lunedì 29 ottobre 2018

Il Re in Giallo rivelato (Pt.1)

"...illustrò più dettagliatamente il manoscritto, ricorrendo a parecchie opere di araldica per convalidare il risultato delle sue ricerche. Citò l'origine della dinastia a Carcosa, i laghi che univano Hastur, Aldebaran e il mistero delle Iadi; parlò anche di Cassilda e Camilla e descrisse le nebulose profondità di Demhe e il lago di Hali. «Gli stracci dentellati del Re in Giallo devono occultare Yhtill per sempre», mormorò, ma non credo che Vance lo sentisse. Poi, passo dopo passo, guidò Vance lungo le ramificazioni della Famiglia Imperiale, fino a Uhot e Tale, da Naotalba e lo Spettro della Verità fino ad Aldones. Infine, messo da parte il manoscritto, cominciò a narrare la meravigliosa storia dell'ultimo Re". (Robert W. Chambers, Il riparatore di reputazioni).
Con l'arrivo dei primi freddi, e dopo tanti guest post, torniamo a bomba sull'argomento che, per via della sua "anzianità di servizio", ormai rappresenta la vera colonna portante del blog che state leggendo. A beneficio del pellegrino che si fosse affacciato solo di recente in questo remoto angolo del web posso infatti dire che questo lungo viaggio nei territori inesplorati del mito chambersiano ebbe inizio oltre cinque anni fa, ben prima del giorno in cui, grazie ad una serie televisiva di successo, termini come "Carcosa" e "Il segno giallo" entrarono a far parte della cultura di massa. 
Non pretendo che il suddetto pellegrino si prenda la briga di andarsi a rileggere tutti e trenta (e passa) articoli che hanno preceduto questo ma, per un minimo di infarinatura, sarebbe auspicabile la lettura del mega-riassuntone che ho inserito in questa pagina statica.

Dopo il piccolo esperimento di datazione che abbiamo tentato a giugno, torniamo quindi a collegarci con il filo principale del discorso, andando a richiamare su questo palcoscenico un autore di cui ci siamo già occupati tempo addietro. Sto parlando naturalmente di James Blish, autore dark fantasy e speculative fiction (suo il Premio Hugo 1959 per "Guerra al grande nulla") che, primo in ordine di tempo, si prodigò nel tentativo di dare forma alla leggenda di Carcosa e del suo sinistro Re in Giallo. Sulla genesi del racconto che ne risultò, che prese il titolo di "More Light" e che fu pubblicato nel 1970 all'interno dell'antologia "Alchemy and Academe", abbiamo già avuto modo di soffermarci qui e qui.

Occorre a questo punto sottolineare, se mai ce ne fosse bisogno, che questa serie di articoli sta per svoltare in una direzione piuttosto importante. Mai prima d'ora ci siamo davvero addentrati nel cuore stesso del mito e, se ora riteniamo di farlo, non è tanto perché vogliamo dare più credibilità a ciò che ci racconta James Blish rispetto a ciò che ci raccontano gli altri, ma solo perché egli per primo si avventurò nel tentativo di mostrarci integralmente il testo a cui mille altri scrittori avevano (e avrebbero) solo vagamente accennato. Lo stesso Robert W. Chambers, come sappiamo, nei suoi racconti non ci fornì niente di più che frammenti occasionali: possiamo dire che egli usò una tecnica che con la giusta dose di pazienza (e lo sapeva bene Lovecraft, che fece lo stesso con il suo Necronomicon), non avrebbe fatto altro che elevare il Re in Giallo a leggenda.
È necessario anche precisare, prima di procedere oltre, che ciò che si prefisse James Blish era qualcosa di praticamente impossibile da realizzare: scrivere un testo come il Re in Giallo (o come il Necronomicon), il cui potere evocativo avrebbe dovuto portare alla pazzia l'incauto lettore, era già in partenza una battaglia persa (e di questo lo stesso Blish ebbe poi modo di scusarsi con i propri lettori).
Partendo da questi presupposti, e lo dico anche a voi che state sopportando questo blogger da tanto tempo, la scelta di riportare alcuni passi del testo di Blish potrebbe infine rivelarsi una delusione: nulla di reale può essere così spaventoso come ciò a cui, tra mille timori, si è sempre e solo vagamente accennato.
Anche se l'opera di Blish non è però quella a cui tutti aspiravamo (e meno male che non lo è, aggiungo io) il risultato complessivo è dannatamente efficace e, una volta che saremo giunti alla fine, vi sarà difficile riprendere in mano i racconti di Chambers senza che la vostra mente non vi porti agli avvincenti scenari immaginati da Blish.

Sarebbe a questo punto necessaria una lunga (ennesima) digressione: quella in cui si pone la questione di quanto sia effettivamente originale un'opera che si ispira così esplicitamente ad un'altra, o addirittura, come in questo caso, sfruttandone a piene mani i meccanismi.
Per il momento mi sforzo di soprassedere citando giusto un passaggio di Robert Price che, nella prefazione all'antologia "The Hastur Cycle" (Ed. Chaosium) scrive: "Non ha senso parlare di originale. Quando troviamo diverse varianti della stessa storia, non c'è modo di sceglierne una e dichiararlo come il vero, l'unico e il definitivo. Ogni racconto è l'anello in una catena, parte di un ciclo in evoluzione. Ogni nuova rappresentazione del mito è un nuovo originale. Allo stesso modo, mi sembra molto fuorviante prendere le storie di Lovecraft e i miti ad esso collegati e definirli originali, relegando Chambers ad un semplice ispiratore e Derleth ad un semplice imitatore. Ognuno ha la propria integrità, la propria priorità. Lovecraft, in buona sostanza, ebbe il suo momento sul palco, ma in seguito fu sostituito da nuovi attori altrettanto capaci".
Ed è esattamente il concetto che, senza neanche farlo apposta, aveva lasciato maturare nel sottoscritto l'idea di questo speciale; uno speciale che prosegue da cinque anni e che, state pur sereni, è ancora ben lontano dal giungere alla sua conclusione. Ma bando le ciance. Si spengano le luci e si alzi il sipario sul primo atto de "Il Re in Giallo"!


