lunedì 27 maggio 2019

Salvation Mountain

La prima volta che sentii parlare della Salvation Mountain era il 1995. I Kyuss, storico gruppo di stoner rock americano che si sarebbe sciolto due anni dopo, la ritrassero sul retro di copertina del loro disco di commiato “…and the circus leaves town”. In seguito avrei avuto modo, del tutto casualmente, di mettere le mani su un volume della Taschen che riporta alcune sue foto (Eccentric Style, 2002), e dopo ancora di vedere il film di Sean Penn (Into the Wild, 2007) in cui l’ideatore della Salvation Mountain, Leonard Knight, compariva in un cameo interpretando se stesso, ma all’epoca non possedevo un computer tutto mio, non avevo internet a disposizione e trovare informazioni su quell’installazione era abbastanza complicato. 
Per chi non la conoscesse, la Salvation Mountain è semplicemente uno dei più begli esempi di arte folk del mondo e si trova a Niland, appena fuori da Slab City, un piccolo villaggio composto principalmente di camper e roulotte - non troppo dissimile dal tipico agglomerato che si può trovare nel deserto, con le uniche asfittiche costruzioni in lamiera, che io stesso ho potuto vedere di persona quando ho visitato i dintorni nell’ormai lontano 2005. 

Non ho mai amato particolarmente i riferimenti religiosi nell’arte, ma qualche volta la personalità dell’autore è così magnetica, le sue motivazioni così sincere che non posso fare a meno di restarne affascinato. La mano di Knight sembra essere stata animata dallo stesso spirito gioioso e naif con cui i bambini creano i loro buffi disegni con pastelli e colori, dalla stessa passione con cui gli innamorati scrivono sui muri messaggi per la persona amata. Fin dall'antichità gli uomini hanno cercato di arrivare a Dio: la Babele della leggenda e le solide, immense cattedrali che adornano le nostre città sono esempi di costruzioni concepite per elevarsi il più possibile verso il cielo, fino al Paradiso. L’opera di Leonard Knight, nel suo piccolo, ha lo stesso scopo, ma in essa non c’è sfarzo né ostentazione, come non è ostentazione quella dei pavoni che sfoggiano piume multicolori, né quella dei canti e delle danze degli animali in amore. Ma essa, con quei semplici disegni colorati che raffigurano animali e piante, qualcosa che persino un miscredente come me riesce ad apprezzare, porta anche Dio a noi – in una visione panteistica che trasmette più armonia e felicità della maggior parte delle chiese che mi sia capitato di vedere in vita mia. Ecco perché invidio Leonard Knight e le sue certezze, ma soprattutto ammiro il modo in cui ha saputo trasformare un’anonima collinetta in qualcosa di davvero memorabile, un vero monumento moderno. Perché se non fosse chiaro dalle foto, la Salvation Mountain non è altro che una collina artificiale solcata da una croce. 

Dopo aver eretto una collinetta terrazzata di circa tre chilometri usando mattoni, paglia e terriccio, Knight si dedicò a decorarla con croci, fiori e cuori, citazioni bibliche e messaggi di (e per) Dio. Il leitmotiv di quest’opera è la religione, ma soprattutto un profondo sentimento di amore e speranza veicolato da un caleidoscopio di colori allegri e vibranti, a significare che Dio è amore e che Egli vede e provvede, perché sa sempre ciò che è meglio per noi e ciò che ci serve - una filosofia, questa, che pare aver guidato la sua vita o quantomeno la seconda parte, quella successiva al suo “risveglio spirituale”. Knight era convinto che non fosse necessario preoccuparsi troppo del futuro perché Dio avrebbe provveduto alle sue necessità, e chissà che non sia stato proprio Lui a guidare fino a lì i turisti che nei mesi invernali capitavano nei dintorni di Slab City alla ricerca di una tregua dal freddo… Fu infatti anche grazie alle donazioni di questi primi, casuali visitatori che gli fu possibile acquistare la pittura e gli altri materiali necessari per creare e apportare modifiche alla sua opera. Egli accoglieva tutti amichevolmente, felice di poter diffondere il suo messaggio a più persone possibile.

