lunedì 13 giugno 2022

The Shock Labyrinth

A poche settimane di distanza dal post su "Marebito", senza ombra di dubbio il punto più alto della carriera "extra-grudge" di Takashi Shimizu, torniamo con quello che a tutti gli effetti rappresenta l'espressione più bassa del suo cinema, ovvero quel "Shock Labyrinth" (2009) giunto in Italia due anni più tardi con l'opinabile titolo di "The Shock Labyrinth: Extreme 3D", forse a sottolineare il fatto che di estremo c'è il livello di noia che, mi viene da aggiungere, un imbarazzante 3D riesce ulteriormente ad amplificare. Sarà bastata sicuramente questa introduzione a convincere la maggior parte dei lettori del blog ad abbandonare la lettura; a quei pochi che sono rimasti, la mia promessa è di essere breve e di concentrarmi solo sugli aspetti più interessanti.
La trama ruota attorno a un gruppo di amici d'infanzia che condividono un tragico e oscuro segreto legato a un episodio del passato di cui pare abbiano perso tutti l'esatta memoria. L'antefatto vede il gruppo intrufolarsi in un edificio abbandonato, sito all'interno di un luna park, alla ricerca di brividi facili. Per qualche strano motivo la loro amica Yuki scompare senza lasciare traccia. Dieci anni più tardi (nel presente), Yuki riappare e si presenta, ormai adulta, spaventata e ancora vestita come il giorno in cui era scomparsa, alla porta di casa di una delle sue amiche. Il gruppo originale rapidamente si ricompone e, tutti assieme, decidono di portarla in ospedale. Qui un nuovo incubo ha inizio: l'ospedale, anch'esso apparentemente abbondonato, si trasforma nell'edificio in cui tutto ha avuto inizio e qualcosa o qualcuno inizia a giocare con le loro menti. 
L'inizio, come avrete intuito, è folgorante e ha anche un vago retrogusto kinghiano. Come non rimandare la mente ai giovani protagonisti di "It", che ritornano da adulti ad affrontare un orrore sepolto di cui conservano, nel bene e nel male male, ricordi molto sbiaditi? Peccato solo che l'analogia si esaurisca qui, buttando nel cesso l'enorme potenziale con una serie di situazioni confuse e abbastanza incomprensibili. 

È chiaramente una storia di vendetta soprannaturale, tipica del J-horror, ma che affonda nell'abuso indiscriminato di flash-forward e flash-back che rendono la visione un'esperienza faticosissima. Occorre sicuramente una seconda visione, se non una terza, per apprezzare pienamente "Shock Labyrinth", una storia che, di volta in volta, appare in continua evoluzione e che sembra aggiungere nuovi tasselli sfuggiti in precedenza. 
Anche perché la struttura del film non si limita a presentare gli avvenimenti in un completo disordine cronologico, ma offre anche numerosi paradossi temporali nei quali il passato e il presente si scontrano continuamente per rivelare ciò che è realmente accaduto tanti anni prima. L'evento chiave è la rappresentazione dell'incidente, che è poi il motivo della scomparsa della piccola Yuko. Che ci crediate o no, l'intero film è costruito per soffermarsi su tale incidente in tutti i modi possibili. Prima assistiamo all'evento originale, poi lo vediamo di nuovo da un'altra angolazione, poi vediamo altri personaggi riviverlo con gli occhi dei testimoni o come le vittime stesse, a volte con gli occhi della loro infanzia, altre volte con quelli di loro stessi adulti. In un complicato paradosso temporale, infatti, i bambini di un tempo si ritrovano ad incrociare le loro strade, e ad interagire, con i loro alter ego adulti e viceversa. Il vero problema è che in tutto questo non c'è alcuna suspense, e a tratti sembra solo di guardare un gruppo di bambini che corrono in cerchio e poi un gruppo di adulti che corrono di nuovo in cerchio, in un labirinto che è in parte fisico e in parte mentale.

La cosa più interessante del film è comunque la location, che poi è forse il vero motivo per cui lo spettatore dovrebbe spendere un'ora e mezza del suo tempo per questo film. Si tratta del vero "Chow Shock Labyrinth" (da cui il titolo del film), un edificio sito all'interno del celebre parco divertimenti "Fuji-Q Highland" di Fujiyoshida, in Giappone. Il Chow Shock Labyrinth è un'attrazione per certi versi simile alle nostre case stregate, ma a differenza di esse è decisamente più realistica e coinvolgente. Nei nostri luna park, infatti, le case stregate sono dei brevi percorsi costruiti all'interno di piccole strutture metalliche che offrono giusto un po' emozione ai più piccini, grazie a qualche fantoccio che salta fuori all'improvviso. Il Chow Shock Labyrinth è invece un ampio edificio che intende rappresentare, in maniera estremamente realistica, un manicomio abbandonato. I visitatori accedono alla struttura e sono liberi di esplorarla in lungo e in largo, esattamente come se stessero esplorando un vero manicomio abbandonato, con tanto di stanze piene di detriti, lettini, macchinari abbandonati, tavoli operatori, indumenti chirurgici e abiti da infermiera insanguinati. Per rendere il tutto ancora più realistico, all'ingresso c'è un forte odore di disinfettante, tipico degli ospedali.
L'attrazione è citata nel Guinness dei Primati come la "casa stregata" più grande del mondo, con una superficie totale di 3000 metri quadri che si sviluppa su due piani, con un percorso complessivo di 900 metri e della durata approssimativa (a meno che non ci si voglia trattenere più a lungo) di circa un'ora.
La storia che viene raccontata sui depliant illustrativi è quella quella classica di un ospedale dietro le cui quinte furono commessi crimini medici, quali sperimentazione umana e commercio di organi; dopo il suo abbandono, fantasmi di medici e pazienti si sarebbero trasformati in spiriti maligni.
L'ingresso è contingentato a un numero massimo di persone e sono previste lungo il percorso numerose uscite di sicurezza nel caso i visitatori non riescano a sopportare gli orrori estremamente realistici a cui vengono sottoposti. Sono presenti in loco numerosi attori che contribuiscono a rendere l'esperienza davvero estrema (la storia è quella ovvia di un ospedale, dietro le cui quinte furono commessi crimini medici come il commercio di organi, la sperimentazione umana e l'occultamento di errori sanitari). "Ora è abbandonato, ma al suo interno vagano ancora pazienti e medici che si sono trasformati in spiriti maligni", dice la locandina, quasi a voler giustificare il non economicissimo prezzo del biglietto (8000 yen, pari a circa 60 euro).
"The Shock Labyrinth" è stato pubblicizzato come il primo live action J-Horror in 3D e, per quanto detto, non è difficile immaginare che la sua realizzazione sia stata in parte (o prevalentemente) finanziata dalla stessa proprietà del parco divertimenti. Guardandolo sotto questa prospettiva potrebbero spiegarsi molte cose.

Il vero Chow Show Labyrinth, presso "Fuji-Q Highland", Fujiyoshida, Giappone.



Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di  tale progetto,  esso rappresenta la parte 39 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. 
P.S.: Possiamo spegnere la 39° candela...

2 commenti:

  1. C'entra come i cavoli a merenda, ma mi hai fatto venire in mente che anche il primo horror 3D italiano, pur essendo stato girato da Dario Argento, è stata una delusione anche per i suoi fans più affezionati. Forse il 3D non si adatta bene al genere horror, chissà...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il 3D non si adatta a un bel niente, secondo me. E infatti da sempre cerco di tenermene alla larga. ^_^

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...