicità vengono descritti in “La pescatrice di perle”: “Alla sera siedono l’uno accanto all’altro sulla chiatta della ragazza; lui immerge quel piede sbagliato, lo nasconde nell’acqua tiepida e gli pare di poterselo dimenticare”. In “Oltre la valle” abbiamo invece tutto lo spettro dell’afflizione umana in meno di due righe: “Valdo si fece triste come se gli avessero ammazzato il porco. Abbassò la testa, in silenzio, e a me pizzicò il cuore sotto al petto.” E che dire poi della speranza malinconica che anima queste poche parole (da “Leucosya”)? “Devo averla fissata con lo sguardo da triglia, perché ha fatto una smorfia che per poco, pochissimo, quasi non si trasformava in un sorriso.
Ovunque, piccole frasi perfette trasportano il lettore da un estremo all’altro, dalla gioia al dolore, dall’ironia alla malinconia del vivere, ed è il miglior complimento, credo, che potrei mai fare all’autrice.

9 commenti:

  1. Come per te anche per me da anni le antologie RiLL rappresentano una lettura imprescindibile, tra un paio di settimane recensirò anche io "Oggetti Smarriti" e sicuramente linkerò il tuo post.
    Ciao e buon inizio settimana.

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    1. Ciao! Grazie per il passaggio! Le antologie RiLL sono un must. Da qui poi vengono fuori dei nomi di cui sentiremo parlare ancora nei prossimi anni...

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  2. come co-curatore di entrambi i libri ringrazio molto per questa positiva recensione doppia.
    aggiungo che entrambi i libri sono disponibili su Amazon, Delos Store e, a prezzo speciale, presso RiLL.
    per maggiori dettagli

    la pagina di RiLL.it dedicata a LA LUNA E L’EDEN è: https://www.rill.it/node/980

    la pagina di RiLL.it dedicata a OGGETTI SMARRITI è: https://www.rill.it/node/983

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    1. Hai fatto bene a specificarlo. Mi accorgo adesso di aver dimenticato di inserire i link nel testo. Vado a rimediare.

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  3. Letta la tua recensione, "Oggetti smarriti" mi incuriosisce proprio perché riguardo il discorso della lunghezza io prediligo narrazioni brevi che lasciano intravedere scenari giganteschi, piuttosto che narrazioni molto lunghe in cui il procedere della storia finisce col perdere vigore.

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    1. grazie per l'attenzione!
      sottolineo che i racconti in entrambi i volumi hanno tutti più o meno la stessa lunghezza... il che, per chi ama le narrazioni brevi, è buono. ma, ovviamente, valuta tu per il meglio (ci mancherebbe)

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    2. Esistono racconti che non potrebbero mai funzionare come romanzi proprio per questo (Sentinella di Fredric Brown è l'esempio più lampante). Oggetti smarriti avrebbe potuto benissimo essere qualcos'altro anche perché il finale è uno di quei finali a cui arrivi pian piano senza troppi scossoni.

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  4. Oggetti smarriti incuriosisce tantissimo anche me.

    Visto, che in questo post è stato nominato Jack Finney, mi sento di chiedere consigli di lettura per questo autore. Io lessi Time and again parecchi anni fa e mi piacque. Sono aperta a segnalazioni.

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    1. È innegabile che Finney abbia raggiunto la notorietà con The Body Snatchers, per cui dovendo indicarti qualcosa tenderei a indicarti quello. In realtà temo di non conoscere abbastanza le sue opere per poter esprimere un parere davvero consapevole...

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