lunedì 7 settembre 2020

Il ragno del tempo

C’è una villa sull’Appennino bolognese, dalle geometrie inconsuete e dall’aspetto minaccioso e senziente. C’è un notaio, diverso da ciò che sembra e alla ricerca di qualcosa di perduto. C’è un'investigatrice, che preferirebbe occuparsi di altro ma che non può resistere al richiamo del pericolo. C’è un vecchio professore, che conosce troppe cose e che non vorrebbe saperne più nulla, solo dimenticare. E poi c’è qualcosa. Qualcosa che sta arrivando...

Settembre è il mese delle ripartenze. C'è chi torna a scuola, chi in ufficio, ma soprattutto settembre è il mese in cui ci si lascia alle spalle le distrazioni e si comincia a guardare tutto nelle prospettiva dei mesi a venire, spesso non troppo dissimili l'uno dall'altro, ma con in comune quella ripetitività che ci accompagnerà fino al giorno in cui si tireranno le somme di un altr'anno andato.
"Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull'età", cantava il Grande Modenese, "Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità".
Le possibilità occorre quindi concretizzarle sin da subito, perché altrimenti quel fuoco che presagisce l'autunno finisce per divorarle. Funziona così per chi pasticcia su un blog come il sottoscritto, e funziona così per chi, partendo da uno stesso foglio vuoto di Word, è in grado di creare invece qualcosa di buono.

Come il sopracitato cantautore, anche l'ospite di oggi proviene da una città tagliata in due dalla via Emilia. Coincidenza? Probabilmente sì, ma resta il fatto che non passa inosservato il fatto che Maico Morellini abbia scelto questi primi giorni di settembre per dare alla luce il suo nuovo romanzo, quel "Ragno del tempo" cui abbiamo accennato qui sul blog solo pochi giorni fa. Incuriosito dalla sinossi, e memore dei plausi che Maico ha ricevuto con i suoi lavori precedenti, ho pensato fosse il caso di cogliere l'occasione per invitarlo qui sul blog ed estorcergli qualche gustosa anticipazione.

*****     *****     *****     *****     *****

T.O.M.: Ciao Maico e grazie per aver accettato il mio invito. Mettiti pure comodo. Se ti dovesse venir sete l’angolo bar è a tua disposizione: non fare complimenti. Sei a tuo agio? Bene. Allora, come avrai intuito oggi parleremo de “Il ragno del tempo”… ti senti preparato sull’argomento?

M.M.: Ciao, e grazie per l’invito: è un piacere essere tuo ospite e sì, sono proprio a mio agio! Com’è che si diceva? “Prof, giuro, a casa la sapevo”. Scherzi a parte, preparato e pronto a tutto!

Maico Morellini
T.O.M.: Ahaha, sì è vero, quella è una frase che usavo spesso anch'io. Evidentemente Milano e Reggio non sono poi così lontane. Ma veniamo subito a noi. Chiunque segue il tuo lavoro non ha difficoltà a trovarti in rete: gli basta visitare qualsiasi gruppo social a tema fantascientifico ed eccoti lì a imperversare quotidianamente su questo o quell’argomento. In fondo è stato così che anche io e te ci siamo conosciuti e di ciò non c'è nulla di cui stupirsi: non è affatto strano che un Premio Urania trovi la sua dimensione tra gente che ama quel genere di narrativa. Oggi però è un giorno particolare, il giorno in cui Maico Morellini scavalca definitivamente i sottili confini del genere a cui ci ha abituati. Come si può definire il tuo nuovo romanzo, quello che sbarca nelle librerie proprio in questi giorni sotto il marchio “Providence Press”? Horror? Weird? Un mix di generi?

