lunedì 9 settembre 2024

La Grande Abbuffata: oltre l'umano (Pt.1: mangiare insetti)

Il cinema ha già da tempo tentato di avvertirci di quale sarà il cibo del futuro: gli insetti. O meglio, lo ha fatto il fumetto, dato che il film che ci apprestiamo ad analizzare è tratto da una graphic novel francese, ma non sottilizziamo. “Snowpiercer” (2013) del regista coreano BongJoon-ho ha un antefatto di bizzarra attualità: un'era glaciale artificiale scatenata per combattere il surriscaldamento globale ha invece distrutto la civiltà e i pochi sopravvissuti vivono da anni su un treno chiamato Snowpiercer, una sorta di nastro di Moebious in moto perpetuo sul globo terrestre. 
In una straordinaria allegoria della società moderna, dove la prima classe è destinata a chi può permettersi il biglietto più caro e i pendolari stanno sul fondo, la popolazione è distribuita nel treno in base alla classe sociale: i poveri sul fondo, ammassati come animali, e i ricchi nella parte anteriore, con una milizia armata deputata al controllo orwelliano, affinché nessuno possa sconfinare nella parte che non gli compete. Va da sé che per i primi lo Snowpiercer è un girone infernale, per i secondi una seconda arca di Noè che permette il sopravvivere dell'umanità. Questo microcosmo ipertecnologico è in realtà una replica delle società tribali dove le guerre venivano usate come principale metodo per il controllo demografico; difatti, ci sono già stati tentativi di insurrezione in passato e uno nuovo sta per scatenarsi proprio all'inizio del film, quando i poveri capitanati da Curtis cominciano a combattere la milizia e a risalire i vagoni. Ma chi sta aiutando i rivoltosi e perché? E chi è davvero Wilson, l'uomo alla guida del treno? I riferimenti religiosi sono evidenti (non solo l'arca ma anche il tema del tradimento e quello del sacrificio, ad esempio), ma in questo racconto epico rivisitato nulla è come sembra: l’ideatore del treno ha una sua morale, benché distorta, ma anche l’eroe è lontano dallo stereotipo dell’eroe senza macchia e il suo sacrificio può portare, nel sibilino finale, alla salvezza e a un nuovo inizio per l’umanità oppure al suo totale annichilimento, senza che ciò ne infici la portata. 
Come anche nella realtà, ci sono mille ragioni che possono scatenare l'ira del popolo, ma la miccia che la farà deflagrare avrà sempre a che fare con uno dei bisogni primari: in questo caso, le derrate alimentari fornite alla popolazione sul retro del treno, sempre le stesse barrette proteiche giorno dopo giorno, non sono mai sufficienti a saziarla. Inoltre, la loro consistenza e colore sono così poco invitanti che vien da chiedersi come facciano a mangiarle. Si scoprirà poi che, i primi tempi, gli uomini e le donne raggruppati nei vagoni di coda dopo essere stati privati dei loro pochi averi erano stati lasciati a lungo senza cibo, finché non erano regrediti allo stato animale e non avevano cominciato a mangiarsi fra loro per sopravvivere; quando infine gli era stato fornito quel cibo molliccio e disgustoso lo avevano accettato di buon grado, senza mai domandarsi da dove provenisse. La rivelazione, piuttosto prevedibile per la verità, è che le barrette sono fatte di insetti, una scoperta ancora più terribile se le si paragona alla quantità e bontà del cibo che invece è a disposizione dei più ricchi. 

Lo shock e il disgusto per questa rivelazione mi ha riportato alla mente la mia reazione, anni fa, alla notizia che numerosi prodotti che consumavo contenevano l’E120, un colorante ottenuto da un insetto, il Dactylopius coccus (o cocciniglia). Fu come aprire il vaso di pandora, e nel tempo ho potuto appurare quanti e quali misteriosi ingredienti (misteriosi perché mascherati dietro codici come E120) sono contenuti nei prodotti industriali, ma anche in quelli venduti, per esempio, nel reparto gastronomia dei supermercati. 
Il tema del film non sembra più così fantascientifico da quando le Nazioni Unite hanno indicato il consumo di insetti come unica soluzione sostenibile per sfamare i nove miliardi di persone che, secondo le stime ufficiali, abiteranno la Terra nel 2050, e la Commissione Europea ha approvato il consumo di prodotti alimentari a base di larve, locuste e grilli (*). Gli insetti sono quindi la nuova frontiera dell’ecologia, dell’inclusività e del politicamente corretto e perfino la Fondazione Barilla, in uno spot che ha fatto molto discutere, ha suggerito che la carbonara si potrebbe fare con gli insetti al posto del guanciale (per poi affrettarsi a smentire, davanti alle proteste degli utenti, che intendano produrre pasta con farina d’insetti). D'altra parte, non c’è di che stupirsi: Barilla è ormai olandese e l’Olanda già da tempo propone gli insetti nei menù scolastici. 

