Siamo infine arrivati al decimo anno di Notte Horror, il tradizionale appuntamento estivo che tiene incollati
ai blog milioni di followers da tutta Italia. Sembra ieri che tutto questo ha avuto inizio, grazie all’iniziativa di
un pugno eterogeneo di scribacchini del web con in comune la passione per il cinema horror fin de XX
siècle, un tipo di cinema che non c’entra nulla con l’omonimo movimento culturale europeo (fra l’altro di
un secolo antecedente), ma che si concentra più che altro sul suo opposto, ovvero l’ignoranza più becera in
termini di creatività e di mise en place.
Ho già raccontato numerose altre volte (almeno dieci, ma mi sa di
più) che questa iniziativa venne alla luce con il proposito di omaggiare le omonime notti televisive della
nostra fanciullezza, ma quello che forse non tutti sanno (o non si ricordano, o fingono di non ricordare) è
che non fui io il creatore di tutto l’ambaradan. Oggi è facile pensarlo perché sono anni (giusto quei nove)
che mi sono fatto carico di tutto lo sbatti dell’organizzazione, ma la vera origine va ricercata in due fanciulle
da blog (una delle quali è ancora qua in giro) che ebbero la fatale intuizione mentre degustavano un gelato sul lungomare di Pietra Ligure in un lontano tardo pomeriggio d'estate. Ora, più prosaicamente si stavano solo scrivendo su una chat, ma l'immagine di Pietra Ligure al tramonto mi pareva più romantica.
In quella lontana estate del 2014, anyway, Obsidian Mirror fece il suo esordio nella prima Notte Horror
affrontando uno dei suoi temi più ricorrenti, ovvero “Il signore del male” di John Carpenter, classicone sul
quale sarei in seguito tornato anche in formato video. Da lì in avanti la qualità delle mie scelte per la Notte
Horror iniziò a scadere, giungendo in ultimo ad abissi di insondabile trasciume. D’altra parte, lo sapete
meglio di me, questa iniziativa si basa su un concetto molto semplice: più il film è tamarro, meglio è.
Lascerò a voi giudicare se oggi, con “La casa con la scala nel buio”, la tendenza prosegue nella stessa
direzione o se questo è un primo segno di inversione di rotta. Perché, a conti fatti, questo lungometraggio
del piccolo Bava è tanto amato quanto odiato, ed è tanto promosso quanto bocciato dai recensori
dell’internet di tutte le specie.
Ho detto il “piccolo Bava” non perché il buon Lamberto fosse allora un regista di primo pelo (e nemmeno
tanto basso di statura), quanto perché è evidente che, con un cognome così pesante, qualunque cosa gli
potesse mai venire in mente di fare non poteva che scatenare paragoni ingloriosi e il più delle volte
eccessivi.
Oggi, fortunatamente, Lamberto Bava è riuscito a dribblare l’ombra del padre grazie a uno stile
inconfondibile e tutto sommato piacevole, anche se piuttosto ripetitivo. Anche perché “La casa con la scala
nel buio” è chiaramente lontano anni luce dai lavori del Bava senior, avvicinandosi piuttosto a quello che
per Lamberto è stato il vero mentore cinematografico, Dario Argento, con il quale egli, giusto l’anno
precedente, aveva già lavorato nel ruolo di assistente alla regia (in “Tenebre”, 1982).
L’influenza del Darione nazionale, e più precisamente dell’imprescinbile “Profondo Rosso” (1975), è
evidente più o meno ovunque, dalla scelta di assegnare il ruolo di protagonista a un musicista (un ragazzo
qualunque che si trova coinvolto suo malgrado in circostanze straordinarie), fino alla soluzione stessa
dell’enigma, che affiorerà da un remoto passato. Con queste premesse, e con un budget
comprensibilmente più risicato, a Bava junior non restava che riciclare i cliché argentiani più abusati
(inclusa la ferocia con la quale vengono messi in scena alcuni omicidi), per un risultato che ha fatto storcere
il naso a numerosi puristi del giallo all’italiana.
