domenica 25 maggio 2014

When the music's over

"Il film inizierà fra cinque minuti" annunciò la voce vacua. "Chi è senza posto aspetterà il prossimo spettacolo." Entrammo nella sala in fila, indolenti. L'auditorio era vasto e silenzioso. 
Ci sedemmo, nel buio, la voce continuò: 
"Il programma di stasera è un ripasso, l'avete visto e rivisto. 
È la vostra nascita, vita e morte. Vi ricorderete ogni parte. 
Avete avuto un buon mondo morendo? 
Abbastanza da farci un film?" 
Jim, oggi è il tuo compleanno. Che ne dici se continuiamo un'altra sera? Mi abbassi un altro po' le luci? Come mai non ci sono anche i Doors in questa cosa? Niente musica, niente Doors. Su, incidiamo. Partito.
Siete riusciti a entrare? Siete riusciti a entrare? 
Siete riusciti a entrare? 
La cerimonia sta per cominciare. 
Vi dirò dell'angoscia e della perdita di Dio. 
Vagando nella notte disperata. 
Qui fuori, nel perimetro, non ci sono stelle. Qui siamo strafatti, immacolati.

Si dice che a James Douglas Morrison non gliene fregasse nulla della morte. Nel senso che non la temeva e che vedeva come inevitabile il fatto che la morte lo venisse a reclamare in giovane età. Tutto quello che a lui fregava era che, dopo la sua dipartita, i suoi versi potessero rimanere a testimonianza del suo passaggio. Se questa cosa è vera, allora Jim Morrison ha di certo ottenuto ciò che voleva. Ancora oggi si continua a parlare ovunque dei Doors e, ultimo tra milioni di altri, anche questo blog oggi dedica un piccolo spazio al Re Lucertola. Mi chiedo però a cosa serva scrivere un post sui Doors. Mi chiedo che senso abbia parlare di qualcosa che tutti sanno, di canzoni che tutti conoscono a memoria, di immagini che da sempre appaiono anche dove meno te le aspetti. Ma forse un senso questo post tutto sommato ce l’ha. Da quanto tempo non vedete qualcuno che sfoggia una maglietta con la faccia di Jim? Io non ne vedo più da almeno dieci anni. Da quanto tempo voi stessi non ascoltate un disco dei Doors? Siate sinceri. Scommetto che nemmeno ve lo ricordate. Da quanto tempo non vi riguardate il film di Oliver Stone che, nell’ormai lontana alba degli anni Novanta, sublimò quella voglia di Doors che i ragazzi di allora reclamavano a gran voce? Avanti! Quanti di voi pensano di essere vivi? Quanti di voi sanno di essere veramente vivi? E allora chiudete gli occhi. Vedete il serpente? Vedete apparire il serpente? Ha la testa lunga 10 piedi e larga 5. Ha un occhio rosso e uno verde. Ora andrà meglio. È lungo almeno sette miglia. Mortale. Lo vedete? Tutta la storia del mondo è sulle sue scaglie. Le persone, gli avvenimenti sono solo piccole immagini sulle sue scaglie. Dio, è grosso! Si muove. Divora le coscienze. Digerisce il potere. Mostro di energia. È un mostro. Baciamo il serpente sulla lingua. Baciamo il serpente, ma se avverte la paura ci ingoierà all'istante. Se lo baciamo senza paura ci porterà per il giardino e il cancello, dall'altra parte. Cavalca il serpente per l'eternità. 


