lunedì 9 ottobre 2023

L’incubo dietro la porta

"E benché vi siano coloro" scriveva l'arabo pazzo "che hanno osato gettare un'occhiata oltre il Velo, accettandoLo come Guida, tuttavia sarebbero stati più prudenti a evitare ogni commercio con LUI: poiché nel Libro di Thoth sta scritto quanto è terribile il prezzo anche di un singolo sguardo.”
(Howard Phillips Lovecraft, “Through The Gates Of The Silver Key”, 1933) 

Mi accingevo a leggere questo nuovo romanzo di Fabrizio Valenza, autore conosciuto solo pochi mesi fa grazie alla lettura de “L’isola dei Morti” (e relativa intervista), e subito mi veniva da domandarmi quali altri meravigliosi spunti sarei riuscito a trarne. La speranza non è stata vana, come vedremo tra breve, anche se temo possa essermi stato complice un pizzico di follia interpretativa. Inizio subito col dire, come i lettori più assidui certamente sapranno, che provengo dalla recente visione de “La casa con la scala nel buio” di Lamberto Bava, per cui mi è stato impossibile non visualizzare il protagonista del libro di Valenza con il volto di Andrea Occhipinti, che nel film citato si aggirava tutto solo in una solitaria villa trasudante misteri, esattamente come il protagonista del romanzo di cui andremo tra breve a parlare. 
Naturalmente, la mia è stata una consapevole forzatura, visto che Enrico Malera, il protagonista de “L’incubo dietro la porta”, non solo non è un fine pianista, ma è un ruvido omone di novanta chili le cui dita, mi è venuto da riflettere, avrebbero senz’altro avuto qualche difficoltà nell’azzeccare le note sulla tastiera di un pianoforte a coda. Novanta chili quelli di lui e altrettanti quelli di Black, il mastodontico cane di razza leonberger, razza che fino a ieri nemmeno sapevo esistesse, che il nostro protagonista si ritrova ad avere come spalla inizialmente non richiesta, ma, perlomeno nel lungo periodo, apprezzata. 
Con tali elementi, le premesse per montare la guardia con successo a una villa solitaria ci sarebbero, ma è subito chiaro, sin dal titolo, che la stazza dei guardiani non è un elemento che può fare la differenza in una storia di questo genere. Non racconterò un granché della trama, per motivi che certamente i miei lettori comprenderanno, ma credo che le premesse vadano spiegate come si deve. 
Enrico Malera viene contattato da Gianfranco, un suo vecchio compagno di università che nel frattempo si è spudoratamente arricchito, e si vede offrire mille euro per trascorrere un’intera, solitaria settimana nella villa dell’amico mentre questi si trova all’estero per motivi di lavoro. Enrico, che a differenza dell’amico nella vita non se la passa troppo bene, accetta di buon grado, arrivando a sacrificare una settimana delle proprie ferie pur di mettersi in tasca il gruzzoletto. Le prospettive d’altra parte sono piuttosto attraenti: lusso sfrenato, tecnologia di ultima generazione (Gianfranco è proprietario di un’azienda di domotica), impianto home theatre con schermo da un milione di pollici, frigorifero a quattro ante traboccante di cibi e bevande, gigantesche biblioteche da esplorare e molto altro ancora. Nella pratica, ciò che si gli si prospetta sembra essere, più che un lavoro, una settimana di totale relax all-inclusive. 

Come dire di no? Cosa fareste voi? Io, nel mio piccolo, chiederei anche una seconda settimana, o un mese, o tutta la vita, tanto più che la solitudine è un elemento che personalmente non mi dispiace affatto. Il dilemma, per me, sorgerebbe solo nel momento di decidere da che parte cominciare a godermi il soggiorno, ma credo che sia un tentennamento che sarei in grado di risolvere nel giro di un quarto d’ora. È superfluo a questo punto precisare che nel caso di Enrico Malera c’è un increscioso, quanto non dichiarato, rovescio della medaglia che il nostro eroe scoprirà a sue spese pagina dopo pagina. Strani fenomeni, come luci spente ritrovate accese, rumori inspiegabili, odori insoliti e, non ultimo, il mistero di quell’ambigua porta nera che conduce nel seminterrato, l’unica nera in mezzo a decine di porte bianche. A complicare la questione, una voce al telefono che gli suggerisce di “non guardare, per nessun motivo al mondo”, riferendosi probabilmente, ma non necessariamente, all’abisso nietzschiano. 
Le cose andranno ovviamente sempre peggio e ve le lascerò scoprire da soli, nel caso che, colti da un impulso irrefrenabile, decidiate di mettere nel carrello questo delizioso romanzo che il buon Valenza ha scritto appositamente per voi. 