M.M.: Domanda non semplicissima la tua, soprattutto per chi come me non ama incasellare la narrativa né tantomeno etichettarla anche se, ne sono consapevole, spesso categorizzare significa dare una prima indicazione a chi legge. Di certo “Il ragno del tempo” è un romanzo (breve) bizzarro, nel senso più affascinante del termine. E per questo il genere a cui più riesco ad associarlo, come suggerivi tu, è proprio il weird. Io sono una grande amante dell’horror (cinematografico e letterario) ma in questo mio ultimo lavoro devo dire che non si trova molto horror classico, anzi. Atmosfera, quello sì. Risvolti insoliti e inquietanti anche. Perciò, se dovessi accostare a “weird” un altro termine, direi “weird occulto”. Anche a rischio di aver messo una accanto all’altra due parole che si somigliano molto.

T.O.M.: L’appennino emiliano è lo scenario che fa da sfondo alle vicende de “Il ragno del tempo”. Senza scomodare gente come Pupi Avati o Eraldo Baldini, che prima di te hanno tentato l’esperimento (con ottimi risultati, tra l’altro), quanto ritieni adatta l’Emilia Romagna, località associata generalmente allo svago godereccio, alle atmosfere horror?

M.M.: L’Emilia Romagna offre davvero una varietà di spunti a ogni genere di narrativa. Escludendo le suggestioni più luminose – culinarie e festaiole – parliamo di una regione che ha il mistero e l’inquietudine propri della comunità montane, legate a un certo tipo di tradizioni, e ha la sicurezza illusoria della pianura con le sue nebbie, i suoi spazi aperti, i suoi silenzi. Vagare per la pianura (o la “bassa”, come la chiamiamo qui) vuol dire trovarsi spesso lungo strade strette e desolate, abbracciate solo da case cantoniere, o vecchi casolari, o poderi contadini ormai dismessi. La pianura offre l’illusione di avere tutto sotto controllo, ma esplorandola ci si rende conto che non è proprio così. In verità, credo che ogni regione abbia una sua anima nera che aspetta di essere scoperta, ma da emiliano conosco, apprezzo e vedo con chiarezza ciò che mi circonda. Perciò sì, è davvero un luogo perfetto!

T.O.M.: Sul tuo sito c’è un’ampia sezione dedicata alla genesi del romanzo, nella quale vengono però citate, come ispirazione, anche alcune località piemontesi. La Val di Susa, per esempio, è una location che non passa mai di moda…

M.M.: Sono stato in tutti luoghi che descrivo nel romanzo, a volte appositamente per avere le giuste suggestioni (è il caso di Suviana), altre volte ci sono stato in tempi non sospetti per poi scoprire che qualcosa mi era rimasto dentro. Avigliana, la Sacra di San Michele e l’imbocco della Val di Susa appartengono a questa seconda categoria: mi sono rimaste suggestioni che poi ho deciso di omaggiare utilizzandole in questa storia. Poi quelle terre ospitano quella che secondo me è una delle penne italiane con più di talento per quanto riguarda il genere horror. Uno scrittore che ho la fortuna di poter chiamare amico: Luigi Musolino. Perciò, come potevo ignorare questo doppio richiamo?

T.O.M.: “Una villa sull’Appennino bolognese, dalle geometrie inconsuete e dall’aspetto minaccioso e senziente”. Una dozzina di parole che decisamente calamitano l’attenzione. Siamo più dalle parti di “The Dreams in the Witch House” di H.P. Lovecraft o di “Relativity” di M.C. Escher?

M.M.: In realtà lontano da entrambi: con i miti non si scherza e non sono così spericolato dal volermi anche solo avvicinare, come intenti, a opere come quelle che hai descritto tu. Questo romanzo nasce da un desiderio e da un’idea. Il desiderio era quello di affrontare, in qualche maniera e non necessariamente con un approccio classico, il tema della casa infestata o comunque di un edifico ‘particolare’. L’idea era quella di un personaggio, qualcuno in grado di allungare la sua ombra attraverso il tempo e lo spazio, qualcuno capace di far sentire la sua presenza anche e soprattutto in modo non fisico. Poi, a contorno, la fascinazione per tutto quello che è arte e per il tempo. Queste cose mescolate hanno dato origine, appunto, a "Il ragno del tempo". Alla sua strana villa. E a tutto quello che ci sta dietro, dentro e intorno.