Il film, come dicevo poc’anzi, è incentrato su un compositore (Andrea Occhipinti) che viene incaricato di
scrivere e registrare la colonna sonora di un film dell’orrore. Affinché possa entrare nel mood giusto, la
produzione lo spedisce a vivere tutto solo in un'opulenta quanto solitaria villa. Qui iniziano ad accadere
cose strane ed egli precipita rapidamente in un incubo senza fine. C’è un macabro mistero incentrato sulla
precedente inquilina della casa, Linda, e una serie di personaggi femminili che uno dopo l’altro appaiono, gli
sottopongono indizi allettanti e poi scompaiono altrettanto improvvisamente, vittime di un killer che cerca
in ogni modo che il "segreto" di Linda rimanga tale. Ma la chiave dell’arcano potrebbe essere contenuta
proprio nel film su cui egli stesso sta lavorando. Ad arricchire il puzzle c’è una stanza chiusa a chiave nel
seminterrato e un giardiniere erotomane sempre in agguato.
Detto così, sembrerebbe tutto molto intrigante; purtroppo, in fase di realizzazione Bava si prende sin
troppo tempo per cercare la giusta atmosfera, finendo in tal modo per spezzare il ritmo del film e
scoraggiare lo spettatore che nel frattempo (ma su questo torneremo più avanti) ha già facilmente, e con
largo anticipo, individuato l’identità del killer. Ma torniamo all’inizio.
Il film si apre con la scena di due ragazzini che intendono costringere un loro coetaneo ad avventurarsi in
uno scantinato buio alla ricerca di una pallina da tennis. Quando i due bulli iniziano a chiamarlo
“femminuccia”, il ragazzo si convince e inizia a scendere le scale, scomparendo nel buio dopo pochi passi.
Qualche istante più tardi, quando ormai la tensione è alle stelle, si ode un grido e la pallina da tennis,
completamente ricoperta di sangue, viene rispedita al mittente da una mano invisibile. Ecco, questa scena
è davvero un capolavoro, e anche dopo averla vista e rivista decine di volte riesce a terrorizzare in egual
misura anche l’horror-addicted più navigato.
Non è il vero inizio del film, di per sé, ma è solo l’inizio del film nel film, ovvero la prima scena del nuovo
horror che Bruno (Andrea Occhipinti) dovrà musicare tutto solo nella villa già citata.
A posteriori dico che è un peccato che quella scena magistrale non abbia portato da nessuna parte,
specialmente in virtù del fatto che “La casa con la scala nel buio” (dove non ci sono scale di alcun tipo)
qualche “pecca”, per essere buoni, ce l’ha.
A partire dal protagonista che, benché prenda a prestito l’aspetto carismatico di Occhipinti, resta sempre
imperturbabile e agisce in maniera totalmente insensata, ignorando per esempio eventi assurdamente
sospetti come il nastro strappato da un registratore o le pagine di un diario strappate e gettate nel fuoco.
Tutti chiari segni che c’è un intruso in casa, ma che il nostro protagonista si limita a osservare con distaccata
curiosità. Si passa un tempo spropositato a seguire Bruno mentre si aggira per la villa, controllando questa
e quella stanza (non per cercare l’intruso, si badi, ma per entrare meglio nel mood compositivo), che per
qualche motivo è dotata di un numero sproporzionato di armadi. E quando una ragazza emerge da uno di
questi armadi, lui non sembra nemmeno considerarlo molto strano.
E tra l’altro non è nemmeno l’unica: sono tre le ragazze che saltano fuori dal nulla, vagano dentro e fuori la
villa, e finiscono per soccombere alla furia del killer, sotto gli occhi di un Bruno che non riesce a vedere i
cadaveri nemmeno quando sono proprio lì, sotto il suo naso.
Solo dopo l’ennesima macchia di sangue sul pavimento e un segno di coltello lasciato sul mobile del bagno
Bruno inizia a rendersi conto che da quelle parti le donne da lui incontrate, guarda caso tutte conoscenti
della precedente inquilina, spariscono senza alcuna logica apparente.
Per premiare lo spettatore della lunga
attesa, il film si inserisce da questo momento sul tanto atteso binario delle indagini, che porteranno, come
accennato in precedenza, a capire che tutto ciò che sta succedendo ha qualcosa a che fare con il film a cui
Bruno sta lavorando.
