venerdì 2 novembre 2018

Il Re in Giallo rivelato (Pt.2)

"...il torvo Byakhee, dalle ali di pipistrello, venne dalle rive nuvolose del lago Hali, il pelo nero, il becco di ferro e gli occhi dell'inferno. Quando gli montammo a cavallo, la bestia spiegò le sue ali enormi e possenti. Attraverso mari oscuri e sconfinati abbiamo volato. Oltre le Iadi abbiamo raggiunto quel luogo mitico e desolato, proibito agli uomini e aborrito dagli dei: Carcosa, dove il grande Hastur è il Signore." (Lin Carter, Litany to Hastur).

Solo qualche giorno fa ci siamo posti la questione di come poter definire originale un'opera che si ispira esplicitamente a un'altra.  Nel tempo, all'interno di questo lungo speciale dedicato ai "miti in giallo" ci siamo imbattuti in una lunghissima serie di "originali", che si sono mantenuti tali fino a che non abbiamo scoperto qualcosa di ancora più "originale".
Ricordate il giorno in cui abbiamo scovato una citazione del "King in Yellow" nelle pagine di uno dei più famosi romanzi di Oscar Wilde (Il ritratto di Dorian Gray, 1890), di cinque anni antecedente l'omonima antologia di Chambers? Già a quei tempi avevamo iniziato a comprendere che quello che tutti ritenevamo essere l'originale... beh, non lo era affatto. E avevamo compreso che anche il tanto idolatrato Necronomicon di Lovecraft, testo fittizio ricalcato dal Re in Giallo, era tutt'altro che originale.

In questa lunga corsa al "vero originale" ci siamo infine accorti, per citare nuovamente le parole di Robert Price (vedi articolo precedente), che "ogni racconto è l'anello in una catena, parte di un ciclo in evoluzione", arrivando quindi alla conclusione che "ogni nuova rappresentazione del mito è un nuovo originale." Dovremo quindi iniziare a farcene una ragione, tutti noi, inclusi gli adulatori di Ambrose Bierce, colui che posò la prima pietra di Carcosa (1886) e l’unico forse a non essersi ispirato a nessuno se non al Diavolo.
In questo scenario di citazioni e di rimandi, il tentativo compiuto da James Blish di dare una forma all’esecrabile opera in versi "Il Re in Giallo" è senza dubbio originale. Ma non più originale del medesimo esperimento, giunto a noi (ahimè) postumo, che tentò lo scrittore americano Lin Carter un quarto di secolo più tardi partendo dal testo di Blish.

