Questo articolo avrebbe dovuto intitolarsi "Elogio di un film serbo", perché quella era inizialmente la mia intenzione. In fase di revisione ho poi optato per una soluzione più facile, forse meno accattivante ma nella pratica più comoda. Il mio timore era quello (e lo è ancora) di attirare su questo blog decine di troll, gente che magari senza nemmeno leggere un rigo possa comunicare il proprio disappunto per il contenuto che un titolo del genere può suggerire. Non ho bisogno di visitatori del genere; preferisco che i miei ospiti ascoltino quello che ho da dire e poi decidano, in piena autonomia e buona fede, se ciò che ho detto è stato degno di essere detto.
Concluso questo doveroso pippone iniziale, passiamo al tema di oggi, probabilmente uno dei più indigesti che siano mai capitati da queste parti dai tempi de "Il necrofilo". Stiamo parlando di cinema, ovviamente, e nella fattispecie del film serbo per eccellenza, perlomeno di quello più famoso, mi sentirei di aggiungere, sfidandovi a citare un titolo proveniente dallo stesso paese balcanico che sia altrettanto famoso.
Vidi "A Serbian Film" tre o quattro anni fa, ben in ritardo rispetto alla sua release ufficiale risalente ormai al 2010. Ero abbastanza preparato a ciò che le mie pupille avrebbero dovuto affrontare, considerate le pittoresche recensioni già lette in rete, ma il mio desiderio di conoscenza, sempre un passo avanti al mio amor proprio, mi convinse a mettermi comodo in poltrona e a pigiare senza troppi indugi il tasto play.
Se me ne sono pentito? Assolutamente no. E perché mai? Sono oggi più che mai convinto, invece, che ciò che si dice in giro sia più un modo per "to be on the safe side", piuttosto che una libera opinione personale. Con questo non voglio dire che "A Serbian Film" mi abbia lasciato indifferente, né voglio dire che ho sgranocchiato popcorn come se stessi guardando la più insulsa delle nostre commedie natalizie. "A Serbian Film" è un film cattivo, cattivissimo, ma anche grottesco nella sua brama di esagerare a ogni costo (che poi, se ci avete fatto caso, è l'unica ragione che porta tutti noi, di tanto in tanto, a parlarne). In altre parole, per quanto già da tempo sulla strada della dannazione, la mia anima conserva ancora un piccolo margine di salvezza. Oppure no? A proposito, non l'ho ancora esplicitato, ma oggi debutta sul blog Obsploitation Extreme!
Miloš (Srđan Todorović), un pornodivo di mezza età ritiratosi dalle scene, conduce una normale vita familiare con la moglie Marija e il figlio Petar di sei anni, cercando in qualche modo, non senza difficoltà, di sbarcare il lunario. Una chiamata improvvisa della sua ex collega Lejla cambierà tutto: consapevole dei suoi problemi finanziari, Lejla presenta Miloš al regista indipendente Vukmir (Sergej Trifunović), un tizio dall'aspetto mefistofelico e, a quanto si dice, persona più che autorevole nell'universo del porno. Quest'ultimo offre a Miloš una montagna di denaro in cambio di un patto faustiano: dovrà girare tutto ciò che gli verrà chiesto senza fare alcuna domanda; la sceneggiatura stessa del film è top secret. Nel momento esatto in cui Miloš accetta l'offerta, la sua vita precipita in un abisso di orrore inimmaginabile. Vukmir non si fermerà davanti a nulla per raggiungere il suo perverso scopo e, ve lo garantisco, le sue richieste diventeranno sempre più estreme.
Prima di iniziare la visione mi ero già segnato nella mia agendina mentale tre punti fondamentali a cui prestare attenzione, che erano in pratica le scene che più di altre avevano destabilizzato le platee di mezzo mondo: 1) il tanto questionato "newborn porn", termine che non dovrebbe richiedere una traduzione e nemmeno una spiegazione dettagliata, 2) il giovane figlio di Miloš che si trastulla con le VHS di alcuni dei più grandi "successi" del padre nel salotto di casa e 3) l'allucinante finale, che mi piacerebbe potervi rivelare ma... mi trattengo.