Le frasi che ho riportato all’inizio, le avrete certamente riconosciute, non sono altro che l’opening speech del film Doors. “Il programma di stasera è un ripasso”, ho scritto, “l'avete visto e rivisto”. E allora che ripasso sia. La cerimonia sta per cominciare. Vi dirò dell'angoscia e della perdita di Dio? No, a quello ci hanno già pensato altri prima di me. Vi dirò di Jim Morrison, per chi avrà la bontà di fermarsi un attimo ad ascoltare. Niente musica. Niente storie già ascoltate. “Is everybody in? The ceremony is about to begin”. È l’inizio di "Awake", l’avevate capito? È l’inizio di “An American Prayer”, il libro che Jim dona ai suoi ex-compagni alla fine del film, l'ultimo dei dischi postumi di Morrison. La cerimonia purtroppo è iniziata ed è finita molto, troppo rapidamente. Molti di noi non erano nemmeno nati oppure erano troppo giovani per ricordare di esserci stati. No, noi non siamo riusciti ad entrare in quell’auditorio. Jim Morrison era un predestinato. Jim Morrison è nato e morto secondo quanto aveva predetto il suo mentore, quello scrittore britannico che rispondeva al nome di Aldous Leonard Huxley. Egli scrisse “Noi viviamo insieme, agiamo e reagiamo gli uni agli altri; ma sempre, in tutte le circostanze, siamo soli. I martiri quando entrano nell'arena si tengono per mano; ma vengono crocifissi soli. Allacciati, gli amanti cercano disperatamente di fondere le loro estasi isolate in una singola autotrascendenza; invano. Per la sua stessa natura, ogni spirito incarnato è condannato a soffrire e godere in solitudine. Sensazioni, sentimenti, intuiti, fantasie, tutte queste cose sono personali e, se non per simboli e di seconda mano, incomunicabili. Possiamo scambiarci informazioni circa le esperienze, mai però le esperienze stesse. Dalla famiglia alla nazione, ogni gruppo umano è una società di universi-isole.” (Aldous Huxley, Le porte della percezione.) Non è agghiacciante leggere queste parole dopo tutto quanto è avvenuto? Jim Morrison è stato uno dei più importanti cantanti della storia, è stato uno dei maggiori fautori della rivoluzione culturale del Sessantotto, è stato il simbolo vivente del sesso, è stato paragonato ai poeti maledetti francesi e ai filosofi tedeschi, è stato innalzato a livello di divinità, ma fondamentalmente Jim Morrison era un uomo solo, era quel “martire che fu crocifisso in solitudine”. E oggi? Oggi Jim Morrison non rappresenta che un “simbolo di seconda mano”. Che tristezza infinita. Jim Morrison è stato l’eroe della generazione che è venuta prima. Una generazione che ha forse commesso molti errori, che ha magari adorato falsi dei o che non era capace di prendersi sul serio, ma una generazione a cui oggi noi guardiamo con un pizzico di invidia. Ricordate cosa diceva Kyle MacLachlan a Val Kilmer? Le cose stanno per esplodere, si sente nell'aria. Il mondo vuole combattere o scopare, amare o uccidere. Il Vietnam è vicino, bisogna scegliere da che parte stare. Brucerà tutto, amico. Questo pianeta chiede urlando un cambiamento, dobbiamo creare i miti. Dovrebbero esserci delle grandi orge, come quando Dioniso arrivò in Grecia. Per lui le donne sono impazzite e ballando sono salite sulle montagne! Dovrebbero esserci delle divine e dorate copulazioni per le strade. 

Guardiamoci oggi. Cosa è rimasto di tutto questo? Dove sono finiti i nostri sogni, le nostre speranze? Cosa ci hanno fatto? Oggi non guardiamo più a Dioniso. Oggi la nostra unica preoccupazione è quella di arrivare in orario ai nostri appuntamenti. Oggi ci affanniamo in cose di cui non ci frega niente. Siamo soldatini di plastica in una fangosa guerra in miniatura! We are lost in a Roman wilderness of pain. And all the children are insane. Ce lo aveva detto Jim in quel maledetto concerto di Miami del 1969, anticipando di 45 anni la nostra epoca: egli interruppe bruscamente l’esecuzione di “Five to One” e si rivolse al pubblico con un “Siete solo un branco di luridi schiavi! Quanto tempo credete che durerà? Per quanto ancora vi farete schiacciare? Cosa avete intenzione di fare? Cosa avete intenzione di fare? Cosa?”. Mi fermo un attimo e mi rivedo la scena vista e rivista del film di Oliver Stone. Ma è possibile che se pensiamo a Jim Morrison oggi ci viene in mente solo la sua versione alcolizzata con la maschera di Val Kilmer? Potrei odiare Oliver Stone per questo. Potrei. L'odio è molto sottovalutato come emozione. Ma tutto sommato, se ci penso un attimo, dovrei invece ringraziarlo, perché il suo “Doors”, con tutte le sue finzioni e le sue semplificazioni, è quanto di più vicino ci possa essere a quel mondo che ci siamo lasciati sfuggire.


