martedì 15 novembre 2016

Orizzonti del reale (Pt.9)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

L'espressione religiosa non è qualcosa di immutabile. Di questo, almeno, siamo certi, perché osservando le diverse realtà etniche e sociali del mondo moderno ci accorgiamo che da una matrice comune possono nascere una gran quantità di dogmi e di confessioni diverse: nuove sette, ognuna con il proprio motivo dominante che rappresenta al meglio le esigenze e le idee, se non della sua totalità, quantomeno dei suoi capi religiosi. 
Anche nel passato remoto dovette avvenire qualcosa di simile, e molte volte, ma il mutamento più importante coincise con l'avanzare del progresso, quando l'uomo gradualmente acquisì la capacità di intervenire, fino a un certo punto, nei processi della natura, principalmente con l'invenzione dell'agricoltura e degli utensili in pietra più avanzati avvenuta nel Neolitico. Esso sentì che lo scopo della pratica religiosa non poteva più essere semplicemente cooperare con la natura per avere le condizioni meteorologiche idonee alla crescita delle messi. Centrali, allora, divennero l'acquisizione della saggezza e la precognizione perché, naturalmente, l’uomo aspirava a diventare egli stesso una sorta di divinità. 
Gli antichi sapevano ciò che la medicina moderna, specie qui in Occidente, sembra aver dimenticato: che l'uomo è un tutt'uno inscindibile di corpo e spirito, e non è possibile guarire l'uno dimenticandosi dell'altro. Nell'antichità la medicina, la negromanzia e l'astrologia non potevano essere disgiunte. Questo avveniva non solo perché, banalmente, con le piante ci si curava, ma anche perché le piante hanno le radici nella terra e si credeva quindi che potessero attingere alla sua saggezza e trasmetterla a coloro che erano degni di riceverla e sapevano come interpretarla. Il ventre della terra era anche il luogo a cui si ritornava da morti: l'Aldilà, un luogo di creazione ove la vita veniva concepita e dopo la morte ricreata, scevro di negatività e di quell'immobilità annichilente, oppure punitiva, la cui idea si deve unicamente al tardo Cristianesimo. 

E così, tramite le piante il saggio poteva prendere contatto con i defunti e scoprire i segreti di passato, presente e futuro: questi segreti potevano essere proiettati, per così dire, nei sette cieli, oppure nell'oltretomba, cosa che diede vita a pratiche magiche e a molta mitologia e letteratura religiosa collegata al numero 7. Questo numero ricorre nelle fasi della preparazione del corpo e dell'assunzione dell'elleboro secondo Plinio il Vecchio, che ne parla della sua “Naturalis historia”; di sette anni era il ciclo vitale umano secondo i Greci; sette sono i giorni del primo ciclo della vita secondo la Genesi, dei quali l'ultimo è quello del riposo dopo la creazione; Caino è protetto da Dio con la promessa che chiunque l'uccida sarà punito sette volte più di lui, sette sono le lampade d'oro del tabernacolo fatte costruire a Mosè, sette le chiese d'Asia dell'Apocalisse, identificate con le sette stelle della visione di Giovanni, ove questo numero ricorre più volte; sette erano i Demoni o Angeli degli Gnostici; sette i gradi d'iniziazione del culto di Mitra, il dio-sole persiano, collegati con i sette astri Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno più il sole e la luna; ancora, sette sono i livelli dell'essere del Sufismo, sette i livelli dell’iniziazione sciamanica, e così via... L'esame delle religioni e filosofie orientali ci fornirebbe altri esempi e spunti di riflessione, ma non andiamo oltre e torniamo ad occuparci delle piante. 

Quasi tutte le piante, com'è noto, hanno proprietà positive e negative, e alcune di esse sono in grado tanto di guarire che di uccidere. Le piante, e in special modo alcune dalle caratteristiche speciali, erano “angeli” e conoscerne il nome conferiva potere su di esse e permetteva di ottenere le loro “profezie”: gran parte del folclore magico che è pervenuto fino a noi serviva allo scopo di tramandare i nomi degli angeli. Allo stesso tempo, esse erano “demoni” perché potevano danneggiare, o perfino uccidere, chi ne faceva uso incautamente. Anche le malattie e le varie parti del corpo umano avevano il loro demone... Il demone, così come la droga medicinale, poteva determinare la nascita, la salute e la morte degli individui: in sostanza, erano la stessa cosa. 
Per trarre vantaggio dalle piante o droghe vegetali dunque non bastava conoscerne il nome popolare e sapere come riconoscerle, bisognava anche fare in modo di evitare o limitare al minimo i loro effetti collaterali facendo appello al loro nome segreto. Alcune piante erano così potenti che dovevano essere assunte assieme ad altre piante dall'effetto opposto per mitigarne l'intensità (così come, ad esempio, ancor oggi si usano i narcotici per controbilanciare l'assunzione di droghe stimolanti, e viceversa), altre potevano essere assunte in sicurezza solo in certi giorni e dopo un'accurata preparazione fisica e mentale. Tutti temi, questi, che potrebbero rappresentare la genesi della demonologia e dell'esorcistica. 