Visto che è su quella scena di pochi secondi che si accaniscono con sdegno un po' tutti i recensori, vado diretto al momento "newborn porn", provando a spiegare perché quella roba non sia riuscita ad infastidirmi nemmeno vagamente. Piccolo inciso. Non credo sia necessario sottolineare che certe degenerazioni sessuali facciano vomitare e che non esista una punizione abbastanza efferata per quegli stronzi maniaci schifosi figli di puttana che le praticano o che fantastichino di praticarle. Fine dell'inciso. Nella fattispecie, il "newborn porn" illustrato da Spasojević è l'estremizzazione assoluta dell'aberrazione pedopornografica, talmente esagerata da diventare grottesca. Disturbante è l'idea, su questo siamo d'accordo, ma è un'idea che dovrebbe disturbare a prescindere, senza che ce lo debba sbattere in faccia un regista balcanico (anche perché già lo fanno i nostri telegiornali).
Le immagini del film in sé sono abbastanza innocue: Spasojević ci mostra un bambolotto talmente mal fatto che pare sia stato recuperato dal bidone della spazzatura di Lucio Fulci; uno scarto di scena che nemmeno il regista romano, trasteverino di borgata, avrebbe avuto la decenza di portare sullo schermo. Mi sembra, questa, una scelta voluta, e non certo il risultato di un budget risicato o di un'approssimazione registica, anche perché in generale il film è tecnicamente perfetto: è come se l'autore avesse voluto dirci "Ehi! Lo vedete che è tutto finto, no? Nulla di tutto ciò sta avvenendo sul serio".
La sequenza di apertura che mostra il ragazzino mentre guarda innocentemente le VHS del padre è invece disorientante, ma allo stesso tempo anche comica. In particolare evidenzia l'assurdità del mondo da cui Miloš è fuggito, ed è in quest'ottica che va interpretato. Se qualcuno si fosse domandato se sia davvero stata opportuna la scelta di mostrare un ragazzino alle prese con la pornografia, ebbene, mi permetto ricordare che quella è una fase attraverso la quale siamo passati tutti, prima o dopo, nessuno escluso.
Il finale, beh, quello effettivamente è spiazzante, e anche chi fino a ieri pensava di averle viste tutte, nel momento in cui si scoprono le carte non potrà fare a meno di voltare la testa e rivolgere il suo pensiero a tutte le divinità a lui conosciute.
In tutto questo rimane la domanda se Srđan Spasojević sia un grande comunicatore, che ha trovato il modo con questo film di sollevare questioni di grande impegno sociale, se sia invece uno stupido, che mette in scena concetti talmente forti senza prevederne le conseguenze, o se sia semplicemente un gran paraculo.
"There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about." diceva Oscar Wilde per bocca del suo personaggio più celebre. Letta in questo senso l'ipotesi paraculaggine si fa largo nettamente rispetto alle altre. Quante possibilità avrebbe infatti avuto "A Serbian film" per valicare i confini nazionali, essere esportato in tutto il mondo e far parlare di sé? Certo, è vero che tutti ne hanno parlato male, ma è anche vero che, nel bene e nel male, siamo ancora qui a scriverne dopo dieci anni. E non sono solo io a parlarne: la scorsa primavera, tanto per fare un esempio, a Los Angeles si è tenuto il "Serbian Film Exhibitions", un evento internazionale con una proiezione della versione uncut e di esclusivi "making of", una sessione di domande e risposte con il regista Srdjan Spasojevic e un piccolo museo degli oggetti di scena tra cui costumi, stivali e accessori vari, incluso il machete usato da Miloš in una scena di sesso davvero estremo e, sì, anche il famoso bambolotto. Tutto il materiale nei giorni successivi è stato poi messo in vendita su ebay riscuotendo un grande successo (almeno finché il sito di aste non si è incazzato e non ha deciso di bannare tutto).