Se state pregustando di avventurarvi in una magione senza tempo come Malpertuis o in una casa posta sull’abisso come quella descritta da Hodgson, ne rimarrete, per carità, un pelino delusi, ciononostante vi saranno offerti alcuni originali spunti di riflessione, primo tra tutti quello di domandarvi quale sia la vera natura dell’inferno, non più (o non solo) quello descritto nella religione e nel folklore, che lo ritiene essere un luogo (o uno stato) in un ipotetico aldilà in cui le anime sono sottoposte a sofferenze punitive, bensì una realtà parallela perfettamente amalgamata all’altrettanto ipotetica realtà che percepiamo (o crediamo di percepire) con i nostri cinque sensi. 
La questione si può definire in molteplici modi, e almeno inizialmente il protagonista la identifica in un suo stato alterato di coscienza (leggi: suggestione), ma la risposta può non essere così semplice, anche perché nella villa sembra esserci, da qualche parte, un interruttore che consente il trasferimento di Enrico da una dimensione (chiamiamola sbrigativamente così) all’altra e viceversa. 

Per spiegarmi meglio, tutti noi abbiamo certamente sperimentato qualcosa di simile a un trasferimento dimensionale durante il sogno, esperienza nella quale il nostro alter ego onirico agisce in ambienti simili a quelli reali, distinguibili da questi ultimi spesso solo per piccoli particolari, ma cosa proveremmo se il passaggio alla fase REM potesse avvenire azionando intenzionalmente un interruttore? La risposta potrebbero forse darcela quelli di noi, nemmeno pochi, che riescono ad avere un sogno lucido, a essere cioè talmente coscienti del loro stato da riuscire addirittura a manipolare a piacimento gli oggetti e gli eventi del sogno. 

La realtà che vive il protagonista è purtroppo ben più terribile, anche perché quel subdolo interruttore, innescato per caso, sembra voler agire solo a senso unico, trasferendolo definitivamente in quella che ai suoi occhi sembra la rappresentazione del regno dei morti (l’inferno, banalmente), elemento su cui filosofi, scienziati e devoti favoleggiano sin dalla notte dei tempi. 
In estrema sintesi l’inferno di Enrico, che non è altro che una rappresentazione alterata della realtà a lui nota, potrebbe essere alternativamente una realtà onirica o una realtà fisica. Per estensione, il concetto stesso di morte potrebbe essere un mero frutto della nostra coscienza oppure uno stato “altro” governato da principi di meccanica quantistica. Nel primo caso i concetti stessi di spazio e tempo sarebbero semplici strumenti della mente, nell’altro le alternative sarebbero enormi e potrebbero alterare del tutto il modo in cui guardiamo alla morte, che non potrebbe esistere in alcun senso reale poiché non potrebbero esistere veri confini entro cui definirla. 
Se queste mie ultime riflessioni, in cui io stesso mi perdo facilmente, vi hanno disorientato, vi invito a lasciarle perdere e vi assicuro che non c’è davvero alcuna ragione per indietreggiare. Potete prendere “L’incubo dietro la porta” anche solo per quello che, fuor di metafora, in effetti è, ossia una storia di “revenant” brutti e cattivi con un bel mistero da risolvere. Tutt’altro che prevedibile anche il finale, e di questo rendo merito all’Autore, che avrebbe invece potuto benissimo scivolare nell’ovvio senza nemmeno penalizzare troppo il risultato. 

Nato nel 1972 a Verona, ma di origini siciliane, Fabrizio Valenza si è laureato in Filosofia nel 2003 e in Scienze Religiose nel 2011. A partire dal 2007 ha iniziato a pubblicare romanzi, prima con il self-publishing e un buon successo (“Storia di Geshwa Olers”), poi con molti editori, per lo più medio-piccoli. Oggi l’Autore propone i suoi libri attraverso l’etichetta indipendente “Albero del Mistero”, con la quale ha presentato il già citato “L'isola dei morti”, testo che rimanda al poema sinfonico di Sergej Rachmaninov e a sua volta ispirato dai dipinti di Arnold Böcklin. Con questo suo nuovo romanzo Fabrizio Valenza regala ai lettori un horror “capace di accompagnare il lettore nei suoi incubi peggiori”, un horror che “racconta la paura che ci spinge a sollevare il lenzuolo per vedere il corpo che vi è nascosto al di sotto”.



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