domenica 9 aprile 2017

Sulle orme di Mae Nak

Su un affluente del Chao Phraya, là dove la leggenda di Mae Nak è ambientata, sorge il distretto di Phra Kanong, uno dei cinquanta in cui è suddivisa Bangkok: un emblema della Tailandia intera, ove la tradizione si fonde volentieri con la modernità. È un quartiere tranquillo dove la vita si concentra principalmente attorno al lungofiume, dal quale il centro città è facilmente raggiungibile con lo sky train. Molti piccoli negozi, mercatini e bancarelle si affacciano sui moli in legno. A Phra Kanong non ci sono grattacieli, ma piccoli edifici immersi nel verde, con i templi buddisti, vero cuore culturale del distretto, a pochi passi dalla zona residenziale.
Qui si trova anche il Wat Mahabut, ovvero il tempio dedicato a Mae Nak: in quello che la tradizione indica come il luogo in cui sorgeva il tempio dove lo spirito venne esorcizzato, un sacrario ospita un piccolo altare con due statue ornate da foglie d’oro che raffigurano Nak e suo figlio. Le offerte dell’incessante folla di fedeli che visita il tempio sono ai suoi piedi, mentre di fronte c’è una tivù sempre accesa, e poco lontana una radio trasmette sovente canzoni d’amore. Mentre la si prega, si bada a che lei e suo figlio siano distratti dai doni ricevuti, dalle immagini della tivù o dalle canzoni in modo che i loro spiriti inquieti, ancora legati alla vita, non abbiano modo di riflettere su chi si trovano davanti, di provare invidia nel realizzare che i fedeli gli chiedono proprio di elargire ciò che a loro fu negato in vita.
Ma cosa si chiede essenzialmente allo spirito di Mae Nak? I giovani uomini in età per il servizio miliare chiedono principalmente di esserne esonerati in quanto, come sappiamo, fu proprio un obbligo militare la causa della separazione di Mae Nak dal suo amato sposo. Le giovani donne chiedono sovente un aiuto per la fertilità, ma ovviamente non senza le dovute cautele, considerato il fatto che la gravidanza fu per Mae Nak una parentesi dolorosa.
Tra l’altro, proprio a questo proposito, fuori dal tempio sono sparse ovunque ampie raccomandazioni destinate alle donne gravide, alle quali si consiglia vivamente di astenersi dalla visita. Sebbene placato, il rancore di Mae Nak potrebbe infatti tornare a scatenarsi alla vista di una futura madre, con le conseguenze che conosciamo.

Wat Mahabut: altare dedicato a Mae Nak
Sarebbe quasi un sacrilegio, infine, terminare questa lunga serie di articoli dedicati a Mae Nak senza citare uno dei personaggi più importanti della vicenda, perlomeno secondo la tradizione orale: quella di Somdej Toh, il monaco che riuscì ad esorcizzare definitivamente lo spirito irrequieto di Mae Nak. Ancora una volta quindi la realtà si confonde con la fantasia, perché se da una parte vi è ancora il dubbio sul fatto che Mae Nak possa essere o meno un personaggio appartenente al folclore tailandese (e niente di più), è indiscutibile che colui che ne placò lo spirito non lo sia affatto.
Somdej Toh, nato il 17 aprile 1788, fu uno dei più famosi monaci buddisti del periodo Rattanakosin, un lungo periodo di monarchia assoluta che ebbe inizio nel 1782, prendendo il nome della capitale del regno (Rattanakosin, l’antica Bangkok), ed ebbe fine nel 1932, con il passaggio alla monarchia costituzionale tuttora in vigore.
Si ritiene che Somdej Toh fosse il figlio Sua Maestà Buddha Loetla Nabhalai (Re Rama II del Siam) e che fosse stato ordinato monaco novizio nel 1800 all'età di soli 12 anni. Ordinato monaco nel 1807 sotto il patronato reale a Wat Praseeratanasasadaram (Wat Phra Kaeo) a Bangkok, Somdej Toh studiò le scritture del Canone Pāli con diversi maestri buddisti. Ottimo oratore, persona intelligente e compassionevole, diresse il monastero, per un totale di 65 anni, sino al giorno della sua morte, che giunse il 22 giugno 1872.