Vidi "A Serbian Film" tre o quattro anni fa, ben in ritardo rispetto alla sua release ufficiale risalente ormai al 2010. Ero abbastanza preparato a ciò che le mie pupille avrebbero dovuto affrontare, considerate le pittoresche recensioni già lette in rete, ma il mio desiderio di conoscenza, sempre un passo avanti al mio amor proprio, mi convinse a mettermi comodo in poltrona e a pigiare senza troppi indugi il tasto play.
Se me ne sono pentito? Assolutamente no. E perché mai? Sono oggi più che mai convinto, invece, che ciò che si dice in giro sia più un modo per "to be on the safe side", piuttosto che una libera opinione personale. Con questo non voglio dire che "A Serbian Film" mi abbia lasciato indifferente, né voglio dire che ho sgranocchiato popcorn come se stessi guardando la più insulsa delle nostre commedie natalizie. "A Serbian Film" è un film cattivo, cattivissimo, ma anche grottesco nella sua brama di esagerare a ogni costo (che poi, se ci avete fatto caso, è l'unica ragione che porta tutti noi, di tanto in tanto, a parlarne). In altre parole, per quanto già da tempo sulla strada della dannazione, la mia anima conserva ancora un piccolo margine di salvezza. Oppure no? A proposito, non l'ho ancora esplicitato, ma oggi debutta sul blog Obsploitation Extreme!
Le immagini del film in sé sono abbastanza innocue: Spasojević ci mostra un bambolotto talmente mal fatto che pare sia stato recuperato dal bidone della spazzatura di Lucio Fulci; uno scarto di scena che nemmeno il regista romano, trasteverino di borgata, avrebbe avuto la decenza di portare sullo schermo. Mi sembra, questa, una scelta voluta, e non certo il risultato di un budget risicato o di un'approssimazione registica, anche perché in generale il film è tecnicamente perfetto: è come se l'autore avesse voluto dirci "Ehi! Lo vedete che è tutto finto, no? Nulla di tutto ciò sta avvenendo sul serio".
La sequenza di apertura che mostra il ragazzino mentre guarda innocentemente le VHS del padre è invece disorientante, ma allo stesso tempo anche comica. In particolare evidenzia l'assurdità del mondo da cui Miloš è fuggito, ed è in quest'ottica che va interpretato. Se qualcuno si fosse domandato se sia davvero stata opportuna la scelta di mostrare un ragazzino alle prese con la pornografia, ebbene, mi permetto ricordare che quella è una fase attraverso la quale siamo passati tutti, prima o dopo, nessuno escluso.
Il finale, beh, quello effettivamente è spiazzante, e anche chi fino a ieri pensava di averle viste tutte, nel momento in cui si scoprono le carte non potrà fare a meno di voltare la testa e rivolgere il suo pensiero a tutte le divinità a lui conosciute.
In tutto questo rimane la domanda se Srđan Spasojević sia un grande comunicatore, che ha trovato il modo con questo film di sollevare questioni di grande impegno sociale, se sia invece uno stupido, che mette in scena concetti talmente forti senza prevederne le conseguenze, o se sia semplicemente un gran paraculo.
"There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about." diceva Oscar Wilde per bocca del suo personaggio più celebre. Letta in questo senso l'ipotesi paraculaggine si fa largo nettamente rispetto alle altre. Quante possibilità avrebbe infatti avuto "A Serbian film" per valicare i confini nazionali, essere esportato in tutto il mondo e far parlare di sé? Certo, è vero che tutti ne hanno parlato male, ma è anche vero che, nel bene e nel male, siamo ancora qui a scriverne dopo dieci anni. E non sono solo io a parlarne: la scorsa primavera, tanto per fare un esempio, a Los Angeles si è tenuto il "Serbian Film Exhibitions", un evento internazionale con una proiezione della versione uncut e di esclusivi "making of", una sessione di domande e risposte con il regista Srdjan Spasojevic e un piccolo museo degli oggetti di scena tra cui costumi, stivali e accessori vari, incluso il machete usato da Miloš in una scena di sesso davvero estremo e, sì, anche il famoso bambolotto. Tutto il materiale nei giorni successivi è stato poi messo in vendita su ebay riscuotendo un grande successo (almeno finché il sito di aste non si è incazzato e non ha deciso di bannare tutto).
