Image Credits: New York National Police Gazette 1887 |
Avrebbe potuto rimanere avvolta nel tepore delle sue coperte e trattenere la pipì fino alla mattina, ma Lillie Hoyle, in quella tragica notte del 1 settembre 1887, decise di affrontare i primi pungenti freddi di fine estate per recarsi al bagno che, come era tipico nelle abitazioni dell’epoca, era situato all’esterno dell’edificio principale. La sorella Alice decise di non attenderla e, lasciandosi vincere dalla stanchezza accumulata nel corso della giornata precedente, si voltò nel letto e cadde rapidamente in un sonno profondo. Non l’avrebbe mai più rivista. La mattina seguente Alice si alzò e si preparò in fretta per la giornata che l’attendeva senza fare granché caso all’assenza della sorella. Valutando frettolosamente che Lillie si fosse alzata prima di lei, Alice uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle. Solo in tarda serata, una volta rientrata, Alice ebbe chiara l’inaccettabile verità: Lillie non aveva affatto dormito nel suo letto e quelli che erano i suoi effetti personali, l’orologio e i pochi gioielli, erano ancora sul comodino là dove li aveva posati la sera prima. Cosa successe a Lillie Hoyle in quella sera di inizio settembre a pochi passi dalla sua abitazione di Webster, nel Massachusetts? Alice Hoyle attese la risposta per tutta la vita, ma inutilmente. Oggi, quasi 130 anni dopo, i fatti di quella notte restano ancora avvolti nel mistero.
Piccola digressione. Avevo bisogno di qualcosa di diverso per potermi riprendere dalla lunga cavalcata di Ghost in the well. Iniziare nuovamente a scrivere articoli per il blog, per un breve attimo, mi è sembrata un’idea rivoltante. Cosa avrei potuto scrivere di nuovo? Ancora recensioni di cinema? Ancora analisi di libri? Ancora chiacchiere utilizzate a mo’ di riempitivo? No, no, no! Perché invece non provare a rivivere quelle emozioni che in passato, qui sul blog, tante volte mi avevano gratificato? Perché non andare a scandagliare uno di quei vecchi misteri che invariabilmente, anche a secoli di distanza, continuano a sprigionare un fascino inconsueto? In fondo sono quelli gli articoli che ho sempre preferito, sebbene non se ne siano visti poi molti in tanti anni di Obsidian Mirror. Non negherò che anche il particolare seguito che ottengono post di questo genere è stato decisivo nella mia decisione: vecchi articoli come quello sulla strage di Villisca o sul caso di Elisa Lam continuano invariabilmente, anche dopo mesi o anni, a raccogliere consensi, perlomeno a giudicare dal numero di visualizzazioni che il report di blogger mi notifica. E quindi eccomi qua. Fine della digressione.
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La cittadina di Webster è davvero difficile da identificare su una mappa: praticamente un foruncolo nel bel mezzo della grande chiappa che noi chiamiamo Stati Uniti. Nemmeno sulla pagina inglese di Wikipedia si riescono a trovare informazioni interessanti sulla sua storia, se non che i primi insediamenti risalirebbero al 1713 e che la cittadina, così come la conosciamo oggi, avrebbe visto i suoi natali nel 1832 per merito di Samuel Slater, colui che oggi è unanimemente considerato il padre dell’industria tessile americana.
Paradossalmente, in una cittadina dove in pratica tutti gli abitanti erano occupati nell’industria del proprio padre fondatore, Alice (all’epoca 23 anni) e Lillie Hoyle (19 anni) avevano finito per esercitare un’attività del tutto diversa, rispettivamente nella ristorazione e nell’agricoltura.
Le due ragazze vivevano in una piccola stanza ceduta loro in affitto da uno zio, Dixon Cowie, a seguito della prematura morte dei loro genitori avvenuta qualche anno prima. Fu proprio lo zio Dixon, a quanto si seppe in seguito, l’ultimo a vedere Lillie viva quella notte mentre, sbirciando da una delle finestre, la scorse dirigersi verso i locali di servizio sul retro dell’abitazione. Nel giro di pochi istanti Lillie Hoyle sarebbe svanita nel nulla.
Ma chi era esattamente Lillie Hoyle? Fu questa la prima domanda sulla quale di soffermarono gli inquirenti giunti rapidamente sul luogo della sparizione. Lillie Holye era apparentemente una ragazza normalissima, come normalissima potrebbe essere una ragazza strappata prematuramente all’incanto dell’adolescenza e sbattuta a forza nel disincanto della maturità a causa di una disgrazia sopraggiunta all’improvviso.
A detta di tutti molto attraente, con grandi occhi blu e capelli castano scuro, di Lillie Hoyle si diceva che, subito dopo la morte dei genitori, avesse manifestato inequivocabili segni di depressione, tanto che quella che le autorità sondarono per prima fu proprio la strada del suicidio. Una strada senza uscita, come fu presto evidente.
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Le ricerche partirono immediatamente e per diversi giorni tutto il circondario venne messo sotto la lente d’ingrandimento. Furono dragati fiumi e stagni, incluso il vicino lago che già allora rappresentava il vanto di tutti i residenti. Per diversi giorni nessun indizio venne alla luce, tanto che alcuni cominciarono a considerare l’ipotesi di una fuga d’amore, sebbene Lillie non fosse mai stata vista in intimità con nessuno dei ragazzi del paese che, come è logico aspettarsi, erano tutti piuttosto attratti da quella singolare bellezza.
Ci vollero quasi tre settimane perché l’ipotesi del suicidio e della fuga volontaria venissero accantonate.
