venerdì 17 aprile 2015

Capitolo 3: Wishing Stairs

Fox, fox, please, grant my wish... Let me win just this once.
Il terzo film della saga arriva nel 2003, e questa volta il timone passa alla regista Yun Jae-yeon. “Yeogo goedam 3: Yeowoo gyedan”, il cui titolo internazionale è “Whispering corridors 3: Wishing stairs” o più semplicemente “Wishing stairs”, non è solo la solita storia sovrannaturale ad ambientazione scolastica, ma segna anche una felice seppur minima incursione nel folclore coreano. Ingranaggio della vicenda è infatti una scalinata di 28 gradini che porta al dormitorio della scuola, la cosiddetta “scala dei desideri”: se qualcuno la sale contando i gradini, esiste la possibilità che, in particolari circostanze, possa contarne 29. Colui o colei che riesce a calpestare il fantomatico ventinovesimo gradino potrà chiedere a uno spirito-volpe di esaudire un suo desiderio, senza immaginare che per ogni desiderio realizzato ci sarà un prezzo da pagare…
Ricordate quando le volte precedenti parlammo di quelle risatine e di quei bisbigli, reali o soltanto immaginati, che si potevano sentire ovunque tra i corridoi scolastici? Quei nemmeno tanto vaghi segnali di disapprovazione o di derisione che sono stati la colonna sonora più classica dell’insicurezza degli adolescenti di tutto il mondo? Ebbene, una delle protagoniste di questo terzo episodio è una ragazza obesa vittima dello scherno delle compagne. Non c’è bisogno che sia io a ricordarvi quanto crudele possa essere l’adolescenza per chi si ritrova addosso qualche chilo di troppo, giusto? Sono certo che chiunque di noi, di voi, aveva un tempo nella propria classe un compagno o una compagna che, più di chiunque altro, veniva preso di mira per un banale discorso estetico.
Sotto questo aspetto la Corea, ne sono certo, non è meglio né peggio dell’Italia. Siamo in un college con annessa scuola di danza e Eon Hae-ju, questo il nome della nostra sfortunata ragazza, viene a conoscenza della leggenda della scalinata e, stremata dalle continue invettive a lei dirette, si rivolge allo spirito per chiedere ciò che chiunque al posto suo avrebbe chiesto. Detto, fatto: nel giro di una notte la ragazza dimagrisce tanto da essere irriconoscibile. E questo è solo l’incipit.
Hae-ju sembra nutrire una vera e propria venerazione per Kim So-hee, la più talentuosa ballerina della scuola, ma questa non ha occhi che per l'amica Yoon Jin-sung. Per la verità, il legame tra queste ultime sembra ben più profondo dell'amicizia, almeno da parte di So-hee, ma sarà messo a dura prova dalla notizia che a breve si terrà l'audizione di una prestigiosa accademia di danza russa per il ruolo di Giselle. So-hee è la favorita e Jin-sung, che non si rassegna, scovato il ventinovesimo gradino chiede di poter essere lei la vincitrice. Le cose precipitano dopo il provino, quando un banale incidente manda So-hee all'ospedale compromettendo, forse, la sua stessa carriera di ballerina. Mentre Jin-sung raccoglie onori e consensi come nuovo astro nascente del balletto, So-hee si strugge nella disperazione e nella solitudine fra le recriminazioni di sua madre e l'assenza dalla sua ormai ex amica. Quando So-hee muore, Hae-ju si reca nuovamente sulla scalinata per domandare il suo ritorno…

Come già nei capitoli precedenti della saga, punto di forza di questo film è la caratterizzazione dei personaggi, primo fra tutti quello di Hae-ju che, anche da magra, non cessa di essere la ragazza strana e inquietante che tutti scansano e di cui tutti impietosamente prendono in giro le manie e i comportamenti, dal collezionare oggetti appartenuti alla defunta So-hee alla voracità nel mangiare. Hae-ju, che ha chiesto di diventare magra, diventa bulimica e il suo desiderio di normalità ben presto affonda, vomitato assieme ai resti del pasto appena consumato. La bellezza non le porta la popolarità e la ragazza continuerà a trascorrere solitari pomeriggi nel seminterrato della scuola. Anche un personaggio di contorno come Han Yoon-ji, una scultrice in erba che perseguita Hae-ju, viene tratteggiata efficacemente in poche scene. Per lei non ci sarà nessuna scalinata e nessun ingannevole spirito-volpe, ma anche a lei il destino riserverà una sorte infausta, la ragazza diverrà infatti, in carne e ossa, l'opera d'arte perfetta, a tal punto realistica da strappare al suo professore d'arte il tanto agognato complimento “sei la migliore”.