Leonard Knight (a sinistra) interpreta se stesso nel film "Into The Wild" (2007) di Sean Penn
Ma facciamo un passo indietro. Quest’uomo che nel natio Vermont era nato in campagna, in mezzo alla natura, e che era stato operaio saldatore, carrozziere, tuttofare, insegnante di chitarra e molto altro (perfino sergente durante la Guerra di Corea, seppure per un brevissimo periodo, dato che la guerra finì dieci giorni appena dopo il suo arrivo in loco), divenne un artista nel 1967 in seguito a quella che lui stesso definì un’illuminazione divina. Nulla lasciava presagire che potesse accadergli qualcosa di simile; lui per primo, dato che, per sua stessa ammissione, era stato un giovane viziato e insofferente a ogni tipo di obbligo e di dovere, al punto da abbandonare il liceo prima ancora di completarlo, sebbene non sia mai andato fiero di questa scelta. Eppure, a volte la vita ci sa sorprendere ed è proprio quel che avvenne a lui un lontano giorno del 1967 mentre, sentendo sua sorella parlare di Gesù, si sentì pervadere da uno strano turbamento. Dopo il miracolo che lo aveva strappato alla guerra praticamente senza combattere, ci fu la fase in cui all’improvviso scoprì dentro di sé l’amore per Gesù e cercò, senza riuscirvi, di unirsi a qualche confessione religiosa.

Nessuno di coloro che incontrò però sembrava condividere la sua maniera di intendere la fede, gioiosa e spontanea ma allo stesso tempo lontana da ogni desiderio di proselitismo. Anche se era l’epoca del Flower Power e una nuova coscienza collettiva sembrava pervadere la società americana, le chiese restavano arroccate nelle proprie convinzioni. Knight, il cui unico desiderio era gridare al mondo intero che Dio esiste e che ci ama, cominciò a viaggiare per l’America coltivando segretamente il sogno di affidare, letteralmente, il messaggio “God is love” al cielo perché il più gran numero di persone possibile potesse vederlo: perciò, pregava con fervore di poter ottenere una mongolfiera. Alla fine, dopo dieci anni di inutile attesa, capì che se ne voleva una doveva cucirsela da solo. E così fece. Molte volte. Purtroppo, infatti, non riuscì mai a farne volare una: la mongolfiera non si librava in aria oppure ricadeva al suolo in mille pezzi. Dopo innumerevoli tentativi Knight rinunciò a questa idea e cercò un altro modo di diffondere il suo messaggio.

Si era ormai giunti negli anni ’80, le coscienze sembravano ormai addormentate, consumismo ed edonismo avevano di nuovo preso il sopravvento e tutti (o quasi) si erano ormai trasformati in tranquilli e sfiduciati borghesi. Knight partì per la California e nel 1984 giunse a Slab City, ove si mise a vivere in maniera spartana, dormendo prima sui sedili della sua auto, e poi sul retro di un camion che aveva portato con sé assieme a un vecchio trattore e alla mongolfiera, dividendo i suoi spazi insieme a numerosi gatti randagi e soffrendo con loro il caldo, il freddo e i venti tiranni che spazzano il deserto. Mentre proseguiva con i lanci delle mongolfiere, cominciò a costruire una collinetta armato solo di secchio e pala, aggiungendo al cemento anche del pietrisco e in seguito perfino della spazzatura, e decorandola con disegni di fiori, uccelli e altri soggetti ma soprattutto con versetti biblici e frasi dal significato religioso.