Tutta l'intera fottuta nazione non è altro che un merdoso asilo. Un mucchio di bambini scaricati dai loro genitori. Sai cosa si prova? Per tutta la tua vita sei costretto a dimostrare di essere in grado di prenderti cura di te stesso, dimostrare che puoi cagare, mangiare, scopare, bere, sanguinare, guadagnare soldi, fare tutto quello che serve per sopravvivere, finché non muori. Mi crederesti se ti dicessi che tu ed io e questa fantastica famiglia, che tu non vedi l'ora di lasciare, sono l'unica garanzia di sopravvivenza di questa nazione? Siamo la spina dorsale dell'economia di questa nazione. Solo noi possiamo provare che questa nazione è viva e utile a qualcosa.
Ma è dalla frase riportata qui sopra, estratta da un intenso monologo, oserei dire "kurtziano", del cattivissimo Vukmir, che possiamo tentare di estrapolare un significato che vada oltre ciò che abbiamo detto sinora.
In molti, compreso il sottoscritto, hanno scavato nella guerra dei Balcani per scovare il bersaglio di quelle parole. Riflettendoci oggi non sono più sicuro che sia così, anche perché, mi duole ammetterlo, delle ragioni di quella guerra non ho mai capito molto. Non ho mai capito nemmeno quali fossero gli opposti schieramenti; sembrava che tutti combattessero contro tutti. Quello che mi è rimasto come ricordo, anzi, è che fossero stati proprio i serbi i "cattivi" della situazione (basti citare Slobodan Milošević, l'ex presidente condannato per crimini di guerra, e Ratko Mladić, il famigerato boia di Srebrenica), ma ho la sensazione che una divisione fra "buoni" e "cattivi" in quel bordello sia del tutto fuori luogo. Quel che è certo è che fu la popolazione civile, di ogni etnia o nazionalità, la vera vittima, come d'altra parte succede quando un qualsiasi paese decide di smettere di discutere e di imbracciare le armi.
La violenza in Serbia è dappertutto, e per accorgersene è sufficiente tenere d'occhio ciò che i mezzi di informazione lasciano filtrare. Non abbastanza, naturalmente.
La Serbia vanta, tra virgolette, la più alta percentuale di femminicidi al mondo: oltre la metà delle donne serbe ha vissuto, nell'anno 2016, fenomeni di violenza familiare, e 44 di esse hanno perso la vita come diretta conseguenza delle violenze subite da parte del partner (Fonte: Il Piccolo). E tutto questo in un paese di soli sette milioni di abitanti. Solo nello scorso novembre che la Serbia ha finalmente ratificato, con un ritardo oceanico, la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne... un piccolo passo avanti, a pochi giorni dal fatidico 25 novembre, giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Non dimentichiamoci, tra l'altro, che la Serbia è tuttora sotto la lente di ingrandimento di Amnesty International, essendo uno stato dove l’impunità per i crimini soggetti al diritto internazionale va ancora di moda: lo scorso luglio è stato interrotto il processo a otto ex membri della polizia speciale serbo-bosniaca accusati dell’omicidio di 1.313 civili bosniaco-musulmani vicino a Srebrenica. Analogamente, a ottobre la corte d’appello ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di cinque ex paramilitari serbo-bosniaci, incriminati per il rapimento di 20 persone da un treno nella stazione di Štrpci, in Bosnia ed Erzegovina, e il loro omicidio, risalenti a febbraio 1993. E ancora: non ci sono stati progressi nell’avvio di azioni penali contro i responsabili del trasferimento e del successivo interramento di corpi di albanesi kosovari in Serbia nel 1999. (Fonte: Amnesty International).
