lunedì 16 settembre 2019

Invisibili: Touch me not

Tell me how you loved me, so I understand how to love. (Adina Pintilie)

Il tema dell'intimità umana e del rapporto che abbiamo con i nostri corpi e con i corpi degli altri è affascinante. Avete mai riflettuto sulla questione della "pelle"? Quella sensazione inspiegabile per la quale la sola idea di avvicinarvi fisicamente a una persona vi disturba, anche se tale persona oggettivamente rientra nei canoni universali di bellezza? Qualcuno la chiama chimica, anche se non so se è la parola giusta.
Stiamo parlando di un film che mette in scena situazioni al limite del grottesco, offrendo la scena ad attori non professionisti che qualche opinione in proposito ce l'hanno, specie quelli tra loro che soffrono di menomazioni fisiche talmente gravi dal renderne difficilmente sopportabile anche la sola vista.
Ho voluto cogliere l’occasione di una mia recente visione serale di questo film per buttare già qualche spunto per la mia rubrica “Invisibili”, iniziata qualche mese fa con un classico di Eric Rohmer e proseguita con una lunga immersione tra i fotogrammi di un film rumeno di nicchia, uno di quelli che riesci a vedere solo se frequenti i festival o se vai a scavare nelle profondità più oscure del web. Anche il film di cui parleremo oggi, per pura combinazione, è rumeno, e di ciò mi sono reso conto, non mi vergogno a dirlo, solo pochi istanti fa, mentre mi accingevo a scrivere le prime righe di questo articolo. Nel mio immaginario un film rumeno è diverso da questo, specialmente per come appare nel suo complesso: l’apparenza più artigianale, oserei dire, forse dalle tinte più claustrofobiche. Questo invece è un film magnificamente realizzato, con una fotografia sorprendente e il sound incisivo (anche se sgradevole) della band sperimentale tedesca "Einstürzende Neubauten". Sull’effettiva aderenza al tema degli “Invisibili” lascerò, a voi che mi leggete, completa libertà di espressione, visto che su questo punto siamo parecchio borderline.

Orso d'oro alla Berlinale 2018 tra mille polemiche, "Touch Me Not" (che in Italia diventa "Ognuno ha il diritto ad amare") altro non è che una parata di personaggi sopra le righe, tutti vittime di complessi problemi dentro e fuori la sfera sessuale.
L'intimità e il sesso, lo sappiamo bene, sono parti essenziali nella vita, ed è abbastanza comune divenire autoprotettivi quando si emerge da relazioni traumatiche o quando ci si trova a fare i conti con un’esteriorità che non solo è lontana dai canoni della bellezza, ma va ben oltre e sfocia nel disturbante.
Divenire autoprotettivi significa indossare metaforicamente il mantello dell’invisibilità di Harry Potter, significa tirarsi fuori dai giochi e lasciare che il mondo proceda per la sua strada, e che magari tutto finisca con l’esplosione di una supernova, che tanto è uguale. Eppure, quando perdiamo la nostra capacità di avvicinarci alle persone perdiamo ciò che ci rende umani, e in questo senso "Touch Me Not" vorrebbe essere una guida per ritrovare la via di ritorno.

Laura non può sopportare di essere toccata: trova ripugnante anche il semplice sfiorare uno sconosciuto in un luogo affollato. Nella disperata ricerca di quell’intimità che le è negata, finisce per spendere soldi con giovani marchettari che possano in qualche modo aiutarla a simulare un rapporto normale. Nella realtà non faranno altro che ammirarsi i rispettivi corpi nudi e annusarsi le mutandine. Tra i tanti personaggi grotteschi che si avvicendano nel suo appartamento c’è però Hanna, un travestito in là con gli anni, che con arguzia e umorismo tenta con Laura un “percorso terapeutico” più celebrale, più femminile, essendo per lui l’accettazione del proprio corpo un problema già abbondantemente superato.

