venerdì 14 febbraio 2020

Kaidan Botan Dōrō (Pt.3)

Edizione italiana Marsilio, 2012
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI

Negli uomini prevalgono le pure energie positive, nei morti le luride e corrotte forze negative - Qu You, Il racconto della lanterna delle peonie (Mudan Denjii, 1378) 

Nei giorni scorsi abbiamo visto come Asai Ryōi si fosse divertito a rielaborare, a uso e consumo dei suoi connazionali, certe vecchie storie di fantasmi cinesi. È però sorprendente rendersi conto che, dei 68 racconti inclusi nell’Otogi-bōko (16 dei quali prelevati direttamente dal Mudan Denjii), solo il Botan Dōrō sia sopravvissuto attraverso i secoli nella cultura popolare. 
Il segreto di tale longevità, possiamo tentare un’ipotesi, è la sua attitudine ad adattarsi ai tempi, prendendo di volta in volta nuove forme e ricomparendo periodicamente in più moderne varianti. Così come Asai Ryōi riscrisse un testo morale cinese del 1378, adattandolo al Giappone del 1666, così San'yūtei Enchō rivisitò ulteriormente il testo per renderlo più fruibile dai lettori della sua epoca (la prima stesura è datata 1861), a cavallo tra il periodo Edo (detto anche epoca del tardo shogunato Tokugawa) e l'inizio del periodo Meiji (1869-1912). 
Fu, quello, un periodo di grandi cambiamenti sociali: il Giappone stava finalmente uscendo dal Medioevo, e si accingeva a inaugurare una stagione di profondo ammodernamento del Paese (tra le importanti riforme del governo Meiji vi furono l'abolizione del sistema feudale e l'istituzione di prefetture guidate da governatori incaricati dall'imperatore).
Negli stessi giorni in cui Mutsuhito si insediava nel vecchio castello che fu residenza degli shogun, trasformandolo in quello che oggi conosciamo come palazzo imperiale, e negli stessi giorni in cui la vecchia Edo veniva ribattezzata Tōkyō, l’autore giapponese e artista rakugo San'yūtei Enchō era alle prese con la sua personale rielaborazione del Botan Dōrō. Ciò che non convinceva Enchō era l’estrema semplificazione della vicenda. Chi era alla fine Otsuyu? Chi era la fanciulla che la accompagnava reggendo la lanterna? Per quale motivo Otsuyu si era così tanto intestardita nel perseguitare Ogiwara Shinnojo, fino al punto dal trascinarlo con sé nella tomba? Solo un puro desiderio d’amare e di essere amata? A tutte queste domande non esisteva alcuna risposta.

Utagawa Hiroshige III, Palazzo imperiale di Tōkyō, trittico, xilografia, 1888
San'yūtei Enchō ci rifletté per oltre vent’anni e finalmente, nel 1884, fu pronto a presentarlo al mondo con il nuovo titolo di Kaidan Botan Dōrō ( 怪談牡丹燈籠 ), titolo con il quale il testo è giunto fino a noi. 
Il Kaidan Botan Dōrō debuttò quindi a teatro, dimensione nella quale trovò quel successo che il suo autore si augurava. San'yūtei Enchō, lo ricordo, era anche un celebre rakugoka, ovvero un narratore di rakugo, espressione artistica in forma di monologo nel quale un attore, seduto sui talloni sopra un cuscino, racconta le sue storie a un pubblico di appassionati.
Ideato dai monaci buddisti nel IX e X secolo per rendere più interessanti i loro sermoni, il teatro raguko trovò una nuova dimensione nel XIII secolo nell’intrattenere l’esclusivo pubblico dei daimyō (signori feudali subordinati allo shōgun), poi per venire aperto, in quello che era ormai il XVII secolo, anche alle classi inferiori. Possiamo quindi definire il raguko come una versione moderna dell'antica tradizione orale, o comunque un metodo per perpetuarla. 
Come essa, infatti, il rakugo si rinnova continuamente, poiché il narratore stesso (o i diversi narratori) cambia la propria versione a ogni spettacolo. Fu ciò che sicuramente fece anche San'yūtei Enchō, trasformando il suo Kaidan Botan Dōrō in un progetto in continua evoluzione.