T.O.M.: Poco fa accennavo al fatto che “Il ragno del tempo” è il tuo primo lavoro a cercare una collocazione al di fuori della fantascienza. In realtà, correggimi se sbaglio, il tuo precedente romanzo (“Il diario dell’estinzione”, Premio Italia 2019, ndr) era già qualcos’altro. Il solco, in pratica, era già segnato…

M.M.: Hai assolutamente ragione! A dirla tutta, io nasco come autore di brevi racconti horror/weird. Il mitico Premio Lovecraft e l’altrettanto mitologico Premio Algernoon Blackwood sono i primi a cui ho partecipato tanti anni fa guadagnano alcune segnalazioni. Poi mi sono dedicato alla fantascienza (che non ho mai abbandonato e che mai abbandonerò) e nel 2016 grazie al bellissimo progetto della Collana Miskatonic sono tornato a frequentare i miei generi ‘natali’ con il racconto "Spettri di Ghiaccio". È stato questo racconto, e il bel feed back che ho avuto dai lettori, a spingermi verso zone ancora più inesplorate. "Il diario dell’estinzione" è stato un vero e proprio esperimento di cui sono molto contento, anche se le sue coordinate sono differenti dal weird. Il ragno, sotto certi aspetti, evolve questa mia altra tendenza percorrendo, di fatto, il solco di cui hai parlato tu.

T.O.M.: Di interviste a Maico Morellini è piena la rete e, quasi sempre, la prima cosa che ti si chiede è di raccontare qualcosa della tua carriera di autore. Immagino che ne avrai piene le balle di mostrare la tua carta d’identità in giro per cui, se me lo consenti, salterei di netto tutto questo. Concedimi però solo una curiosità, visto che sono trascorsi esattamente dieci anni dal Premio Urania 2010 assegnato al tuo “Il Re nero”. Premio Urania che, vale la pena sottolinearlo, per molti è un punto di arrivo ma che per te è stato un punto di partenza. Cosa è cambiato in dieci anni per Maico Morellini?

M.M.: È cambiato davvero molto, sotto diversi aspetti. Se prima, fino al 2010, scrivevo nei ritagli senza darmi veri e propri tempi e con ambizioni definite ma incerte, poi ho iniziato a sentire una certa pressione, soprattutto all’epoca della stesura del mio secondo romanzo uscito su Urania, "La terza memoria". Scrivere è diventato, in qualunque sua forma, una cosa quotidiana. Ho acquisito consapevolezza: quando scrivi il primo romanzo, o almeno a me è successo così, sai di iniziarlo ma non sei sicuro di avere la forza per finirlo. Adesso so che la sfida è alla mia portata, conosco meglio i miei mezzi, so cosa posso fare, in che tempi, e cosa no. Poi ho conosciuto persone con le quali diversamente non sarei mai entrato in contatto e questo, per me, è sempre prezioso. Quando mi chiedono se ‘mi ha cambiato la vita’, la risposta è sì. Certo, non nel senso canonico del termine: non faccio lo scrittore di professione. Ma di certo scrivere, adesso, è parte integrante del mio presente e lo sarà anche del futuro. La differenza sta tutta tra quando raccontavo storie a pochi, con il dubbio di valere qualcosa, e l’avere avuto dai professionisti dell’editoria riconoscimenti importanti. È il riconoscimento di un talento (tanto, poco, non ha importanza se qualcuno ti fa capire che lo hai), e se c’è una cosa che reputo imperdonabile, a tutti i livelli, è ignorare il proprio talento (qualunque esso sia) e non esprimerlo al meglio.

