Uno degli aspetti più inquietanti di questo 2022 che volge al termine è la crescita esponenziale di un'ossessione, quella del politicamente corretto o, per meglio dire, quella del follemente corretto. In un tripudio di termini che non si possono più utilizzare per non urtare la sensibilità di quella parte di popolazione che qualcuno si ostina a chiamare "minoranza", si finisce per scivolare nel più clamoroso ridicolo. Dappertutto ormai è stata sdoganata la caccia al "fascista", termine che oggi identificherebbe un immaginario personaggio, dispotico, aggressivo e ideologicamente scorretto, dedito alla conservazione delle propria identità, sia essa nazionale, religiosa, sessuale o di altra natura. L'ultima follia progressista arriva dall'Università di Brighton, la quale, secondo il Daily Mail, avrebbe raccomandato al personale di non menzionare la parola "Natale" e di chiamarlo invece "periodo di chiusura invernale". Certo, non si tratta ancora di un obbligo o di un'imposizione ma è evidente che questo è solo l'ultimo esempio di un fenomeno in crescita che, se non arrestato, finirà per portarci in una distopia che sarà poi difficile scrollarci di dosso, una distopia dietro la quale c'è la spinta, ormai sempre più evidente, a farci rinunciare a tutto, partendo dalla nostra identità (e ormai quella è quasi andata), dalla nostra storia, dalla nostra cultura, per approdare a tutto il resto, inclusi concetti ormai abbondantemente superati come proprietà e libertà. "Non avrai più nulla e sarai felice", recita lo slogan lanciato tre anni fa dai “signori di Davos” al World Economic Forum, uno slogan, nella pratica un'immonda e ridicola cazzata, che ci proietta in un futuro inquietante al quale possiamo opporci già ora partendo anche dai piccoli gesti, quali scambiarci dei sani e tradizionali auguri di Buon Natale! Questo blog si prenderà da domani una vacanza, ma lo farà per festeggiare il Santo Natale, per festeggiare Santo Stefano, per festeggiare San Silvestro, il Capodanno e pure l'Epifania.