Sembra proprio che questa maledetta primavera del 2022 stia concentrando la propria attenzione sugli iconici protagonisti del capolavoro avatiano “La casa dalle finestre che ridono”. E non è una buona notizia. Dopo essersi portata via Gianni Cavina giusto un paio di mesi fa, la Grande Consolatrice ha preso sotto la sua ala protettrice anche Lino Capolicchio, che di quel meraviglioso film era il volto nettamente più riconoscibile. Non vi tedierò parlandovene, visto che lo ha fatto di recente, e in maniera anche piuttosto approfondita, un mio storico vicino di blog, ma dopo l’ennesimo lutto tra il cast è forse il caso di fermarsi un attimo e ricordare l’attore altoatesino in altro modo, magari risalendo ad una sua versione delle origini. Il dubbio su cui mi sono arrovellato a lungo riguardava il film sul quale puntare, ma a conti fatti Capolicchio in gioventù ha interpretato più o meno sempre la stessa parte (quella del personaggio morboso e nichilista) in film più o meno tutti uguali, per cui affidarmi al caso mi è parsa la soluzione più naturale.
Ed ecco quindi a voi “Le tue mani sul mio corpo” (Rondi, 1970), scelta dettata anche dalla fiducia che ripongo nel regista. Non è la prima volta, infatti, che questo blog affronta una pellicola di Brunello Rondi: quasi nove anni fa spendemmo parole per “Il Demonio”, antesignano del genere esorcistico che fu Orso d’oro per la miglior regia al Festival di Berlino 1963. Ma se quella vecchia pellicola in bianco e nero è da molti ritenuta essere il capolavoro del compianto regista romano, lo stesso non si può dire per “Le tue mani sul mio corpo”, che viene descritto un po’ ovunque, anche dai rondiani più incalliti, come un polpettone mal riuscito.
Confesso, e lo faccio senza alcuna vergogna, che la noia ha regnato sovrana per novanta minuti anche nel salotto di casa mia, la scorsa settimana. Tuttavia, a mente fredda, occorre ammettere che non tutto in questo film è da versare nel water: oltre a essere ben girato e, a livello di cast, ben rappresentato, “Le tue mani sul mio corpo” è accompagnato dalla vibrante colonna sonora del mitico Giorgio Gaslini, anche se qui non era forse al massimo della forma. A titolo di curiosità, i titoli di testa ci riferiscono che in questo film fa qualche cosa anche Sergio Martino, ma non si sa bene che cosa e non si sa nemmeno bene se sia vero. Tornando al cast, occorre citare l’ambigua Colette Descombes, che forse ricorderete in “Orgasmo” (1969) di Umberto Lenzi, e soprattutto l’incantevole Erna Schürer, attrice-feticcio di Rondi nota ai più per il suo ruolo da protagonista ne “Le salamandre” (1969) di Alberto Cavallone. Trait d’union delle due fanciulle un giovanissimo Lino Capolicchio, che fornisce per tutto il metraggio del film una recitazione che definire irritante è dir poco. A sua parziale discolpa andrebbe detto che il suo ruolo era tra i più complessi, e che sulle sue spalle avrebbe dovuto praticamente reggersi tutto il castello di carte di un film con una trama ai minimi termini (gestire questo film sarebbe stata un’impresa titanica anche per un attore con molta più esperienza sulle spalle).
Erna Schürer |
È forse in quest’ottica che potremmo interpretare “Le tue mani sul mio corpo”: una cronaca dettagliata del disagio di una generazione che dopo i fasti del Sessantotto si avviava a uniformarsi e a integrarsi in quella stessa società che si intendeva colpire. E se le cronache riferiscono che negli anni delle contestazioni tutti scopavano come demoni, ora quel che resta è solo una realtà malata, perversa e distruttiva. Ad Andrea non interessano quelle tette e quei culi generosamente offerti dalle due annoiate e nullafacenti signore; ad Andrea piace piuttosto parlare di argomenti vacui per minuti che sembrano ore, piace filmare di nascosto le due donne, ma soprattutto piace fissarsi sulla madre morta, bloccando in questo modo sul nascere qualsiasi evoluzione sessuale e sentimentale. Niente di veramente nuovo, insomma.
“Le tue mani sul mio corpo” non è un brutto film di per sé, ma a conti fatti è difficile decidere cosa farne. Lo si potrebbe in teoria inquadrare in un’ottica da “guilty pleasure”, per soddisfare la perversità degli amanti del modernariato 60/70 oppure per gli adepti del culto di quella stagione del cinema italiano infarcita di tematiche erotico-borghesi con intellettualismo salottiero e dialoghi terrificanti. L'omicidio negli ultimi cinque minuti è l'unica cosa che accade davvero, ma sicuramente non vale la pena aspettare e comunque difficilmente si riesce a rimanere svegli così a lungo. Gli attori fanno quel che possono, ma possono poco, Rondi usa molto bene la macchina da presa, ha un ottimo feeling con la scelta delle location e delle inquadrature ma, spiace doverlo ammettere, il risultato finale non verrà mai dichiarato patrimonio dell’umanità.
Colette Descombes e Lino Capolicchio |
Innanzitutto, grazie per la citazione, poi ti dirò se dovessi scegliere io un altro film interpretato da Capolicchio di cui parlare, avrei scelto "Solamente Nero" , un horror-thriller ambientato a Venezia per la regia del padovano Antonio Bido, un regista che molti vedevano come una sorta di Anti- Argento ma che poi è caduto nel dimenticatoio. Veniamo adesso a bomba, a "Le Tue Mani sul Mio Corpo", io penso che probabilmente abbia rappresentato un tentativo di parte di Rondi di creare un film totalmente intellettuale, uno sperimantalismo che solo a quei tempi si poteva fare, probabilmente ha esagerato e la cosa gli è scappata di mano. Nota di merito per la napoletanissima Erna Shurer che ci ha il suo perché.
RispondiEliminaIn effetti, ripensandoci avrei potuto scegliere quello, il più avatiano dei film non-avatiani, con un Capolicchio identico a quella della casa dalle finestre che ridono (anche il nome di battesimo del suo personaggio, Stefano, ne è un evidente richiamo).
EliminaNon so cosa avesse avuto in mente Brunello Rondi con questo film. Forse un semplice esercizio di tecnica che avrebbe dovuto (potuto) rimanere tale. La Shurer è quel tipo di bellezza anni Settanta che oggi non esiste più: decisamente più intrigante di quell'insipida francesina che le hanno messo accanto....
I miei tentativi di recupero del cinema italiano dei tempi che furono sono purtroppo rari e distanti fra loro, per via di tante fregature prese nel tempo con schifezze memorabili. La Casa dalle finestre che ridono dovrò cercare di recuperarlo... Per questo film non penso di potercela fare, ma grazie per il post.
RispondiEliminaAvati andrebbe recuperato tutto a prescindere. "La casa dalle finestre che ridono" (1976)e "Zeder" (1983), sono un ottimo inizio.
EliminaDi Rondi, tutt'altro genere, è imprescindibile "Il demonio" (1963), ma anche "Valeria dentro e fuori" (1972) e "Ingrid sulla strada" (1973). Questo qui di cui abbiamo parlato oggi è proprio l'ultimo della lista.