Dopo quattro anni la montagnetta conteneva tanta sabbia che era diventata pericolosamente instabile e, difatti, crollò miseramente. Per fortuna, Leonard Knight era un inguaribile ottimista e si mise subito all’opera per costruirne una nuova, stavolta utilizzando solo argilla e paglia. Il risultato fu migliore di quello ottenuto la volta precedente: era sorta la Salvation Mountain che oggi conosciamo anche se, naturalmente, nel corso degli anni furono apportate diverse modifiche, come ad esempio l’inclusione (nel 1998) di un hogan, una tipica costruzione navajo, e di un’altra struttura chiamata “Museum”. Si stima che ormai, a tenere insieme il materiale che compone la collina, ci siano almeno dieci strati di vernice. Con sua sorpresa, la sua fama crebbe moltissimo con il passare del tempo, attirando sia appassionati di arte folk che semplici curiosi provenienti dagli Stati Uniti e poi da tutto il mondo.

Da piccola, trascurabile bizzarria, la Salvation Mountain divenne la vera attrazione della zona, soprattutto da quando furono girati dei documentari su di essa, le sue foto apparvero su libri e riviste di arte, Sean Penn la incluse nel suo film e un sito internet ad essa dedicato (questo) fu messo on-line. Con la fama Knight ottenne, finalmente, anche l’attenzione delle comunità religiose, molte delle quali cercarono di affiliarsi a lui sponsorizzando la Salvation Mountain, ma era troppo tardi: Knight rifiutò tutti questi tentativi, preferendo mantenere il suo messaggio totalmente personale e scevro di legami con le religioni ufficiali. Una bella rivincita per un uomo che a detta di molti era un pazzo visionario, non credete? 

Personalmente, non ho ancora avuto occasione di vedere dal vivo la Salvation Mountain, anche se ci sono andato vicino durante il mio viaggio itinerante su e giù per la California. Un giorno, lasciata Palm Springs, io e i miei compagni di viaggio ci siamo messi in macchina in direzione sud, ma alcuni contrattempi hanno cambiato radicalmente il corso di quella giornata e a un certo punto, per non dover stravolgere del tutto i nostri piani (e non rischiare di rimanere digiuni e all’addiaccio), siamo stati costretti ad abbandonare i nostri propositi. Purtroppo, non è stato possibile rimediare: il giorno dopo eravamo già molto lontani. Il mio più grosso rimpianto è che nel 2005 Leonard Knight era ancora vivo, e accoglieva ancora con un sorriso i turisti e i viaggiatori sul sito che aveva creato quasi trent’anni prima e vicino al quale viveva. È dal momento della sua morte, avvenuta nel 2014 (dopo due anni di malattia trascorsi in una clinica), che desidero dedicargli questo omaggio. Non avrò mai più la possibilità di incontrarlo, ma posso almeno condividere con voi il mio tour, se pure per ora solo virtuale, in quel luogo straordinario e magico.

Da quando Leonard Knight ci ha lasciati è la Folk Art Society of America, coadiuvata dal lavoro di numerosi volontari, che si preoccupa di verificare che la Salvation Mountain non possa più crollare e si conservi per il posteri il più a lungo possibile. E pensare che fino a una ventina d’anni fa c’era chi non la vedeva di buon occhio – alcuni miopi burocrati addirittura la definirono un “incubo tossico” proponendo il suo smantellamento! Considerato quanto può essere inclemente l’ambiente desertico, direi che finora la Folk Art Society of America ha fatto un ottimo lavoro. Tuttavia… poiché nulla è eterno, se vi capita di trovarvi nel sud della California non fatevi scappare la possibilità di visitare un luogo che, ne sono certo, ha più di una chance di toccarvi il cuore, e lì rimanere a lungo.