Nelle mie intenzioni era proprio del film di Oliver Stone che volevo parlare oggi quando, ormai due ore fa, mi sono messo davanti al computer e ho iniziato a tamburellare su questi tasti. Ma come si fa a parlare di Doors senza parlare dei Doors? Oliver Stone è riuscito a realizzare un biopic molto aderente a quelle che furono le reali vicende della band californiana. La descrizione della fanciullezza di Morrison, del suo incontro con Ray Manzarek all’UCLA School of Theater, dei i primi passi della sua band in versione live, del suo (loro) primo ineguagliabile album, fino al decadimento fisico e morale, sottolineato dalle celebri performance al New Haven Arena (quella del “Back Door Man”, per intenderci) e a quella già citata di Miami, quando Jim Morrison fu arrestato con l’accusa di essersi esibito nudo sul palco. Oliver Stone, si sa, è sempre stato un perfezionista, un maniaco dei dettagli: lo è stato con “Talk Radio”, con “JFK” e con chissà quanti altri che adesso non mi vengono in mente. Sulla base di quegli altri film mi dico che, se non fosse stato un ritratto veritiero di quegli avvenimenti, probabilmente Robby Krieger e John Densmore non avrebbero accettato di partecipare al progetto, tra l’altro apparendo in un cameo il primo e in qualcosa di più corposo il secondo. Unica voce fuori dal coro è sempre stata quella di Ray Manzarek, il quale ha sempre accusato Stone di aver voluto eccessivamente sottolineare gli aspetti negativi, in particolar modo quelli legati alla tendenza autodistruttiva di Morrison e, di riflesso, di tutta la band e, ancora più in generale, di tutta un’epoca. La verità? Di solito sta nel mezzo.

È innegabile che Stone abbia consegnato ai posteri l’immagine di un Morrison irresponsabile e alcolizzato, preferendola di gran lunga a quella del bluesman e del poeta, ma parliamoci chiaro, la spiacevole verità è che l’abuso di alcool e droga era diventato parte essenziale del “sistema dei divi” di quel decennio. Eric Clapton era arrivato addirittura a giustificarne l’uso dicendo che i musicisti vivevano ad un livello emotivo talmente intenso che solo l’eroina poteva garantire loro il giusto effetto analgesico. I ritratti dei personaggi incontrati da Morrison-Kilmer nel film di Oliver Stone non potevano essere molto diversi dalla realtà. Vi ricordate di quell’irresistibile Andy “McFly” Warhol? Quello di “È Andy che imita la vita, o è la vita che imita Andy?".  Personalmente credo che il re della pop-art sia stato esattamente il tipo a cui si poteva far credere di poter parlare con Dio attraverso un telefono. Ma Jim Morrison non è solo questo. Morrison era un uomo di immensa cultura. Aveva riproposto in chiave blues tutti i grandi temi, dalla cultura greca classica (Sofocle, Euripide) al romanticismo (Rimbaud, Baudelaire). Il più delle volte è stato ahimè frainteso, accusato di oscenità impensabili, come successe (succede) a proposito del suo celebre “Father I want to kill you. Mother I want to fuck you”. Altre volte è stato accusato di ostentare perverse ideologie naziste. We’ll whip the horse’s eyes and make them cry! Ricordate quella scena del Morrison studente? Nietzsche ha detto: "Tutte le grandi cose, inizialmente, devono indossare maschere mostruose e terrificanti, per potersi imprimere nel cuore dell'umanità." Ascoltate, bambini, il suono della notte di Norimberga. Ella saluta lo sciamano e mette un panico sensuale. Si comporta come un invasato, è isteria professionale. Hai mai visto Dio, o Mandala o un angelo simmetrico? Con lo scolo abbiamo avuto la visione finale. L'inguine di Columbus pieno di morte verde. Le ho toccato le cosce e la morte ha sorriso. Questo mondo, un mostro d'energia, senza principio e senza fine. Similmente senza guadagno né aumento. Nulla svelando questo mondo ha voglia di potere e non c'è nient'altro.




James Douglas Morrison non c’è più. Se n’è andato il 3 luglio del 1971 lasciandoci un’eredità immensa e un sacco di questioni irrisolte. Nel mio piccolo oggi ho scritto un post che probabilmente non servirà a nulla e che non varrà nemmeno la pena di leggere. Forse anch’io sarò frainteso, ma va bene lo stesso. Dio è morto. Dio resta morto. E noi l'abbiamo ucciso (e l’ha detto pure Nietzsche).