Uno scenario del genere getta una luce completamente diversa sul coraggioso (adesso credo di poter usare serenamente questo aggettivo) film di Srdjan Spasojevic, e finalmente riesco a spiegare il motivo per cui questo articolo avrebbe dovuto intitolarsi "Elogio di un film serbo".Non abbiamo mai pensato «Ehi, facciamo un film scioccante, rendiamolo controverso, battiamo il record del mondo». Non era quello il nostro progetto. Volevamo solo esprimerci nel modo più onesto e diretto possibile. Sei stato stuprato dalla nascita e quella violenza non si fermerà nemmeno dopo la tua morte: questo è il punto." (Srdjan Spasojevic)Un pensiero se vogliamo ancora fin troppo pessimista sul futuro dell'umanità, in generale, e del popolo serbo in particolare. Temo purtroppo che abbia ragione lui: chiudere gli occhi di fronte a un film come questo è un po' come chiudere gli occhi davanti a tutto l'orrore che ci circonda. Sarò banale e prevedibile, a questo punto, mentre cerco le parole giuste per concludere, ma non esiste un'opera di finzione che si sia mai avvicinata, nemmeno lontanamente, alla realtà di questo meschino pianeta.
Obsploitation Extreme, in tutto questo, non è (e non sarà) solo un'accozzaglia di oscenità, come magari i più maligni avrebbero sperato, ma intende perseguire un obiettivo sociale: mostrare le atrocità più atroci per riconoscerle e, se capita, imparare ad affrontarle.
Ho apprezzato abbastanza questo film ma qualcosa mi ha trattenuto dall'apprezzarlo in pieno. Forse un po' più di misura gli avrebbe giovato e non mi riferisco alle scene "scioccanti". Penso invece per esempio alla scena in cui Vukmir tira le cuoia continuando imperterrito a pensare al film... forse era un altro modo del regista, dopo la scena del bambolotto, per dire: "E' tutto finto... non credeteci", ma bene o male il film era andato accumulando un certo livello di tensione che in quel momento va a farsi friggere in un sol colpo.
RispondiEliminaSiamo sicuramente in linea con la scena del bambolotto (come dicevo prima a Cassidy, io a quel punto ero praticamente già in crisi mistica). Credo che Spasojevic abbia cercato diverse volte di sdrammatizzare le situazioni, consapevole evidentemente di ciò che stava facendo. Le scene che mostravano la sua carriera precedente al ritiro, per esempio, erano di una comicità che al momento non capivo...
Eliminaindubbiamente si tratta di un film estremo ed anche estremamente politico, ammetto di esserne rimasto scioccato all'epoca della prima visione ma sono certissimo che questa fosse l'intenzione del regista: voleva che del film se ne parlasse molto ed almeno in questo si può dire ci sia riuscito.
RispondiEliminaSe ne è parlato tanto e, per qualche strana ragione, se ne continua a parlare. Il problema è che 9 volte su 10 se ne parla per sfogare la propria indignazione, senza rifletterci troppo e magari senza nemmeno accorgersi che Spasojevic è lassù, dietro ai fili, come Mangiafuoco.
EliminaNon l'ho visto ma lo conosco (come dicevi nel post? Il regista è riuscito sicuramente a far parlare del sul film ;-)
RispondiEliminaData tale premessa non me la sento di esprimere giudizi netti, però mi chiedo: se lo scopo era denunciare la violenza onnipresente nella società serba, perché non farlo in modo più diretto? Perché scegliere invece il porno (proprio il porno) come metafora?
Perché scegliere il porno? Perché non c'è nulla, a mio parere, di più violento. Se penso a tutte la ragazze (migliaia) impegnate nell'industria del porno mi chiedo quante di esse non possano dirsi vittime di violenza. Forse giutso Moana e Cicciolina la facevano per vocazione... tutte le altre... lasciamo stare,
EliminaE poi alla violenza "in generale" siamo ormai abbastanza assuefatti, perché te la sbattano in faccia all'ora di cena in tutte le sue declinazioni. La pornografia, quella no, quella non passa al tiggì: di conseguenza lo spettatore medio non ha gli anticorpi necessari per assimilarla e continuare a cenare.