LtoR: AMRA Fanzine, 1965; Dreams form R'lyeh, Arkam House 1975, Pnakotic Fragments, Charnel House 1989
Avendone già ampiamente parlato sul blog (qui), credo non sia necessario spendere tempo e spazio per presentare nuovamente il padre di tanti apocrifi “cimmeriani” . È tuttavia importante sottolineare che, all'interno della sua vasta opera, Lin Carter ebbe modo di lasciare molto più di un piccolo contributo all'affascinante universo di rimandi e di citazioni sul Re in Giallo. Torniamo quindi a parlare di un’antologia già piuttosto analizzata in questa recente serie di post, vale a dire "The Hastur Cycle" della Chaosium, nella quale è presente una raccolta di tre frammenti legati ai Mythos, scritti nell'arco di trent'anni da Carter e oggi raccolti sotto l'appellativo comune "Tatters of the King".
Il primo frammento, "Litany To Hastur", è una raccolta di quattro sonetti tratti dal ciclo carteriano "Dreams From R'lyeh", apparso per la prima volta sul numero di marzo 1965 della fanzine Amra (Premio Hugo 1964 e 1968) curata da George H. Scithers, riesumato dalla Arkham House nel 1975 e nuovamente dalla stessa Chaosium nella raccolta “The Xothic Legend Cycle: The Complete Mythos Fiction of Lin Carter” (1997).
Il secondo frammento, "Carcosa Story About Hali", apparso per la prima volta nei "Pnakotic Fragments" (Charnel House, 1989), narra la storia di Hali, un negromante del pianeta Carcosa, nelle Iadi.
Il terzo frammento, "The King In Yellow: A Tragedy in Verse", è stato invece pubblicato per la prima volta proprio in "The Hastur Cycle"nel 1993 ed è, in definitiva, quello su cui noi ci soffermeremo oggi. In esso, Lin Carter rielabora parte del testo di Blish in una forma in versi differente, rendendola al tempo stesso più poetica ed elegante. Leggiamo insieme il brano iniziale, corrispondente a quello di Blish riportato qualche giorno fa, e proviamo a farne una piccola analisi.
UOHT: Oh, questo squallido e infinito assedio! Signora, madre mia, siete Voi? Buongiorno.
CASSILDA: Buongiorno a te, ragazzo mio; e arrivederci al giorno.
UOHT (rivolto a se stesso): È distratta; le parlerò.
Ebbene, tutta sola qui sul vostro balcone? State guardando di nuovo Carcosa, temo.
CASSILDA: Nessuno può guardare Carcosa, ragazzo mio, prima che il sorgere delle Iadi scacci via le ombre del giorno. No, guardavo attraverso le torbide acque del nebbioso Hali, che sommerge così tanti giorni...
UOHT: E ne vedremo sommergere molti di più! Questa nauseabonda foschia è contagiosa; striscia in ogni angolo e in ogni fessura come una spia, come un pazzo o un assassino: entrate, madre.
CASSILDA: Ah, no; ah, no; non adesso, Uoht. Non ho paura della strisciante foschia, nauseabonda e contagiosa, né ho paura di spie vigliacche o di assassini appostati; né tanto meno ho paura del tempo, assassino tra gli assassini! Ho visto molta della nebbia di Hali, e molto tempo passare.
UOHT: Oh, Hali, che interminabile assedio! Il lago dovrebbe sommergere Alar in un sol colpo, anziché impiegare tutto questo tempo.
CASSILDA: Hali non può farlo, dal momento che Alar siede su Dehme che, mi pare superfluo precisarlo, è un altro lago.
UOTH: Un lago vale l'altro, madre mia! Acque nere e nebbie grigie, e ossa bianche sul fondo, dove marinai annegati dormono in letti di melma oleosa; i loro corpi, ormai freddi e insensibili, già pasto per i pesci, ora giacciono su cumuli di perle. Sì, nebbia e acqua; acqua, nebbia. Alar e Hastur potrebbero scambiarsi di posto durante la notte e nessuno lo noterebbe. Oh, le due città sono certamente quelle sorte nel peggior luogo del mondo.
CASSILDA (ironicamente): Sono le uniche città al mondo, di conseguenza anche quelle peggio collocate.
UOHT: Con l'eccezione di Carcosa.
CASSILDA: …Cosa? Hai detto qualcosa? Uoht, sono stanca di tutti questi continui giochi di parole, nemmeno io sono più sicura che Carcosa appartenga veramente a questo mondo: forse ha sciolto i suoi ormeggi ed è andata alla deriva, giù nel profondo, oscuro e mortale regno dell'incubo. In ogni caso, mio bel principe, tutte queste chiacchiere non ci portano a nulla.
La forma in versi, come anticipato poco fa, è decisamente diversa e, si suppone, più poetica ed elegante. Premetto che non sono affatto sicuro di aver reso efficacemente con la mia traduzione la poesia e l'eleganza ricercate da Lin Carter, ma vi assicuro che ho provato a fare del mio meglio, preferendo tali aspetti alla fedeltà assoluta della traduzione. A tal proposito vi propongo come esempio la frase "Nobody can see Carcosa", utilizzata da Blish, che nella versione di Carter diventa "No one can gaze on Carcosa". Come sapete, c'è una sottile differenza tra i verbi "to see" e "to gaze" (che io, in maniera piuttosto semplicistica, ho scelto di tradurre rispettivamente con "vedere" e "guardare"): il verbo "to gaze", così stupendamente efficace in inglese, significa più o meno "posare lo sguardo e tenercelo", che è sottilmente diverso dal semplice "guardare". È forse più un "ammirare" o un "contemplare" (sebbene manchi comunque l'azione del "posare"), ma sia "ammirare" che "contemplare" poco si sposavano, a mio parere, con il senso generale. Avevo anche valutato, in fase di bozza, di inserire in appendice il testo inglese, ma il timore di violare qualche copyright mi ha infine trattenuto. Fine digressione.