Svegliati. Scrolla i sogni dai capelli. Scegli il giorno e il segno del tuo giorno, la divinità del giorno. È la prima cosa che vedi. Vieni a fare due passi. È una notte magnifica. Una vasta spiaggia sfolgorante e una fredda luna ingioiellata. Coppie nude corrono nella zona tranquilla. Ridiamo come teneri, folli bambini. Soddisfatti nei cervelli ovattati dell'infanzia. Scegli, canticchiano gli avi. È tornato il tempo. Scegli ora, cantano sotto la luna vicino a un lago antico. Entra di nuovo nella dolce foresta. Entra nel caldo sogno, vieni con noi. Ogni cosa è distrutta e danza. È bellissimo quassù! Ora son tornato nella terra dei giusti, dei forti e dei saggi. Fratelli e sorelle della pallida foresta, o figli della notte. Chi correrà alla caccia? Arriva la notte con la sua legione porpora. Ritiratevi, ora, nelle tende e nei sogni. Domani entriamo nella città della mia nascita, voglio essere pronto.


THAT’s 70S! Una nota a margine: se vi interessano gli anni post-Sessantotto, visti con gli occhi dei registi anni Novanta e oltre, non mancate di visitare oggi i seguenti blog: Cinquecentofilminsieme, Cooking Movies, Director's Cult, Il Bollalmanacco di cinemaIn Central Perk, Montecristo, Non c'è paragone, Pensieri cannibali, Recensioni ribelli, Scrivenny, Solaris, Viaggiando (meno), White Russian.

28 commenti:

  1. Il film di Stone non l'ho visto... ma dovrei.
    E' ovvio che quando si tratta di biografie si devono operare delle scelte, anche narrative, non è un caso che ogni qual volta esce un film così, o anche una fiction, scoppiano le polemiche.
    Stone ha voluto raccontare il dark side di Morrison, magari qualcun altro ne racconterà il lato più poetico.
    Resta che solo grandi figure riescono a farsi raccontare in mille sfaccettature.

    Moz-

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    1. Inevitabile che sorgessero delle polemiche. Quando decidi di ritrarre un personaggio che ha avuto (e ha) un seguito così grande incontrerai sempre qualcuno che ha una visione opposta alla tua. Non lo hai visto? Questa volta mi hai stupito, sai?

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    2. Eh, purtroppo non c'è mai abbastanza tempo per vedere tutto ciò che si deve :(

      Moz-

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  2. In effetti non è facile dire cose nuove su Jim Morrison. Io ci ho provato nel mio Shaula ma non garantisco di esserci riuscito. Ai futuri lettori la sentenza. Tra l'altro cito anche la stessa lirica che hai scelto come finale del tuo post, la parte conclusiva di The celebration of the Lizard King.

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    1. Sono sicuro che ci sarei riuscito benissimo. Ogni volta che ti sento parlare di Shaula mi viene un po' di più l'acquolina in bocca.... spero che quei futuri lettori non rimangano futuri ancora per molto ^_^

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    2. A chi lo dici... pagherei per potermi rinchiudere per un mese in una cella monastica :P

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  3. non sono cresciuto col mito di Morrison ma sono rimasto affascinato da questo post e da come ne parli...il film Di Stone a una prima visione lo catalogai come il solito delirio narcisistico...ma con gli anni l'ho rivalutato parecchio...

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    1. Beh, ti ringrazio. Mi pareva infatti di essere particolarmente ispirato mente scrivevo questo post (forse ho anch'io uno sciamano al seguito?). Il merito tuttavia è tutto dell'argomento: Jim Morrison è ispirazione pura!

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  4. Il film di Stone poteva giocoforza, per la natura stessa dello strumento cinematografico, dedicarsi solo ad alcuni aspetti della complessa figura di Jim Morrison. Noi abbiamo mitizzato un epoca, che era fantastica e creativa di suo, ma purtroppo non ne abbiamo fatto parte, anche per questo la mitizziamo molto.

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    1. Hai ragione. Forse l'abbiamo mitizzata troppo. La colpa però è di quelli che c'erano: sono stati loro a parlarci di pace, amore e libertà in quel modo. Noi che siamo venuti dopo eravamo prigionieri del loro sogno. E di amore libero non ce n'era proprio. Anzi.