Il messaggio, insomma, è ben chiaro, e cioè che è bene stare sempre attenti a cosa si desidera, perché quando il desiderio si avvera non è detto che lo faccia nel modo che avevamo immaginato. È un po' lo stesso assunto su cui si fonda “Wishmaster”, capostipite (nel 1997) dell'omonima saga di film che ad oggi conta tre sequel. Ma perché parlavo di incursione nel folclore? Perché sebbene una leggenda legata a una “scalinata magica” non esista nel folclore coreano, o almeno credo, in esso esiste però uno spirito-volpe mutaforma che si chiama Kumiho o Gumiho (letteralmente, volpe a nove code). La rassomiglianza con le analoghe figure del mito cinese (Huli jing) e giapponese (Kitsune) è evidente, ma mentre queste non sono necessariamente malvagie, la Kumiho ha connotazioni prevalentemente maligne e la maggior parte delle leggende la vede intenta a cibarsi di cuori o fegati umani, anche profanando le tombe per procacciarseli, o le attribuisce tendenze vampiriche, anche se non mancano quelle in cui le Kumiho cercano di diventare umane (il film “Gumiho” del 1994 racconta appunto una vicenda di questo tipo). Vien da chiedersi come persone che conoscono la natura della Kumiho e sono avvezze al concetto di karma possano credere alla favoletta della “fatina del desideri”, ma vabbè….

Comunque, in “Wishing stairs” trovano ampio spazio sentimenti contrastanti come amore, gelosia, tradimento, e si sviscera la complessità di relazioni umane che non sono quasi mai paritarie, ma sempre basate su un elemento dominante (qui rappresentato da Jin-sung, che per l'amica prova un affetto molto distaccato e velato di invidia) e uno più debole (So-hee, che non cessa di voler bene all'amica e di cercarla neanche quando questa palesa i suoi veri sentimenti). Se nel precedente capitolo l’omosessualità era esplicita, qui vi è al contrario solo un’insinuazione sottile (o almeno così può venir percepita da un osservatore occidentale): se So-hee è lesbica, allora Jin-Sung ne rappresenta il desiderio inespresso e, a sua volta, Hae-Ju completa il triangolo adorando So-hee, quasi come fossimo catapultati dentro un disegno di M.C. Escher. Leggendo tra le righe si capisce che, ancora una volta, l'origine della rivalità latente è sempre da ricercarsi in un ambiente che stimola la competizione ai massimi livelli. 

Il ruolo del sovrannaturale nello svolgersi dei fatti resta piuttosto ambiguo, perché se è vero che il solito fantasma dai lunghi capelli corvini fa la sua apparizione sullo schermo, si potrebbe credere che sia la cattiva coscienza  di Jin-sung a dargli forma, mentre Hae-ju ha evidentemente una personalità disturbata e l'assunto che la sua possessione da parte dello spirito di So-hee sia un fatto reale non è per nulla scontato. Personalmente sono convinto che lo spettro abbia un ruolo attivo nella storia, ma il solo fatto che la sceneggiatura riesca a insinuare il dubbio toglie al film un po' del suo sapore di dejà-vu. Dal punto di vista estetico il film sfrutta molto bene gli spazi, e finalmente la profusione di lunghi corridoi (della scuola, dell'annesso dormitorio e dei sotterranei) deserti e poco illuminati rende giustizia al titolo del franchise. Il resto è un repertorio di effetti già visti mille volte, ma sempre maledettamente efficaci, con la tensione che sale per gradi fino a raggiungere il climax solo nella seconda metà del film, dove le atmosfere si fanno decisamente cupe ed inquietanti. Resta tuttavia una vaga sensazione di occasione mancata al termine di “Wishing stairs”: la sua debolezza è forse dal ricercarsi nella sovrabbondanza di trame e sottotrame che, a lungo andare, sottraggono efficacia alla visione d’insieme. Quello che più è strano è che, nei miei ricordi (vidi questo film per la prima volta molti anni fa), “Wishing stairs” appariva il capitolo più interessante dell’intera serie. Oggi, rivedendo in rapida sequenza tutte e cinque le pellicole, la penso in maniera diametralmente opposta. 


15 commenti:

  1. E' diretto da una donna, strano..! Peccato sia stata un'occasione mancata perché leggendo quello che hai scritto sembra avesse le potenzialità giuste per diventare un valido punto di riferimento per l'horror asiatico.

