lunedì 10 aprile 2023

Un giorno questo dolore ti sarà utile

“Volevo solo un posto dove stare solo. Per me è un bisogno primario, come l’acqua e il cibo, ma ho capito che non lo è per tutti. […] Io mi sento me stesso solamente quando sono solo. Il rapporto con gli altri non mi viene naturale, mi richiede uno sforzo.” (Peter Cameron, Someday This Pain Will Be Useful to You)

Ritorniamo a parlare di Peter Cameron a solo pochi mesi dalla recensione, qui sul blog, di “Cose che succedono la notte”, romanzo del 2020 che avevo letto più che altro, e non faccio fatica ad ammetterlo, perché ipnotizzato dal titolo.
Sapevo benissimo, mentre lo leggevo con rara avidità, che il mio destino di lettore si sarebbe presto incrociato con quello che universalmente è acclamato come il suo capolavoro. Sto parlando di “Someday This Pain Will Be Useful to You”, che Adelphi ha tradotto, in maniera indiscutibilmente letterale, come “Un giorno questo dolore ti sarà utile”.
Molti autori, inclusi i contemporanei, si sono posti il problema di confrontarsi con protagonisti alienati. L'alienazione totale è sempre difficile da descrivere, anche se Beckett ci era andato piuttosto vicino, e il giovane James Sveck, protagonista di questo classico di Cameron, non fa eccezione.
Diciottenne introverso e senza amici, motivo di preoccupazione per i suoi genitori (divorziati) e per la sorella, James Sveck ci rivela sin dalle prime pagine di non voler andare al college, che prevede affollato da coetanei che disprezza in quanto tali. Sogna piuttosto di lasciare New York City, e con i soldi risparmiati di acquistare una casa nel Midwest dove poter condurre una vita da eremita leggendo Shakespeare e Trollope all’infinito. 
Sinceramente, ma per questo non mi sento affatto un alienato, anche il mio sogno sarebbe quello di mollare il lavoro e dedicarmi alla lettura perpetua, ma ho imparato, con l’età, e mi ci sono rassegnato con difficoltà, che tra un libro e l’altro bisogna mettere un pasto in tavola. Chiaramente, la questione non è riducibile a una pura questione di vettovagliamento: per il bene del corpo e dell’anima occorre anche stabilire e consolidare delle relazioni, fare cose, vedere gente, e così il sogno romantico di una sempiterna lettura nella vita reale finisce per essere relegata in ambiti prevalentemente serali o estivi. 

Allo stesso modo James, seppur presentatosi come il più alienato tra gli alienati, conserva un insopprimibile affetto per la nonna e per John, l’uomo che gestisce la galleria d’arte della madre; e alla fine questi, consapevolmente o meno, lo distoglieranno dal suo apparente destino di isolamento. 
Ecco perché dico che è sciocco poter pensare di descrivere l’alienazione totale. Peter Cameron questo lo aveva chiaro sin dall’inizio, sapeva che non avrebbe potuto mettere la parola fine al suo romanzo senza infilarci dentro un’evoluzione anche minima di James, ma è stato comunque bravo a lasciarcelo sperare fino alla fine. E quando dico “sperare” non lo dico per un perverso desiderio di assistere all’autodistruzione del protagonista, che tra l’altro è anche piuttosto simpatico, quanto per capire fino a che punto poteva spingerlo in quella direzione senza intaccare l’eleganza del romanzo. 
Non poteva non salvarlo e alla fine, anche se noi possiamo benissimo immaginare che non l’abbia fatto, lo ha fatto. Sarebbe certamente stato coraggioso, l’autore, se l’alienazione del suo personaggio avesse raggiunto la meritata completezza, ma probabilmente nessuno avrebbe mai pubblicato la sua storia e ora io non sarei qui a elogiare un romanzo che farò fatica a dimenticare. In fondo, sarebbe stato come pretendere che Vladimiro ed Estragone fossero rimasti per tutto il tempo immobili e in silenzio mentre aspettavano Godot, ma qualcosa, anche se banale e senza senso, non poteva, per una mera logica narrativa, non alterare la staticità della situazione. 

Un romanzo di formazione? Non scherziamo. Diciamo che mi era stato dipinto come tale, ma ora, terminata la lettura, non posso che sconfessare tale definizione. In estrema sintesi, posso invece dire che è un romanzo di ineludibile disfacimento eluso per puro caso, che della formazione è l’esatto contrario. Il giovane Holden di Salinger è predestinato a integrarsi nella società di cui ama burlarsi, ma è determinato ad avere la meglio su di essa; James Sveck, al contrario, ne è completamente disinteressato, è apatico, della società fondamentalmente non sa che farsene e prova a dimostrarcelo in ogni pagina, in particolare in quei divertentissimi dialoghi con la psicologa dalla quale lo hanno spedito i genitori, dialoghi in cui mette in luce una straordinaria lucidità, una spietata saggezza e una franchezza disarmante. 
Ma dietro quella cortina di disinteressato disprezzo per il mondo, e dietro parecchi strati di merda, James, un pignolo della grammatica che forse è gay ma non vuole pensarci e tantomeno discuterne, esprime sostanzialmente il disgusto per se stesso. 
Alcuni libri sono capolavori immortali. Alcuni libri sono capolavori quando escono per la prima volta, ma poi non resistono alla prova del tempo. Questo è probabilmente una via di mezzo. L’ho adorato mentre lo leggevo e probabilmente un giorno lo leggerò ancora. È uno spaccato perfetto della vita di un adolescente, e James Sveck è un personaggio che mi riesce facile immaginare possa essere reale, ma non so se là fuori esista un adolescente che possa davvero apprezzare questo libro. Lo vedo più come un libro pensato per un pubblico adulto in cui prevale un animo nostalgico. E se non l’avete ancora letto, non vi resta che leggerlo.

4 commenti:

  1. Io devo ancora leggerlo e effettivamente vorrei, non l'ho ancora fatto perché in fondo mi "spaventa" (in quanto anch'io affetto da una forma di sociopatia "ibrida" in cui si uniscono un'effettiva e congenita tendenza alla solitudine e una diffidenza dovuta a esperienze particolarmente sfortunate nei rapporti sociali).
    Vedremo se riuscirò a affrontare i miei fantasmi...

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    1. Magari potrebbe essere questa una via d'uscita. Chissà.

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  2. Credo di aver visto il film.
    Così come Il giovane Holden ( che a me non piacque ), è un libro parecchio divisivo, almeno quando mi ci sono imbattuto nei social.
    Cameron lo corteggio da tanto, ma gli Adelphi, sono spesso inavvicinabili per le mie tasche, certo Cose che succedono la notte è un titolo davvero accattivante, forse perché ricorda o cita il ben più noto libro di Céline.

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    1. Eh, lo so bene! Adelphi ha una politica prezzi che non comprendo, ma di sicuro posso dire che non sono mai rimasto deluso da un loro titolo..

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