Taken form Dim Carcosa, the sixth and final Mythos Pack in The Path to Carcosa cycle for Arkham Horror
Veniamo quindi al contenuto di questa prima parte dell'opera partendo dai luoghi, perché, come forse alcuni si ricorderanno, una delle primissime questioni che ci eravamo posti era proprio relativa alla ricerca di Carcosa. Blish dice che "nessuno può vedere Carcosa prima che le Iadi sorgano" e Carter ribadisce che "nessuno può guardare Carcosa prima che il sorgere delle Iadi possa scacciar via le ombre del giorno". Il "sorgere delle Iadi" si potrebbe interpretare, grazie al contributo di Lin Carter, come il "calar della sera", che dissolve le ombre gettate dall'astro più prossimo, ormai tramontato.
Questo particolare rafforza una teoria che avevamo proposto molto tempo fa, vale a dire quella che Carcosa si trovi effettivamente sulla Terra (esattamente come ci suggerì Ambrose Bierce nel suo racconto "Un abitante di Carcosa", nel quale scrisse: "Alzando gli occhi vidi, attraverso un improvviso squarcio tra le nuvole, Aldebaran e le Iadi!").
Aldebaran, che per un effetto ottico sembra essere parte dell’ammasso delle Iadi (anche se in realtà si trova molto più vicina a noi), è associata a quest'ultimo solo per via della prospettiva dalla quale noi la osserviamo. E da dove, se non dalla nostra Terra, possono essere visibili contemporaneamente sia Aldebaran che le Iadi? Carcosa si trova quindi sulla Terra, ma dove? Su questo le stelle non possono venirci in aiuto, visto che l'ammasso delle Iadi (nella costellazione del Toro), pur essendo situato nell'emisfero celeste boreale, è ben osservabile, grazie alla sua particolare declinazione, da tutte le aree abitate del pianeta.

Rimanendo nell'ambito dell'aspetto geografico, vengono esplicitamente citate due città, apparentemente le uniche due esistenti in quella parte di mondo conosciuto (o in quel tempo, se preferite): Hastur, in cui svolge la scena all'interno di un palazzo, e Alar, che pare aver messo sotto assedio (qualunque cosa questo voglia dire) la "rivale". Le due città sono bagnate dalle acque di due laghi: Hali e Demhe, rispettivamente. Entrambi i laghi sono stati descritti avvolti da nuvole, o qualcosa di simile alle nuvole, piuttosto che dall'acqua, tanto che le frasi "Would that the Lake would swallow Alar for once" (Blish) e "Would that thy Lake would drink tall Alar down for once" (Carter) potrebbero suggerire che non siano affatto composti d'acqua. A rafforzare questa ipotesi ci sarebbe la scelta verbale dei due autori, che anziché usare l'espressione "Alar è bagnata da Dehme", preferiscono "Alar sits upon Dehme" (Blish) e "Alar’s throned on Dehme" (Carter). Il particolare che entrambi facciano dire a uno dei loro personaggi che "tutti i laghi sono uguali, essendo fatti d'acqua e nebbia", potrebbe essere benissimo un discorso generale. Ciò spiegherebbe meglio le parole di Robert Chambers che, ne "Il riparatore di reputazioni", immagina il lago come una specie di portale in grado di collegare tra loro Hastur, Aldebaran e il mistero delle Iadi. Lo stesso Chambers, sebbene usi spesso il verbo "to sink" (che a questo punto assume un più dubbio significato), riferendosi ai laghi si esprime in questi termini: "the cloudy depths of Demhe and Hali".