Originariamente concepito come una miniserie TV in quattro parti, con ogni segmento che terminava con
un omicidio, “La Casa con la Scala nel Buio” non è però tutto da buttare. Lamberto Bava è piuttosto abile a
dosare momenti di tensione e momenti ultra-gore da far impallidire quelli, già difficilmente sopportabili, di
“Profondo Rosso”: la sequenza dell’uccisione in bagno è talmente feroce che risulta difficile, anche per lo
spettatore più smaliziato, riuscire a sostenerne la vista, la voce stridula dell'assassino è indiscutibilmente
spaventosa e il finale shock, per quanto ampiamente prevedibile, non manca di far schizzare i battiti del
cuore oltre la soglia massima di sicurezza. Inoltre, la colonna sonora e alcune intuizioni registiche, come le
riprese subacquee in piscina, sono piuttosto azzeccate. Considerato poi che tutto ciò veniva realizzato nella
prima metà degli anni Ottanta, quando il cinema italiano aveva ormai del tutto disimparato la lezione dei
padri del giallo (Bava senior in primis), c’è davvero da essere soddisfatti.
Ma veniamo a quel finale shock. Se qualcuno non avesse ancora visto “La Casa con la Scala nel Buio”,
dovrebbe proprio smettere di leggere qui: non mi resta molto da aggiungere e difficilmente da ora in avanti
riuscirò a trattenere uno spoiler. Il colpo di scena, come dicevo, funziona abbastanza bene, ma ha una
grossa pecca: arriva fuori tempo massimo. Bava esagera forse un po’ troppo nel seminare indizi, e
nonostante qualche grottesco tentativo di stendere false piste, indovinare l’identità del killer nel primo
quarto d’ora non è affatto un’impresa impossibile. Si resta quindi per i restanti otto decimi del film in attesa
di una spiegazione psicologica convincente per le gesta dell'assassino: spiegazione che arriva, ma si rivela
del tutto inconsistente.
Già sui titoli di coda di “Vestito per uccidere” (1980) di Brian De Palma (ma per
estensione anche di “Psycho” di Hitchcock) ci eravamo posti la stessa dolorosa questione, ma in quel caso il
finale, chiaramente assimilabile a quello de “La Casa con la Scala nel Buio”, trovava una sua logica
nell’accurato sviluppo del personaggio interpretato da Michael Caine, uno psichiatra di successo con un
serio problema di sdoppiamento di personalità. Il personaggio interpretato da Michele Soavi, al contrario,
sembra invece solo la caricatura di un travestito; caricatura che, al giorno d’oggi, in un’epoca in cui
ideologie di ogni tipo vengono elevate a livelli paradossali, verrebbe come minimo accusata di
propagandare un'immagine stereotipata del transgenderismo. Peraltro, è davvero poco credibile che quella
grottesca parodia di donna, Linda, potesse essere stata scambiata da chicchessia per una donna vera, e che
conservare il “mistero” sulla sua reale identità sia potuto divenire il movente di una serie di omicidi che,
lungi dall’essere il frutto di un raptus o della follia, sono stati in effetti ben pianificati, e questo, a mio
parere, è il vero punto debole del film: una trama affascinante, sulla carta, ma davvero troppo
sconclusionata.
Oggi Lamberto Bava non potrebbe certamente più girare un finale come quello de “La Casa con la Scala nel
Buio”: ne uscirebbe massacrato, e tutto quanto c’è di buono nel film (e di cose buone, come detto, ce ne
sono) verrebbe inevitabilmente avvolto e offuscato da un uragano di merda. Fortunatamente (fa strano
dirlo) “La Casa con la Scala nel Buio” è un film di cui ormai si ricordano in pochi: coloro che lo hanno visto
probabilmente non lo rivedranno e coloro che non lo hanno visto, beh, continueranno a ignorarlo come
prima.
La recensione de “La Casa con la Scala nel Buio” è il primo dei miei due contributi alla decima edizione di
“Notte Horror 2023”. Hanno già partecipato La Bara Volante, Il Bollalmanacco di Cinema, Il Zinefilo, Solaris
e La Fabbrica dei Sogni. Le Notti Horror proseguiranno martedì prossimo su Il Blog di Tony, mentre il mio
secondo contributo arriverà a fine agosto, alla riapertura del blog, che da questo momento entra in
modalità pausa estiva.
La Notte Horror è l'unica iniziativa "collettiva" che ancora resiste in una blogsfera ormai agonizzante... ed essere arrivati alla decima edizione è un traguardo straordinario! Sono assolutamente felice di parteciparvi ogni anno e dare visibilità a tanti blog amici, che poi è il vero spirito della rassegna: non posso quindi che ringraziarti per esserti preso anche quest'anno la briga dell'organizzazione. Quanto alle due fanciulle ideatrici, ma sai che non lo ricordavo? Penso di aver capito comunque chi sono ;) in ogni caso ringrazio tutti/e indistintamente!
