martedì 23 febbraio 2021

Anton Zarnak: supernatural sleuths

Avevamo assistito la volta scorsa al debutto di Anton Zarnak, l’investigatore dell’occulto forse più trascurato della sua categoria. Sul suo conto nulla è praticamente mai affiorato, a eccezione di una misera antologia dal titolo “Anton Zarnak: Supernatural Sleuth” pubblicata nel 2002 dall’ormai defunta casa editrice Marietta Publishing. Tale antologia, ovviamente introvabile se non a prezzi stratosferici nel mercato dell’usato, include i racconti “ufficiali” usciti dalla penna di Lin Carter e vari contributi portati alla causa di Anton Zarnak da autori diversi (tra cui CJ Henderson, Joseph S. Pulver, Sr. e molti altri). Fortunatamente, alcuni di questi racconti sono riuscito a recuperarli con metodi nettamente più economici (ovviamente restando nell’ambito della legalità).
Purtroppo, a contribuire all’oblio ha pensato anche la scarsa vena creativa dello stesso autore che, oltre al già citato “Curse of the Black Pharaoh”, ci ha regalato solo altri due episodi che, oltre ad essere molto brevi, sono stati realizzati, diciamo così, “in parallelo”. I due racconti si sviluppano in maniera pressoché identica, usando spesso anche le stesse parole: entrambi introducono il protagonista (il cliente di Zarnak) che si reca in taxi presso l’abitazione dell’investigatore, viene accolto dal servo induista di quest’ultimo e fatto accomodare nella biblioteca nella quale, in attesa di essere ricevuto dal suo ospite, si diletta a curiosare tra gli scaffali. Entrambi i protagonisti hanno un problema abbastanza simile: in “Perchance to Dream” si tratta di incubi, in “Dead of Night” della paura del buio. In entrambi i casi, Zarnak riuscirà a identificare la radice del problema in un antico manufatto, scovato nell’abitazione degli interessati, in grado di portare alla follia il suo possessore. Riporto qui di seguito un breve estratto da entrambi i racconti, giusto per spiegare meglio il concetto di "testi praticamente identici" (le traduzioni sono mie).
"Eccoci arrivati, amico, China Alley numero tredici", annunciò il tassista. Parker scrutò lo stretto sentiero acciottolato con un forte senso di apprensione. " È proprio sicuro?" chiese con un tremolio nella voce. L'autista annuì con decisione. "Sicurissimo. China Alley numero tredici, tra River Street e Levant. Sono sei dollari e settantacinque". Winfield gli passò una banconota da dieci dollari e scese dal taxi. "Come diavolo faccio a tornare indietro da qui?" chiese petulante. L'autista alzò le spalle e gli mise in mano un biglietto da visita. "Chiami il garage, sempre che lì dentro abbiano un telefono." (Perchance to Dream).
"Eccoci arrivati, signora, China Alley numero tredici," annunciò l'autista alzando il pollice verso la luce fioca. Dentro di sé, il tassista si chiedeva cosa potesse desiderare la bella giovane spagnola in quel quartiere malfamato. " È proprio sicuro che questo sia l'indirizzo?" esitò la ragazza. "Sissignora. China Alley numero tredici, tra Levant e River Street. Sono sei dollari e settantacinque". Donna Teresa diede all'autista una banconota da dieci dollari e rifiutò il resto. "Come posso tornare da qui?" Lui le porse un biglietto da visita. "Chiami il garage: le manderanno un taxi". (Dead of Night)
Per inciso, se volete leggere il testo, potete trovare entrambi i racconti nella raccolta "The Second Cthulhu Mythos Megapack" (qui a solo 99 centesimi). Fine inciso. È interessante a questo punto far notare un paio di curiosità: In primo luogo, il protagonista di “Perchance to Dream” si chiama Winfield che, oltre ad essere casualmente il nome di battesimo del padre di Lovecraft, richiama alla memoria il racconto “The Winfield Heritage” di cui abbiamo lungamente discusso qui. In secondo luogo, la location dello studio di Zarnak (China Alley) deriva indiscutibilmente dalle avventure di un altro investigatore dell’occulto, ovvero Steve Harrison, nato dalla penna di Robert Howard. Se a questo aggiungiamo il fatto che in “Perchance to Dream” appare in un cameo anche il grande Jules de Grandin, possiamo senza ombra di dubbio affermare che l’Autore si sia divertito parecchio a disseminare “easter eggs” nei suoi racconti. D'altra parte tutto ciò è proprio tipico di Lin Carter...