T.O.M.: Ora che la mia curiosità è stata ampiamente soddisfatta, caro Maico, non mi resta che ringraziarti per aver accettato di farmi visita sul blog. Come faccio abitualmente in queste occasioni, lascio a te un po’ di spazio dove puoi parlare a ruota libera di tutto quello che vuoi, dei tuoi progetti presenti e futuri, o di qualsiasi altra cosa. Un angolino dove puoi farti un po’ di pubblicità, anche in maniera spudorata.

M.M.: Intanto permettermi di ringraziarti ancora per lo spazio che mi hai concesso. Non sono un ottimo ‘commerciante’ di me stesso però una cosa la voglio dire: come mi hai giustamente ricordato sono passati 10 anni dal Premio Urania. "Il Re Nero" è uscito nel novembre 2011 e per celebrarlo (per tutti i motivi di cui ho parlato qui sopra), ho scritto una nuova storia ambientata a Polis Aemilia. Spero che trovi spazio e di poterla offrire al pubblico proprio nel 2021 per celebrare con chi vorrà seguirmi i dieci anni di un’esperienza letteraria che continua. Grazie a te, a chi avrà la pazienza di leggermi, e a presto!

T.O.M.: Non mi resta a questo punto che invitare tutti a visitare il sito di Maico Morellini e la pagina dedicata a questo nuovo romanzo sul sito dell'editore, dove potrete tenerne d'occhio l'uscita: "Il Ragno del tempo" sarà disponibile tra pochi giorni, quasi certamente entro la fine di questa settimana. Buone letture!

21 commenti:

  1. Beh dai, la citazione di Pupi Avati è doverosa. Quando ho letto "villa sull'appennino bolognese" è la prima cosa a cui ho pensato :D.

    "Vagare per la pianura (o la “bassa”, come la chiamiamo qui) vuol dire trovarsi spesso lungo strade strette e desolate, abbracciate solo da case cantoniere, o vecchi casolari, o poderi contadini ormai dismessi".

    Infatti sono paesaggi perfetti per ambientarci storie suggestive! Ma anche l'entroterra collinare. Quando da piccolo e viaggiavo molto con i miei genitori, passavo in certi posti disabitati con case dismesse che avevano la nomea di "casa fantasma" :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pupi Avati è sempre il primo nome che viene in mente quando di parla di Emilia, anche se "le finestre che ridono" mi pare fossero ambientate più dalle parti dei lidi ferraresi...
      Tra te e Maico mi state facendo venir voglia di avventurarmi per quelle strade... Dannati!

      Elimina
  2. Complimenti per l'intervista. Mentre leggevo mi dicevo "Ma io questo nome lo conosco, mi sa di familiare"... Poi mi giro perché mi sentivo osservato, ed eccolo lì: "Il Re Nero" mi guarda dallo scaffale casalingo dedicato agli scacchi! Quell'Urania sta lì dal novembre 2011 in cui l'ho preso in edicola, riposa con i suoi amici "Il re è morto" di Ellery Queen e "Scacco al re nero" di Rex Stout. Mi guarda, visto che lo scaffale sta proprio alla sinistra della mia postazione PC, e mi giudica, perché da quasi dieci anni devo leggerlo dimenticandomene. Dài, in onore a quest'intervista vedrò di colmare questa lacuna ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pensa che ne anche avevi parlato anni fa in uno dei tuoi tanti blog...
      P.S. - la mia non è una memoria elefantiaca: molto più semplicemente sono finito da te ieri sera quando cercavo un'immagine decente della copertina da postare qui)

      Elimina
    2. Ecco, ora sono davvero preoccupato per lo stato della mia mente: non avevo il benché minimo ricordo di quel post, e se non fosse per il link che hai postato potrei accusarti di essertelo inventato. Sto proprio alla frutta... :-P

      Elimina
    3. Le possibilità sono due: o sono troppi i tuoi anni o sono troppi i tuoi blog.