Il Teatro Rakugo nell'anime Shōwa Genroku Rakugo Shinjū, tratto dal manga omonimo di Haruko Kumota
Ogiwara Shinnojo, il samurai della versione originale, si trasforma quindi in Hagiwara Shinzaburō, un giovane studente bello e galante, la domestica portatrice di lanterna viene ribattezzata Oyone, mentre Otsuyu… rimane Otsuyu. A parte questi piccoli dettagli, interessanti solo da un punto di vista accademico, Enchō prova subito a rispondere alla domanda da lui ritenuta più importante: chi era stata Otsuyu prima di essere un fantasma? 
Il rakugo di Enchō inizia quindi molto prima degli avvenimenti narrati dai suoi predecessori. Facciamo la conoscenza di una Otsuyu viva e vegeta e, non solo, assistiamo alla sua nascita: 
“All’età di ventidue anni Iijima Heitarō, con freddezza e coraggiosa determinazione, aveva ucciso a colpi di spada un delinquente. Con il tempo maturò, e quando il padre morì, ereditò il comando della casata, prese il nome paterno e divenne Iijima Heizaemon. Sposò poi la figlia dello hatamoto Miyake di Suidōbata e ben presto ebbero una bambina che chiamarono Otsuyu. La piccola, davvero deliziosa, era circondata dalle amorevoli cure dei suoi genitori, come un gioiello accolto nel palmo di una mano. […] Il tempo passa in fretta senza che nessuno possa controllarlo, e presto Otsuyu compì sedici anni.” 
Appare subito chiaro come Enchō si sia preso la briga di partire da molto lontano nella sua versione del Botan Dōrō. La mia prima impressione, affrontando il romanzo che mi ero affrettato ad acquistare il giorno della sua uscita (fu pubblicato nel 2012 da Marsilio), è quindi quella di trovarsi di fronte a una di quelle ciclopiche epopee familiari che hanno fatto la fortuna di certi autori latinoamericani. Non è ovviamente così, ma di sicuro abbracciare un ampio arco temporale che si allunga prima e dopo gli avvenimenti del Botan Dōrō originale ha di gran lunga contribuito al successo del kaidan di San'yūtei Enchō. Lo vedremo però meglio nei prossimi giorni.
CONTINUA

Kunichika, The Peony Lantern, trittico, xilografia, 1892





Il presente articolo è parte di un vasto progetto che ho voluto chiamare Hyakumonogatari Kaidankai (A Gathering of One Hundred Supernatural Tales) in onore di un vecchio gioco popolare risalente al Giappone del periodo Edo (1603-1868) e, di  tale progetto,  esso rappresenta la parte 31 in un totale di 100.
Se volete saperne di più vi invito innanzitutto a leggere l'articolo introduttivo e a visitare la pagina statica dedicata, nella quale potrete trovare l'elenco completo degli articoli sinora pubblicati. L'articolo è inoltre parte del micro-speciale in cinque parti Kaidan Botan Dōrō che è iniziato qualche giorno faBuona lettura! 
P.S.: Possiamo spegnere la 31° candela...

6 commenti:

  1. Questa versione riadattata all'epoca Meiji mi interessa. E visto che ci dici che esiste un'edizione della Marsilio magari me la comprerò pure.

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    1. Ne vale certamente la pena, perché ti da il senso della grandezza dell'opera. Lafcadio Hearn ha fatto un buon lavoro sugli aspetti sovrannaturali ma ha necessariamente tagliato con l'accetta nove decimi della storia.

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  2. Ciao @Obsidian M, scusa se il mio commento è fuori contesto ma non sapevo come altro farti arrivare questa informazione e, visto che questo post è di oggi, ho pensato di scrivertelo qui. A questo link https://www.lospaziobianco.it/dcifrare-promethea-quinta-parte-fearful-simmetry/ c'è pubblicato un mio articolo (quinta parte di un approfondimento più ampio) dove metto a confronto due opere di Alan Moore, Promethea e Providence, e mi sono permesso in una nota (la terza nello specifico) di rimandare al tuo blog per tutto ciò che concerne gli Yellow Mythos. Qualche mese fa ti ho scovato in rete e ho letto con grande gioia tutto il bellissimo e utile materiale che hai scritto a riguardo. E ho pensato di ringraziarti indirettamente citando nell'articolo il tuo lavoro. Ecco tutto, a presto e ancora complimenti!

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    1. Ciao Francesco, e grazie per le belle parole. Sono lieto che quel mio lavoro, che sto colpevolmente trascurando da un anno, sia sempore tanto apprezzato. Il mio contatto lo trovi in alto nella colonna di destra, nel caso dovesse servirti in futuro. Hai fatto benissimo in ogni caso a scrivere qui, consentendo così anche ai lettori di questo blog di venire a curiosare. ^_^

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  3. Probabilmente hai ragione tu, il successo dell'opera sta proprio nella sua capacità di adeguarsi al mutare dei tempi e del mutare con essi.

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