Se posso dire la mia ...credo che abbiano scelto il porno per questo film ( sempre se di porno si può parlare) altrimenti “investendo “ in qualsiasi altro tema non avrebbero ottenuto la stessa cassa di risonanza che hanno avuto.
EliminaPenso che la combinazione sesso e violenza crea sempre attesa e curiosità.
Dopo alla fine non sempre si dimostra vincente.
Poi vorrei soffermarmi sul discorso porno.
Credo che nella pornografia la violenza sia finzione.
Come Serbian è comunque finzione cinematografica.
Non credo che A Serbian film sia un film pornografico a meno che tu intenda per pornografici i temi che tratta ( violenza , pedofilia ,necrofilia ecc...) è quindi un offesa alla morale comune.
Perché di sesso esplicito in Serbian mi sembra non se ne veda proprio.
Se scrivi che Serbian è porno allora dimmi che cos’è Love di Gaspar Noe.
Lo passano per un film erotico sentimentale ma ti assicuro che guardandolo , già dalla prima scena non saprei dirti dove sta il confine tra quello che significa porno e quello che non lo è!
Poi il discorso sulle ragazze impiegate nell’industria del porno...su Moana e Cicciolina.
Per carità forse la maggior parte non lo fara’per vocazione ma per lavoro questo sì!
Non riesco a capire il senso.
Vittime di violenza?
Non so se il mercato pornografico “legale” sia una forma di prostituzione “violenta” ...ma da documentari che ho visto sul mondo del porno le attrici si offendono se vengono paragonate alle prostitute.
Non giudico, ma sempre da interviste a chi lavora nel porno ( basta guardare Sex su cielo , mi sembra) lo si intende come un lavoro e lo è .
E non ti costringe nessuno a farlo , son libere scelte.
Condivisibili o meno ma libere.
Anche tornando su Serbian ..non credo che nessuna delle attrici coinvolte abbia lavorato a gratis o non sapendo cosa andavano a girare.
È chiaro che la violenza sulle donna è insopportabile, come sui bambini ..ma in generale su tutti è insopportabile .
Serbian l’ha rappresenta ma resta comunque finzione cinematografica.
E a questa finzione han partecipanto consapevolmente tutti , donne comprese.
Quindi il senso di vittime di violenza ...almeno in questo caso non lo capisco.
Ciao
.
"Se scrivi che Serbian è porno..." ... infatti non l'ho scritto e non l'ho nemmeno pensato. Serbian film non è più porno di quanto non lo sia stato Larry Flynt di Milos Forman, con il quale condivide alcuni temi.
EliminaSiamo comunque d'accordo su quella certa cosa che "tira più di un carro di buoi". L'avrà pensato anche Spasojevic? Non lo sapremo mai.
Per quanto riguarda la questione del farlo per vocazione, per lavoro o per violenza... anche qui andiamo per sensazioni: a mio parere nessuna donna, se avesse avuto dalla vita un minimo di scelta, sarebbe finita a fare qual lavoro lì. Le tante ragazze dell'est che lavorano nell'industria del porno, così come quelle che la danno via agli angoli della strada, avrebbero di sicuro preferito rimanere a casa loro, con la loro famiglia, e fare una vita normale.
Qualcuna l'ha fatto per guadagnare una montagna di soldi facili? Può essere, ma ho come la sensazione che alla lunga certe "scelte" verranno riconsiderate (e il virgolettato su "scelte", per quando detto più sopra, è d'obbligo).
Ma si vabbè capire quanto negli anni il senso di film porno sia cambiato è un problema mio.
EliminaMi chiedo dove è arrivato il limite ...tutto qua!
Certi film son vietati a minori di 18 e questo basta ad “giustificare “ scene di sesso esplicito senza filtri e comunque non considerarli pornografici..bho non so?
In riferimento della questione riguardo le “scelte” più o meno “obbligate” che portano le donne a lavorare nel mercato pornografico la pensiamo in maniera diversa che vuoi farci..l’unico consiglio che mi sento di dare a chi per scelta o meno decide di guadagnare un sacco di soldi in maniera facile.