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    1. L'incipit di Wishing Stairs lasciava presupporre in effetti grandi cose che poi, alla luce dei fatti, non si son compiute. Stano è che ne avevo un ricordo completamente diverso (cosa che già ti scrissi in un commento alla tua vecchia recensione del primo Whispering Corridors). Probabilmente, dopo anni di cinema asiatico, anche la mia sensibilità è molto cambiata...

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  2. Sarà perchè finora non ho visto nessun film della saga, ma anche a me al momento questo terzo capitolo sembra il più interessante. Magari quando li avrò visti tutti cambierò anche io ide, chi lo sa?

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    1. La componente "folclore" suscita sempre interesse, è inevitabile.

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  3. Forse richiedere l'intervento della Kumiho è un po' come decidere di stringere un patto col diavolo, no? Lo attendi all'incrocio, firmi il contratto e vendi l'anima :P ma sai benissimo che non sarà a tuo vantaggio!
    Sembra parecchio d'impatto anche questo capitolo *__*

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    1. Richiedere l'intervento della Kumiho equivale esattamente a stringere un patto con il diavolo. Esiste un vecchio film coreano del 1969 dal titolo "Thousand Years Old Fox" (di cui parleremo prestissimo) che ne mostra perfettamente l'efficacia.

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  4. Effettivamente, dalle parole che utilizzi l'impressione generale mi da questo film è abbastanza fiacca rispetto ai precedenti in cui la trama era molto più concentrata e la tematica sociale aveva un impatto mostruoso su tutta la pellicola.
    Qui mi sembra che nonostante ci sia l'elemento folkloristico non si attui una reale e totale integrazione dei due aspetti, come se quello fosse solo un accenno ed un episodio che diventa rituale, che ha delle conseguenze sui personaggi ma che avverto come se all'interno del film fosse un 'more of the same', una mancanza di fantasia.

    Io penso che quando viene inserito l'elemento fantastico questo debba essere abbastanza totalizzante, deve muovere le cose come un burattinaio e creare un vortice asfissiante, qui mi sembra che questo elemento anche se c'è in qualche modo, come dici tu, si perda facilmente fra gli intrighi di corte. ._.

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    1. L'aspetto folcloristico qui voleva forse solo essere uno strumento per arrivare a raccontare qualcos'altro. Il problema è che, almeno per me, aveva creato aspettative che alla resa dei conti non sono state soddisfatte appieno. Ma è una sensazione, non è detto che io abbia ragione. Un film interessante nella sua individualità, ma allo stesso tempo un capitolo anomalo all'interno della serie.

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  5. Questo film da una parte mi ricorda il racconto “La zampa di scimmia”, dall'altra quelli sui patti col diavolo, che alla fine finiscono in grandi inganni, un'altra cosa è che il sovrannaturale è più ai margini rispetto al nostro modo di immaginarlo. Fosse stato un film americano il fantasma o il demone di turno del patto sarebbe stato il protagonista, qui sembra quasi un comprimario.
    Poi c'è tristezza malinconia disperazione, così diverso dai nostri soliti schemi per il genere, non è la situazione di pace in cui irrompe qualcosa di misterioso, anzi l'ambientazione è già un tale schifo di posto che quasi quasi, viene da pensare che un demone di passaggio non può che ravvivare in meglio la situazione.

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    1. Il sovrannaturale non è protagonista e, in un certo senso, non è nemmeno un comprimario. Diciamo che è solo uno strumento attraverso il quale il male, già residente, si può scatenare. In fondo in fondo è lo specchio della vita reale...

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  6. Quella leggenda del 29° gradino di cui hai parlato a inizio post è fantastica!
    Ci sono così tante storie interessanti dal folklore di parti così lontane del globo.

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    1. Da oggi conterai i gradini quando salirai in casa?

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    2. Fortunatamente non soffro di aritmomania come i vampiri. :)

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  7. La penso come Marco, questo film anche con le inevitabili pecche ha il pregio di averci fatto conoscere la scala con i 28/29 gradini! Anche la scala è un bell'elemento a livello simbolico. Mi viene in mente la scala nel sogno di Giacobbe, ad esempio; o le scalinate di certi santuari da percorrere in ginocchio da fondo a cima.

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    1. Le leggenda che si cela dietro la scalinata dei 28 gradini, che talvolta diventano 29, è sicuramente affascinante. In seguito mi sono chiesto se ci fosse qualche relazione con i giorni del mese di febbraio che, ogni quattro anni, è causa di paure immotivate e irrazionali (chi non ha mai pronunciato il celebre proverbio “Anno bisesto, anno funesto“?).

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