Alle cinque del pomeriggio del giorno 20 settembre due pescatori che stavano rientrando dalla vicina città di Oxford, Charles N. Shumway e Hilarie Marchessean, percepirono un cattivo odore provenire da una capanna abbandonata al limitare del paese. Al suo interno c’era il cadavere ormai decomposto di una giovane donna, incastrato fra alcune travi in legno della struttura parzialmente crollata. Sdraiata sul fianco sinistro, la donna portava una veste di raso azzurro sollevata a scoprire gli indumenti intimi, e il viso era coperto da uno scialle di lana: sin dal primo istante non vi fu alcun dubbio che quella che i due avevano di fronte era la scena di un delitto, anche perché, a un esame più attento, i due notarono che i piedi della donna erano stati incrociati e legati assieme da uno spago.
All’arrivo delle autorità il corpo venne sollevato e voltato: le braccia erano incrociate sul petto e a loro volta legate con uno spago identico a quello che gli serrava i piedi, mentre il viso era in uno stato di corruzione talmente avanzato da essere praticamente irriconoscibile.
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Credo non serva precisare che a quel macabro ritrovamento venne immediatamente collegato l’episodio che stava monopolizzando l’opinione pubblica in quei giorni: e difatti, grazie a un rapido confronto, quella veste di raso azzurra ritrovata addosso al corpo della sconosciuta fu identificata con quella che indossava Lillie Hoyle la notte della sua scomparsa. Il mistero era ormai giunto a una svolta cruciale: nessuno metteva più in dubbio che quei miseri resti appartenessero alla diciannovenne. Restava solo da stabilire quali fossero state le circostanze della sua morte.
So già a cosa state pensando: le mani e i piedi legati, le vesti sollevate. Praticamente impossibile non pensare a uno stupro terminato in tragedia. Un’ipotesi, questa, che fu probabilmente fra le prime a balzare alla mente anche a coloro che ai tempi furono incaricati del caso. Un dramma a cui tuttora continuiamo ad assistere con allucinante frequenza ma che, fortunatamente, in pochi casi al giorno d’oggi rimane impunito.
Sul finire dell’Ottocento le tecniche di investigazione lasciavano però largamente a desiderare dal punto di vista scientifico, e anche la sola idea di poter risalire all’identità del colpevole dall’analisi dei resti era quantomeno fantascientifica. Ma ci fu un particolare che nemmeno i patologi dell’epoca poterono fare a meno di notare: il cadavere che fu ritrovato in quel capanno abbandonato apparteneva a una donna in avanzato stato di gravidanza, un particolare che contrastava con le testimonianze di chiunque, amico o parente, conoscesse Lillie Hoyle.
Era davvero di Lillie il corpo sul quale uno sconosciuto si era accanito sino alla morte? Poteva una ragazza di diciannove anni nascondere in grembo un segreto tanto evidente? Ovviamente tutti, a partire dalla sorella Alice, non fecero che escludere ogni possibilità….
Amo questo tipo di post! E, detto tra noi, rappresentano il modo ed il "mood" migliore per ritrovare grinta ed entusiasmo dopo un lungo e stancante dossier.
RispondiEliminaNon che questo tipo di post non sia stancante... ma tu lo sai anche meglio di me. ^_^
EliminaUna prima parte narrata con la curiosità di arrivare in fondo alla storia :)
RispondiEliminaCi arriviamo, ci arriviamo.... :)
EliminaAnch'io sono intrigatissima da questo genere di post, penso ancora agli articoli sul mistero della Lam. Dunque, altro giro altra corsa...
RispondiEliminaBeh, il caso della Lam aveva anche il "vantaggio" di essere inquietante. Anzi, faceva proprio paura.
EliminaBentornato nella parte oscura dello specchio. Specchio di ossidiana, ovviamente :-P
RispondiEliminaOvviamente... ^_^
EliminaGià si preannuncia inquietante, sembra l'inizio di uno dei racconti di Chesterton con protagonista Padre Brown. Ma temo che qui nessun sacerdote o detective risolverà il caso...
RispondiEliminaIl caso terminerà infatti in niente, particolare questo che ho premesso fin da subito. D'altra parte sono proprio i casi insoluti quelli che mi intrigano di più...
Eliminaleggo inn ritardo ma complimenti. Tra te e Nick Parisi a lasciare in sospeso queste storie siete fantastici!
RispondiEliminaComunque no, non credo proprio che a sette mesi di gravidanza si possa nascondere il pancione :) Non sarà stata lei...
Considera che sul finire dell'Ottocento le donne andavano in giro con delle vesti talmente ampie che potevano benissimo celare qualsiasi cosa. L'unica persona che sicuramente poteva sapere la verità era la sorella, probabilmente l'unica ad averla vista in deshabillé...
EliminaLe gonne erano ampie ma in vita... però, a volte si legge sui quotidiani che anche oggi certe ragazze partoriscono e mammà non sapeva che erano incinte :)
EliminaCapita quando una è circondata da genitori storditi...
Elimina:)
EliminaQuesta storia mi fa ringraziare di non avere il bagno fuori in cortile... Con tutte le volte che vado in bagno di notte, avrei decisamente corso il rischio di essere assassinata anch'io! D:
RispondiEliminaPovera Lillie!
La sola idea del bagno fuori in cortile è agghiacciante, specie d'inverno! Fossi in loro credo che mi sarei procurato un bel vaso da notte, ovviamente delle dimensioni giuste.
EliminaEffettivamente questa tipologia di post è estremamente intrigante e dunque grande ritorno! *_*
RispondiEliminaLa modalità dell'assassinio mi ha riportato a un libro di Lansdale (In fondo alla palude), chissà che non si si ispirato a fatti di cronaca simili :O
La sparizione si presenta inquietante... però sulla gravidanza chissà...
Non saprei, questa storia che sto raccontando in questi giorni è troppo simile a mille altre perché qualcuno possa trovarla ispiratrice....
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