mercoledì 17 aprile 2013

Jesús Franco (1930-2013)

C’è una ragione che non mi spiego circa la mia decisione di dedicare qualche minuto del mio tempo alla memoria di Jesús “Jess” Franco Manera, il cineasta spagnolo che solo pochi giorni fa, all’età di 82 anni, si è spento in una clinica di Malaga dove era stato ricoverato per un ictus. Non me ne spiego la ragione per via del fatto che egli non era uno di quei registi per i quali farei carte false per accaparrarmi un posto in prima fila nelle sale dove i suoi film vengono proiettati. E infatti, della sua vasta filmografia (oltre 200 lungometraggi girati in carriera) credo di aver visto solo un paio di titoli, probabilmente due film che egli stesso avrebbe definito “minori”, durante i quali non faccio fatica ad ammettere di essermi annoiato a morte. Eppure Jess Franco è universalmente riconosciuto come il maggior esponente dell’exploitation, il più rappresentativo autore di un certo tipo di horror che oggi ormai non esiste più, quello visionario, quello saturo di atmosfere gotiche e pennellato di erotismo. Un cinema realizzato con budget ridicoli, attori raccolti per strada e spesso con soluzioni che definire “alla viva il parroco” non è fuori luogo. Un cinema che, seppur perennemente criticato e condannato, seppur relegato nelle sale di periferia (spesso addirittura a quelle a luci rosse), aveva il suo stuolo di appassionati.
Di Jess Franco credo sia praticamente impossibile non aver mai sentito parlare. Attorno alla sua figura si è creato negli anni quasi un alone mitologico. Alone mitologico al quale hanno contribuito le sue stesse muse, vale a dire le sue attrici più amate: Soledad Miranda prima e Lina Romay dopo. Sì, perché tra l’altro c’è una leggenda che sostiene che Lina Romay, l’attrice recentemente scomparsa che fu anche moglie di Franco, fosse nientedimeno che la reincarnazione di Soledad Miranda, la protagonista dei primi lavori del cineasta spagnolo morta in un incidente stradale nel 1970, a soli 27 anni. Ma di questo particolare vi parlerò un’altra volta, magari in un post dedicato a quella vecchia e tragica vicenda. Adesso torniamo a Jess Franco.

Prima di tutto, in un post celebrativo di questo tipo, vale la pena fare un piccolo ripasso dei punti salienti della sua immensa filmografia. Solo i punti salienti, però, e senza approfondire troppo visto che per quello c’è sempre wikipedia. Una carriera, quella di Jess Franco, iniziata sul finire degli anni 50 del secolo scorso con un lungometraggio dal titolo “Tenemos 18 años”, la storia di due ragazze madrilene che, con le loro fantasie, costituiscono il filo conduttore dei tre episodi in cui è suddiviso il film. Uno di questi episodi, il secondo per la precisione, sarà quello che già da allora regalerà al nostro regista le prime noie con la censura. Un episodio dalle tinte horror narrante la storia di un folle maniaco che, durante le notti di luna piena, ha l’abitudine di ripetere il macabro rituale del suo primo omicidio. L’horror sarà un genere nel quale Jess Franco si avventurerà spesso negli anni a venire e che, tirando le somme, rappresenta il genere cinematografico nel quale ha messo a segno i suoi colpi migliori. Tra questi ricordiamo “Il conte Dracula” (1969), che rappresenta, tra le centinaia di pellicole girate sul tema, la versione cinematografica più aderente al romanzo originale di Bram Stoker. È comunque inutile nascondere che parte del successo del “Conte Dracula” vada accreditato al cast eccezionale del quale poteva disporre il Jess Franco dell’epoca: vale a dire i mostri sacri Christopher Lee e Klaus Kinski
Ed è proprio sul tema del vampirismo che ritorna spesso Jess Franco nelle sue opere seguenti, inclusi quelli che unanimemente sono considerati come i suoi capolavori, ovverossia “Vampyros Lesbos” (1971), una versione al femminile del Dracula di Bram Stoker, ambientata in tempi moderni e basata su un accattivante intreccio di psicanalisi, erotismo e metafisica, e “La comtesse noire” (1973), giunto in Italia col titolo “Un caldo corpo di femmina”, un vago richiamo alla storia della terribile contessa Erzsébet Báthory.

I censori dell’epoca non furono molto teneri con l’erotismo soft proposto da Jess Franco, condannando i suoi lavori ad essere proiettati solo nei cinema a luci rosse, il cui pubblico ovviamente esigeva la presenza di scene ben più esplicite. Fu così che decine dei suoi film furono integrati, all’insaputa dello stesso Franco, da spezzoni hard e distribuiti in tutta Europa. In questa situazione Franco, insieme a Lina Romay, si troverà costretto, per sopravvivere, a girare lui stesso una decina di pellicole hard (quasi tutte tra il 1985 e il 1987).
Ma non era questo il cinema che Franco voleva fare, per cui quando gli si presentò l’occasione della vita la colse al volo: l’ultima moglie di Orson Welles, con il quale Franco aveva già lavorato nel 1965, gli propose di completare il “Don Quijote”, la pellicola alla quale Welles aveva lavorato per oltre 20 anni, lasciando una quantità enorme di materiale (per la verità solo in parte messo a disposizione di Franco). Il film fu presentato nel 1992 al Festival di Cannes ma, come lo stesso cineasta si aspettava, fu accolto negativamente dalla critica. Dalle sue parole traspariva però la delusione: “Non ho mai realizzato un film pensando che avrebbe potuto vincere il festival di Cannes. Mai. Ho sempre pensato che fossero destinati al pubblico delle sale di periferia, quelle sale dove i miei film vengono apprezzati. Questo è quanto. È molto più che abbastanza per me”.
Una carriera tutta in salita, quindi. Un’artista che dopo oltre trent’anni di fatiche ancora veniva disprezzato dalla critica. Solo negli ultimi anni, per merito di alcuni appassionati, il lavoro di Jess Franco è stato parzialmente riscoperto. Non sarà molto, ma forse fu abbastanza per Jess Franco che, il 1 febbraio 2009, ottantenne e già inchiodato su una sedia a rotelle, ricevette il suo primo e unico riconoscimento: il premio Goya alla carriera.

2 commenti:

  1. Hai fatto bene a dedicare spazio al mitico " Tio Franco" .
    La storia di Soledad Miranda e di Lina Romay nel corso degli anni ha assunto le vestigia del mito, la stessa Romay in alcune interviste si era detta convinta di essere la reincarnazione della Miranda.

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    1. Si, un piccolo omaggio ad un grande del cinema come Jess Franco non poteva proprio mancare da queste parti. Grazie per il commento.

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