Tornando ad Anton Zarnak, l'autore lo descrive come “un brillante scienziato, anche se le sue teorie hanno attirato la derisione dei suoi colleghi. Probabilmente sa di più sulla scrittura cuneiforme caldea, sui geroglifici egizi e sull’antico sanscrito di quanto un inglese conosca la lingua inglese. Parla fluentemente undici lingue, ha studiato filosofia, metapsichica e psicologia alla Sorbona, e lì ha conseguito il dottorato in Filosofia. Ha anche una laurea in teologia e una in medicina. Ha praticato quest’ultima per alcuni anni - fino all'incidente che gli ha cambiato la vita: stava lavorando in un paese balcanico, forse in Transilvania, quando sua moglie e suo figlio furono uccisi da un lupo mannaro. Ha viaggiato molto nel Vicino Oriente e ha trascorso alcuni anni anche in Egitto”. In poche parole: Sherlock Holmes, scansati proprio! “Ha pubblicato – continua Lin Carter - diversi articoli a tema licantropia e vampirismo, ma le sue teorie erano troppo radicali, troppo avanzate. La scienza medica ortodossa lo ha ridicolizzato. Ma egli non è destinato alla fama: il suo unico interesse sta nel ridimensionare e sradicare le sacche di superstizione che ci circondano”.

Facendo il nostro ingresso nell’appartamento di Anton Zarnak, numerosi sono i volumi che testimoniano la sua inclinazione verso il soprannaturale: libri di magia, demonologia e stregoneria riempiono gli scaffali. La “Spada di Mosè”, un apocrifo libro di magia tradotto in ebraico da Moses Gaster nel 1896, in Palestina, da un manoscritto del XIII o XIV secolo; il “Clavis Salomonis”, un testo di magia indebitamente attribuito al Re Salomone, nell’edizione Mother’s London del 1889; una vecchia copia manoscritta del “Lemegeton Clavicula Salomonis”, un grimorio anonimo del Seicento e uno dei più famosi libri di demonologia, da non confondere con il già citato “Clavis Salomonis”; il “Liber Officiorum spirituum”; il proibito "Mística Ciudad de Dios", redatto nel XVII secolo dalla religiosa e mistica spagnola Maria di Gesù di Ágreda; una versione dell’infame “Il Grande Grimorio”, un testo di magia nera ipoteticamente scritto nel 1522, ma più probabilmente redatto nel corso del XIX secolo, nell’edizione originale di Antonio Venetiana del Rabina; un’edizione olandese del 1660 dello “Pseudomonarchia Daemonum”, già appendice al “De praestigiis daemonum” (1577) di Johann Wier; il “Pimander”, un'opera scritta in lingua greca nel II-III secolo d.C. e tradizionalmente attribuita a Ermete Trismegisto… e molti altri, tra cui la rarissima copia di un’ovviamente inesistente “The Vampire in Transylvania” di Abraham Van Helsing.

Anche i due racconti “paralleli” del 1988 si soffermano a curiosare nella biblioteca di Anton Zarnak. Qui troviamo, al contrario di quanto elencato pocanzi, solo libri nella realtà inesistenti: una copia dello “Unaussprechlichen Kulten”, pseudobiblion appartenente ai Miti di Cthulhu e apparso per la prima volta nel racconto di Robert E. Howard; il “Livre d’Ivonis” (conosciuto anche come “The Book of Eibon”), un immenso testo di conoscenza arcana attribuito a Clark Ashton Smith, ma apparso anche in numerosi racconti di Lovecraft; una copia de “Le Culte des Goules: traité sur la servitude des âmes, ses rites et caules et comment en user” di François-Honoré de Balfour, testo di magia nera ideato da Robert Bloch e riciclato da August Derleth e da Caitlin R. Kiernan.
Numerossimi sono i riferimenti ai miti di Cthulhu celati nelle avventure di Lin Carter,  a partire da quella sinistra statuetta di pietra verderame che nella forma ricorda Ythogtha, secondogenito di Cthulhu, ma anche Bokurg, il dio rettile che segnò la sorte della città di Sarnath nell’omonimo racconto lovecraftiano (The Doom that Came to Sarnath, 1919), per arrivare allo Zushakon, l’Oscuro Silenzioso venerato dai nativi americani e citato nel “Libro di Iod” (pseudobiblion ideato da Henry Kuttner), per finire con quel sigillo a cinque punte che, secondo il mago elisabettiano John Dee, fu posto dagli dèi primigeni sulla pietra di Mnar allo scopo di intrappolare i Grandi Antichi. Potrei di sicuro andare avanti per ore su questo argomento, andando magari a studiarmi i passaggi più oscuri alla ricerca di collegamenti meno ovvi, ma diventerebbe davvero un gioco lungo e, per quanto possa apparire interessante dal mio punto di vista, potrebbe non essere lo stesso per chi visita questo blog.