RispondiEliminap.s. il film di cui parli ovviamente non l'ho visto... ma metto in lista! (che ormai è infinita)
Nessuno si ricorda le origini della NH, ma basta andare a cercare i post di dieci anni fa e vedere chi aveva lanciato l'idea. Il banner lo feci però io già da allora e, almeno da quel punto di vista, possa vantare un bel "10 su 10". Stavo anche pensando di andare a rileggermi tutti i nomi dei partecipanti per mettere in piedi un bel post di statistiche. Dopo 10 anni ci potrebbe stare, no?
EliminaEh, sarebbe interessante!
EliminaIl Pietra Ligure, in effetti, ci sta tutto ma facilmente una delle due fanciulle stava bestemmiando (in dialetto ligure) al lavoro. Ma l'immagine poetica la preferisco!
RispondiEliminaA parte tutto, siamo arrivati al decimo anno soprattutto grazie a te e allo sbattimento che ti carichi in spalla tutte le estati, quindi GRAZIE!
E grazie anche per avere segnalato il film, che mio malgrado non conoscevo affatto!
...che poi magari è più romantica Loano, ma Pietra mi ricorda le colonie estive di quando ero bambino, e a cui sono rimasto molto legato. Per il testo, non avrei potuto fare nulla se non ci fosse stato entusiasmo da parte di tutti. Chissà se arriveremo a venti?
EliminaBeh, l'horror necessità di un certo mestiere, non si improvvisa. Non conoscevo questo titolo ma ha l'aria di essere un prodotto a basso costo (che in realtà vorrebbe dire poco perché anche certi film di Romero sono stati realizzati con budget bassissimi eppure fanno la loro figura, però in genere quando i soldi scarseggiano è difficile confezionare un buon film).
RispondiEliminaPensavo che fosse un titolo molto più famoso, invece quasi tutti mi state dicendo di non averlo mai visto. Che strano.
EliminaE comunque a zero budget si possono fare anche grandi cose, se ci sono le idee. Il fatto è che le idee non ci sono mai.
Io all'epoca sono stato molto più cattivo con il film, ma storicamente non ho mai trovato alcun contatto con l'horror italiano anni Ottanta, proprio non lo capisco né lo sopporto, e questo non fa certo eccezione. Cerco di non affrontarlo nel mio blog perché questi registi hanno troppi fan esagitati - infatti se non ricordo male per questo di Bava ho ricevuto un commento infuocato! - ma stavo trattando i vari "titoli casalinghi" e questo ci è finito dentro :-P
RispondiEliminaBuon decennale della Notte Horror! ^_^
Si, lo ricordo e nel mio commento dell'epoca ti scrissi che forse eri stato un pelino impietoso. Quando poi, qualche giorno fa, è venuto il mio momento di recensirlo mi sono reso conto che non era così facile trovare motivi di esaltazione.
EliminaIl commento infuocato me l'ero perso e l'ho recuperato adesso: faccio fatica a capirne il senso ma complimenti per averlo gestito così sobriamente.
C'è una scala nella piccola introduzione metacinematografica, ma non è abbastanza per giustificare quel titolo. Molto meglio la versione inglese "A blade in the dark", che perlomeno non tradisce le aspettative.
RispondiEliminaQuest'anno partecipo anche io alla Notte^^
RispondiEliminaQuesto film è uno dei pochi che ho visto e di cui ho pure parlato nel blog; più che altro mi faceva impressione come l'assassino riuscisse a entrare in casa indisturbato e che anzi quasi tutti gli omicidi avvengano tra quelle mura 😨
Il motivo per cui entrava e usciva di casa indisturbato è diventato chiaro alla fine. A quello, onestamente, però io non avevo pensato: quando vedo delle ville con quelle grandi vetrate il problema dell'irruzione mi pare secondario.
EliminaIn effetti pensavo fossi tu, ma complimenti a tutti organizzatori e quant'altri, dieci anni incredibili, con film incredibili (nel senso peggiore del termine, ma non sempre comunque), come questo qui ;)
RispondiEliminaIo ho fatto solo il lavoro sporco, ma i creativi sono altri...
EliminaNon sembra proprio un film imperdibile, però grazie per avermi ricordato che Andrea Occhipinti, prima di diventare uno dei producer più importanti d'Italia, era un attore :)
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