      Elimina
    4. O entrambe le cose! :-D
      A mia discolpa, quello di Maico è fra i rarissimi libri della collezione scacchistica che non ho letto, quindi il nome si è fissato meno in memoria rispetto ad altri, di cui ricordo ancora il momento della lettura.
      Pensa, una volta letto entrerai anche tu nella mia memoria: sarà il libro che ho letto scoprendolo di nuovo grazie a TOM ^_^

      Elimina
  3. Assolutamente doverosa! E da emiliano doc, di certo ho risentito dell'influenza del Maestro.
    Io poi abito nelle provincia, in quella terra di mezzo tra la città e la campagna che non è nessuna delle due, ma risente delle suggestione di entrambe.
    Basta uscire di qualche chilometro e le stradine polverose che costeggiano i canali sono farcite di 'case fantasma'. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Allora magari un giorno mi produci un itinerario GPS da seguire... giusto perché a un certo punto mi piacerebbe tornare a casa ^_^

      Elimina
  4. @lucius: ahahahah! Il bello dei libri è che aspettano i tempi di chi li vuole leggere.
    E anche gli autori. :) Perciò io aspetto e se e quando mi leggerai, son qua per sapere che ne pensi!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ormai sono stato circondato dagli stimoli, non posso fare altro che arrendermi ^_^

      Elimina
  5. Complimenti ad entrambi, all'intervistatore e all'intervistato, splendida intervista.

    RispondiElimina
  6. Complimenti a Maico Morellini per la passione che denota. Io sono solo uno scribacchino dilettante, però so cosa significa dover "ritagliare" del tempo per scrivere senza che sia la tua professione. Significa rinunciare a altre cose, magari momenti di relax. Però, se c'è la passione, alla fine quel tempo dedicato alla scrittura vale più dei mancati svaghi. Nel suo caso, sono arrivate anche belle soddisfazioni per cui sta certamente seguendo la strada giusta con il talento adeguato per seguirla.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guarda, non è troppo diverso dal dover mantenere un blog, come sai. Ritagliarsi del tempo è sempre più difficile ed è solo la passione che ti spinge ad andare avanti. Forse per uno scrittore è un po' più difficile prendersi delle soddisfazioni e tanto di cappello a chi ci ci riesce.

      Elimina
  7. @nick: grazie Nick, detto da te vale doppio! :)

    @ariano: grazie dei complimenti! Sì, quello che dici è verissimo. Poi a volte, quando riesci a dedicare più tempo alla scrittura, ti rendi conto di come viaggia via veloce la mente, e di come corrono le dita. E hai un po' di rammarico per quando invece ti ritrovi a scrivere quando e se riesci. Però va bene così! :)

    RispondiElimina
  8. Bellissima intervista e complimenti a entrambi. Come altri commentatori prima di me, mi è venuto in mente Pupi Avati e "La casa dalle finestre che ridono" che mi fece venire gli incubi da ragazzina. Sono affascinata in generale da tutti i luoghi infestati, come ben sa TOM, almeno a livello narrativo mi piace immergermi nelle pagine degli scrittori. Poi nella realtà è tutta un'altra cosa! ;)
    Mi ha molto colpito la frase che ogni regione ha una sua anima nera che aspetta di essere scoperta ed è verissimo, non bisogna fare tanta strada, è tutto dietro l'angolo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ...che poi nella tua città, che è stata anche la mia per trent'anni, di anime nere ce ne sono parecchie come sai.

      Elimina
    2. @Cristina: ma grazie, grazie davvero! Sì, ne sono convinto: basta sbirciare dietro gli angolo giusti e si trovano scorciatoie da brividi. :)

      Elimina
    3. Assolutamente TOM: avrai letto che l'anno scorso hanno ritrovato un corpo seppellito in una cantina dopo sei anni. Questioni di droga e regolamenti di conti. Ebbene, questo fatto è successo in una casa (ribattezzata da me la "casa rossa" non solo per la tinta) che posso tranquillamente vedere dal mio balcone! :(

      Elimina
    4. Ah, questa mi mancava! Ero rimasto al killer seriale che qualche anno fa torturava e uccideva prostitute nel suo garage dalle parti di Villa Rachele...

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...