Tutta la Scandinavia sembra all’avanguardia su questo tema: nel 2016 il documentario “Bugs” del regista danese Andreas Johnsen si interrogava se nutrirsi di insetti avrebbe salvato il nostro futuro, seguendo il viaggio intorno al mondo dei membri della Ong danese “Copenaghen Nordic Food Lab”, che raggruppa chef e ricercatori interessati all’uso culinario degli insetti, dalle cavallette ai bruchi. 
Non ho ancora avuto l’occasione di vedere questo documentario, ma ho letto che affronta anche alcuni aspetti critici, così come l’impatto della produzione di insetti a livello industriale; non so però se affronti anche il tema dal punto di vista della salute, e non solo per il discorso della chitina (un allergene presente nell’esoscheletro degli insetti che è cibo per cancro, parassiti e funghi), ma anche perché gli insetti sono ipercalorici, sono privi degli aminoacidi essenziali e anche accumulatori di metalli pesanti; inoltre, uno studio ha rilevato parassiti potenzialmente patogeni per l’uomo in oltre l’80% degli allevamenti di insetti esaminati. Di questo passo, prima o poi la vendita di qualsiasi farina contaminata da parassiti (alcuni magari finiti dentro anche accidentalmente durante il trasporto o lo stoccaggio) sarà considerata legale e questa sarà consumata per errore anche da persone ignare di questo aspetto della questione. 

Il fatto che il consumo di insetti abbia sponsor eccellenti (**) sia nel mondo dello spettacolo che in quello della ristorazione (Angelina Jolie, Nicole Kidman, gli chef Gordon Ramsey e Joe Bastianich, solo per fare alcuni nomi) la dice lunga sui poteri che muovono le fila di questo cambiamento. Peccato che in Olanda, lo stesso paese che promuove gli insetti, oggi le aziende agricole siano costrette a chiudere, e milioni di capi di bestiame siano stati abbattuti, o dovranno esserlo, a causa delle politiche verdi che limitano le emissioni di azoto. In nome della"sostenibilità", cioè per sottrarre il 30% delle terre alla produzione alimentare entro il 2030 (questo significa il motto"30x30"), non si farà che acuire la crisi alimentare. Non che sia un fenomeno solo olandese, beninteso (attacchi all’agricoltura avvengono per esempio anche negli Stati Uniti e in altre zone d’Europa, Italia inclusa). 
Sull’assunto che mangiare insetti è normale in molti paesi del mondo, sembra che ci vogliano imporre un cambiamento culturale, epocale e molto accelerato, ma questo è solo uno dei modi per traghettarci oltre l’umano, verso direzioni che un tempo erano appannaggio della fantascienza più  spinta.  

Anche se il tema degli insetti a tavola è d’attualità, non significa affatto che si tratti di un tema nuovo. La questione è stata affrontata da diversi entomologi e antropologi già nel XIX secolo, e probabilmente anche in precedenza. Per esempio, il britannico Vincent M. Holt pubblicò nel 1885 un simpatico libretto di 80 pagine sull’argomento, “Why not eat insects?”, portato in Italia da Stampa Alternativa nel 2001 con il titolo “Perché non mangiare gli insetti?” e questa invitante sinossi: “Questo libricino dell'Ottocento inglese costituisce una sorta di pubblicità per un comportamento alimentare inconcepibile per la schizzinosa Europa: mangiare gli insetti. Tanti popoli lo fanno, e non solo i primitivi, anche civiltà antichissime come la cinese o tecnologiche come quella giapponese. È giunto il momento, anche per il Vecchio Continente, di tornare a nutrirsi con queste "delizie" della natura. Certo, qualcuno potrà inorridire di fronte a ingredienti come vermi e ragni, ma, vinto il primo legittimo sussulto, sarà divertente conoscere quanti e quali insetti possono essere trattati in cucina, con la garanzia di scoprire sapori e profumi deliziosi.” 
L’uso della parola “schizzinosa” esprime già, evidentemente, un giudizio che non esito a definire morale o, meglio, moralistico. Ma andiamo avanti. 