John Marco Allegro fa notare, e a ragione, che i pionieri della pharmacopeia rischiarono moltissimo - e molti di loro probabilmente morirono fra atroci sofferenze - per ottenere la conoscenza e anche per questo divennero nel tempo una vera e propria casta, i cui segreti venivano custoditi gelosamente e tramandati a pochi eletti. Il medico era l'unico a sapere come estrarre e purificare i principi attivi delle piante e a decidere in che dosaggi somministrarli, una valutazione molto difficile da fare perché doveva tener conto delle caratteristiche specifiche di ogni persona, che avrebbero determinato la risposta individuale al rimedio: oltre ai suoi parametri fisici, molto dipendeva dal destino a questa assegnato al momento della nascita. Ecco perché presso molte antiche civiltà, inclusa quella Sumera, i medici erano anche astrologi e potevano valutare le caratteristiche spirituali del paziente osservando il suo tema natale, ovvero il settore dello Zodiaco nel quale questo era nato. I loro eredi culturali, se non etnici, furono i Magi. La figura dei Magi ci è familiare perché è citata nei Vangeli, tuttavia ci sono almeno altre due fonti d'informazione su di loro ed entrambe, nella sostanza, convergono: Plinio il Vecchio li cita spesso e li descrive come fonte di folclore terapeutico e dei nomi meno noti delle piante e delle droghe, e Dioscoride a sua volta li menziona come fonte di nomi speciali di piante sotto il nome di “profeti”. 

I Rotoli del Mar Morto, come i testi dei Vangeli, trattano diffusamente della dicotomia fra luce e buio, e la concezione moderna fa rientrare in queste definizioni valori come la verità, la pace e la fecondità contrapposti alla menzogna, l'irascibilità, l'arroganza, e così via. Grazie ai frammenti di alcuni Rotoli, sappiamo che gli Esseni avevano redatto delle mappe astrologiche che elencavano le caratteristiche fisiche e spirituali delle persone nate nei diversi settori dello Zodiaco e sappiamo anche che suddividevano le persone in Figli della Luce o dell'Oscurità, ma queste definizioni in sé non avevano necessariamente una connotazione di tipo morale e non rappresentavano un giudizio sulla loro “bontà” o “cattiveria”: semplicemente, il fato donava alle persone nate sotto alcune stelle uno squilibrio caratteriale, che oggi chiameremmo morale, che era compito della medicina oltre che della religione cercare di correggere.
Degli Esseni, nell'opera “Guerra Giudaica” lo storico Giuseppe Flavio (secondo questa libera traduzione) racconta: Ci sono tre sette filosofiche fra i Giudei. I seguaci della prima di queste sono i Farisei; della seconda, i Sadducei; della terza, che pretende una disciplina più severa, gli Esseni. […] Essi si danno molto da fare nello studio degli scritti degli antichi, e da questi scelgono ciò che può essere di maggior vantaggio per il proprio spirito e il proprio corpo; e investigano sulle radici medicinali e sulle proprietà delle pietre nel curare le malattie. […] Inoltre, [l'Esseno] giura di non comunicare le proprie dottrine ad alcuno se non nel modo in cui egli stesso le ha ricevute; e che si asterrà dal furto, e sarà ugualmente dedito a conservare i libri appartenenti alla sua setta, e i nomi degli angeli [o messaggeri]. Questi sono i giuramenti con cui essi legano i loro proseliti a se stessi.
Quelli a cui si fa riferimento sono antichi scritti che una lunga tradizione popolare attribuisce al re Salomone e che contenevano segreti sull'arte di guarire. Salomone, secondo la tradizione, recitava incantesimi per alleviare i malanni e formulava esorcismi per scacciare i demoni dal corpo dalle persone, due pratiche che probabilmente non erano altro che due facce della stessa medaglia. L'Anello di Salomone aveva nel sigillo una delle radici da lui prescritte e chi lo portava era in grado di esorcizzare i demoni: questa demonologia salomonica, come testimoniato da Giuseppe Flavio, resistette almeno fino al primo secolo dopo Cristo e conferma il fatto che il medico veniva considerato anche un profeta, in grado sia di identificare (chiamare per nome) il demone del male che minava la salute del paziente che di invocare il suo angelo opposto, ovvero la droga medicinale adatta a debellarlo. 