Leonard Knight (1931-2014)

12 commenti:

  1. Ero rimasto colpito dalle Salvation Mountain proprio quando ho visto “Into the wild”, quindi ai tempi mi ero un po’ informato, l’entusiasmo con cui lo stesso Leonard Knight le raccontava nel film richiedeva un po’ di attenzione. Bellissimo post a tema. I Kyuss, li conosco di nome, associati a Josh Homme dei “Queens of the Stone Age”, ma più di così proprio non so, ne approfitterò per approfondire grazie ;-) Cheers

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    1. Vedere apparire, del tutto inaspettatamente, Knight e la sua opera sul grande schermo di un cinema è stata una curiosa coincidenza, visto che con me c'erano esattamente le stesse persone, né una di più, né una di meno, che mi avevano accompagnato in quel viaggio americano. Inutile forse dire che è stata una coincidenza che non ha fatto altro che risvegliare un rimpianto....
      I Kyuss? Vale senz'altro la pena recuperarli...

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  2. Io l'ho conosciuta tramite la Taschen, quando comprai un volume totalmente dedicato alla "raw art" (ne ho parlato anche nel mio blog e nel lontano giugno del 2011 dedicai un post proprio alla Salvation Mountain, ma molto più sintetico del tuo. Inoltre io non ci sono mai andato neppure vicino visto che non sono mai andato fuori dalla vecchia Europa.
    Comunque non c'è dubbio che c'è qualcosa di estremamente affascinante e ispiratorio nella parabola esistenziale di Leonard Knight, un pazzo visionario che è riuscito a trasformare il suo sogno in realtà rinunciando a una comoda vita con otto ore di lavoro, uno stipendio a fine mese e un abbonamento alla pay tv. Sicuramente uomini come lui rendono il nostro mondo un luogo più interessante in cui vivere.

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    1. Sono appena passato a curiosare, come forse avrai già notato. ^_^
      Senza dubbio Leonard Knight è stato un personaggio unico e, al di là del soggetto religioso che se vuoi può essere oggetto di discussione. nessuno può togliergli il merito di aver creduto fortemente in qualcosa e di essere vissuto in funzione di quel credo. Mi piacerebbe che chi ha preso in mano la sua eredità sia in grado di perpetuarne il ricordo...

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  3. Ciao , non ho visto Into the wild e non conoscevo Leonard Knight.
    La prima cosa che mi è venuta in mente guardando le foto di questo tuo servizio è stato woodstock e la cultura Hippie.
    Peccato tu non sia riuscito a visitarla personalmente Salvation Mountain durante il tuo viaggio negli States.
    Comunque un post veramente interessante...quasi ho paura a chiederti se hai già scritto di altri "protagonisti" della cultura Folk qua su Obsidian...

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    1. Non mi pare proprio di aver affrontato la cultura folk in passato su questo blog ma. come sai, la mia vecchiaia avanza e la memoria inizia a fare cilecca... Ora che ci penso non credo di aver mai parlato nemmeno di cultura hippy, a parte qualche rara citazione buttata là in post che parlavano di tutt'altro...

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  4. A parte il film, io l'ho vista tramite youtube da youtuber che trattano di viaggi e l'ho trovata davvero suggestiva.
    Spero che perduri nel tempo.

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    1. Non spero possa durare quanto le piramidi, ma qualche decennio almeno si.

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  5. Da incurabile pagano la cosa che mi ha colpito di più è stata la strada gialla che mi ha ricordato Il Mago di Oz. Ecco, credo che se dovessi visitarla lo farei soprattutto per percorrere quella gradinata.
    E penso che un equivalente di questa cosa per me potrebbe essere Hanging Rock. Ho sognato più volte di visitarla, ma allo stesso tempo mi piace anche l'idea di conservarne solo l'immagine, tutta interiore, che ho tratto dal libro e dai film.

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    1. Condivido in pieno il tuo desiderio di visitare Hanging Rock. Tra l'altro non dovrebbe nemmeno esser un'escursione troppo impegnativa, a giudicare dalla facilità con la quale le ragazzine del film l'hanno affrontata...

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    2. Figurati, ci son più turisti su quella roccia che sul Duomo di Milano ;-D

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