Somdej Toh
Si dice che Mak, inconsolabile vedovo, sarebbe infine diventato monaco, entrando nel monastero di Wat Mahabut e affidandosi agli insegnamenti del maestro Somdej Toh. La sua maturazione giunse a compimento il quindicesimo giorno dell’undicesimo mese del calendario lunare, in corrispondenza del plenilunio. Tale giorno, secondo la tradizione buddista, è oggi conosciuto come Wak Ok Phansa, durante il quale si festeggia la fine della stagione delle piogge.
In tempi antichi, Buddha e i suoi discepoli erano soliti vagare per il paese, portando ovunque il proprio insegnamento. Tutto ciò avveniva ininterrottamente nell’arco dell’anno tranne che nel periodo di tre mesi corrispondente al Vassa, durante il quale essi si fermavano in meditazione. Tale sosta oggi si è trasformata in un rito conosciuto con il nome di Ritiro Monsonico, vale a dire il ritiro spirituale che ogni anno, esattamente per la durata di tre mesi, è osservato dai monaci buddisti.
Come sostiene wikipedia, i tre mesi lunari del Vassa corrispondono generalmente ai mesi solari da luglio a ottobre e sono caratterizzati (perlomeno in India), dallo scatenarsi dei monsoni. Durante il Vassa, i monaci buddisti sono tenuti a non intraprendere viaggi e a fermarsi presso un monastero. In Tailandia, proprio in tale occasione, molti giovani scelgono di entrare in un monastero per un periodo, appunto, di tre mesi fino al Wak Ok Phansa, giorno che possiamo definire come un giorno di rinascita, di rigenerazione, di ritorno alle normali abitudini dopo il completamento di un percorso spirituale. Esattamente lo stesso percorso che, secondo la leggenda, Mak avrebbe compiuto centocinquant’anni prima.
Non è un caso se le violente piogge stagionali, che vengono simbolicamente a concludersi proprio in quel frangente, sono spesso associate alla furia di Nak che finalmente viene a placarsi. Se avete in programma un viaggio in Tailandia, oltre a un’obbligata visita al Wat Mahabut la mia raccomandazione è pertanto quella di dedicare un piccolo, rispettoso pensiero alla figura di Somdej Toh.
Interrompiamo in questo punto il lungo omaggio a Mae Nak iniziato qualche giorno fa, sebbene ci sia qualche ulteriore dettaglio che proverò a proporvi verso la fine del mese. L’intenzione dello speciale “Bangkok Haunted”, al quale state assistendo già da qualche giorno, non è infatti quella di concentrarsi su un’unica figura come è stato fatto, per esempio, nello speciale dello scorso anno.
La Tailandia offre infatti un’infinità di spunti sui quali lavorare e sarebbe un peccato non provare a esplorare nuove strade, facendo la conoscenza di nuovi personaggi e ascoltando nuove storie. Logica vuole, in un contesto come questo, che si cerchi di evitare di saltare di palo in frasca senza offrire un punto di raccordo, anche se minimo, tra i due argomenti consecutivi. Ecco quindi che tra qualche giorno affronteremo una curiosa variante di Mae Nak, un nuovo Phi Tai Hong Tong Klom che, come senz’altro ricorderete, viene definito come “un fantasma di donna che trovò la morte, in modo violento, insieme al proprio bambino nel grembo”. Faremo quindi la piacevole conoscenza di Buppah Rahtree e lo faremo attraverso i quattro film a lei dedicati. Un’altra saga horror? Direi di no, perché Buppah Rahtree, come vedremo, è qualcosa di leggermente diverso.

Wat Mahabut: altare dedicato a Mae Nak

9 commenti:

  1. Ecco, la locandina che riporti ad inizio post è proprio quella del film che ho visto in italiano tempo fa, non capendoci molto. Ora quindi scatta la re-visione ;-)
    Certo che i gusti asiatici sono un po' distanti dai nostri: considerare "sacri" quei tabernacoli colorati risulta un po' difficile, ma ogni paese ha le sue usanze e il suo stile religioso. Ancora oggi i negozi cinesi presentano il Posacenere di Gesù :-P

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    1. In fondo è molto più semplice (e onesto, mi verrebbe da dire) fare come fanno loro. Il sacro, qualunque cosa sia, lo si può trovare ovunque. Non servono cattedrali.
      Nello specifico Il luogo dove si trova il tabernacolo della foto lo puoi vedere su Streetview in un immagine a 360°: praticamente sembra che l'altarino sia stato posizionato all'interno di un negozio di souvenir, tra lo scaffale delle t-shirt e quello delle calamite per frigorifero.

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  2. Molto colorita la tradizione mitologico / religiosa come è colorito anche materialmente l'altare e, in generale, la Thailandia.

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    1. Quell'esplosione di colori è effettivamente molto bella. Non posso però fare a meno di notare la prevalenza del colore verde, tipico delle banconote buttate lì in prossimità del tabernacolo..

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  3. Pur con le dovute differenze (e cautele!), il culto di Mae Nak si può paragonare ai santi delle nostre tradizioni locali che vengono portati in processione e a cui si offrono doni anche preziosi per chiedere grazie.

    (Domanda off topic ma non troppo: per caso sul blog c'è una pagina statica dove hai radunato lo speciale sui Whispering Corridors? Ora che ho finito Phantasm, mi piacerebbe leggere quello.)

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    1. Con la sola differenza che gli spiriti sono esseri temutissimi: a loro non si chiedono miracoli; si chiede solo di starsene in pace al loro posto.
      Risposta off topic. Non esiste una pagina statica, ma solo un'etichetta che ti rimanda ai post di aprile 2015.

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    2. Ottimo! Grazie mille per il link all'etichetta.

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  4. Ho appena lanciato il tuo ciclo thai sul mio Zinefilo, recensendo proprio la versione italiana de "Il fantasma di Mae Nak" ;-)

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