La vicenda di Laura si interseca con quella di Tòmas e Christian: il primo si porta dietro il trauma dell’alopecia che lo ha colpito all'età di 13 anni, il secondo è affetto da atrofia muscolare spinale, una gravissima disabilità fisica che non gli vieta però di parlare liberamente dei propri desideri sessuali e delle conseguenti frustrazioni. L’incontro tra questi personaggi darà luogo a un grande workshop di touch therapy, in cui tutti saranno invitati a palparsi reciprocamente. Il gran finale, liberatorio ma decisamente inverosimile, sarà una grande ammucchiata di corpi nello sfrenato scenario di un club sadomaso. Non credo serva a questo punto precisare che le vicende narrate da “Touch Me Not” sono delle iperboli; e ciò potrebbe essere anche interessante, se non fosse che le storie dei personaggi, i lunghi monologhi da loro inscenati, tortuosi e privi di pathos, non fanno altro che ripetersi a vuoto per 125 minuti di sconfinato tedio. La regista Adina Pintilie tenta di farci riflettere su quella che istintivamente è la nostra reazione di fronte al diverso, prova a costringerci a prendere in esame quel nostro impulso a distogliere lo sguardo da ciò che ci è sgradito, ma il risultato finale ci lascia con un nonsoché di irrisolto. Alcuni hanno accostato la regista rumena a nomi come Gaspar Noè o Ulrich Seidl, ma la verità è che i suoi personaggi sono lontani anni luce da quelli, rispettivamente, di “Love” (Francia, 2015) o di “Im Keller” (Austria, 2014). Personalmente ho trovato “Touch Me Not” un film pretenzioso e irrispettoso, anche se ciò non mi ha impedito di scrivere questo pezzo, seguendo uno spunto, quello di “Invisibili”, che non è probabilmente quello che aveva in mente la Pintilie.



18 commenti:

  1. Indipendentemente dalla riuscita del film, è un tema sicuramente molto delicato. Ho sentito che in alcuni paesi esistono degli "operatori sessuali" che permettono di avere una vita sessuale a persone con gravi handicap fisici per i quali è oggettivamente difficile trovare un partner. Ci ha scritto un romanzo sopra Giorgia Wurth, "L'accarezzatrice", che ho pure letto ma mi ha lasciato perplesso perché pur affrontando un tema serio alterna capitoli drammatici a altri decisamente umoristici...

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    1. Adesso che mi ci fai pensare era uscita una notizia un mesetto di una tizia che faceva questa cosa di lavoro.... con tutta una coda di polemiche che ti puoi immaginare.
      Quel libro che citi non lo conosco ma è un tipo di lettura che non m’attrae per nulla. Spesso quei libri fanno leva sui buoni sentimenti ma sono anche una scusa per fare la morale non si sa bene a chi.

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  2. Proprio nel mondo del Cinema sta nascendo una nuova figura professionale, una sorta di "coach" che aiuta attori ed attrici ad affrontare in maniera meno traumatica possibile le scene di sesso mimato. Mi chiedo quanto abbiano dovuto lavorare in questo film.
    @ Ariano
    Se non erro c'erano e ci sarebbero anche in Italia, si chiamano "assistenti sessuali", sono poche ma ci sono anche da noi.

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    1. Viviamo davvero in un mondo impazzito se si sente il bisogno di uno specialista del genere....

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    2. Non era meglio una volta, quando nel cinema si usavano i "body double"? Inquadratura dell'attrice famosa con sguardo sensuale e poi via, arriva la controfigura dal corpo perfetto, a fare per professione quello che magari l'attrice è in imbarazzo a fare. :-P

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    3. Oppure quando l’attrice aveva il viso caruccio ma il culo che sembrava una robiola...

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    4. @ Lucius Etruscus
      Concordo con te, il problema è che nella società del #MeToo questo non sarebbe più possibile, alcuni direbbero -magari anche a ragione- che è giusto tutelare sia i diritti dell'attrice famosa dallo sguardo sensuale sia quelli della sconosciutissima controfigura dal corpo perfetto. Il problema però è si rischia di passare (se si esagera) di passare da un eccesso all'altro e di finire col proibire tutto col risultato che film come quelli che si facevano fino agli anni 70 (e non mi riferisco alle scene di nudo e di violenza)oggi non si potrebbero più fare per paura di offendere qualcuno. Ma il Cinema, come tutte le manifestazioni artistiche, non dovrebbe far pensare? Far ragionare? Far provare emozioni? Oggi invece mi sembra tutto costruito a tavolino col bilancino.
      My two cents.