È quello di investire nel futuro perché dalle miei parti c’è un proverbio che recita più o meno così: l’abuso del l’uso del buso porta al disuso dell’uso del buso!😀
Forse una metafora sulla caducità delle cose..
Spero di non essere stato troppo “violento” ...!
Ciao
No, macché troppo "violento". Sono solo opinioni... ^_^
EliminaNon ho visto questo film (non credo proprio che lo farò), ma ho apprezzato moltissimo l'approfondimento che ne fai e tutte le informazioni che trasmetti. Mi ha fatto pensare a un altro film che ho visto e che mi ha davvero scioccato e potrebbe essere, per l'estrema violenza, accostato a questo, anche perché parla di esperienze che noi fortunatamente non abbiamo vissuto, ma da quella parti invece le hanno vissute, subite, eccome: parlo di Cargo 200 di Aleksej Balabanov, film russo del 2007. Terribile.
RispondiEliminaFilm anche più estremi di questo ne hanno girati migliaia. Se questi film, tra una roba e l'altra, riescono anche ad argomentare qualcosa tanto di guadagnato per tutti, visto che ti costringono, come dici tu, a metterti nei panni di chi ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.
EliminaAltri film, come i cosiddetti "torture porn", che andavano alla grande qualche anno fa, sono invece puro e semplice intrattenimento per quelli come noi, fortunati, che viviamo in un paese tutto sommato libero (magari non liberissimo, ma un po' più libero di altri).
Lo vidi, quando Nocturno lo pompava. Pompaggio che però è nato e morto lì, a ben vedere... non ha avuto la stessa eco di Martyrs (per rimanere in territori similari...)
RispondiEliminaIn ogni caso, quoto il tuo approfondimento. A volte penso che ci si barrichi dietro la scusa politica, ma può anche essere eh, in ogni caso io apprezzerei di più se fosse exploitation e basta^^
Moz-
Mi pare anche di ricordare che Nocturno inizialmente lo avesse stroncato alla grande, additandolo come un'oscenità aberrante (per poi rimangiarsi tutto anni dopo). Non so perché ma sospetto che Nocturno abbia contribuito non poco a condurre il destino dei questo film alla destinazione a cui è poi giunto.
EliminaNon so se sia altrettanto famoso ma è per certi versi simile a Serbian film.
RispondiEliminaQuasi contemporaneo , stessa metafora sociale ,stesso mix di sesso e violenza , si chiama
THE LIFE AND DEATH OF A PORNO GANG regia di Mladen Djordjevic.
Comunque ci torno su Serbian è un film a cui sono affezionato.
Ciao
"Life and Death" è tutt'altro che famoso e di solito se ne sente parlare in rete giusto all'interno delle recensioni del suo "fratello maggiore". In genere lo si definisce come il "Serbian" allo stato embrionale...
EliminaDiciamo che "Extreme" non poteva che cominciare da questo punto. Ci saranno cose migliori ma anche cose peggiori (anche se per quelle davvero peggiori ho riservato la variante "Obsploitation Vomit"...
RispondiEliminaA proposito della scena che citi, immagino che il regista abbi puntato molto sulla scena shock che l'ha preceduta. Personalmente, dopo l'abominevole rivelazione ho smesso di seguire lucidamente il film: avrebbe potuto mostrare qualsiasi cosa e mi sarebbe scivolata addosso. Mi sono goduto poco, addirittura, l'inquadratura finale prima dei titoli di coda, pur percependone la potenza espressiva.
Ma per me il problema non sono state le scene, che sì disturbano anche, ma tutt'altro, tutto il tessuto di un film personalmente insensato..
RispondiEliminaDavvero l'hai trovato insensato?
EliminaMmmm che chicca intrigante mi proponi: me lo segno da vedere assolutamente ^_^
RispondiEliminaDeclino immediatamente ogni responsabilità...