Le vicende di Anton Zarnak, come accennato in precedenza, proseguono grazie all’entusiasmo di numerosi altri scrittori di genere, ed è curioso che così tante menti abbiano giocato con il personaggio, riempiendo qua e là le lacune che Lin Carter aveva lasciato nella biografia del suo personaggio. Robert M. Price, che tra l’altro è il curatore della fondamentale antologia “The Xothic Legend Cycle: The Complete Mythos Fiction of Lin Carter” (Chaosium, 1997), lo mette a confronto con quel Phillips Williams citato nel racconto “The Winfield Heritage”, rivelando dei retroscena davvero incredibili su quell’enorme biblioteca ereditata dal protagonista dal defunto zio (The Soul of the Devil-Bought, 1996); nel racconto "The Pain We Desire" (2002) di CJ Henderson, Zarnak affronta una banda chiamata i Re Gialli, chiara allusione alla mitologia hasturiana. In tale racconto viene rivelato che la casa al numero 13 di China Alley si sposta nello spazio, a volte apparendo a New York, altre volte a San Francisco; in “To Cast Out Fear” (1999), sempre di CJ Henderson, Zarnak incontra l'ispettore Legrasse di New Orleans, apparso originariamente nel racconto "The Call of Cthulhu" (1926) di HP Lovecraft; nel racconto “Door in the House of the Never Slumbering Demons” (2000)” di Joseph S. Pulver, Zarnak incontra John O'Dare, personaggio tratto da una storia incompiuta di Robert E. Howard; nel racconto “The Deep Cellars” (2002) di Pierre Comtois, Zarnak è chiamato a risolvere un caso particolarmente complesso e, per venirne a capo, chiama a consulto sia Jules de Grandin che uno specialista di nome Dr. Stephen Strange, ovvio riferimento all’omonimo personaggio della Marvel Comics; infine, in "The Door" (1999) di CJ Henderson, Zarnak lascia questo mondo per trasformarsi nel guardiano di una soglia ultraterrena posta a protezione dell’umanità dal male. In questa sua ultima avventura, Anton Zarnak passa simbolicamente il testimone a un nuovo investigatore dell’occulto, quel Teddy London creato da CJ Henderson e pubblicato per oltre un decennio sotto lo pseudonimo di Robert Morgan.

8 commenti:

  1. Bella cavalcata tra nomi e opere, che mi ha appassionato e tutt'altro che annoiato. Del resto frugare nelle biblioteche altrui è sempre entusiasmante. Se posso, mi permetto di citare un passo dalla pag. 143 della mia Blog Novel (che spero un giorno troverò tempo di recuperare e trasformare in un vero romanzo), quando il protagonista della parte in flashback si mette a frugare nella biblioteca di Paula, da lei ereditata dal padre:
    "Il primo scaffale su cui posò gli occhi sembrava contenere solo vecchi volumi di argomento magico. Incuriosito, cominciò a sfilarli, leggerne i frontespizi, e poi rimetterli uno a uno negli scaffali. Si imbatté così nella Clavicula Salomonis, nel Grimorium Verum e nel grande Grimorio di Onorio III, tutti nelle redazioni di Eliphas levi; nell’Hexameron di Torquemada e nel Malleus Maleficarum di Sprenger; e ancora, uno di seguito all’altro, nelle Disquisitiones Magicae di Delrio, nella Pseudomonarchia Daemonorum di Wierus, negli Apta e Scripta Magica di Hauber… Finché, passata l’ebbrezza iniziale, tutti quei nomi in lingua latina, e dal suono inquietante, cominciarono a farlo rabbrividire. Passò così a un altro scaffale, dall’aria più colorata e rassicurante.".
    Sembra di essere in China Alley, no? ;-D