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    5. La soluzione migliore sarebbe tornare al gusto di far immaginare una scena di sesso, invece di mostrarla. Anche perché la censura di oggi è così stringente che già ora è impossibile mostrare anche solo vaghi echi di ciò che fino agli Ottanta era possibile. Idem per la violenza.
      Ti faccio un esempio che mi è capitato proprio questi giorni e che racconterò domani, con "La storia di Rambo". Nel 1986 il romanziere David Morrell, padre del personaggio, viene chiamato a scrivere la sceneggiatura di "Rambo III" e si inventa una cosa mai apparsa al cinema nella sua storia: una donna forte. Che non inciampa, che non sviene, che non strilla, ma al fianco di Rambo sventaglia i nemici a suon di piombo caldo.
      I produttori sbiancano: "Le faremo sapere". E il copione finisce nel cestino. Vajna e Kassar non erano certo due sprovveduti, conoscevano la distribuzione cinematografica in ogni parte del mondo, era il loro mestiere e lo facevano bene e con gran successo: una donna forte al cinema non esiste, non va, non funziona. Finché dà mezza coltellata come Laurie Strode nel '78 (che misteriosamente viene indicata come primo esempio di "donna tosta") va bene, ma addirittura farle sparare alla gente... fare la Ramba? Assolutamente impossibile!
      Mentre i due produttori pensano questo, un regista folle porta al cinema "Aliens", con la protagonista che si arma dei fucili più grandi mai visti su schermo - DUE, mica uno come quella femminuccia di Rambo! - raggiunge il mostro più cattivo dell'universo e gli fa il culo a strisce. Mai una donna aveva fatto tanto in un film di una grande major.
      Solo dopo che Ripley ha cambiato le regole - malgrado la Weaver odiasse questo aspetto del film e abbia sabotato in ogni modo la cosa - il bilancino è stato ricalibrato: ora quegli elementi che ogni produzione ha sempre preso in considerazione (soppesandoli con la bilancia atomica) sono cambiati. Nel 1990 Besson presenta un'assassina di professione, imitata immediatamente in tutto il mondo, e Vanja e Kassar si guardano in faccia: hanno fatto la prima delle cazzate che qualche anno dopo li porteranno a picco.
      Nel 1991, quando quel pazzo d'un canadese presenta la storia di un secondo Terminator, dove stavolta Sarah Connor fa quello che in "Rambo III" non si poteva fare, i due produttori accettano: il bilancino è stato ricalibrato...
      Oggi i pazzi come Cameron o Besson sono roba da museo, loro stessi tirano fuori dei prodotti da prenderli a schiaffi in faccia: roba patinata da cartolina. Chi mai riuscirà a far ricalibrare i bilancini delle case cinematografiche?

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    6. Di "Alien"; "Aliens"e della Sigourney Weaver ne abbiamo parlato spesso, una cosa interessante del primo film che ho scoperto grazie ad un cofanetto che raccoglie i 4 film è che dalla prima pellicola vennero tagliate diverse scene che fornivano indizi sul fatto che Ripley fosse un personaggio estremamente disinibito sessualmente(o perlomeno che non si facesse problemi a parlarne: c'è ad esempio una di queste scene dove Ripley maliziosamente chiede a Lambert se lei ed Ash siano mai andati a letto insieme ), cosa che è stata poi parzialmente recuperata in "Alien 3". Evidentemente nel 1979 si era pronti per un personaggio femminile come protagonista ma i tempi non erano ancora maturi per un personaggio femminile protagonista ed anche in grado di vivere una propria vita sessuale senza alcun complesso.

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    7. Per fortuna quella scena, come altre tagliate, ha lasciato buone tracce nelle interviste dell'epoca (mai più ripetute se non in "ricordi" successivi), che nel tempo ho raccolto e tradotto per il blog, e che sto riassumendo nello speciale "La storia di Alien" ogni venerdì sul Zinefilo e sul mio blog alieno. Scusa per la marchetta, TOM ^_^
      I rimandi ad una storia d'amore tra Ripley e Dallas sono stati tagliati prima ancora delle riprese per semplice questione di tempistica, come altre scene molto più intriganti sono finite al massimo su storyboard ma mai girate. E' un peccato, ma la durata del film per i gusti dell'epoca non ne consentiva l'inserimento.