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  5. Complimenti gran bel pezzo anche il tuo! Mi piace come hai analizzato la figura di Jim Morrison. In effetti io non l'ho ascolto da un po', però da ragazzina lo ascoltavo e avevo letto la sua biografia perché era uno studente di cinema... E in effetti Manzarek aveva criticato parecchio il lavoro di Stone, perché aveva privato il Jim cinematografico del sense of humor che aveva il vero Jim. Ma almeno l'ha fatto rivivere su celluide!

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    1. Nemmeno io lo ascoltavo da tempo. Poi ho rivisto il film e ho deciso di scrivere questo post... e adesso è una settimana che non ascolto praticamente nient'altro. A Stone va anche questo merito.

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  6. non so se quello di stone sia il ritratto migliore di jim morrison, però da ragazzino questo film mi ha spalancato le porte dei doors e quindi è una pellicola a cui sono piuttosto affezionato.

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    1. Non so nemmeno io se questo sia il ritratto migliore, ma temo che Stone ci sia andato molto vicino.

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  7. Bellissimo post.
    A differenza del film di Stone, che all'epoca mi lasciò un po' di amaro in bocca.
    (diciamo che la pensavo come Manzarek!)

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    1. Un po' di amaro in bocca è inevitabile quando qualcuno cerca di fare a pezzi i tuoi miti.

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  8. bel post, il film lo vidi tantissimo tempo fa e non ne serbo un ricordo sufficientemente nitido per giudicarlo, Jim Morrison confesso di non conoscerlo abbastanza, conosco un po' della sua musica ma poco di lui, del suo pensiero e della sua poesia.

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    1. ...e io che pensavo che lo conoscessero tutti molto bene...

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  9. Pur amando i Doors da tempi immemori grazie ai vinili degli zii, pur avendo divorato negli anni del liceo biografie e scritti, di film e di documentari su di loro non ne ho visti... saprò sicuramente fare ammenda, prometto!

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    1. Ok. MI faccio un nodo al fazzoletto e tra qualche mese verrò a verificare se ammenda sarà stata fatta ^_^

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  10. Quel film non l'ho visto e non conosco praticamente nulla della biografia di Morrison e dei Doors, per cui ben venga il post! In compenso, mi sono reso conto che uno dei personaggi di The Armageddon Rag di Martin, non a caso morto nel '71, è costruito su di Morrison. Fra l'altro, un libro pieno di riflessioni sul "cosa ne è stato?" e quant'altro. Potrebbe piacerti. Comunque, tornando in tema Doors, io sono uno di quelli che li ha sperimentati solo come gruppo musicale; il resto, in varia misura, si è un po' perso.

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    1. Ho letto un paio di recensioni in rete. Hai ragione. Potrebbe piacermi.

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  11. Ricordo che lo vidi al cinema, più di vent'anni fa, in una visione collettiva fatta di amici 'invasati' (in senso buono) del mito dei Doors... non capivo molto di quello che succedeva sullo schermo, ma l'atmosfera e l'adrenalina che si respirava me la ricordo come fosse ora. E la tua splendida recensione me l'ha fatta tornare (quasi) intatta. Complimenti davvero!

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    1. Grazie per i complimenti. Sono contento di averti fatto respirare per un attimo quell'atmosfera.

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  12. Io il film l'ho visto non so più quanti anni fa, andavo ancora al liceo e avevo appena scoperto i Doors grazie a una mia compagna appassionata. Si parla sempre di Jim Morrison = Doors, ma si tralascia il contributo eccezionale degli altri (le tastiere di Manzarek in Riders on the Storm o la chitarra di Krieger in Spanish Caravan, per fare esempi). E anche bello l'album postumo con le poesie di Jim Morrison musicate.

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    1. Nessuno degli altri tre è da buttare via. Specialmente Manzarek che, oltre ad essere stato il tastierista, era anche il bassista dei Doors, riuscendo nella pratica a gestire i bassi con una mano e gli alti con l'altra. Ma Morrison era una figura talmente carismatica che i Doors non avrebbero in nessun modo potuto sopravvivergli. Tra l'altro credo che, per quanto lodevole, la scelta di pubblicare album postumi con la voce di Morrison abbia segnato la fine definitiva della band, mitizzando l'ex frontman a discapito degli altri.

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  13. Alla fine abbiamo sempre bisogno dei miti... una giustificazione al nulla che ci circonda

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    1. ...che infatti è proprio quello che diceva Nietzsche.

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