Partendo da un’osservazione dell’antropologo Marvin Harris (1927-2001), una delle tesi più accreditate è che se un quarto della popolazione mondiale mangia regolarmente insetti, non può essere qualcosa di intrinseco negli insetti stessi a renderli disgustosi, ma piuttosto qualcosa che ha a che fare con l’evoluzione umana, in particolare con la geografia e con la colonizzazione. Secondo questa tesi, i nostri antenati Neanderthal, che vissero in un’era dal clima rigido e invernale ed erano abituati a consumare cacciagione al posto di frutta e verdura, che erano indisponibili, non avrebbero avuto la necessità delle proteine alternative derivate dagli insetti, pertanto non avevano ragione di mangiarli; inoltre, gli insetti prosperano e sono generalmente più grandi nelle zone più calde del pianeta,  mentre in quelle fredde sono attivi solo d’estate e sono dormienti o muoiono in inverno, e ci sono addirittura zone, come quelle attigue al circolo polare artico, dove non sono mai stati trovati insetti edibili. Il disgusto che specialmente gli europei e i nordamericani provano per gli insetti sarebbe invece sorto quando, a partire dal XV secolo, i primi esploratori europei vennero in contatto con altre civiltà in cui era normale mangiare rettili, insetti e aracnidi e giudicarono questa pratica una “bestialità”. 
Insomma, la nostra paura degli insetti e il nostro rifiuto di mangiarli deriverebbero da un pregiudizio etnocentrico, ovvero la tendenza a valutare le altre culture secondo preconcetti basati sulle usanze della propria cultura, e che porta a considerare normali e superiori le nostre abitudini e anormali e inferiori quelle degli altri popoli. La prova sarebbe nel fatto che quando le persone dei paesi più poveri, dove l’entomofagia è la prassi, tentano di adottare le usanze occidentali, finiscono per eliminare gli insetti dalla loro dieta. 

Quello che viene chiamato “pregiudizio etnocentrico” è però per alcuni una questione filosofica, anzi spirituale. Il celebre motto del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872) "l'uomo è ciò che mangia" fa eco a un trattato del medico e filosofo olandese Jakob Moleschott (1822-1893) intitolato “Dell’alimentazione. Trattato popolare” del 1850 (***): il cibo non condiziona solo lo sviluppo fisico, ma anche la coscienza e il pensiero dell’uomo (per esempio se alcuni cibi sono in grado di aumentare la forza di volontà, altri sortiscono l’effetto opposto). Difatti, in psichiatria l’entomofagia viene identificata come una delle manifestazioni degli stati di demenza o di schizofrenia, ed è spesso un espediente narrativo utilizzato per illustrare queste malattie anche in letteratura: l’esempio più celebre è quello di R.M. Renfield, personaggio di “Dracula” di Bram Stoker (è un paziente del dottor Seward che sente la presenza del vampiro, rinchiuso nel manicomio e compulsivo mangiatore di ragni e mosche), ma potrei citare anche il serial killer protagonista di “Intensity” di Dean Koontz e l’elenco potrebbe continuare. Non solo, gli insetti sono biologicamente così diversi da noi che l’entomofobia, la paura degli insetti, è un disturbo riconosciuto dalla psicologia ufficiale: ecco che gli insetti finiscono per incarnare le nostre peggiori paure (come in “IT” di Stephen King), una trasformazione radicale e inaccettabile (dal celebre racconto “La metamorfosi” di Franz Kafka a film come “La mosca” di David Cronenberg o “Bite” di Chad Archibald) e tutto ciò che è alieno assume automaticamente nella nostra mente una forma insettoide (si veda non solo “Alien”, “Predator”, “Starship Troopers”, eccetera, ma perfino le nanoparticelle che attaccano gli astronauti nel finale di “Moonfall” di Roland Emmerich), anche se talora ingentilita alla bisogna (“E.T.” docet). 

Quanti monster movie ci sono nella storia del cinema con protagonisti insetti mutanti? Probabilmente troppi per poterli ricordare e menzionare tutti. L’insetto, inoltre, è visto come una forma di vita inferiore, non meritevole di interesse né di salvaguardia; è proprio per questo che gli alieni irridono gli umani con la frase “Siete insetti!” nella trilogia “Memoria del passato della Terra” di Liu Cixin, dalla quale sono state tratte una serie cinese e la più recente serie Netflix “Il Problema dei Tre Corpi” – ricorderete certamente che questa frase è stata usata anche come slogan, piuttosto criptico per chi non avesse letto la saga di Cixin, nella campagna pubblicitaria della suddetta serie Netflix proiettata nelle stazioni italiane a marzo di quest’anno, e che tanto ha fatto discutere.
Ma al di là di ogni altra considerazione, qual è il senso di questa spinta pro-insetti in Occidente, posto che questo “super alimento” non è affatto così completo e salutare come si crede, impone per allevarlo uno spreco di risorse pari o superiore a quello di altri tipi di carne, e posto che uccidere (male) un insetto non è moralmente diverso dall’uccidere un qualsiasi altro animale?
Forse i propagandisti degli insetti hanno imparato la lezione di Feuerbach fin troppo bene. Se il cibo condiziona il pensiero dell’uomo, allora migliorare l’alimentazione è vitale anche per lo sviluppo sociale, culturale e politico dell’umanità; ne consegue che pure la regressione dell’umanità è anche una questione di cosa si mette in tavola. Meditate, gente, meditate (cit.). 