      Il concetto è che secondo me c'è un equilibrio fra i produttori, che pesano con il bilancino ogni singolo aspetto di ogni singolo film, che costruiscono a tavolino ogni parola di trama e via dicendo, e la geniale follia di registi che invece mandano il tavolo per aria facendo quello che si suppone non possano fare, cambiando l'ago della bilancia. Per vari fattori questo non è più possibile, quindi rimangono solo i produttori col bilancino, trilogie monche, bambini e supereroi: tutte marchette in disperata ricerca di qualcuno che paghi un biglietto per vederle. Non esiste cinema, senza questo equilibrio.

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  3. Sul cinema romeno mi cogli totalmente impreparato, quindi mi affido a te ciecamente ^_^
    Il tema che sollevi è davvero scottante e intrigante, ma a quanto ho capito non mi sembra riuscito nella trattazione. E sì che il cinema poteva avere i numeri per far partire un discorso che quando viene sollevato in TV o negli organi di informazione finisce sempre o in scandalo o in barzelletta.

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    1. In televisione o sui giornali queste cose hanno sempre un doppio fine, che di solito è quello di generare odio e indignazione.
      La Pintilie ci ha messo sette anni a girare questo film, il che significa, al di là che possa piacere o non piacere, che alle spalle c’è stato un progetto assolutamente rispettabile.

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  4. Il trailer appena visto mistifica un po’ quello che è il vero contenuto del film della Pintilie.
    Non sembrano così inguardabili o “disturbanti le immagini che mostra-:)
    Da quello che ho letto da te e su altre recensioni a riguardo tutti lo demoliscono questo film: tedioso , pretenzioso , anafettivo ...fine a se stesso.
    Io non l’ho visto quindi non saprei giudicare...forse tra i due film che citi e da quello che ho letto mi sembra più vicino ad un film di Seidl che a Love di Noe’.
    Una specie di docu-fiction che non cede il passo al facile sentimentalismo.
    Centrato sul meccanico voyeurismo delle immagini più che altro.
    Se il film riuscisse ad emozionare forse non gli darebbero tutti contro.
    Ma lo scopo della regista forse non era proprio quello.
    Non so neppure se definirlo un film coraggioso ..oppure osceno.
    Portare sul grande schermo le necessità sessuali di chi è disabile ( gravemente o meno) senza cadere appunto in facili pietosismi ma rappresentando la mera realtà senza filtri che servano a “indorare” la pillola io la trovo una scelta coraggiosa.
    Il problema del film non avendolo visto è capire quanto sia docu e quanto fiction .

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    1. Molto più fiction che docu, se non altro per la presenza di un attore affermato come Tómas Lemarquis (Snowpiercer, X-Men Apocalypse, Blade Runner 2049). Gli altri volti sono invece tutti presi dalla strada, nel senso che è gente che interpreta se stessa (o cerca di farlo) come Christian Bayerlein, il tizio affetto da atrofia muscolare spinale che nel trailer si vede solo di sfuggita (Perché non ce l'hai mostrato nel trailer, Adina Pintilie? Temevi che la gente poi non andasse al cinema?).
      Coraggioso oppure osceno? Né uno né l'altro, mi viene da dire. Forse solo un po' paraculo...

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  5. Ho letto un po’ i commenti sopra e mi trovo parecchio in confusione.
    Si è finiti a parlare di Rambo e Alien -:) di censura e bilancino per fare film.
    Non capisco.
    Il cinema secondo me non è solo quello .
    Probabilmente anzi sicuramente bisognerebbe indagare sul perché solo certi film in Italia trovano distribuzione.
    Poi non so se Produttori e distributori siano le stesse figure ...scusatemi l'ignoranza.
    Non è che il cinema sia solo supereroi e cinepanettoni con tutto il rispetto per le categorie.
    Ma film che fanno pensare , porsi delle domande ci sono eccome e continuano a farli .
    Basta cercarli.
    Se aspetti che li passano al cinema stai fresco.
    Se il cinema italiano non li distribuisce non vuol dire che non si possano recuperare o vedere attraverso altri canali.
    A proposito Touch me not l’hai visto al cinema?
    Paradossalmente il film della tua recensione è uno di quelli che a torto o a ragione non ha trovato purtroppo la giusta distribuzione che gli sarebbe stata dovuta.
    Poi la censura?
    Per la tv e il cinema ci sta ... ma non credo parta in primis dal regista : c’è una commissione preposta alla tutela dei minori che decide il divieto ai minori o addirittura di impedire la distribuzione nei cinema di determinati film .
    Il loro giudizio può essere opinabile finché vuoi ...ma nel contesto dei commenti che ho letto parlare di censura e di film che vengono solo prodotti seguendo la regola del bilancino o che non esiste cinema se non segue queste regole o equilibrio mi crea non poca confusione.
    Un affermazione del genere.
    Ne esistono un mare di film , registi e produttori che non seguono quelle regole e continuano ad esistere e per fortuna a produrre film rovesciando le regole.