EliminaOra ti dico. Da quando ne ho sentito parlare sono stata tentata di vederlo. Eppure continuo ad avere qualcosa che mi trattiene. Mai provato tanti sentimenti contrastanti su un film (che non ho ancora visto) come per questo, e dire che ho visto film persino peggiori. Bella disamina, comunque, as usual.
RispondiEliminaAnch'io ho visto film ben peggiori, senza nemmeno sapere che fossero tali. Il punto che è su nessuno di quei film è mai stato fatto lo stesso "terrorismo" che è stato fatto su Serbian Film... neanche si stesse parlando del diavolo in persona.
EliminaCiao come ti scrivevo io ci sono affezionato a A Serbian Film perché rappresenta la mia prima volta sui blog più di due anni fa’.
RispondiEliminaDa lì è partito tutto , se non ci fosse stato quel film probabilmente in questi anni ( pochi) non avrei conosciuto così tanti simpatici blogger😀
Gli son affezionato ma questo non vuol dire che non sia un abominio di film.
Un abominio però girato veramente bene .. quasi in film hollywoodiano per come è stato confezionato.
Tranne la scena del porno neonato cicciobello il film è veramente ben fatto.
Ma mi piace come l’hai giustificata quella scena , quasi un monito del regista a ricordarci che è tutto finto ,che è sempre comunque un film!
Riassumo quello che ho scritto la prima volta da Armellini de Il buio in sala.
Se per il regista , A Serbian è una metafora della violenza dello stato al popolo serbo perché non dobbiamo credergli?
Perché dobbiamo credere che sia un escamotage solo per giustificare l’ amoralità di questo film?
Ti dirò che personalmente trovo molto più disturbante il suicidio a tre di tutte le altre scene che i più vorrebbero al rogo.
Quella scena è il vero pugno allo stomaco di tutto il film.
Rappresenta quello che non concepisco , cioè arrendersi e gettare la spugna.
È un film che indubbiamente ha dei meriti se a distanza di quasi dieci anni se ne continua a parlare.
Da quello che ricordo dei commenti altrui e cioè la condanna dell’espediente della metafora politica per mettere in scena stupri pedofilia necrofilia omicidi e ancora violenza su violenza tu con il tuo post ci hai dato una risposta più che plausibile.
Cioè quello che negli anni i serbi han dovuto subire ed effettivamente non è poco.
Credo che questo sia un valore aggiunto a quello che purtroppo non si legge quando si parla di questo bel film.
Poi chiudo con una citazione di Giuseppe del Buio in sala a riguardo di Serbian.
“È un film che divide o lo ami o lo odi” poi ognuno ha la sua di sensibilità che è fondamentale nel dare un giudizio , positivo o meno.
Stop e chiudo .
Ciao ciao
Oh scusa Max per il ritardo nella risposta (è da qualche giorno che Blogspot ha smesso di notificarmi i nuovi commenti).
EliminaEcco quindi che scopriamo che, se non altro, alemno un grande merito "Serbian Film" perlomeno ce l'ha: quello di aver aperto a te le strade del blogging (e a noi il piacere di leggerti ^_^).
una cagata pazzesca......
EliminaTi riferisci alla Corazzata Kotiomkin?
EliminaOmg haha soon im going to translate but First: is one of my favourites Crazy list movies, If It is sad idk. lol��
RispondiEliminaI was pretty sure this was one of your favorite movies, my friend. ^_^
EliminaI hope Google Translate is doing a good job...
Sono ancora più confuso su questo film :D.
RispondiEliminaMi rassicura sapere che la scena più incriminata è appunto fatta in modo grossolano per dare la massima idea di finzione.
Recensione eccellente, carissimo. E hai fatto bene a fare quel preambolo...
D'altro canto il film esiste e apprezzo chi ha avuto il coraggio di guadarlo e giudicarlo senza preconcetti.
Il preambolo era necessario, altrimenti nessuno si sarebbe fermato a leggere, dopo dieci anni di recensioni negative. Non è mia intenzione andare controcorrente, ma di solito a me piace cercare di capire i motivi che stanno dietro a certe scelte così provocatorie. Non sempre ci riesco ma, si sa, nessuno è perfetto.
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