Al giorno d’oggi identificare le piante e i demoni e angeli collegati non è semplice, perché queste assumevano in luoghi diversi nomi diversi e perché in passato mancavano metodi di classificazione botanica adeguati. Inoltre, è lecito supporre che più una pianta è strana più avrà sollecitato la fantasia, generando moltissime designazioni popolari la cui ispirazione principale sarà stata, probabilmente, la sua forma o il colore. Ecco dove, secondo John Allegro, la filologia può venirci in aiuto nel decifrare i nomi, purché oltre ad esaminare le caratteristiche di queste piante si riesca anche a decodificare l'origine e il significato dei racconti sorti attorno alle piante stesse e ai loro principi attivi. 
Le leggende popolari sono spesso basate su miti riguardanti la personificazione di piante e alberi, ove da un lato questi venivano investiti di qualità e facoltà umane, e dall'altro i loro nomi e le loro caratteristiche venivano applicati agli eroi ed eroine delle storie. La mitologia classica e i testi biblici sono zeppi di riferimenti alla vegetazione, e se in qualche caso queste storie possono essere nate come forma di intrattenimento o come piccole parabole politiche o “morali”, in altri casi possiamo ipotizzare che avessero lo scopo di trasmettere ai posteri il folclore terapeutico. Quest'ultimo caso, secondo Allegro, è particolarmente vero per i testi biblici, in cui i riferimenti alla vegetazione appaiono spesso inopportuni o semplicemente superflui. Il grosso problema con i testi religiosi è che sono stati tramandati senza il commento esegetico: le autorità religiose in tempi più tardi li investirono di autorità divina, ma non abbiamo prove che il significato e l'omiletica che gli diedero riflettessero il credo dei loro predecessori e non soltanto il proprio. In parole povere, non è detto che la loro interpretazione dei testi si accordasse con le intenzioni del loro autore, ammesso e non concesso che in origine tali racconti contenessero effettivamente un insegnamento morale di qualche tipo, e che il culto in cui si sono originati non si sia trasformato anche in maniera molto profonda con il passare del tempo. Oppure, qualche testo potrebbe essere stato modificato in epoca più tarda e usato per supportare un nuovo dogma con la consapevolezza che però in origine esprimeva idee del tutto diverse. Questa, secondo Allegro, è la principale differenza fra Vecchio e Nuovo Testamento. In seguito fornirò degli esempi presi dal libro a supporto di entrambi gli scenari, e nel contempo introdurrò a grandi linee il discorso filologico, così importante nel saggio, al quale finora ho solo fatto qualche rapido accenno.

10 commenti:

  1. Le capacità terapeutiche delle piante sono un tesoro dimenticato della conoscenza umana. Ignoravo però che anche nella Bibbia vi fossero riferimenti nascosti dietro l'escatologia religiosa.

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    1. Beh, naturalmente questo è il punto di vista di Allegro: una cosa da tenere sempre a mente nel proseguo della lettura. Ma nessun teologo potrebbe mai ammettere uno scenario del genere, preferendo interpretazioni a ben vedere anche più fantasiose per ricavare un senso a ciò che si legge ;)

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  2. Splendido pezzo, egli "erbari" sono state per secoli pregiate forme di bibliomania. Poi sono diventati di moda testi più "misterici", ma sono ancora ricchi di fascino quei vecchi libri con piante essiccate e descrizioni ricche.

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    1. Infatti non ho potuto resistere alla tentazione di utilizzare proprio le immagini da uno di quei tomi a corredo del post :))

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  3. Bene,bene. Vedo che ormai ti sei completamento ripreso dal trauma "Ghost in the Well" parte 2. Ora mi tocca "rispondere" con un nuovo capitolo sulle Madri ;D
    Scherzi a parte, fra un po', sempre riguardo alle Madri, saremo abbastanza contigui come tematiche.

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    1. Stavo iniziando a intuirlo, in effetti. Non so cosa tu stia per scrivere ma so bene cosa ho già scritto, e non ancora pubblicato, io.

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  4. Bel viaggio *__* La mandragola mi terrorizzava da bambina :D chissà dove avevo visto l'illustrazione antropomorfa :P
    Interessantissimo questo ripercorrere i testi biblici secondo una visione molto "eretica" ;)

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    1. La versione antropomorfa effettivamente è conturbante e fa anche riflettere, vero? Mi sono divertito moltissimo a preparare il ‘riassunto’ che vi sto proponendo, anche se è venuto più lungo del previsto O.O

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  5. molto interessante questo tuo pezzo!

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