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    1. Ahaha! Si, esatto, sembra proprio di essere in China Alley! Sono lieto che siamo sulla stessa lunghezza d'onda: entrambi ci facciamo trasportare, con la bava alla bocca, dalla lettura di lunghi elenchi di titoli mitologici, alcuni dei quali presumibilmente inesistenti.
      Sogno spesso, tra l'altro, di scoprire una vecchia libreria celata in casa mia, magari dietro una porta murata, dove tutti questi libri vengono alla luce e diventano miei per diritto divino. Probabilmente, nella realtà, se mi trovassi davvero in mano un "Clavicula Salomonis" non saprei bene cosa farci, ma il bello è la scoperta e non tutto quello che viene dopo...

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  2. Posso capire perchè ai suoi tempi non abbia avuto poi così tanto successo, leggendo gli incipit delle storie che hai tradotto si può dire che davvero sono identiche. Come se lo stesso autore dopo un primo momento di entusiasmo abbia poi rapidamente perso interesse verso la sua creazione.

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    1. Lin Carter, per quel che ne ho capito, era più interessato a giocare con letteratura di quanto fosse interessato a crearne di inedita. Conan il barbaro e Kull di Valusia (di Robert E. Howard), sui quali Carter scrisse intere saghe, sono l'esempio più lampante.
      Per quel che mi riguarda tutto ciò non può che farmi piacere: mettere insieme un puzzle di milioni di pezzi come quelli Carter ha sparso in giro è un sport davvero entusiasmante!

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  3. Sembra un po' contraddittorio come personaggio... Vuole sradicare la superstizione però ha un forte interesse per il sovrannaturale...
    Sull'autore che "copia" se stesso, so che a volte un racconto viene redatto più volte, di molti romanzi esiste una "prima edizione" pubblicata ma poi soppiantata da una nuova versione riveduta e corretta, capita persino ai film talvolta di uscire al cinema e poi ricevere, dopo, un ulteriore "director's cut". Non può essere successa una cosa simile?

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    1. I due racconti riportano la stessa data, per cui potrei pensare che siano effettivamente stati scritti in parallelo. Il motivo non lo conosco ma, volendo pensar male, si potrebbe supporre che abbia voluto vendere due racconti "inediti" a due committenti diversi con un piccolo magheggio. In altre parole, due piccioni con una fava!
      Senza pensar male, credo che ancora una volta Lin Carter si sia divertito a prendere in giro i suoi lettori. Nel mio caso ho letto i racconti a distanza di qualche settimana e, mentre leggevo, sono stato folgorato da una sorta di deja-vu che sul momento non riuscivo a mettere bene a fuoco. Alla fine ho capito che stavo cadendo in un tranello pazzesco!
      Sulla questione del contraddittorio, le soluzioni offerte da Anton Zarnak sono in realtà totalmente sovrannaturali. In entrambi i racconti la causa dei mali dei suoi inconsapevoli clienti derivano da manufatti di "stampo lovecraftiano" (tipo statuette di Dagon, cose del genere)...

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  4. Il personaggio di Anton Zarnak sembra estremamente intrigante. Tra l'altro, è interessante che diversi autori abbiano deciso di scrivere delle storie con Zarnak come protagonista.

    Ho fatto qualche pigra ricerca riguardo all'antologia Lin Carter's Anton Zarnak supernatural sleuth ed è recuperabile solo a prezzi elevati.

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    1. All'epoca (ma mi viene da dire ancora oggi con Lovecraft) gli autori si divertivano tantissimo a citarsi l'un l'altro a vicenda, arrivando al punto dal creare personaggi somiglianti ai propri rivali facendoli magari poi anche morire, simpaticamente, male (è il caso di Lovecraft e Bloch a cui accennavo un paio di post fa). Lin Carter in particolare è uno che ci ha costruito un'intera carriera sui personaggi degli altri (e basta consultare wikipedia per accorgersene).
      Ma in fondo, se ci pensi bene, è lo stesso destino di Sherlock Holmes, di cui esistono solo una manciata di avventure originali e qualche decina di migliaia di racconti apocrifi.
      A proposito di "Supernatural Sleuth" ti posso assicurare che le mie ricerche sono state tutt'altro che pigre, ma i risultati che ho ottenuto sono stati altrettanto sconfortanti.

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