E infine c'è Carcosa, la mitica terza città che appare e scompare a piacimento alla vista di Cassilda, nascondendosi tra le nebbie o, peggio ancora, attraversando il portale di Chambers e trasferendosi su un piano diverso della realtà. Se quest'ultima ipotesi fosse corretta, il nostro viaggio alla ricerca di Carcosa diventerebbe decisamente più arduo. A complicare il tutto, i nomi di Hastur, Hali e Alar vengono spesso utilizzati per identificare dei personaggi, anziché dei luoghi... ma questa è un'altra storia. Staremo a vedere. Oggi ci fermiamo qua ma, come potete immaginare, l'analisi di questa prima parte del "Re in Giallo" non è affatto conclusa.
CONTINUA

"Lake Hali's shore" by © Yuri Shepherd, illustrator & concept artist. -  https://yurishepherd.artstation.com/ 
This is an interpretation of lake Hali with the city of Carcosa in the backgrown, inspired by Cassilda's song in the Repairer of Reputations by Robert W Chambers. Done in photoshop with photobashing. 

10 commenti:

  1. Le immagini postate sono fantastiche, rendono bene l'alienità -ed al contempo quella sensazione di vicinanza dei luoghi.In quanto al post sono convintissimo che la nuova indagine ci regalerà tante soddisfazioni.

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    1. Le immagini sono indubbiamente belle e assolutamente fedeli alla descrizioni che Chambers fece di Carcosa. Avrei sperato di trovare qualcosa con un maggior focus sulle nebbie piuttosto che sulle acque del lago, ma pare che nessuno ci abbia pensato...
      Sarà un'indagine lunga, per usare le tue parole... "mettetevi comodi".

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  2. "Rimanendo nell'ambito dell'aspetto geografico, vengono esplicitamente citate due città, apparentemente le uniche due esistenti in quella parte di mondo conosciuto (o in quel tempo, se preferite)".
    In effetti, la prima delle due illustrazioni a colori mostra in primo piano della flora del periodo carbonifero. Il che situerebbe le due città sul pianeta Terra di oltre 300.000.000 di anni fa.

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    1. Un'ipotesi assolutamente da non sottovalutare. Non si spiegherebbero tutti quei soli e quelle lune ma, come credo di aver detto in passato, certe descrizioni potrebbero essere semplicemente metaforiche.

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    2. Bisognerebbe prima di tutto riuscire a capire se un sistema di stelle binario come sembra essere quello in gioco è in grado di permettere l'esistenza al suo interno di un pianeta con caratteristiche del genere. Altrimenti, in caso contrario, il livello di sospensione dell'incredulità richiesto rischia di diventare eccessivo per un genere di narrazione di questo tipo.

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    3. "I Soli gemelli s'affondano nel lago", scrisse Chambers, ma non è affatto detto che si debba intendere letteralmente.

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  3. Sono d'accordo che nessun libro o romanzo si posta definire originale, ma diciamo che fa comodo avere un punto di riferimento per sviluppare qualcosa.

    Non vedo l'ora di scoprire qualcosa di più su Carcosa.

    P.S. È un vero peccato che Il re in giallo di Chambers goda in Italia di pochissima fama.

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    1. Ha avuto un po' di notorietà qualche anno fa per via della serie tivù True Detective, grazie alla quale la raccolta di Chambers ha potuto godere di una ristampa Vallardi ben distribuita. Prima di quella c'è stata una edizione Hypnos di cui si sono però accorti pochi appassionati.

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  4. A ogni post che leggo mi sento come uno che sta entrando in un labirinto e a ogni bivio si sente sempre più perso...

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