Un balcone del palazzo di Hastur, affacciato sul lago di Hali, che si estende fino all'orizzonte, inerte, vuoto, avvolto di una sottile foschia. Due astri si tuffano sulla sua superficie, perennemente immota. Tutt'attorno oggetti una volta opulenti, ora drammaticamente segnati dal trascorrere del tempo. Calcinacci scivolati dalle pareti, inosservati. Cassilda, una regina, giace su un divano vista lago. Sul petto, un diadema d'oro e gioielli. Un servo entra e le porge un vassoio, ma è quasi vuoto: un po' di pane, una brocca. La regina lo guarda sconfortata e lo congeda con un gesto. Il servo si volta ed esce di scena. Entra il principe Uoht, un uomo corpulento nei suoi primi... milioni.
Quello che avete appena letto è il prologo (credo che tecnicamente, nel gergo teatrale, si debba usare il termine didascalia), nel quale viene descritta la scena che appare ai nostri occhi. Una scena fatiscente, intrisa di decadenza. Tutto il contrario, lasciatemi dire, di ciò che forse ci saremmo aspettati. Vengono citati due riferimenti a luoghi: Hastur, probabilmente una città ma non necessariamente, e il lago di Hali, già citato da Chambers così come i Soli gemelli che vi si specchiano. I personaggi in scena sono Cassilda, una regina, un servo, con tutta probabilità ininfluente, e un principe, Uoht, il cui nome avevamo intravisto solo una volta nella citazione riportata in apertura (dal "The Repairer of Reputations" di Chambers). Quest'ultimo, se il mio inglese non m'inganna, viene descritto come "a portly man in his early millions", suggerendo in tal modo che i nostri personaggi vivano in quel luogo immutato e immutabile da un tempo che supera oltre ogni concezione umana.
UOHT: Buongiorno, madre.
CASSILDA: Arrivederci, giorno.
UOHT: Stavate rivolgendo lo sguardo ancora a Carcosa.
CASSILDA: No. … Nessuno può vedere Carcosa prima che le Iadi sorgano. Stavo solo guardando il lago di Hali. Ingoia così tanti Soli.
UOHT: E vedrete che ne ingoierà molti altri ancora. Queste nebbie sono insalubri per voi; si diffondono ovunque. Vi prego, entrate.
CASSILDA: No, non ora. Non temo questa poca nebbia; così come non temo il poco tempo. Ho avuto abbastanza di entrambi.
UOHT: Quest'interminabile assedio! Voglia per una volta il lago ingoiare Alar, anziché i Soli.
CASSILDA: Nemmeno Hali può farlo, poiché Alar giace su Dehme, che è in pratica un altro lago.
UOHT: Un lago è come un altro: acqua e nebbia, nebbia e acqua. Se Hastur e Alar cambiassero di posto nel corso di una notte, nessuno lo noterebbe. Esse sono le due città poste nei luoghi peggiori del mondo.
CASSILDA: Necessariamente, visto che sono anche le uniche. Eccetto Carcosa.
UOHT: Prego?
CASSILDA: Non sono certa, mio Principe, che Carcosa sia di questo mondo. Ad ogni modo, è certamente inutile stare qui a parlarne.
Ci fermiamo qui per oggi. Non è successo un granché, come qualcuno di voi potrebbe osservare, ma abbiamo già alcuni piccoli spunti che vale la pena sviluppare prima di proseguire. E, se ben vi ricordate, avevamo anche in agenda un appuntamento con Lin Carter a cui non possiamo assolutamente mancare...

10 commenti:

  1. Si torna alle origini, anzi ai Classici. Certo bisogna pensare anche ad un'altra cosa prima di continuare,cioè che se c'è un autore che a prima vista (ho detto apparentemente ed a prima vista) possa sembrare estremamente lontano dallo stile di Chambers e di Lovecraft sarebbe proprio Blish. O meglio il Blish più conosciuto dai lettori, quello delle opere dell'ultima maturità.
    Anche questo sarebbe un punto sul quale varrebbe la pena approfondire.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Spesso sono i più insospettabili a creare i tasselli migliori dei Mythos. Blish è uno di questi; un altro è Lin Carter, di cui ci occuperemo nel prossimo articolo.

      Elimina
  2. Oh, si risalta in sella del Re ^_^
    Con questa pioggia e umidità, un po' di "giallosità" secca ci vuole!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E questo poi è un episodio che attendeva il suo momento da tempo immemorabile...

      Elimina
  3. Gli universi letterari sono affascinanti, anche se spesso difficilmente definibili entro dei confini precisi. Tu hai scelto quello più complesso in assoluto mi sa :-D

    RispondiElimina
  4. Ci voleva proprio questa reimmersione nel giallognolo...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questa serie di articoli rimane da sempre la mia preferita, quella in cui mi rifugio quando sono a corto di immaginazione. In realtà ci sono rubriche che attendono da molto più tempo...

      Elimina
  5. Molto interessante, da fan Howardiano ho sempre sentito parlare male di Lin Carter. Recentemente però lo sto rivalutando molto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non stento a crederlo: sfruttare la fama di un personaggio inventato da altri può avere anche questo tipo di controindicazioni...

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...