    Il cinema è per fortuna anche quel cinema , quello che non riesce ad emergere solo perché in Italia c’è una politica di distribuzione legata solo al facile profitto a scapito dei contenuti.
    E nonostante questo.. sì continua a parlare di crisi del cinema...da quanti anni?
    Poi il discorso di “velare” le scene di sesso nel cinema odierno lo trovo molto anacronistico.
    Magari dipende dal film
    Love di Gaspare Noe’ se censuri le scene di sesso non è più Love.
    Se le veli ( vedo non vedo) non sarebbe lo stesso film.
    Non sto dicendo che siano indispensabili nell’economIa della sceneggiatura del film ma se non ci fossero non sarebbe Love.
    Il film di Noe’ non so se quando è uscito sia stato distribuito nei cinema e con quanta frequenza ma adesso lo trovi facilmente sia in DVD che su Netflix.
    Per questo parlare di censura nei film mi fa un po ridere.
    Dire che è così stringente
    In un epoca la nostra dove è facile trovare tutto in rete senza particolari difficoltà, poi.
    Non riesco a seguire i vostri ragionamenti.
    Un ultima cosa che potrebbe partorire ulteriori riflessioni da parte mia è una tua frase Severino “ c’e davvero bisogno di questi specialisti ..il mondo è impazzito” a chi ti riferisci?




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    1. Parto dal fondo: mi riferivo al fatto che non vedo per nulla necessario il supporto di un coach nelle scene di sesso mimate. Che cosa potrebbe mai dire o fare per aiutare un attore ad approcciare fisicamente un/una partner che non piace? Tra l’altro dovrebbe essere molto più facile, per un attore, mettere in scena un amplesso (non difficile da simulare) piuttosto che un semplice bacio. Un bacio non si può fingere e, se il/la tuo/tua partner ti ripugna, o se gli/le puzza l’alito, devi fare un grosso sforzo di volontà per non vomitare.
      Lo stesso discorso vale per “Love” di Gaspar Noè. Una fellatio non è molto diversa da un bacio: è solo un po’ più forte come idea, ma lo scambio di liquidi rimane pur sempre uno scambio di liquidi. Diciamo piuttosto che intervengono altri tipi di inibizioni, che non sarà certo un coach ad abbattere.
      Tornando a “Touch me not”… No, non l’ho visto al cinema. Sicuramente in sala ci è passato (visto che esiste un titolo italiano), ma sarei pronto a scommettere che sia rimasto in cartellone un solo weekend, e magari pure in un weekend d’agosto quando la gente è solita fare altro. È un po’ il destino di quei film a cui i distributori non credono ma che sono costretti a fare girare per contratto (della serie “se compri cinque film te ne faccio pagare solo tre, ma devi farli uscire tutti nelle sale”). E meno male che “Touch Me Not” si è baccato l’orso d’oro, altrimenti sarebbe sparito all’istante come sono spariti migliaia titoli, anche più belli di questo, che riesci a vedere solo se frequenti i vari festival.
      Il deragliamento che hai notato su “Rambo” trova giustificazione nell’esistenza di uno speciale che Cassidy e l’Etrusco stanno portando avanti “a blog unificati” in queste ultime settimane. Difficile parlar d’altro, credimi, quando sei completamente immerso in un argomento così vasto.

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  6. Grazie per il chiarimento.
    Penso anch'io che uno specialista del genere sia inutile.
    Se uno vuol fare l'attore l'unica cosa che deve saper fare è recitare...se ha bisogno dell'aiuto..?

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