(*) Ad oggi, settembre 2024, l’Unione Europea ha dichiarato idonei al consumo umano (e quindi liberamente utilizzabili e commercializzabili), le larve essiccate di Tenebrio Molitor (il verme della farina), intere o sottoforma di polvere (Reg. 2021/882), la Locusta Migratoria, autorizzata sotto forma congelata, secca e di polvere (Reg. 2021/1975), l’Acheta Domesticus (il grillo domestico) sotto forma congelata, secca, polverizzata (Reg. 2022/188) e in polvere parzialmente sgrassata (Reg. 2023/5) e l’Alphitobius Diaperinus (un tipo di coleottero) in forma congelata, secca, polvere e di pasta (Reg. 2023/58).
(**) Si veda come esempio https://www.ilpost.it/flashes/nicole-kidman-mangia-insetti/
(***) Tra l’altro ristampato da Volumnia Editrice nel 2016. La prima edizione dell'editore milanese Treves risale al1871.  

4 commenti:

  1. Uno dei tuoi migliori post. Un argomento dal quale è impossibile sfuggire e tantomeno consigliabile voltarsi dall'altra parte, visto che rientra ormai a pieno titolo fra i contenuti maggiormente discussi in tavoli di lavoro importanti. Personalmente sono orripilata. Non per partito preso, come sento in giro (c'è chi definisce la cosa come un'azione da animali, dimenticando ciò che scrivi nel post, la civiltà occidentale è la sola a non mangiarne), ma proprio per una mia idiosincrasia verso l'entomologia. L'insetto, in ogni sua forma, è una cosa ributtante e purtroppo è una mia visione, addirittura sfociante nella paranoia. Da qui a immaginare di mangiarne, ce ne corre, ma mi dispiace essere così maldisposta. Anche perché, di fatto, ne mangiamo già, dai coloranti - come citi nel post - agli insetti macinati nei cereali, e aggiungo anche nei sughi di pomodoro. Conoscevo una signora, operaia in una fabbrica di sughi e conserve di pomodoro, che mi disse di prendere sempre i pelati, perché nei sughi passati c'è di tutto quanto a insetti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non dubito affatto che nelle passate di pomodoro siano presenti insetti di ogni tipo, visto che i processi di lavorazione difficilmente riescono ad eliminare completamente il problema di quei piccoli cosi che svolazzano negli ambienti. La stessa cosa sarà per i latticini, e quindi burro, formaggio e yogurt. La sola idea mi ripugna. E infatti cerco ormai di mangiare solo roba che posso lavare prima di mettere a tavola.

      Elimina
  2. Sono certamente un europeo schizzinoso e gli insetti non li mangerei mai. Forse potrei mangiare qualche prodotto fatto con la famigerata "farina proteica", occhio non vede cuore (anzi, stomaco) non duole.
    Io credo che questa campagna pro-insetti con tanto di legalizzazione in Europa serva anche a convincere a livello psicologico i popoli dei paesi più poveri che possono benissimo adattarsi a mangiare insetti, del tipo: "oh, se pure i ricchi europei li inseriscono fra i cibi edibili, allora anche un povero africano può mangiarli no?" Poi magari in Europa, all'atto pratico, non li comprerà (e quindi non li mangerà) nessuno, e in Africa i rivenditori diranno: dai, su, mangiate questi insetti, non è cibo per poveri, chissà quanti europei li stanno mangiando in questo momento...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Follow the money" si diceva ai tempi dello scandalo Watergate. E la regola continua ad essere valida per tutto. In questo caso particolare la mia teoria è quella che si sta cercando di aggirare i regolamenti che oggi pongono un limite ai livelli di contaminazione da insetti nocivi che affliggono la filiera alimentare. Avevo letto da qualche parte che il numero di container che arrivano nei porti e che vengono bocciati ai controlli è enorme. La soluzione non sarebbe quindi quella di limitare la contaminazione, ma di innalzare la soglia di accettabilità, al fine di poter immettere sul mercato merce normalmente destinata al macero.
      Le recenti leggi dell'Unione Europea, tutte a favore dell'accettabilità dell'insetto a tavola, portano chiaramente in quella direzione.

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...