venerdì 22 luglio 2011

La villa del bambino urlante

Mi capita talvolta di passare da Torino. A volte per lavoro, altre volte semplicemente per il semplice gusto di passare qualche ora tra le vie del centro. Torino è una città affascinante, specie nelle serate d’inverno, con la nebbia, con i tram che sferragliano sulle strade, con la gente frettolosa che sparisce negli androni di via Vanchiglia, che si ferma a prendere un caffè sotto i portici di piazza San Carlo, che si accoda annoiata ai semafori di Corso Belgio o di Corso Regina Margherita, gente che affitta camere nei piccoli alberghetti attorno alla stazione di Porta Nuova o solitari spettatori dei cinema d’essai di periferia. Tutte cose apparentemente normali ma che a Torino contribuiscono a rendere l’atmosfera un po’ sinistra, dandomi quel senso di leggera oppressione e di indefinito disagio che tutto sommato appare piacevole. Per che vivo da tutt’altra parte Torino è come una calamita. Difficile non rimanerne attratti.
Torino d’altra parte è universalmente nota come la città dei misteri, la città delle streghe, la porta d’accesso a mondi sconosciuti. Non sto parlando solo della famosa leggenda che indicherebbe l’accesso agli inferi essere in corrispondenza del monumento sito al centro di Piazza Statuto. Si tratta di altro. Tutto un insieme di piccoli segnali, di strane forme, di bizzarre figure che si possono incrociare ad ogni angolo. Impossibile spiegare. Forse è solo una cosa mia… mah.
Questa volta, complici un paio d’ore libere, ho deciso di recarmi sulla scena di uno dei più importanti lavori del re del thriller italiano, Dario Argento: la meta è la celebre Villa Scott, nota anche come “la casa del bambino urlante”, sita in via Giovanni Lanza al civico 57, a pochi passi dal parco del Valentino. Le foto che vedete qui sono mio. Lo so, non sono un granché.... ma questo è quanto.

Leggendo qua è là sul web, ho trovato una breve intervista a Dario Argento il quale ci racconta che per lui Torino è «una città cinematograficamente perfetta». Non solo. E' anche quella, dice Argento, «dove i miei incubi stanno meglio». «Quando penso a un film lo penso a Torino - spiega - Per me è come un teatro di posa. Architettonicamente è stupenda. Ha una grande varietà di stili. Dall' antica Roma al Ventennio agli edifici contemporanei. Quando la scelsi la prima volta, per Profondo rosso - ricorda Argento - fu quasi un gesto istintivo. Ero già stato a Torino una volta, da ragazzo, assieme a mio padre. E proprio in quell' occasione ne rimasi affascinato. Era inverno, pioveva, le strade erano lucidissime. L' atmosfera era un po' lugubre, a dire il vero. Vedevo luci gialle ovunque. Un set perfetto, pensai, anche se non meditavo ancora di fare cinema». In una lunga intervista televisiva realizzata in occasione del trentennale di «Profondo Rosso», il regista romano ha raccontato come nacque l' idea e poi il film: «Per scriverlo dovevo avere paura. Così la mattina presto andavo da solo in una vecchia casa fuori città e tornavo soltanto quando faceva buio».

Villa Scott, quindi, la location del suo film più celebre, Profondo rosso. Non è difficile trovarla, conoscendone l’indirizzo esatto. Talmente ovvia che è la meta di decine di cinefili che, come me, decidono di riassaporare per un attimo l’antico brivido. Peccato solo che via Lanza sia una strada a senso unico e che, a causa di ciò, la casa non ci appare improvvisamente agli occhi così come era apparsa a David Hemmings nel film (che poté imboccarla, beato lui, contromano). Ma tutto sommato questo è il meno. La casa preserva tutto il suo fascino. E’ incredibile. Tutte quelle decorazioni floreali in ferro battuto, la sinuosa scalinata dell’ingresso e il meraviglioso giardino tutt’intorno. Purtroppo bisogna accontentarsi di sbirciarla dalla strada, in quanto trattasi ovviamente di proprietà privata, e di riuscire a cogliere quello che gli alberi antistanti (lasciati crescere apposta dai proprietari) consentono alla vista.

Costruita nel 1902 dal torinese Pietro Fenoglio, in collaborazione con il professor Gottardo Gussoni, Villa Scott viene commissionata da Alfonso Scott, gentiluomo abbastanza ricco da potersi permettere questo edificio che diviene uno degli esempi più significativi di architettura liberty a Torino. La villa è realizzata ai piedi della collina torinese in una zona residenziale ad alta qualificazione, la quale è urbanizzata tra gli ultimi anni del XIX secolo e nei primi anni del XX secolo preferendo la realizzazione di grandi ville residenziali.

Una sinuosa scalinata mette in comunicazione l’ingresso di villa Scott con il giardino circostante: il progetto di Pietro Fenoglio sfrutta al meglio i ventiquattro metri di dislivello esistenti fra il cancello dell’entrata e il confine del giardino superiore. L’edificio, assai articolato, gioca quindi sulle differenze di altezza e di avanzamento fra i diversi corpi di fabbrica. I prospetti sono caratterizzati da decorazioni floreali in litocemento e in ferro battuto.

Nell’anno della realizzazione di Profondo Rosso, la villa era di proprietà delle Suore della Redenzione. Vi avevano allestito un convitto femminile. «Durante le riprese del film - racconta Dario Argento - Furono mandate tutte in vacanza a Rimini, le studentesse e le sorelle». Ciò che rende inquietante il luogo - coperto da fronde e cespugli e da una patina di abbandono come una rovina gotica - è la memoria cinematografica, rimasta impressa nell' immaginario con i tutti i suoi fotogrammi e la colonna sonora che ancora gela il sangue, dopo più di trent' anni. Come è notissimo anche ai meno assidui frequentatori della letteratura argentiana, Villa Scott entra nell' indagine del protagonista David Hemmings con il suo atroce bagaglio di memorie segrete. è l' origine del mistero e della nenia infantile che accompagna gli omicidi. Un «personaggio» fondamentale nella storia, dunque. Argento utilizzò realmente gli interni della villa, che non furono ricostruiti in studio. Saloni, corridoi, mobili e finestre sono originali. «Continuo ad essere molto affezionato a Villa Scott - dice il regista - La scelsi perché mi serviva una casa signorile e spettrale. Non so chi siano adesso i proprietari. All' epoca c' era un istituto femminile gestito dalle suore. Prima del nostro arrivo ci fu un equivoco. Non avevano capito che per girare mi serviva la casa vuota. Alla fine trovammo una soluzione».

Approfondimenti:
L'architettura di Villa Scott a Torino
Le location di Profondo Rosso


2 commenti:

  1. Dei pochi film d'orrore che ho visto, questo è stato uno dei più spaventosi. Come hai scritto, c'è una concomitanza di fattori a renderlo unico: il luogo, la storia, la nenia e forse anche il fatto che fosse uno dei primi nel suo genere.

    A Torino vado spesso anch'io per lavoro, è una città strana e che ha delle strane emanazioni. Non posso dire che mi piace, però.

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    Risposte
    1. Su Profondo Rosso non si discute, anche perché il particolare dello specchio rivelatore non poteva affatto lasciarmi indifferente. Forse uno dei rari momenti in cui ho davvero avuto paura al cinema.
      Torino? Sì, è strana. Non bella, questo no, ma affascinante. C'è qualcosa di indescrivibile che non ho trovato da nessun'altra parte.

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